SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Le regole generali – 3. Il costo della rottamazione – 4. I ruoli in contenzioso – 5. La procedura – 6. I rapporti con le dilazioni precedenti – 7. Le altre novità a regime in materia di riscossione coattiva – 8. Le novità in materia di riscossione dei tributi comunali – 9. La soppressione di Equitalia.
1. Introduzione
Con il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, è stata reintrodotta nell’ordinamento la c.d. “rottamazione” delle cartelle di pagamento. La relativa disciplina è contenuta nell’art. 6 del suddetto decreto-legge, rubricato “definizione agevolata”.
Rispetto all’ultimo precedente in termini (1), i vantaggi dell’adesione si sono notevolmente incrementati, sia in termini di stralcio delle somme da versare (2), sia in punto di scadenze di pagamento. Sotto quest’ultimo profilo, tuttavia, la disciplina presenta ampi margini di miglioramento, poiché abbandonare dilazioni molto lunghe, come quelle consentite dalla normativa vigente, a fronte di un piano di rientro che normalmente non supererà i dodici mesi, di per sé, potrebbe rappresentare una seria ipoteca sul successo dell’iniziativa. La novella giunge peraltro dopo reiterate riammissioni nei termini aventi ad oggetto dilazioni scadute con l’agente della riscossione (3) che, tuttavia, non intaccando l’importo delle somme complessivamente dovute, si sono rivelate insufficienti a fronteggiare le pressanti esigenze dei debitori.
La misura è stata accompagnata da altre importanti novità che hanno interessato il settore della riscossione, rappresentate dalla soppressione di Equitalia (4), destinata a confluire in una apposita Agenzia, facente capo all’Agenzia delle entrate, e dalla ennesima proroga degli affidamenti delle entrate comunali al riscossore pubblico, cui però si aggiunge una previsione a regime che consente ai Comuni di continuare a utilizzare il futuro agente della riscossione, previa adozione di apposita delibera.
Vediamo nel dettaglio le importanti novità.
2. Le regole generali
La definizione agevolata riguarda tutti i ruoli affidati ad Equitalia negli anni dal 2000 al 2015.
Rileva dunque non la data di notifica della cartella di pagamento ma quella di affidamento del ruolo.
La scelta appare condivisibile, soprattutto alla luce del nuovo istituto dell’accertamento esecutivo (5), in forza del quale le somme accertate sono trasmesse all’agente della riscossione, senza passare attraverso la fase della formazione del ruolo e della notifica della relativa cartella di pagamento.
D’altro canto non può ragionevolmente dubitarsi della inclusione di tali affidamenti nel raggio di azione della sanatoria, malgrado nella legge di riferimento si menzionino esclusivamente i ruoli, in ragione di un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo è evidente l’esigenza di preferire una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che risulterebbe certamente impedita da una discriminazione fondata esclusivamente sulla specifica procedura di riscossione coattiva adottata, fermi restando l’identità dei soggetti e delle entrate coinvolti. Va inoltre ricordato che nell’art. 29, primo comma, lett. g), del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), vi è una disposizione di salvaguardia a mente della quale «ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a) ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni del presente comma». In questo senso, comunque, è in termini espliciti il testo del modello di istanza predisposto da Equitalia.
Non vi sono inoltre discriminazioni di sorta né in ordine alla tipologia di ruolo (6) né riguardo alle entrate di cui trattasi, salvo poche tassative eccezioni. Sono pertanto incluse sia entrate tributarie che patrimoniali (7), tributi comunali, regionali e tributi erariali, e così via.
Le entrate comunali, tuttavia, allo stato della normativa, vi sono incluse solo a condizione che le stesse siano riscosse tramite ruolo. Viceversa, nelle ipotesi (8) in cui il Comune abbia deciso di provvedere direttamente alla riscossione coattiva ovvero di avvalersi di soggetti terzi, iscritti nell’albo dei soggetti abilitati, poiché lo strumento di riscossione è rappresentato dall’ingiunzione di pagamento, di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, la rottamazione non è ammessa. Anche in tale contesto, tuttavia, si ripropongono le considerazioni, sopra esposte in merito agli avvisi di accertamento esecutivi, in ordine alla irragionevole disparità di trattamento che si determina allorché si privilegiano determinati strumenti (9) e soggetti (10), senza alcuna valida ragione. Appare pertanto auspicabile, se non necessario, che in sede di conversione in legge si provveda a estendere la procedura ai Comuni nei quali sia utilizzata l’ingiunzione di pagamento.
Le entrate espressamente escluse sono rappresentate: a) dalle risorse comunitarie dei dazi e delle accise. Il richiamo all’IVA calcolata sull’imponibile armonizzato ha la funzione di garantire gli organi unionali dell’integrale pagamento delle somme dovute, atteso che la riduzione ottenuta dalla definizione riguarda esclusivamente gli accessori all’imposta, come si avrà modo di precisare nel prosieguo. Resta inteso che l’IVA rientra nel perimetro applicativo della sanatoria; b) dall’IVA all’importazione; c) dalle somme derivanti dal recupero degli aiuti di Stato; d) dagli importi contenuti in sentenze di condanna della Corte dei Conti; e) dalle pene pecuniarie di natura penale; f) dalle multe stradali. Con riferimento a queste ultime, però, la normativa istitutiva precisa che la rottamazione è ammessa per le somme aggiuntive alla multa, e cioè gli interessi moratori.
3. Il costo della rottamazione
La definizione comporta l’obbligo di pagare la sorte capitale, gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, l’aggio di riscossione, le spese per le procedure esecutive e il costo di notifica della cartella di pagamento. Sono quindi azzerati le sanzioni, gli interessi di mora e gli interessi di dilazione. Si tratta dunque di un abbattimento considerevole, ancor più se comparato al precedente sopra citato della legge n. 147/2013. Il fatto che le sanzioni sono eliminate potrebbe indurre qualche dubbio sulla ammissibilità della definizione di pretese solo sanzionatorie. Si pensi, per restare in ambito tributario, agli atti di contestazione emessi dall’Agenzia delle entrate in materia, ad esempio, di mancata indicazione dei costi con operatori ubicati in Paesi black list (11). In tali fattispecie la sorte capitale coincide con l’importo che deve essere stralciato. Si ritiene tuttavia che la sanatoria sia possibile anche in questa ipotesi, in ragione della tecnica utilizzata per individuare le partite escluse, che consiste nella enumerazione puntuale di queste, senza che vi sia spazio per interpretazioni di carattere sistematico. Proprio la lettura delle entrate estranee alla definizione induce a confermare anzi la tesi “inclusiva”, poiché sono menzionate le multe stradali nell’evidente presupposto che, in caso contrario, le stesse vi sarebbero state ricomprese.
4. I ruoli in contenzioso
Uno degli aspetti indubbiamente più delicati concerne i rapporti tra la definizione agevolata e i contenziosi in corso. La norma di riferimento si limita a prevedere, in proposito, che nell’istanza da trasmettere a Equitalia il contribuente indica «la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi». Sennonché, in realtà, le controversie possono avere direttamente o anche indirettamente ad oggetto gli importi definibili, come accade nell’ipotesi in cui il ricorso originario sia stato proposto contro l’avviso di accertamento. Le situazioni concrete possono quindi essere piuttosto variegate e richiedono un esame caso per caso. Si prenda l’ipotesi più semplice del ricorso contro la cartella di pagamento. La prima questione che si pone è se sia possibile una rottamazione solo parziale delle partite contestate. La risposta è senz’altro positiva, ancor più alla luce del contenuto del modello di istanza di definizione. In tale modello è riportato un riquadro in cui per l’appunto si dettagliano i carichi che si vuole definire, pur se contenuti nella medesima cartella o atto di affidamento, senza preclusioni di sorta in ordine alla possibilità che le poste in esame siano o meno in contenzioso. Si tratta di facoltà certamente utile, oltre che necessaria in punto di conformità ai principi generali. Ne consegue che in presenza di ricorsi presentati contro una pluralità di pretese impositive (12) fatte valere con la stessa cartella il contribuente sarà libero di decidere quali definire e per quali proseguire il giudizio. Nulla sembra ostare, inoltre, a che la sanatoria sia limitata ad una porzione di una pretesa complessiva più ampia. Si pensi ad una cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, riguardante il recupero di alcuni oneri deducibili, in relazione al quale talune rettifiche appaiono fondate ed altre no. Dovrebbe essere possibile per il contribuente definire solo le partite più “a rischio”, rinunciando al relativo giudizio e proseguire, invece, il processo sulle partite in ordine alle quali ritenga di avere operato correttamente.
La questione si complica quando oggetto dell’impugnativa è l’avviso di accertamento, dal quale è scaturito l’affidamento del carico tributario dovuto in pendenza di giudizio. In questo caso occorre innanzitutto interrogarsi se sia ammessa la rottamazione di una pretesa che potrebbe non essere autonoma, in quanto rappresenta una quota di una pretesa complessiva recata in un differente atto impositivo. La risposta dovrebbe essere positiva, in forza del medesimo criterio di diritto utilizzato per ammettere la definizione delle sole sanzioni, rappresentato dalla tassatività delle fattispecie di esclusione dalla sanatoria. Né dalla lettura del modello di istanza di definizione è dato desumere alcuna clausola ostativa alla rottamazione dei ruoli “provvisori”. Assumendo quindi l’ammissibilità dei benefici di legge, il passo successivo è stabilire cosa accade per effetto della definizione. Nessun problema dovrebbe porsi laddove la pretesa recata in cartella di pagamento o affidata all’agente della riscossione rappresenti la totalità dell’importo controverso. Si faccia il caso, ad esempio, della sentenza della Commissione tributaria regionale sfavorevole al contribuente che ha proposto ricorso per cassazione. O ancora al ricorso pendente in Commissione tributaria provinciale avverso un avviso di recupero di credito d’imposta, per il quale è già avvenuta l’iscrizione a ruolo dell’intero importo rettificato, sanzioni comprese (13). In tali eventualità, se il contribuente definisce integralmente i carichi trasmessi all’agente della riscossione, con stralcio quindi di sanzioni e interessi, non vi è dubbio che occorra rinunciare all’intero giudizio.
Il dubbio si pone invece nel caso in cui, dopo una sentenza sfavorevole della Commissione tributaria provinciale, il contribuente abbia ricevuto comunicazione del carico a ruolo corrispondente ai due terzi dell’intera pretesa. In questo caso non è chiaro cosa accada se si voglia definire tale importo, in punto di effetti sulle sorti del giudizio afferenti la porzione esclusa dalla rottamazione. Si badi che nella fattispecie qui prospettata il contribuente non vuole definire solo una parte della controversia ma intende stralciare l’unica quota ammessa alla rottamazione. A stretto tenore letterale della norma (14), sembrerebbe che il debitore debba rinunciare all’intero giudizio, proprio perché la parte definita non può ritenersi autonoma rispetto all’intera vicenda contenziosa, di talché o si definisce tutto o niente. Potrebbe però ammettersi anche la soluzione opposta, secondo cui si potrebbe proseguire il giudizio unicamente per la parte non definita, per evitare sperequazioni con l’ipotesi contigua della sanatoria parziale.
La procedura di definizione dei ruoli in contenzioso appare tuttavia inficiata, in punto di ragionevolezza della stessa, dall’incidenza del tutto casuale delle vicende processuali e non solo intervenute medio tempore sugli esiti della medesima.
In via del tutto principale va subito avvertito che se il contribuente ha già versato per intero le somme potenzialmente rottamabili (15), in linea di principio, la definizione gli è preclusa. Questo perché, ai sensi dell’art. 6, ottavo comma, del D.L. n. 193/2016, gli importi versati a titolo di sanzioni e interessi di mora non sono mai ripetibili nell’ambito della definizione agevolata.
Occorre inoltre che si sia in presenza di un ruolo o di un affidamento “esistente” alla data del 31 dicembre 2015 e ciò potrebbe dipendere sia dalle pronunce giudiziali che dai comportamenti adottati dall’ente creditore. Si ipotizzi l’impugnazione di una cartella parzialmente annullata dalla Commissione tributaria provinciale: in questo caso, stando alla prevalente interpretazione della Suprema Corte (16), poiché la sentenza del giudice tributario si sostituisce all’atto impositivo impugnato, a stretto rigore l’Ufficio finanziario dovrebbe comunque annullare l’iscrizione a ruolo e riemetterla con gli importi rivenienti dalla pronuncia del giudice. A maggior ragione lo sgravio integrale dovrebbe essere effettuato in presenza di sentenza di annullamento totale della Commissione tributaria.
Se dunque il carico affidato all’agente della riscossione è stato sgravato, seppure temporaneamente in attesa della successiva pronuncia giudiziale, non vi è spazio per alcuna rottamazione. Se invece l’Ufficio finanziario ha ritenuto (17) di procedere ad una mera sospensione della esecutività dell’atto impugnato, senza provvedere ad alcuno sgravio provvisorio, la definizione agevolata sembra possibile, con conseguente eliminazione dell’intera alea processuale.
Alla luce di tali considerazioni (18), si ricava pertanto che la stessa ammissibilità della sanatoria viene a dipendere da accadimenti accidentali quali l’avvenuto pagamento delle somme dovute (19), in pendenza di giudizio, e soprattutto la condotta dell’Ufficio finanziario che, in presenza di una pronuncia totalmente o parzialmente negativa, provveda o meno a sgravare il carico affidato all’agente della riscossione (cosa che generalmente nella pratica non avviene quasi mai).
Una simile disparità di trattamento tuttavia non sembra giustificabile e meriterebbe un adeguato ripensamento (20).
Da ultimo, sempre rimanendo in tema di contenzioso, va segnalato che la rinuncia al contenzioso prescritta dalla disciplina in esame comporta di norma il pagamento delle spese di giudizio in favore delle altre parti (21). Sarà quindi consigliabile munirsi di una richiesta congiunta di estinzione del giudizio, con compensazione delle spese.
5. La procedura
La sanatoria si attiva con la presentazione di una istanza (22) all’agente della riscossione, nella quale il debitore indica il numero delle rate con cui intende assolvere il debito, oltre ai dati identificativi dei carichi da rottamare. Il numero massimo di rate è quattro e l’ultima non può scadere oltre il 15 marzo 2018. Entro il 22 aprile 2017 (23), Equitalia trasmette al debitore la comunicazione contenente l’importo da versare e l’ammontare delle singole rate.
Con la presentazione della domanda si anticipano alcuni effetti della sanatoria, poiché non possono essere adottate nuove misure cautelari (24), ferme restando quelle già apposte, e non possono essere avviate nuove azioni esecutive. Le attività di recupero in corso sono ugualmente bloccate, salvo che non si sia tenuto già il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero ancora, in caso di pignoramento presso terzi, non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.
Va segnalato che il regime delle decadenze è molto rigoroso. È infatti sufficiente pagare con ritardo anche di un solo giorno una qualsiasi delle rate della rottamazione per decadere dai benefici di legge, con conseguente riattivazione delle azioni di recupero di Equitalia. Il debito residuo inoltre non può più essere dilazionato. Per eliminare qualsiasi dubbio in proposito, la norma stabilisce che alla dilazione da definizione non si applicano le disposizioni dell’art. 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (25). Rispetto ad una delle versioni iniziali della disposizione in esame, è scomparso qualsiasi riferimento all’istituto del lieve inadempimento (26), che avrebbe almeno permesso di tollerare ritardi contenuti o piccole omissioni di pagamento.
Il rigore della normativa in esame richiede pertanto che il momento di perfezionamento della procedura sia definito con chiarezza, poiché il debitore deve conoscere in anticipo il “punto di non ritorno”, a partire dal quale cioè si assumono i vantaggi ma anche i rischi dell’operazione.
La disciplina di riferimento non offre appigli sicuri in proposito.
Da un lato l’art. 6, secondo comma, del D.L. n. 193/2016, prevede che il debitore «manifesta la volontà» di avvalersi della rottamazione con la presentazione dell’istanza. Il successivo quarto comma, come sopra evidenziato, dispone che in caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica ovvero di una qualsiasi delle rate dovute determina la caducazione della procedura agevolata. Da ciò potrebbe desumersi che il debitore si considera irrimediabilmente coinvolto nella procedura con la mera presentazione della domanda, tant’è che se egli non paga già la prima rata non solo la rottamazione decade ma non si può più rateizzare il carico ancora dovuto. Si tratta, all’evidenza, di una conseguenza eccessivamente penalizzante, soprattutto per chi ha in corso dilazioni molto ampie, articolate in rate finanziariamente sostenibili. Non va infatti dimenticato che il debitore ha certezza dell’importo definito solo con la ricezione della comunicazione di Equitalia.
Dovrebbe quindi essere possibile anche un’altra interpretazione.
Secondo quanto disposto nell’ottavo comma, lett. c), del medesimo art. 6, del D.L. n. 193/2016, il pagamento della prima o unica rata «determina la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere». Dunque, perché si perda il beneficio del termine già accordato al contribuente non è sufficiente la presentazione della domanda di rottamazione ma occorre il versamento della prima o unica rata. Ne dovrebbe conseguire che se non si versa la prima rata, la dilazione precedente mantiene validità e quindi l’interessato può riprendere a pagare le rate già concordate. Se nelle more della procedura di rottamazione si fosse incorsi nell’omesso versamento di complessive cinque rate e, quindi, la rateazione originaria fosse decaduta, si potrebbe comunque ripristinarla pagando l’importo scaduto, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973.
La situazione risulta più complicata per chi ha in corso una dilazione riveniente da una riammissione nei termini (ad esempio, ex art. 13-bis del D.L. n. 113/2016). In tale eventualità, infatti, se si incorre nell’omesso pagamento di due rate si decade dalla rateazione e il debito residuo non può più essere dilazionato.
Il pagamento dell’importo da rottamazione può avvenire con domiciliazione bancaria oppure mediante bollettini postali precompilati, allegati alla comunicazione di Equitalia, ovvero ancora presso gli sportelli di Equitalia.
Dall’importo dovuto in sede di definizione si possono scomputare unicamente le cifre versate al medesimo titolo, mentre le somme corrisposte ad altro titolo (27) restano definitivamente acquisite nelle casse di Equitalia. È evidente come anche questa circostanza determini situazioni di irragionevole disparità di trattamento, tra soggetti che non hanno mai pagato nulla, contando magari sulle inefficienze dell’agente della riscossione, e soggetti che invece hanno fatto fronte agli impegni assunti in sede di dilazione precedentemente accordata.
Se l’importo della rottamazione risulta già integralmente versato, conteggiando i pagamenti già eseguiti, per fruire dello stralcio del debito residuo è sufficiente la presentazione della domanda.
Da ultimo si prevede che l’agente della riscossione comunichi agli enti creditori, entro il 31 dicembre 2018, l’elenco dei soggetti che hanno aderito alla sanatoria, al fine del discarico delle relative partite a ruolo.
6. I rapporti con le dilazioni precedenti
Per espressa previsione di legge, possono beneficiare della definizione anche i soggetti che sono decaduti da precedenti dilazioni e quelli che hanno dilazioni in corso (28). Per questi ultimi è sancita la condizione che siano adempiuti i versamenti delle rate in scadenza dal primo ottobre al 31 dicembre 2016. La previsione intende a evidenza prevenire comportamenti strumentali di quanti, una volta resa nota la decisione di approvare le misure di sanatoria, hanno deciso di interrompere i pagamenti in corso. Sta di fatto però che i debitori con dilazioni scadute da tempo sono chiaramente avvantaggiati rispetto ai soggetti che invece si sono scrupolosamente attenuti ai programmi di rientro. Proprio alla luce di tale ennesima criticità della normativa, dovrebbe essere affermato il principio secondo cui la condizione in esame è rispettata anche in presenza di pagamento tardivo delle rate suddette, purché ciò avvenga al più tardi alla data di presentazione della domanda di definizione.
Va peraltro evidenziato che, considerato il breve arco temporale di rateizzazione previsto dalla sanatoria, è bene che il debitore sia certo di potere fare fronte alla relativa obbligazione, prima di abbandonare la dilazione in corso, a maggior ragione se si tratta di una rateazione molto ampia (29). Il rischio infatti, come sopra rimarcato, è quello di perdere i benefici della definizione senza potere più accedere ad alcuna forma di rateazione.
7. Le altre novità a regime in materia di riscossione coattiva
Con l’art. 3 del medesimo D.L. n. 193/2016 (30) si sono ampliati, a decorrere dal 1° gennaio 2017, i poteri a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, prevedendo espressamente la facoltà di accesso a tutte le banche dati e le informazioni disponibili all’Agenzia delle entrate anche ai soli fini dell’esercizio della riscossione coattiva. Si è disposto altresì che l’Agenzia delle entrate, ai fini dell’effettuazione del pignoramento presso terzi, cui all’art. 72-ter del D.P.R. n. 602/1973, può accedere alle banche dati INPS per acquisire le informazioni necessarie relative ai rapporti di lavoro.
I medesimi poteri sono attribuiti alla futura Agenzia delle entrate-Riscossione.
8. Le novità in materia di riscossione dei tributi comunali
L’art. 2 del D.L. n. 193/2016 interviene nella annosa questione dei rapporti tra Comuni ed Equitalia, oggetto di numerose proroghe legislative, con l’intento di porre le premesse per una risoluzione definitiva della questione.
In proposito si ricorda che l’affidamento ope legis della riscossione coattiva delle entrate comunali a Equitalia è da tempo non un obbligo ma una mera opportunità, rimessa ad una valutazione delle Amministrazioni locali, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997. Peraltro, anche i Comuni che non hanno deliberato di svolgere in proprio tale funzione potevano avvalersi della società pubblica solo in via transitoria, entro una scadenza di volta in volta prorogata, da ultimo (31) al 31 dicembre 2016.
La novella differisce ulteriormente tale termine al 31 maggio 2017 e nel contempo stabilisce che entro il primo giugno 2017 i Comuni, con apposita deliberazione consiliare (32), possono decidere di continuare a utilizzare il riscossore pubblico.
A regime, inoltre, i Comuni con deliberazione adottata entro il 30 settembre di ogni anno possono decidere di affidare la funzione della riscossione coattiva all’ente pubblico a ciò preposto a livello nazionale. La differenza tra le due fattispecie appare prima facie piuttosto chiara: la prima (33) si rivolge ai Comuni che sono rimasti all’interno del sistema di riscossione coattiva di Equitalia e che intendono rimanervi, la seconda (34) riguarda in linea di principio i Comuni che, dopo avere deliberato di svolgere direttamente o con affidamento ai soggetti abilitati di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997, le attività di recupero coattivo, decidono di avvalersi dell’opera della futura Agenzia nazionale della riscossione. La durata di efficacia delle relative delibere non è tuttavia stabilita chiaramente, con l’effetto che non si comprende a regime quale sia il comportamento da adottare per le singole Amministrazioni locali nelle diverse situazioni contingenti. Così per fare un esempio i Comuni che al 1° giugno 2017 hanno deciso di continuare a utilizzare Equitalia sono obbligati a confermare tale decisione per il 2018 con deliberazione da adottare entro il 30 settembre prossimo? O tale conferma si rende necessaria, se del caso, solo a valere dal 2019?
La logica, oltre che il sistema delineato dalla clausola generale regolamentare di cui al sopra citato art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, induce a ritenere che la delibera adottata dall’ente, in un senso (35) o nell’altro (36), mantenga validità sino a revoca espressa. Trattandosi invero di deliberazioni, come detto, di portata regolamentare, le stesse sono destinate naturalmente ad avere efficacia oltre l’anno di adozione. Ne consegue che non occorrerà alcuna ulteriore conferma espressa dopo quella eventualmente manifestata entro il primo giugno prossimo né dopo quella adottata entro il 30 settembre 2017.
Vale peraltro evidenziare che il modello di gestione che si va a delineare appare conforme al paradigma normativo di cui al ridetto art. 52, impostato sulla gestione diretta di tutte le funzioni salvo diversa esplicita deliberazione del Comune.
Le perplessità avanzate da più parti in ordine alla compatibilità di un affidamento diretto delle entrate comunali ad una società pubblica non partecipata dai Comuni, in punto di rispetto delle regole comunitarie in materia di tutela della concorrenza, dovrebbero inoltre ritenersi superate con il trasferimento delle funzioni di Equitalia ad una Agenzia interamente statale, come peraltro avviene nella generalità dei Paesi dell’Unione europea.
Resta sullo sfondo, invece, l’esigenza improcrastinabile della riforma della disciplina della riscossione tramite ingiunzione di pagamento, già oggetto della norma di delegazione di cui all’art. 10 della legge 11 marzo 2014, n. 23, lasciata colpevolmente decadere.
9. La soppressione di Equitalia
La parte politicamente più rilevante del decreto di accompagnamento alla manovra finanziaria 2017 è ovviamente rappresentata dalla previsione della abolizione di Equitalia, a decorrere dal primo luglio 2017, e della sua sostituzione con un nuovo ente pubblico economico denominato “Agenzia delle entrate-Riscossione”.
L’ente è dotato di autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze nonché al monitoraggio continuo dell’Agenzia delle entrate, secondo principi di trasparenza e pubblicità. La riforma appare ispirata alle linee di indirizzo suggerite dagli organismi internazionali (37) che indicavano l’opportunità di ricondurre la funzione della riscossione coattiva nell’ambito dell’Amministrazione finanziaria.
Sotto il profilo squisitamente tecnico – procedurale, la novella si limita alla enunciazione di alcuni criteri, che dovranno poi essere riempiti di contenuti con l’adozione dei necessari provvedimenti attuativi.
Tralasciando gli aspetti più strettamente organizzativi e lavoristici (38), che non interessano in questa sede, e venendo alle questioni di maggiore interesse per l’operatore tributario, si segnala:
a) la previsione secondo cui la nuova Agenzia subentra al Gruppo Equitalia a titolo universale, in tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, compresi quelli processuali. Ne consegue che la stessa assumerà la qualifica di parte processuale in tutti i contenziosi in corso al primo luglio 2017;
b) l’assunzione ope legis da parte della medesima Agenzia della qualifica di agente della riscossione, con i conseguenti poteri di cui al D.P.R. n. 602/1973;
c) il mantenimento del finanziamento con l’applicazione di un aggio, determinato con le modalità di cui all’art. 9 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, ovverosia secondo criteri maggiormente rappresentativi dei costi di riscossione. Nelle more, resteranno ovviamente in vigore le regole già esistenti (39);
d) l’esonero da qualsiasi obbligo di assistenza tecnica e/o rappresentanza processuale qualificata, davanti al Tribunale, al giudice di pace e alle Commissioni tributarie (40), salva la possibilità di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato, allorquando si tratti di questioni di principio ovvero aventi rilevante contenuto economico;
e) la previsione che l’atto aggiuntivo da stipulare annualmente tra la nuova Agenzia e il Ministero dell’economia e delle finanze individui, tra l’altro, metodologie di riscossione orientate al risultato piuttosto che al processo, così da rendere più flessibili le procedure, obiettivi ispirati anche alla customer satisfaction (41), nonché la tipologia delle comunicazioni preventive funzionali a evitare l’applicazione di aggravi a carico del debitore.
Sulla carta, comunque, non sembra annunciarsi una vera rivoluzione della disciplina della riscossione coattiva, come è inevitabile che sia, atteso che i pignoramenti devono pur sempre continuare, che piaccia o meno. Il giudizio finale però deve restare sospeso, in attesa di verificare le modalità di attuazione del disegno complessivo.
Dott. Luigi Lovecchio
(1) Rappresentato dall’art. 1, commi da 618 a 623, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
(2) Che prima erano rappresentati dai soli interessi.
(3) E con l’Agenzia delle entrate, come stabilito nell’art. 13-bis del D.L. 24 giugno 2016, n. 113 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160).
(4) È peraltro verosimile che la rottamazione agevoli la riorganizzazione annunciata, se non altro, in termini di sfoltimento delle partite da gestire.
(5) Art. 29, primo comma, del D.L. n. 78/2010.
(6) Ordinario o straordinario, provvisorio o definitivo.
(7) Ad esempio, contributi previdenziali e assistenziali.
(8) Sempre più frequenti.
(9) Il ruolo anziché l’ingiunzione.
(10) Equitalia anziché i Comuni ovvero le società di cui all’art. 53 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
(11) Ma lo stesso vale per la mancata compilazione del quadro RW del modello Unico.
(12) Ad esempio, ai fini IRPEF e IVA.
(13) Ai sensi dell’art. 27, comma 19, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
(14) Peraltro pedissequamente riprodotta nel modello di domanda di definizione.
(15) Si pensi all’ipotesi in cui il ricorso sia stato proposto contro la cartella di pagamento e non vi sia stata sospensione della stessa.
(16) Cfr. Cass., sez. trib., 12 novembre 2014, n. 24092, in Boll. Trib. On-line.
(17) Come talvolta accade in concreto.
(18) Rappresentative di situazioni piuttosto frequenti nella pratica.
(19) Ma questa in realtà è una circostanza che incide anche sulla rottamazione dei ruoli non impugnati.
(20) In realtà occorrerebbe cogliere l’occasione per proporre una nuova definizione delle liti pendenti, che eliminerebbe in radice qualsiasi discriminazione tra le varie vicende contenziose. Si tratta tuttavia di una prospettiva al momento piuttosto lontana, quantomeno in termini di fattibilità politica dell’operazione
(21) Ex art. 44 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
(22) Il cui modello è stato per l’appunto approvato da Equitalia ed è disponibile on line. La trasmissione è ammessa anche via p.e.c., allegando copia del documento di identità.
(23) 180 giorni dall’entrata in vigore del D.L. n. 193/2016.
(24) E cioè fermo amministrativo e ipoteca.
(25) Che per l’appunto consente ai debitori decaduti di essere riammessi al piano di rientro, con il pagamento delle rate scadute.
(26) Di cui all’art. 15-ter del D.P.R. n. 602/1973.
(27) Sanzioni, interessi di mora e interessi di dilazione.
(28) Si ritiene alla data del 24 ottobre 2016.
(29) Di 72 rate mensili o addirittura di 120 rate mensili
(30) Recita l’art. 3 del D.L. n. 193/2016: «1. A decorrere dal 1° gennaio 2017, l’Agenzia delle entrate può utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere sulla base di specifiche disposizioni di legge, anche ai fini dell’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. 2. All’articolo 72-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 2-bis, è inserito il seguente: «2-ter. Ai medesimi fini previsti dai commi precedenti, l’Agenzia delle entrate può acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via telematica, alle specifiche banche dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale». 3. L’Agenzia delle entrate-Riscossione è autorizzata ad accedere e utilizzare i dati di cui al presente articolo per i propri compiti di istituto».
(31) Art. 10, comma 2-ter, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.
(32) Trattandosi di decisione avente natura sostanzialmente regolamentare, infatti, la competenza non può essere che del consiglio comunale.
(33) Riferita alla scadenza eccezionale del 1° giugno 2017.
(34) Riferita invece alla scadenza a regime del 30 settembre di ogni anno.
(35) Cioè la conferma del riscossore pubblico.
(36) Cioè il passaggio al riscossore pubblico.
(37) OCSE e FMI.
(38) Per vero tutt’altro che semplici e privi di criticità.
(39) Che prevedono come noto un aggio del 6 per cento, in caso di pagamento della cartella oltre 60 giorni dalla notifica.
(40) Come già attualmente previsto dall’art. 11 del D.Lgs. n. 546/1992.
(41) Espressa in termini di «soddisfazione dei contribuenti per i servizi prestati».