SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Le misure a stralcio – 3. La sanatoria in favore degli agenti della riscossione – 4. Proroga per le istanze di discarico per inesigibilità – 5. Istituzione di un comitato di verifica dell’attività di riscossione – 6. La nuova disciplina per l’annullamento delle procedure esecutive illegittime – 7. Moratoria per i ruoli fino a mille euro. [-protetto-]
1. Premessa
La legge n. 228 del 24 dicembre 2012, meglio nota come “legge di stabilità 2013”, contiene importanti novità in materia di riscossione. Di queste, alcune sono misure a stralcio, destinate a ridurre considerevolmente la gestione dei vecchi ruoli, in vista di una riforma che dovrebbe investire per ora il comparto dei tributi locali ma che già si annuncia per l’intero settore della riscossione attraverso prime misure di auspicato “efficientamento” , altre riguardano nuove procedure a regime per far valere eventuali vizi della pretesa creditoria recata nel ruolo di riscossione.
2. Le misure a stralcio
Si prevede in particolare che , una volta decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità , tutti i ruoli resi esecutivi sino al 31 dicembre 1999, recanti crediti non superiori a duemila euro sono annullati ope legis . Ai fini della verifica del rispetto del limite di legge si tiene conto esclusivamente della sorte capitale, degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e delle sanzioni. Nessun rilievo è invece attribuito all’aggio dell’agente della riscossione, agli interessi di mora, di cui all’art. 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e all’eventuale importo delle spese per procedure esecutive anticipato dall’agente stesso.
La norma non precisa la natura del credito a ruolo e utilizza il termine generico di “capitale”. Ne deriva che sono potenzialmente interessate all’annullamento anche le cartelle di pagamento relative a entrate non tributarie, quali ad esempio le multe stradali e i contributi previdenziali. Gli unici requisiti riguardano la data di esecutività dei ruoli, l’entità della somma interessata e la circostanza che questa risulti non ancora pagata alla data del 30 giugno 2013. L’effetto di annullamento peraltro consegue al mero decorso del termine di legge, senza che vi sia necessità di alcuna istanza da parte del debitore. D’altro canto, non è disposta una comunicazione da inviare al debitore del ruolo, anche se è più che evidente che, per le entrate tributarie, l’obbligo di informativa grava sia in capo all’agente della riscossione sia nei confronti dell’ente creditore, ai sensi dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente). Palesi ragioni di correttezza dell’azione amministrativa depongono inoltre nel senso della necessità della comunicazione per la generalità delle partite azzerate. In proposito, vale osservare come non sempre per il debitore sia agevole reperire le informazioni necessarie al fine di accertare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanatoria, se solo si pone mente alla circostanza che l’obbligo della indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, previsto nell’art. 25, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973, è stato introdotto solo a decorrere dai ruoli resi esecutivi dal 1° luglio 2001.
Il suddetto effetto di annullamento inoltre non è in alcun modo influenzato dal decreto delle Finanze che, ai sensi del medesimo comma 527 dell’articolo unico della legge, dovrà essere emanato, poiché questo dovrà disciplinare esclusivamente le modalità per il discarico dei ruoli, per la cancellazione dei crediti dalle scritture contabili degli enti interessati nonché per la trasmissione dell’elenco delle quote annullate e per il rimborso delle spese sostenute dagli agenti della riscossione. Non vi è peraltro alcuna scadenza posta ai fini dell’emanazione di tale decreto.
Non è chiaro se ai fini del rispetto del limite di 2.000 euro rilevi unicamente l’ammontare dell’iscrizione a ruolo originaria. La lettera della disposizione di legge sembra presupporre che l’importo in esame debba essere riguardato con riferimento all’intera cifra oggetto dell’iniziale partita a ruolo, senza che abbia rilievo l’entità dell’eventuale residuo non riscosso. Si tratta tuttavia di una opzione interpretativa non univoca che potrebbe cedere il passo ad una lettura ispirata all’esigenza di eliminare la gestione di tutte le partite di piccolo importo , indipendentemente dall’ammontare originariamente iscritto a ruolo. A fini di omogeneità di disciplina si ritiene però che anche l’eventuale residuo di valore non superiore a duemila euro debba risalire, al più tardi, al 31 dicembre 1999.
Uno degli aspetti più critici è però rappresentato dalla relazione tra la novella della legge di stabilità e l’esistenza di contenziosi in corso aventi ad oggetto le medesime iscrizioni a ruolo. Si pensi alla possibilità che la cartella di pagamento sia stata impugnata dal debitore e che la riscossione coattiva sia stata impedita da provvedimenti, anche cautelari, del giudice adito, con persistente pendenza della procedura giudiziaria. Sul punto, la norma di legge omette qualsiasi precisazione, poiché l’unica condizione posta è che il credito, al 30 giugno prossimo, non sia stato ancora riscosso. È in primo luogo da escludere l’attrazione alla novella delle iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio, effettuate ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/1973. In questo caso, infatti, il credito di riferimento non è l’importo affidato all’agente della riscossione, ma l’ammontare accertato. Deve comunque trattarsi, per ciò che concerne le entrate tributarie, di iscrizioni a ruolo a titolo definitivo. Si ritiene, inoltre, che, in considerazione della assoluta generalità della previsione di legge, anche i ruoli in contenzioso dovrebbero ricadere nell’effetto estintivo della novella. La conseguenza sarebbe la cessazione della materia del contendere. Una simile conclusione, oltre che per l’appunto conforme alla littera legis, non sembra del tutto estranea alla ratio dell’intervento legislativo, poiché concorrerebbe ad alleggerire gli oneri amministrativi degli enti interessati . È d’altro canto evidente come, in tale eventualità, la novella si colorerebbe di un aspetto “condonistico” che non è tipico dei provvedimenti di specie. Stante l’estrema delicatezza della questione, occorrerà pertanto attendere chiarimenti ufficiali.
3. La sanatoria in favore degli agenti della riscossione
Sempre nell’ambito delle misure a stralcio, le disposizioni recate nei commi 528 e 529 della legge di stabilità si segnalano per l’introduzione di una vera e propria sanatoria delle attività di recupero svolte dagli agenti della riscossione, con riferimento alla totalità dei ruoli resi esecutivi sino al 31 dicembre 1999. Ed invero, sia per i ruoli non superiori a duemila euro sia per quelli di maggiore importo non si applicano le previsioni degli artt. 19 e 20 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, e, fatti salvi solo i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità contabile e amministrativa.
Per comprendere meglio la portata dell’innovazione, occorre ricordare che l’agente della riscossione è formalmente responsabile della corretta esecuzione delle attività finalizzate all’incasso del credito affidato, sino a quando l’ente creditore non comunica lo sgravio del ruolo oppure accetta la domanda di discarico dello stesso per inesigibilità. A tale ultimo scopo, è prescritta per l’appunto un’apposita disciplina nei citati artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999. In forza di dette disposizioni, l’agente della riscossione deve dimostrare, ad esempio, di avere notificato la cartella di pagamento entro un termine (attualmente, il nono mese) decorrente dalla consegna del ruolo, di avere tentato le azioni esecutive su tutti i beni del contribuente risultanti dall’Anagrafe tributaria nonché di avere eseguito le attività cautelari ed esecutive segnalate dall’ente creditore. Se non ha adempiuto a tali obblighi, la società di riscossione rimane debitrice nei confronti dell’ente creditore per le somme non riscosse. Per effetto della novità in esame, le suddette procedure non trovano applicazione nei riguardi dei ruoli formati sino alla fine del 1999.
Questo significa che l’agente della riscossione risulterà formalmente discaricato anche se non ha svolto una o più delle azioni sopra indicate (ad esempio, non ha svolto tutte le azioni esecutive che avrebbe dovuto o, al limite, non ha correttamente notificato la cartella di pagamento). L’effetto naturale del discarico, dal lato del debitore (ad esempio, il contribuente), è la cancellazione del suo debito, salva l’ipotesi del tutto improbabile che l’ente creditore non ritenga di poter agire sulla base della disciplina di diritto comune. Per i ruoli recanti importi maggiori di 2.000 euro la disposizione di legge stabilisce che l’agente della riscossione, esaurite le attività di competenza, ne dà notizia all’ente creditore. Non vi è un termine entro cui si perfeziona tale modalità di discarico automatico, verosimilmente in ragione dell’esigenza di effettuare un esame caso per caso delle singoli posizioni creditorie, considerato che potrebbe anche trattarsi di importi molto elevati. Ciò consentirebbe di gestire anche le ipotesi in cui la cartella sia stata oggetto di impugnazione. Alla luce del silenzio di legge sul punto, per le medesime ragioni evidenziate con riferimento ai “mini ruoli”, rafforzate nel caso di specie dalla inesistenza di un effetto automatico di cancellazione del debito, si ritiene che anche questa disciplina di sanatoria trovi applicazione dei riguardi delle partite in contenzioso.
Ugualmente come per i “mini ruoli”, non vi è alcuna discriminazione in ordine alla natura giuridica del credito, che potrebbe pertanto essere tributario o patrimoniale.
4. Proroga per le istanze di discarico per inesigibilità
La legge di stabilità dispone inoltre una ennesima proroga di termini per la presentazione delle domande di discarico che, per effetto della novella, relativamente ai ruoli formati sino al 31 dicembre 2011 possono essere presentate entro il 31 dicembre 2014. Correlativamente, il termine triennale per la verifica delle domande da parte dell’ente creditore decorre dal 1° gennaio 2015.
5. Istituzione di un comitato di verifica dell’attività di riscossione
Passando alle disposizioni a regime , ci si imbatte in una novità che potrebbe preludere ad una sostanziale riforma delle attività di riscossione . Con apposito decreto del Ministero delle finanze, da emanarsi entro giugno prossimo, è istituito un comitato di indirizzo e verifica dell’attività di riscossione a mezzo ruolo, senza maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comitato è composto da rappresentanti degli enti creditori che affidano alle società di Equitalia gli importi da riscuotere, con una presenza maggiormente qualificata degli enti maggiori (Ministero delle finanze, Agenzia delle entrate e Inps), ed è presieduto da un magistrato della Corte dei Conti. Le modalità di funzionamento e di nomina del suddetto comitato nonché la durata del relativo incarico sono stabilite con il medesimo decreto. La parte formalmente innovativa riguarda compiti e poteri del comitato, poiché esso stabilisce annualmente i criteri di individuazione dei crediti amministrati dal sistema pubblico di riscossione, al fine di assicurare lo svolgimento selettivo dell’azione di riscossione, tenendo conto delle capacità operative degli agenti della riscossione. Il comitato inoltre elabora i criteri per il controllo delle attività svolte dalle società di Equitalia sulla base delle istruzioni così impartite. La cogenza dei suddetti criteri risulta rafforzata dalla procedura di approvazione degli stessi, poiché essi sono recepiti in un decreto del Ministro delle finanze, previo parere obbligatorio delle competenti commissioni parlamentari, ed operano per l’anno successivo a quello di approvazione. Le linee guida elaborate dal comitato avranno effetto sui ruoli affidati agli agenti della riscossione a partire dal 1° gennaio 2013. Si tratta dunque di una procedura rinforzata rispetto a quella valevole per l’attività di accertamento degli Uffici dell’Agenzia delle entrate, introdotta per la prima volta nel comparto della riscossione coattiva tramite ruolo. Molteplici gli spunti di riflessione. In primo luogo, appare di forte impatto, sotto un profilo sistematico, il debutto di criteri di selettività anche per le operazioni di recupero coattivo, da sempre tradizionalmente connotate dalla preminenza del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria. Emerge inoltre la volontà del legislatore di sottoporre a controllo e vigilanza le attività delle società di Equitalia da parte di un organo esterno alle stesse, espressione per l’appunto degli interessi degli enti creditori. È quindi evidente che il sistema pubblico di riscossione, nonostante le periodiche riforme, non risponde ancora ai criteri di efficienza ed efficacia che sarebbe lecito attendersi in una società moderna, per di più affetta da una grave crisi economica. Il giudizio complessivo sulla novella è ovviamente sospeso, in attesa di verificarne l’attuazione, anche se l’esperienza insegna che non è con l’istituzione di comitati che si risolvono problemi di tale portata .
6. La nuova disciplina per l’annullamento delle procedure esecutive illegittime
La novità di maggiore rilevanza e di considerevole impatto pratico è l’introduzione di un’apposita disciplina , a regime, per paralizzare le attività illegittime dell’agente della riscossione e, in caso di perdurante inerzia dell’ente creditore, per ottenere l’annullamento ope legis delle relative pretese, con una estensione ad efficacia retroattiva alle domande già presentate al primo gennaio 2013. Si tratta in realtà dell’ampliamento e della formalizzazione, con effetti di particolare cogenza, della procedura già delineata in via amministrativa dalla direttiva di Equitalia 6 maggio 2010, n. 10.
Sotto il profilo soggettivo, la novella riguarda, da un lato il “debitore” della pretesa creditoria, dall’altro, “gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi”. La genericità del primo termine utilizzato, in uno con il riferimento ugualmente generico alle “somme” oggetto della pretesa creditoria, induce a preferire una lettura estensiva della natura del credito di cui si discute, che potrà essere quindi tributario o patrimoniale, anche in ossequio all’esigenza di dare alla norma una applicazione non discriminante . Quanto all’altro lato del riferimento soggettivo , si è in presenza di un sintagma al quale, per le medesime ragioni appena evidenziate, deve essere data la più ampia latitudine possibile. Si tratta quindi non solo dei soggetti incaricati per legge della riscossione delle entrate, come accade per le società di Equitalia, ma anche delle società affidatarie del medesimo servizio, ad esempio, in esito a procedure a evidenza pubblica, come accade sempre più spesso nel comparto delle entrate comunali . Nel medesimo senso depone anche l’espressione letterale che menziona le “somme iscritte a ruolo o affidate”, idonea a ricomprendere, a evidenza, non solo le procedure di cui al D.P.R. n. 602/1973, ma anche quelle alternative, imperniate sull’ingiunzione fiscale , nonché quelle “succedanee” alle prime, che comunque vi rifluiscono .
La procedura in esame è attivata da un’istanza del debitore che deve essere compiutamente circostanziata e documentata. La necessità della completezza e della precisione della domanda di parte deriva dagli effetti ricollegati dalla legge alla sua mera presentazione. Poiché da essa consegue , indefettibilmente, la sospensione «immediata di ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate», che comprende tanto gli atti della procedura esecutiva che quelli di natura cautelare , a prescindere da qualunque delibazione in ordine alla fondatezza della richiesta, è evidente come una simile rilevante conseguenza non possa che derivare da una istanza conforme alla funzione ad essa assegnata dalla legge.
Il termine per la proposizione della domanda, che va presentata per l’appunto al soggetto incaricato della riscossione, è di novanta giorni decorrente «dal primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva». Non è chiaro se tale termine sia perentorio. Nel senso della non perentorietà potrebbe deporre un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, il fatto che le circostanze dedotte nella domanda attengono a questioni di palese illegittimità della procedura di recupero. Non sembra inoltre esservi alcun profilo di inammissibilità della domanda da parte di un debitore raggiunto prima da un atto della procedura cautelare, nei cui riguardi egli sia rimasto inerte, e poi da un atto della procedura esecutiva , verso cui lo stesso si sia attivato, pur sussistendo le cause che legittimano l’attivazione della procedura già all’epoca della notifica del primo atto. Nel contempo però la cogenza degli effetti prodotti con la proposizione della domanda, sino, come si vedrà, al totale annullamento della pretesa vantata, sembra indurre nel senso della perentorietà del termine di novanta giorni. Una interpretazione di raccordo tra le due proposte potrebbe consistere nell’affermare la perentorietà del termine, senza tuttavia sanzionare con la inammissibilità la domanda presentata dopo il ricevimento del primo atto della riscossione coattiva .
Le cause che possono farsi valere con la domanda riguardano, alternativamente, la pretesa creditoria vantata in origine o la procedura esecutiva. Alla prima categoria appartengono: a) la prescrizione o la decadenza del credito, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è stato reso esecutivo; b) il provvedimento di sgravio dell’ente creditore; c) il pagamento effettuato in data antecedente alla formazione del ruolo; d) la sentenza di annullamento della pretesa dell’ente, resa in un giudizio al quale l’agente della riscossione non ha preso parte. Alla seconda tipologia sono invece riconducibili: a) la sospensione amministrativa concessa dall’ente creditore; b) la sospensione giudiziale resa in un giudizio in cui l’agente della riscossione non ha preso parte. La norma infine contempla una ipotesi residuale, che potrebbe involgere fattispecie sia della prima che della seconda tipologia, sintetizzata come «qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso».
Va peraltro osservato, in via del tutto generale, come la disciplina in esame prenda in considerazione esclusivamente vizi ascrivibili all’ente creditore, e non all’agente della riscossione , e intenda quindi rimediare ai ritardi nella trasmissione delle informazioni dal primo al secondo.
La scansione legislativa pertanto prevede che entro dieci giorni dalla ricezione della domanda, l’agente della riscossione trasmetta la stessa all’ente creditore per la valutazione di fondatezza. Nel silenzio della norma, sembra che al “riscossore” non residui alcuno spazio di delibazione sommaria dell’istanza di parte, anche se domande palesemente strumentali, in quanto ad esempio prive di qualsivoglia documentazione di supporto, o comunque estranee al modello legale si ritiene che debbano poter essere respinte all’origine. Si apre quindi uno spatium deliberandi di almeno 60 giorni, decorso il quale l’ente impositore decide per l’appunto in merito alla validità delle argomentazioni del debitore. Tale ambito temporale non può tuttavia eccedere i 220 giorni dalla presentazione della domanda all’agente della riscossione, poiché una volta decorso tale termine la pretesa creditoria è annullata, anche se in effetti fondata e solo temporaneamente inesigibile . Per evitare tale effetto legale, l’ente deve alternativamente, prima dei suddetti 220 giorni: a) comunicare l’accoglimento della domanda e con esso confermare la sospensione degli atti esecutivi, già temporaneamente ottenuta con la mera presentazione dell’istanza; b) rigettare la domanda e quindi invitare l’agente della riscossione a riprendere le procedure di recupero. Non sembra invece ammissibile alcuna fase endoprocedimentale di natura istruttoria, volta ad esempio a richiedere al debitore una integrazione della documentazione esibita, di tal che questi parrebbe destinato a subire gli effetti della eventuale incompletezza della richiesta iniziale.
È da segnalare che la medesima procedura a regime, appena illustrata, trova applicazione nei riguardi delle istanze presentate dai contribuenti alla data del 1° gennaio 2013 , con le seguenti specificità: 1) lo spatium deliberandi dell’ente creditore è di 90 giorni decorrenti dalla medesima data; 2) l’effetto di azzeramento del credito si verifica con il decorso di 220 giorni sempre dal 1° gennaio 2013.
Va infine evidenziato che in caso di presentazione di documentazione falsa, oltre alla comminatoria delle sanzioni penali, è prevista l’irrogazione di una specifica sanzione amministrativa dal 100% al 200% delle somme dovute. Il soggetto legittimato all’irrogazione della sanzione dovrebbe essere l’ente creditore. Se così fosse, però, accettando la tesi, sopra propugnata, della estensibilità della disciplina in esame alle entrate non tributarie, si assisterebbe all’attribuzione di un potere sostanzialmente impositivo in capo ad un soggetto deputato a tutt’altre funzioni . In alternativa, potrebbe forse sostenersi che il soggetto legittimato all’irrogazione della sanzione sia sempre e comunque l’Agenzia delle entrate, su segnalazione dell’ente creditore.
Tra le molteplici sollecitazioni suscitate dalla novella, degna di rilievo è la questione afferente ai rapporti tra la procedura di specie e l’azione giurisdizionale avverso i medesimi atti dell’agente della riscossione. È invero evidente che i vizi denunciati con la disciplina introdotta con la legge di stabilità 2013 ben potrebbero essere addotti anche a sostegno di un’azione giudiziaria avente ad oggetto gli atti della riscossione coattiva. In proposito, si è dell’avviso che i due piani siano totalmente autonomi e siano destinati a sovrapporsi solo qualora a mezzo di uno dei due rimedi il debitore ottenga il risultato auspicato. In tale eventualità, è infatti evidente che verrebbe meno l’interesse a coltivare il procedimento. D’altro canto, è altrettanto evidente che l’unica strada davvero tutelante per il debitore resta quella giudiziaria, atteso che non si vede come possa utilmente costruirsi un efficace mezzo di difesa avverso l’eventuale diniego opposto dall’ente creditore nei riguardi dell’istanza inoltrata all’agente della riscossione.
Sembrano riproporsi, in altri termini, le tradizionali problematiche relative agli effetti delle istanze di autotutela avanzate quando i termini per la proposizione delle azioni giudiziali sono ormai decorsi. Se si guarda agli ultimi arresti della giurisprudenza di legittimità, i margini di tutela sono a dir poco angusti .
7. Moratoria per i ruoli fino a mille euro
Si prevede infine che per le riscossioni avviate a partire dalla data di entrata in vigore della legge le azioni cautelari ed esecutive dell’agente della riscossione non possono essere attivate prima che siano decorsi 120 giorni dall’invio per posta ordinaria di un avviso contenente il dettaglio del ruolo. Nel contempo, è stata abrogata la disposizione che prevedeva che per riscossioni non superiori a 2.000 euro l’agente della riscossione aveva obbligo di inviare due avvisi bonari, dei quali il secondo non prima di sei mesi dal primo.