Ris. 22 marzo 2016, n. 2/DF, del Ministero dell’economia e delle finanze
“Pervengono numerosi quesiti da parte degli enti locali con cui si chiedono chiarimenti in ordine all’efficacia delle deliberazioni che non prevedono direttamente aumenti dei tributi ma si limitano a istituire a decorrere dal 1° gennaio 2016 un nuovo tributo quale l’imposta di soggiorno di cui all’art. 4 del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 oppure eliminano fattispecie agevolative o variano l’ambito oggettivo di applicazione dell’addizionale comunale all’Irpef attraverso la riduzione o l’eliminazione della soglia di esenzione.
Al riguardo, si fa presente che il comma 26 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 dispone che “Al fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica, per l’anno 2016 è sospesa l’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l’anno 2015. [… ] La sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui rifiuti (TARI) di cui all’articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, né per gli enti locali che deliberano il predissesto, ai sensi dell’articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il dissesto, ai sensi degli articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000“.
Un’ulteriore eccezione alla regola della sospensione introdotta dal comma 26 è contenuta nel successivo comma 28 in base al quale “per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 del presente articolo, i comuni possono mantenere con espressa deliberazione del consiglio comunale la maggiorazione della TASI di cui al comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015″.
Fatte salve, quindi, le eccezioni espressamente previste dalla legge, in tutte le altre ipotesi in cui le deliberazioni degli enti locali comportino aumenti dei tributi vige la regola della sospensione per tutto l’anno 2016 dell’efficacia delle parti delle deliberazioni stesse nell’ottica del contenimento del livello complessivo della pressione tributaria.
In tale ambito, a maggior ragione, deve essere collocata la scelta dell’ente locale di introdurre un nuovo tributo quale, nel caso di specie, l’imposta di soggiorno dal momento che appare del tutto palese che così operando si verrebbe a generare un aumento della pressione fiscale.
A questo proposito, si rammenta che alla medesima conclusione è pervenuta la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, nella recente deliberazione n. 35/2016/par del 9 febbraio 2016 che si pone sul solco della continuità con altre pronunce della stessa Corte e del Consiglio di Stato che hanno espresso i propri pareri in casi del tutto simili.
In particolare, nel citato parere n. 35/2016/par, la Corte dei Conti affronta la problematica dell’istituzione per l’anno 2016 di un nuovo tributo, quale nel caso di specie, l’imposta di soggiorno, affermando che la ratio del comma 26 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 è quella di mantenere invariato, nel 2016, il livello complessivo di pressione tributaria, “attraverso un congelamento generalizzato dei tributi degli enti territoriali rispetto alle aliquote in vigore nel 2015, ottenuto rendendo inefficaci eventuali leggi regionali o deliberazioni degli enti locali, nella parte in cui prevedono variazioni in aumento”.
La Corte ritiene quindi che la norma in esame deve essere necessariamente letta in via estensiva, ritenendo il blocco applicabile a tutte le forme di variazione in aumento dei tributi a livello locale, sia che le stesse si configurino come incremento di aliquote di tributi già esistenti nel 2015, sia che consistano nell’istituzione di nuove fonti impositive.
Per quanto riguarda l’imposta di soggiorno, per la Corte appare, inoltre, del tutto irrilevante, ai fini delle valutazioni in merito al perimetro applicativo del blocco, la circostanza che questa, andando a colpire solo i soggetti che alloggiano nelle strutture ricettive, non incide sui residenti del comune che l’ha istituita, poiché “l’obiettivo di contenimento della pressione fiscale risulta infatti indifferente rispetto al principio della residenza”.
Detto parere conferma l’orientamento già espresso dalla stessa Corte, come già anticipato, in casi simili. Ed invero, di identico tenore risulta la deliberazione n. 74/pareri/2008 del 16 ottobre 2008 della Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei Conti la quale, escludendo la possibilità di un’applicazione letterale della normativa di riferimento1, che avrebbe vanificato l’intento del Legislatore di rendere statica la situazione della fiscalità locale sino all’effettiva realizzazione del federalismo fiscale, ha puntualizzato che “ammettere la possibilità per il comune di applicare per la prima volta l’addizionale al tributo, in costanza del generale divieto di incremento della pressione fiscale locale, sarebbe in palese contraddizione logica con suddetto (ed esplicitamente dichiarato) intento del legislatore. La norma quindi deve essere interpretata nel senso di ricomprendere nella sospensione in questione anche i casi di istituzione di nuove addizionali”.
Alla stessa conclusione è pervenuto anche il Consiglio di Stato nel parere n. 4166/03, reso nell’adunanza della Sezione Terza del 4 novembre 20032, in cui ha precisato che “anche se la norma dispone letteralmente la sospensione degli “aumenti” deliberati successivamente al 29 settembre 2002 (e che non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002) senza riferirsi espressamente alle delibere che “istituiscono” il tributo per il 2003 per la prima volta, è evidente che nel caso in cui un ente locale non avesse istituito nel 2002 l’addizionale comunale all’IRPEF l’aliquota per quell’anno sarebbe pari a “0” ed ogni variazione in aumento andrebbe comunque a variare l’assetto delle aliquote, aggravando la pressione fiscale esistente, in contrasto con la ratio sopra individuata”.
Tali considerazioni svolte in relazione all’istituzione di un nuovo tributo consentono di affermare che le disposizioni di sospensione riguardano in generale tutte le manovre degli enti locali che producono l’effetto di restringere l’ambito applicativo di norme di favore3, come avviene ad esempio nel caso di eliminazione di fattispecie di agevolazione nonché in quello di variazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’addizionale comunale all’Irpef attraverso la riduzione o l’eliminazione della soglia di esenzione.
Si deve, altresì, affermare che ogni disposizione contenuta nelle deliberazioni degli enti locali che determini nella sostanza un aumento della pressione tributaria deve ritenersi inefficace per l’anno 2016. Per espressa previsione del citato comma 26 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, il quale limita la sospensione dell’efficacia alle parti delle deliberazioni in cui sono disposti aumenti dei tributi, sono, invece, fatte salve le restanti parti che non comportano alcun aumento.
Un aspetto particolare che merita di essere messo in risalto è quello relativo alla cosiddetta maggiorazione TASI, la quale era destinata a venir meno a decorrere dal 2016 e in ordine alla quale la legge di stabilità 2016 ha, invece, attribuito ai comuni il potere di mantenerla attraverso un’espressa deliberazione nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e limitatamente agli immobili non esentati. Per cui, se il comune, ad esempio, aveva deliberato la maggiorazione in questione solo per gli immobili destinati ad abitazione principale, tale maggiorazione non potrà essere ovviamente mantenuta per tale fattispecie, essendo tali immobili divenuti esenti anche ai fini TASI, né è possibile in alcun modo recuperare tale maggiorazione attraverso l’applicazione della stessa su altre fattispecie.
Le stesse considerazioni valgono anche nel caso in cui la maggiorazione era distribuita su più fattispecie, tra cui anche quella relativa alle abitazioni principali; in tal caso essendo le abitazioni medesime divenute esenti, la relativa maggiorazione viene definitivamente persa, mentre il comune può mantenere la maggiorazione nella misura già applicata per le altre fattispecie.
Occorre aggiungere che la sospensione di cui al comma 26 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 riguarda, nei limiti di cui appresso, sia il tributo di cui all’art. 4, comma 3-bis del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 che ha mutato la denominazione da “imposta di sbarco” a “contributo di sbarco” per effetto dell’art. 33, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, sia il nuovo contributo che la stessa norma ha introdotto in relazione all’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica.
La relazione esistente tra imposta di sbarco e contributo di sbarco merita di essere approfondita.
In primo luogo si evidenzia che la nuova formulazione del comma 3-bis, al pari della precedente, conferma la natura tributaria del contributo di sbarco, richiamando espressamente l’applicazione di istituti prettamente tributari, poiché stabilisce che “per l’omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 e successive modificazioni. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica l’articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296“.
Si deve, altresì, affermare che ci si trova di fronte a un tributo che replica tutta la disciplina della sostituita imposta di sbarco – risultando quest’ultima nel primo integralmente ricompresa ed assorbita – e, per quello che qui interessa ai fini della sospensione, la integra estendendone l’ambito di applicazione soggettivo e stabilendo un nuovo più alto limite massimo con un’ulteriore manovrabilità.
Con riguardo al primo profilo l’art. 4, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 23 del 2011 prevede che il contributo si applica anche ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell’isola minore utilizzando vettori che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l’isola, compresi quelli aeronavali, mentre l’imposta di sbarco è limitata ai passeggeri che utilizzano solo vettori che forniscono collegamenti di linea. Coerentemente si prevede l’ampliamento della platea dei soggetti che riscuotono il contributo di sbarco, poiché ora la norma fa riferimento alle compagnie di navigazione e aeree o ai soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali.
Il nuovo contributo può essere applicato fino a un massimo di 2,50 euro, in luogo degli euro 1,50 previsti per l’imposta di sbarco e, diversamente da quest’ultima, può essere aumentato fino a 5 euro in relazione a determinati periodi di tempo.
Per quanto concerne, invece, la diversa fattispecie disciplinata dallo stesso comma 3- bis dell’art. 4 del D. Lgs. n. 23 del 2011, si deve sottolineare che tale disposizione introduce per la prima volta il contributo per l’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica.
Detto contributo deve essere anch’esso ricompreso nel novero dei tributi dal momento che presenta tutti i requisiti che conferiscono a un’entrata natura tributaria. Infatti, come deciso da ultimo dalla Corte Costituzionale nella sentenza 11 marzo 2015, n. 584, il contributo si caratterizza per il fatto di poter essere istituito dai comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e dai comuni nel cui territorio insistono isole minori fino ad un massimo di euro 5 e di poter essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti individuati dall’amministrazione comunale con apposito avviso pubblico. Il gettito del contributo è destinato a finanziare interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nonché interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilità nelle isole minori.
Esaminati quindi i profili dei contributi previsti dall’art. 4, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 23 del 2011, si ritiene che per l’anno 2016 gli stessi, quandanche istituiti, debbano considerarsi sospesi per la parte determinante un aumento della pressione fiscale rispetto al 2015.
Pertanto, nel caso in cui il comune avesse già applicato nel 2015 l’imposta di sbarco e avesse istituito nel 2016 il nuovo contributo di sbarco, quest’ultimo non si applica per le parti difformi e ampliative rispetto a quanto precedentemente disciplinato dal singolo regolamento comunale in materia di imposta di sbarco.
E’ possibile, inoltre, continuare a mantenere l’imposta di sbarco già applicata dal comune nel 2015, nei limiti previsti dalla precedente normativa e dal regolamento comunale istitutivo del tributo, nell’ipotesi in cui il comune non abbia ancora introdotto il contributo di sbarco.
In ogni caso, si ribadisce che è sospesa l’efficacia del nuovo contributo per l’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica.
Resta, infine, da aggiungere che sono escluse dall’ambito applicativo della sospensione in argomento soltanto le tariffe di natura patrimoniale come ad esempio quelle relative alla tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 e il canone alternativo alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) vale a dire il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP). Per quanto riguarda, invece, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), avendo natura tributaria, rientra nel perimetro della sospensione di cui al comma 26 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015”.
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1 La Corte prende le mosse dalla stessa disposizione esaminata dal Consiglio di Stato, citata nella nota n. 1, analizzandola nella sua evoluzione normativa per arrivare alla stessa conclusione.
2 Il parere è stato reso in relazione a un ricorso di un Comune che aveva istituito l’addizionale comunale all’Irpef durante la vigenza della disposizione contenuta nell’art. 3, comma 1, lett. a) della legge n. 289 del 2002 in base alla quale, in funzione dell’attuazione del titolo V della parte seconda della Costituzione e in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale, “a) gli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito delle persone fisiche per i comuni e le regioni, nonché la maggiorazione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, deliberati successivamente al 29 settembre 2002 e che non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, sono sospesi fino a quando non si raggiunga un accordo ai sensi del decreto legislativo 8 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale”.
3 Si vedano a questo proposito le deliberazioni della Corte dei Conti, n. SRCPIE/9/2009/PAR del 17 marzo 2009 della Sezione regionale di controllo per il Piemonte e n. 1/2009/PAR del 9 gennaio 2009 della Sezione regionale di controllo per le Marche, riguardanti le manovre del Comuni dirette all’eliminazione di fattispecie di esenzione dall’ICI e la variazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’addizionale comunale all’Irpef. Secondo la Corte nel concetto di “aumento dei tributi” devono “rientrare anche quelle fattispecie di modifica che portino ad un aggravio del trattamento fiscale complessivo”.
4 La Corte ha precisato che la natura tributaria del «contributo» deve essere desunta “dall’esame degli elementi di identificazione dei tributi, come enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, vale a dire: l’irrilevanza del nomen iuris usato dal legislatore, «occorrendo riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o no in presenza di un tributo» (sentenze n. 141 del 2009, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005); la matrice legislativa della prestazione imposta, in quanto il tributo nasce «direttamente in forza della legge» (sentenza n. 141 del 2009), risultando irrilevante l’autonomia contrattuale (sentenza n. 73 del 2005); la doverosità della prestazione (sentenze n. 141 del 2009, n. 335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta una ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del 1982); il nesso con la spesa pubblica, dovendo sussistere un collegamento della prestazione alla pubblica spesa «in relazione a un presupposto economicamente rilevante» (sentenza n. 141 del 2009), nel senso che la prestazione stessa è destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982)”.