7 Maggio, 2018

Circolare 7 maggio 2018, n. 9/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:
PREMESSA
1. IL NUOVO AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE. NUOVE CATEGORIE DI SOGGETTI
INTERESSATI
1.1 Le aziende speciali, le aziende pubbliche di servizi alla persona, gli enti pubblici
economici
1.2 Le fondazioni
1.3 Le società
1.4 Elenchi pubblicati dal Dipartimento delle Finanze
2. INDIVIDUAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
3. TABELLA RIEPILOGATIVA
4. FATTISPECIE PARTICOLARI
4.1 Società Fiduciarie
4.2 Oneri CTU a carico di soggetti split payment
5. EFFICACIA TEMPORALE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI
6. SANZIONI.

“PREMESSA
Dal 1° gennaio 2018 si è ulteriormente ampliato l’ambito soggettivo di
applicazione della scissione dei pagamenti IVA, c.d. split payment, di cui all’art.
17-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, con l’art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, è stato
sostituito il comma 1-bis del citato art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972,
allargando il perimetro dei soggetti coinvolti.
Il nuovo testo dell’art. 17-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a
seguito delle modifiche normative introdotte, prevede che:
“1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei
confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni,
per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle
disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso
versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle
operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:
0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo
2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui
al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non
inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da
enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana
identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con il decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato
un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario”.
Le nuove disposizioni, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del menzionato
D.L. n. 148 del 2017, operano a “decorrere dal 1° gennaio 2018 e si applicano
alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dalla medesima data”.
L’estensione dello split payment alle nuove categorie di soggetti risponde
all’obiettivo di rendere ancora più efficace l’azione di contrasto all’evasione in
materia di imposta sul valore aggiunto.
Il meccanismo, come è noto, mira a garantire, da un lato, l’Erario dal
rischio di inadempimento dell’obbligo di pagamento dei fornitori che addebitano
in fattura l’imposta e, dall’altro, gli acquirenti dal rischio di coinvolgimento nelle
frodi commesse da propri fornitori o da terzi.
Tale obiettivo viene perseguito ponendo a carico dei soggetti acquirenti,
che presentano un grado di “fedeltà fiscale” maggiore dei loro fornitori
nell’assolvimento degli obblighi di versamento dell’imposta, l’obbligo di versare
l’imposta medesima addebitata dal fornitore direttamente all’Erario, in luogo del
fornitore.
Con il D.M. 9 gennaio 2018, che ha modificato il D.M. 23 gennaio 2015
(di seguito il “D.M.”), sono state, inoltre, ridefinite le modalità di attuazione della
disciplina della scissione dei pagamenti, alla luce delle novità introdotte dal sopra
citato D.L. n. 148 del 2017.
Tali novità riguardano l’estensione del meccanismo alle operazioni
effettuate nei confronti degli enti pubblici economici, regionali e locali, comprese
le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona, delle fondazioni
partecipate da qualsiasi tipo di P.A., nonché delle società controllate direttamente
o indirettamente da qualsiasi tipo di P.A., ente o società soggetta allo split
payment e delle società partecipate, per una quota non inferiore al 70 per cento,
da qualsiasi tipo di P.A., ente e società già assoggettata allo split payment, che si
aggiungono alle altre categorie che già applicano la scissione dei pagamenti.
Per l’esatta individuazione dei nuovi soggetti interessati, di cui al comma
1-bis dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, occorre rifarsi agli elenchi
pubblicati in data 19 dicembre 2017 dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze, relativamente alle cessioni di beni e prestazioni di servizi fatturate dal
1° gennaio 2018, e la cui imposta sia divenuta esigibile dalla medesima data.
Tanto premesso, la presente circolare illustra le novità in vigore dal 1°
gennaio 2018. Per quanto non contemplato nella presente circolare, restano
valide le indicazioni fornite con le circolari n. 1/E del 9 febbraio 2015 , n. 15/E
del 13 aprile 2015 e n. 27/E del 7 novembre 2017 .

1. IL NUOVO AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE. NUOVE CATEGORIE DI
SOGGETTI INTERESSATI
Come sopra già anticipato, con effetto dal 1° gennaio 2018, la disciplina
della scissione dei pagamenti si applica alle seguenti nuove categorie di soggetti:
1. enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le
aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
2. fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una
percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per
cento;
3. società controllate direttamente o indirettamente i) dagli enti di cui
ai nn. 1 (art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0a, del D.P.R. n. 633 del 1972) e 2
(art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0b, del D.P.R. n. 633 del 1972) sopra
indicati, nonché ii) dalle società soggette allo split payment sulla base
delle modifiche introdotte (art. 17-ter, comma 1-bis, lett. c e d, del D.P.R.
n. 633 del 1972);
4. società partecipate per una quota non inferiore al 70 per cento da
amministrazioni pubbliche e da enti e società soggette allo split payment.
Di seguito, nel delineare l’ambito soggettivo di applicazione della
disciplina della scissione dei pagamenti, si analizzano, nel dettaglio, le nuove
categorie di soggetti interessati.

1.1 Le aziende speciali, le aziende pubbliche di servizi alla persona, gli
enti pubblici economici. Dal 1° gennaio 2018, tutte le aziende speciali e le aziende pubbliche di
servizi alla persona sono riconducibili nell’ambito soggettivo della scissione dei
pagamenti, ancorché non siano tra le PP.AA. destinatarie della disciplina sulla
fatturazione elettronica obbligatoria.
È il caso di segnalare che l’estensione della disciplina sullo split payment
anche alle aziende speciali risolve, peraltro, taluni dubbi circa la delimitazione
della platea dei soggetti pubblici tenuti alla scissione dei pagamenti. Invero, le
aziende speciali di cui al d.lgs.18 agosto 2000, n. 267 e le aziende pubbliche di
servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 e al d.lgs. n. 207 del 2001,
nel sistema vigente dal 1° luglio al 31 dicembre 2017, erano ricondotte
nell’ambito soggettivo della scissione dei pagamenti soltanto se espressamente
individuate nell’elenco Istat e, pertanto, risultavano essere anche destinatarie
della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’articolo 1,
commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
La categoria delle aziende speciali, nell’ambito dell’ordinamento, trova il
proprio riferimento normativo, oltre che nel Testo Unico degli Enti Locali,
approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, anche in altre disposizioni
normative di carattere settoriale.
Viene in rilievo, in proposito, l’art. 114 del Testo Unico degli Enti Locali
che definisce l’azienda speciale come “ente strumentale dell’ente locale dotato di
personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto,
approvato dal consiglio comunale o provinciale”. Si tratta, pertanto, di un ente
diverso dal comune o dalla provincia da cui dipende funzionalmente.
La qualificazione fornita dal legislatore in merito all’azienda speciale,
quale ente strumentale dell’ente locale, rivela l’esistenza di un collegamento
inscindibile tra l’azienda e l’amministrazione locale, attraverso cui si realizza,
sostanzialmente, una forma di gestione del servizio avente i connotati pubblici.
Tra le aziende speciali interessate dal meccanismo della scissione dei
pagamenti figurano anche quelle costituite, ai sensi dell’art. 2, comma 2, della
legge n. 580 del 1993, dalle Camere di commercio e che rappresentano organismi
strumentali a cui è demandato il compito di realizzare le iniziative funzionali al
perseguimento delle finalità istituzionali di una o più Camera di commercio.
Vengono, inoltre, in rilievo le aziende pubbliche di servizi alla persona
(ASP), operanti, principalmente, nell’ambito dei servizi sociali e socio-sanitari,
che sono il risultato della trasformazione degli Istituti pubblici di assistenza e
beneficenza (IPAB), così come stabilito dall’art. 10 della legge n. 328 del 2000 e
dal successivo decreto attuativo d.lgs. n. 207 del 2001.
Interessati dalla disciplina dello split payment sono anche gli enti pubblici
economici nazionali, regionali e locali.
Si tratta di quegli enti che operano nel campo della produzione e dello
scambio di beni e servizi, svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente
economiche e che possiedono un elevato grado di autonomia amministrativa,
finanziaria, patrimoniale.
Tali enti, che si caratterizzano, in via generale, per il fatto di conciliare il
carattere pubblico della personalità giuridica con il regime privatistico
dell’impiego dell’attività esterna, sono destinatari del meccanismo della scissione
dei pagamenti, ma non della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria.
A tal riguardo, giova, invero, ribadire che l’ampliamento dell’ambito di
applicazione della scissione dei pagamenti non influenza l’ambito di applicazione
della fattura elettronica di cui all’art. 1, commi da 209 a 214 della legge n. 244
del 2007, che resta circoscritto alle PP.AA. individuate dalle predette
disposizioni; le due discipline restano, pertanto, autonome, in quanto differenti
per finalità.

1.2 Le fondazioni. Come sopra già anticipato, tra le nuove categorie di soggetti interessati
dalla disciplina dello split payment, a seguito delle modifiche normative
introdotte, vengono in rilievo anche le fondazioni.
In particolare, l’art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0b, del D.P.R. n. 633 del
1972 fa riferimento alle “fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di
cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non
inferiore al 70 per cento”.
Il riferimento alla partecipazione delle amministrazioni pubbliche “per
una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per
cento”, non allude ad alcuna forma di titolarità del capitale (non prospettabile
con riferimento all’istituzione della fondazione), bensì alla misura dell’apporto
patrimoniale dei soggetti pubblici nel patrimonio di dotazione vincolato ad uno
scopo (c.d. fondo di dotazione); tale apporto non deve essere inferiore al 70 per
cento, rispetto alla totalità del valore dello stesso fondo.
Corre l’obbligo di rappresentare che, in via generale, l’istituto della
fondazione trova la propria disciplina nel libro I del Codice Civile; si tratta di un
ente dotato di personalità giuridica, che ha quale elemento costitutivo essenziale
l’esistenza di un insieme di beni vincolati alla soddisfazione di un fine sociale.
La fondazione ha una propria organizzazione e propri organi di governo,
per la gestione sociale utilizza le risorse finanziarie attribuitele con il negozio di
dotazione al fine di perseguire lo scopo voluto dal fondatore e trasfuso nell’atto
costitutivo.
L’assetto patrimoniale della fondazione risulta, di regola, costituito da un
fondo di dotazione (riserva intangibile), composto dai conferimenti in denaro, in
beni mobili o immobili e dalle utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi
sociali fornite dai fondatori, dai promotori o dai partecipanti e dagli aderenti. In
molti casi è previsto anche un fondo di gestione (patrimonio utilizzabile
nell’attività di gestione), costituito dai conferimenti, proventi, utilità ed eventuali
altri contributi o rendite, in qualsiasi natura, per lo svolgimento dell’ordinaria
attività dell’ente.
Tanto premesso, per il calcolo del 70 per cento delle partecipazioni delle
pubbliche amministrazioni, di cui al citato art. 17-ter del D.P.R. 633 del 1972,
occorre fare riferimento al solo fondo di dotazione, così come determinato
dall’atto di costituzione della fondazione stessa, anche al fine di stabilire la
natura dei conferimenti al patrimonio dell’ente e valutare se siano riconducibili al
fondo di dotazione o al fondo di gestione.
Preme, tuttavia, evidenziare che, l’art. 17-ter sopra citato rimanda al
modello organizzativo della fondazione di partecipazione pubblica, che permette
la presenza contemporanea di enti pubblici e di soggetti del mondo privato.
In particolare, la fondazione di partecipazione, differentemente dalla
fondazione classica prevista dal codice civile a cui si faceva riferimento prima,
costituisce un modello organizzativo atipico, che presenta alcuni degli elementi
propri della fondazione, combinati con il modello dell’associazione, largamente
utilizzato, soprattutto negli ultimi anni, dagli enti pubblici per svolgere attività di
pubblica utilità con il concorso di privati.
Le fondazioni a partecipazione pubblica ricomprendono al loro interno
una gamma alquanto variegata e profondamente eterogenea di soggetti giuridici.
Si consideri, in proposito, che la fondazione di partecipazione può essere il frutto
della trasformazione per legge di precedenti enti pubblici, oppure l’esito della
decisione dell’ente pubblico di esternalizzare servizi ed attività in precedenza
svolte direttamente con le proprie strutture; in altri casi, l’ente pubblico può
essere il mero promotore della fondazione per iniziative di pubblico interesse; in
altri casi ancora, l’ente pubblico può decidere di partecipare, anche
congiuntamente ad altri enti pubblici, a fondazioni già costituite secondo modelli
giuridici partecipativi fortemente differenziati.
L’atipicità della fondazione di partecipazione può riflettersi anche dal
punto di vista patrimoniale: si può avere, infatti, una struttura aperta del
patrimonio dell’ente, a formazione progressiva, con la possibilità di
partecipazione – con apporti in denaro, beni materiali o immateriali,
professionalità o servizi – da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati (fondatori,
promotori del progetto, partecipanti istituzionali, semplici partecipanti), che
intendano contribuire economicamente al finanziamento della fondazione.
L’eterogenea casistica delle fondazioni di partecipazione, pertanto,
annovera una vasta gamma di situazioni di relazione con gli enti pubblici
partecipanti, con rilevanti effetti per la disciplina applicabile, che non può
limitarsi – ai fini dell’individuazione dei soggetti split – alla residuale ipotesi
(prevista dalla norma fiscale in commento) delle fondazioni partecipate da
amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di
dotazione non inferiore al 70 per cento.
Invero, è il caso di sottolineare che le forme di ‘controllo’ e
‘partecipazione’ da parte dei soggetti pubblici nei confronti delle fondazioni si
realizzano non solo attraverso la partecipazione degli stessi al fondo di dotazione
(che, in determinati casi, potrebbe anche non essere previsto dallo statuto,
essendo svariate le forme di dotazione e/o finanziamento delle fondazioni da
parte dei soggetti pubblici), ma anche attraverso il controllo esercitato, da parte
dei soggetti pubblici, o con la nomina degli organi di gestione della fondazione
stessa ovvero con un’attività di vigilanza penetrante che si esprime con poteri
insindacabili sull’organizzazione o sul funzionamento o sulla provvista degli
organi della fondazione di un soggetto pubblico.
Pertanto, pur limitandosi il dato letterale dell’art. 17-ter, comma 1-bis, del
D.P.R. n. 633 del 1972 alle sole ‘fondazioni partecipate da amministrazioni
pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore
al 70 per cento’, si ritiene che anche le fondazioni soggette al controllo di
soggetti pubblici, attraverso la nomina degli organi di gestione della fondazione
stessa, rientrino – sulla base di un’interpretazione coerente con lo spirito e la
ratio della disciplina dello split payment – nel meccanismo della scissione dei
pagamenti.
Tra le fondazioni soggette alla disciplina dello split payment, quindi,
vengono in rilievo, ad esempio, le fondazioni degli Ordini professionali.
Si tratta di enti molto diffusi, sia a livello locale che nazionale, attraverso
cui gli Ordini professionali, nella loro qualità di enti pubblici non economici,
rientranti nell’ampia categoria delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo
1, comma 2, della legge 196 del 2009, realizzano attività e interessi collegati alle
professioni che rappresentano.
Peraltro, con riferimento alle fondazioni degli Ordini professionali,
l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha precisato che le fondazioni
degli Ordini professionali sono organismi di diritto pubblico rientranti nella
gamma degli enti pubblici non economici e, quindi, soggetti al regime
pubblicistico del codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 50 del 2016 (cfr.
ex multis Comunicato del Presidente ANAC del 28 giugno 2017; Delibera
ANAC n. 687 del 28 giugno 2017).

1.3 Le società. Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, del D.L. n.
148 del 2017, l’elenco delle società soggette alla disciplina dello split payment, ai
sensi del comma 1-bis dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, è stato
riformulato come segue:
a) società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del
codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai
Ministeri;
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo
2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui
al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non
inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da
enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana
identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con il decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato
un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.
Merita rilevare, preliminarmente, che, dall’analisi delle modifiche
normative introdotte dall’art. 3, comma 1, del D.L. n. 148 del 2017, emerge che,
rispetto alla precedente versione del comma 1-bis, lett. a) dell’art. 17-ter del
D.P.R. n. 633 del 1972, per le società controllate direttamente dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, l’attuale versione della disposizione
contiene il rinvio all’articolo 2359 del codice civile, primo comma, n. 2
(controllo di fatto).
Per ragioni di ordine logico-sistematico, si segnala che il riferimento
dell’articolo 17-ter, comma 1- bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, lett. a) va inteso
con riferimento sia al controllo di diritto che di fatto, in quanto, una diversa
interpretazione che limitasse il perimetro della disciplina della scissione dei
pagamenti alle sole società che sono soggette ad un mero controllo di fatto (ex
art. 2359 del codice civile, primo comma, n. 2), escludendo le società soggette a
controllo di diritto (ex art. 2359 del codice civile, primo comma, n. 1),
comporterebbe, da un punto di vista interpretativo, un contrasto con l’intero
impianto sistematico della disciplina in esame.
Ciò rappresentato, dal confronto con il precedente elenco delle società,
contenuto nella previgente versione del comma 1-bis del citato art. 17-ter,
emerge, come novità, il disposto di cui alle lett. b) e c), in cui il riferimento alle
società controllate direttamente o indirettamente contempla, per effetto delle
modifiche introdotte dall’art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, non
più le sole pubbliche amministrazioni, ma anche tutti gli enti e le società di cui
alle lettere 0a), 0b), a) e c) del medesimo comma 1-bis come riformulato.
L’estensione della disciplina dello split payment anche alle fondazioni,
enti e società coinvolte dal 1° gennaio 2018 ha reso necessaria la modifica,
operata dal D.M. 9 gennaio 2018, delle previsioni del D.M. 23 gennaio 2015,
circa la rilevanza del controllo congiunto di diritto. In proposito, il comma 5
dell’art. 5-ter del D.M. stabilisce che “Nell’ambito delle società controllate di cui
al comma 1-bis, lettere a), b), dell’art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 sono
incluse le società il cui controllo è esercitato congiuntamente da pubbliche
amministrazioni centrali di cui alla lettera a) dello stesso comma 1-bis e/o da
società controllate da queste ultime e/o da pubbliche amministrazioni di cui alla
lettera b) dello stesso comma 1-bis o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b),
a) e c) e/o da società controllate da queste ultime”.
A tal proposito, restano valide le indicazioni già fornite con la circolare
n. 27/E del 2017 in materia di controllo congiunto di diritto, ai sensi dell’art. 2,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 175 del 2016 – in caso di
partecipazioni minoritarie che se sommate superano la percentuale del 50 per
cento – secondo cui si ha controllo congiunto qualora, in applicazione di norme di
legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali
strategiche è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il
controllo; detto requisito non sussiste, invece, nella differente ipotesi di controllo
analogo congiunto, di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), del richiamato d.lgs. n.
175 del 2016.
Altra novità rilevante, sempre con riferimento alle società, è contenuta
nel disposto di cui alla lettera c), del comma 1-bis del citato art. 17-ter che
riguarda le società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non
inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da
enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b) dell’articolo 17-ter, comma 1 bis.
La norma contempla il caso in cui la partecipazione, pari o superiore al
70 per cento, è posseduta da più soggetti, ciascuno intestatario di una quota
(anche minoritaria), che complessivamente raggiungono la percentuale citata del
70 per cento.
La circostanza che la società sia partecipata, per una percentuale
complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, porta a ricondurla
automaticamente nell’ambito applicativo della disciplina dello split payment.
La nuova formulazione dell’art. 17-ter, comma 1 bis, lett. d), prevede,
inoltre, che sono assoggettate alla disciplina dello split le società quotate inserite
nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana, che sono identificate agli effetti
dell’IVA.
La modifica normativa ha inteso precisare che sono soggette alla
disciplina della scissione dei pagamenti le società quotate che sono stabilite o
identificate ai fini IVA in Italia, restando, invece, escluse tutte quelle società che,
non essendo stabilite o identificate in Italia, non posseggono una partita IVA
italiana.

1.4 Elenchi pubblicati dal Dipartimento delle Finanze. Come accennato in premessa, al fine di facilitare l’individuazione dei nuovi soggetti, di cui al comma 1-bis dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972,
sottoposti alla disciplina della scissione dei pagamenti, il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato sul proprio sito internet, il 19
dicembre 2017, con effetto a partire dal 1° gennaio 2018, gli elenchi che
individuano, nel dettaglio, i soggetti riconducibili nell’ambito soggettivo della
scissione dei pagamenti.
In particolare, relativamente all’individuazione delle fondazioni, degli
enti e delle società, si osserva che il D.M. 23 gennaio 2015, come modificato da
ultimo dal D.M. 9 gennaio 2018, ha stabilito, all’art. 5-ter, comma 2, che per le
operazioni per le quali è emessa fattura nell’anno 2018 e negli anni successivi, le
disposizioni dell’art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano a quei
soggetti inseriti “nell’elenco pubblicato, a cura del Dipartimento delle finanze,
entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per l’anno successivo.
Solo per l’anno 2017 il suddetto elenco è pubblicato entro il 19 dicembre con
effetti a valere per l’anno 2018. Le fondazioni, enti e società interessate possono
segnalare eventuali incongruenze o errori al suddetto Dipartimento, che
provvederà a esaminarle al fine dell’eventuale aggiornamento, in conformità alla
normativa vigente”.
Il novellato art. 5-ter, comma 3, del D.M. stabilisce, inoltre, che “Nel
caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si
verifichi in corso d’anno entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società
controllate, partecipate o incluse nell’indice applicano le disposizioni dell’art.
17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a
partire dal 1° gennaio dell’anno successivo. Nel caso in cui il controllo, la
partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi in corso d’anno
dopo il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate
o incluse nell’indice applicano le disposizioni dell’art. 17-ter del decreto n. 633
del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio
del secondo anno successivo”.
Il successivo comma 4 dispone altresì che “nel caso in cui il controllo, la
partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso
d’anno entro il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate,
partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare le disposizioni dell’art.
17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura
fino al 31 dicembre dell’anno. Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o
l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno dopo il 30
settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse
nell’indice continuano ad applicare le disposizioni dell’art. 17-ter del decreto n.
633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre
dell’anno successivo”.
Dal quadro sopra delineato deriva che mediante la consultazione dei
predetti elenchi i soggetti passivi IVA che effettuano cessioni di beni o
prestazioni di servizi potranno verificare le informazioni relative ai loro
cessionari/committenti e stabilire se applicare la scissione dei pagamenti.
Di seguito, si riportano le categorie degli elenchi pubblicati:
– Società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri e dai Ministeri;
– Enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
– Enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali;
– Enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza
e Assistenza;
– Enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale
complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, dalle
Amministrazioni Pubbliche;
– Società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa
italiana.
Riguardo al valore da attribuire ai predetti elenchi, si rammenta che, con
la circolare n. 27/E del 2017 dell’Agenzia delle Entrate, è stato precisato che
“per assicurare certezza giuridica ai soggetti coinvolti nelle anzidette
operazioni, l’espressa individuazione dei soggetti per i cui acquisti trova
applicazione tale meccanismo viene effettuata dal Dipartimento delle finanze del
Ministero dell’economia e delle finanze con appositi elenchi, l’inclusione nei
quali determina un effetto costitutivo”.
Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, col comunicato del 7 febbraio 2018, ha avuto modo di precisare altresì
che – in considerazione della necessità di monitorare e aggiornare costantemente
gli elenchi pubblicati per tenere conto delle segnalazioni pervenute dai
contribuenti – agli elenchi stessi è attribuita efficacia costitutiva, anche in
coerenza con quanto precisato nella circolare n. 27/E del 2017.
Pertanto, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti
interessati, la disciplina dello split payment ha effetto dalla data di effettiva
inclusione del soggetto nell’elenco e della pubblicazione dell’elenco sul sito del
Dipartimento delle Finanze.
Resta fermo che, fino a quando il soggetto interessato non risulterà
inserito nell’elenco aggiornato, il medesimo soggetto non potrà considerarsi
riconducibile nell’ambito soggettivo della disciplina della scissione dei
pagamenti.
L’eventuale rilascio dell’attestazione di cui al comma 1-quater dell’art.
17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 da parte del cessionario/committente in
contrasto con il contenuto degli elenchi è da ritenersi priva di effetti giuridici.
Alla luce della possibilità che un soggetto sia incluso ovvero escluso
dagli elenchi in corso d’anno, occorre chiarire che, in tali ipotesi, la disciplina
della scissione dei pagamenti deve ritenersi applicabile ovvero non più
applicabile solo dalla data di aggiornamento dell’elenco da parte del
Dipartimento delle Finanze. Ciò, in considerazione dell’esigenza di tutelare i
soggetti che abbiano fatto affidamento sugli elenchi pubblicati.
Conseguentemente, deve ritenersi corretto il comportamento del contribuente
che, nelle more di aggiornamento dell’elenco, si sia comportato coerentemente
agli elenchi medesimi.
Nell’ipotesi diversa in cui il contribuente, nelle more dell’aggiornamento
dell’elenco, si sia, comunque, comportato come un soggetto riconducibile
nell’ambito soggettivo della scissione dei pagamenti e, pertanto, l’imposta
relativa agli acquisti sia stata assolta, ancorché in modo irregolare, secondo le
modalità di cui al D.M. 23 gennaio 2015, si è dell’avviso che, per effetto
dell’inclusione, ancorché posticipata, nell’elenco, non sia necessario
“regolarizzare” i comportamenti posti in essere antecedentemente a tale
inclusione.
Tale soluzione risponde ad evidenti esigenze di semplificazione in
quanto evita l’emissione della nota di variazione di cui all’art. 26, terzo comma,
del D.P.R. n. 633 del 1972 in considerazione della circostanza “decisiva” che il
contribuente “effettivamente” doveva ritenersi, sin dall’origine, riconducibile
nell’ambito soggettivo della scissione dei pagamenti.

2. INDIVIDUAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Per l’individuazione delle Pubbliche Amministrazioni destinatarie della
disciplina della scissione dei pagamenti non sono previsti degli elenchi, ma,
come, peraltro, chiarito nel comunicato del 31 ottobre del 2017 dal Dipartimento
delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, occorre far
riferimento all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it).
In particolare, al fine di individuare le Pubbliche Amministrazioni,
l’articolo 5-bis del D.M. precisa che le disposizioni dell’art. 17-ter del D.P.R. n.
633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle
norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’art. 1, commi
da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Come già indicato nella circolare n. 27/E del 2017, si tratta dei:
– soggetti di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001;
– soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 2,
della legge n. 196 del 2009 e delle Autorità indipendenti;
– delle Amministrazioni autonome annoverate dall’art. 1, comma 209,
della legge n. 244 del 2007.
In proposito, anche la menzionata circolare n. 27/E del 2017 ha precisato
che “Ai fini dell’esatta individuazione delle PA tenute ad applicare la scissione
dei pagamenti occorre fare riferimento all’elenco pubblicato sul sito dell’Indice
delle Pubbliche Amministrazioni, www.indicepa.gov.it (di seguito IPA)”.
Si evidenzia che l’accreditamento all’IPA, ancorché obbligatorio per i
soggetti destinatari della fatturazione elettronica, discende dall’iniziativa degli
stessi soggetti.
Pertanto, la P.A. acquirente, che sulla base delle norme sopra richiamate
rientri nell’alveo di applicazione della scissione dei pagamenti, laddove non
abbia richiesto l’anzidetto accreditamento e non abbia comunicato al fornitore
l’applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi, sarà comunque soggetta
all’applicazione delle specifiche sanzioni.
Si ritiene, in ogni caso, opportuno precisare che laddove il riferimento
all’IPA non sia esaustivo, torna utile – in tale circoscritta ipotesi – per il fornitore
il rilascio dell’attestazione di cui al comma 1-quater dell’art. 17-ter del D.P.R. n.
633 del 1972. Ciò, nell’ipotesi in cui la P.A. acquirente, nonostante sulla base
delle norme sopra richiamate rientri nell’alveo di applicazione della scissione dei
pagamenti, non abbia richiesto l’anzidetto accreditamento all’IPA e non abbia
comunicato al fornitore l’applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi.

3. TABELLA RIEPILOGATIVA
Alla luce dei chiarimenti sopra forniti, si riporta di seguito una tabella
riepilogativa che fornisce uno schema rappresentativo di tutte le categorie di
soggetti che, a partire dal 1 gennaio 2018, sono interessate dalla disciplina della
scissione dei pagamenti:
Pubbliche Amministrazioni
(art. 17-ter, comma 1, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633)
– soggetti di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165
del 2001;
– soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT ai sensi
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e le
Autorità indipendenti;
– Amministrazioni autonome annoverate dall’art. 1,
comma 209, della legge n. 244 del 2007
Enti
(art. 17-ter, comma 1-bis, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
lett.0a)
– enti pubblici economici nazionali, regionali e locali;
– le aziende speciali;
– le aziende pubbliche di servizi alla persona.
Fondazioni
(art. 17-ter, comma 1-bis, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
lett.0b)
fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per
una percentuale complessiva del fondo di dotazione non
inferiore al 70 per cento o che comunque siano controllate
da soggetti pubblici
Società
(art. 17-ter, comma 1-bis, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
lett. a), b), c), d)
– società controllate (controllo di diritto e di fatto)
direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e
dai Ministeri;
– società controllate (controllo di diritto) direttamente e
indirettamente da amministrazioni pubbliche, e da enti e
società soggette allo split payment;
– società partecipate per una percentuale non inferiore
al 70 per cento del capitale da amministrazioni pubbliche,
da enti e società soggette allo split payment;
– società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della
Borsa italiana e identificate ai fini IVA.

4. FATTISPECIE PARTICOLARI
4.1 Società Fiduciarie. Un caso peculiare riguarda le società le cui quote siano intestate a una
società fiduciaria, la quale detiene partecipazioni societarie in ragione di contratti
di incarico fiduciario stipulati con la propria clientela ai sensi della legge 23
novembre 1939 n. 1966; lo schema è quello della c.d. fiducia germanistica che
attribuisce al fiduciario la titolarità soltanto formale dei beni e il potere di
amministrarli unicamente dietro istruzioni e con provvista previamente
apprestate dai fiducianti.
Nel caso specifico, nonostante la società fiduciaria rivesta, formalmente, la
qualifica di proprietaria delle quote azionarie di cui è intestataria, l’effettivo
titolare delle quote in questione sarà sempre il cliente fiduciante; in tal senso
depone, del resto, il contenuto dell’art. 12, comma 4, del D.M. 16 gennaio 1995
in tema di mandato fiduciario.
Ciò posto, tenuto conto delle finalità che presiedono all’intestazione
fiduciaria di partecipazioni, si è dell’avviso che la valutazione circa
l’applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti alle società, le cui
quote sono detenute da una società fiduciaria, debba essere effettuata con
riferimento alla natura del soggetto a cui le quote stesse debbono essere
ricondotte, verificando se lo stesso rientri o meno nell’ambito dello split payment
(a nulla rilevando l’intestazione formale delle quote azionarie). In capo al
soggetto fiduciante, inoltre, deve essere effettuata l’analisi dei requisiti in termini
di controllo e di partecipazione di cui al comma 1-bis dell’articolo 17-ter del
ripetuto D.P.R. n. 633 del 1972.

4.2 Oneri CTU a carico di soggetti split payment. Altra fattispecie particolare che viene in rilievo, riguarda le modalità di liquidazione dei compensi ed oneri accessori dovuti ai consulenti tecnici d’ufficio, cd. CTU, che operano su incarico e come ausiliari dell’Autorità Giudiziaria.
In particolare, in tali casi occorre valutare se per l’obbligato al
pagamento del compenso liquidato dal giudice a favore del CTU possa trovare
applicazione la disciplina della scissione dei pagamenti.
Al riguardo, appare utile richiamare la giurisprudenza della Suprema
Corte di Cassazione secondo cui “in ragione della finalità propria della
consulenza di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi che comportino
specifiche competenze, la prestazione dell’ausiliare deve ritenersi resa
nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente nell’interesse comune
delle parti” (Cass. civ, Sez. III, n. 1023 del 2013).
Secondo tale giurisprudenza, pertanto, “È noto che l’attività del
consulente tecnico di ufficio è finalizzata alla realizzazione del superiore
interesse della giustizia” (Cass. civ, Sez. III, n. 1023 del 2013), “sicché bene il
relativo compenso è posto a carico solidalmente a carico di tutte le parti,
restando solo i rapporti interni tra queste regolati dal principio della
soccombenza” (Cass. civ., Sez, VI, ord. n. 23522 del 2014).
Con riguardo ai compensi e onorari, relativi alle prestazioni rese dal
CTU, si è dell’avviso, pertanto, che titolare passivo del rapporto di debito sia la
parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico.
Tale soggetto, è tenuto, in base al provvedimento del Giudice – che
costituisce titolo esecutivo – al pagamento del compenso per prestazioni
professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore
dell’Amministrazione della giustizia, committente non esecutrice del pagamento.
Ne consegue che il CTU deve ritenersi obbligato ad esercitare la rivalsa ex art. 18
del D.P.R. n. 633 del 1972 e ad emettere fattura ai sensi del successivo art. 21 del
citato D.P.R. nei confronti dell’Amministrazione della giustizia (cfr. circolare n.
9 del 1982 ), in cui si evidenzi, tuttavia, che la “solutio”, avviene con denaro
fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice.
In tali fattispecie, la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo
riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei
pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU.
Per tali motivi si ritiene di escludere l’applicabilità, nel caso specifico,
della disciplina della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n.
633 del 1972.
La predetta soluzione appare coerente ai più recenti chiarimenti resi dalla
circolare n. 27/E del 2017 in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti
di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, che ha individuato, in un’ottica di
semplificazione, le fattispecie escluse dalla scissione dei pagamenti.
Le medesime ragioni di semplificazione sussistono anche nella
fattispecie in esame.
In tali ipotesi, infatti, l’applicazione della scissione dei pagamenti
comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del
CTU, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile mentre l’Iva relativa alla
prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all’Amministrazione della
Giustizia affinché quest’ultima, a sua volta, versi tale importo all’Erario,
nell’ambito della scissione dei pagamenti. Tale doppio versamento costituirebbe
un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della
scissione dei pagamenti.

5. EFFICACIA TEMPORALE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI
Le nuove disposizioni, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.L. n. 148 del
2017, hanno effetto, come già anticipato nelle premesse, a “decorrere dal 1°
gennaio 2018 e si applicano alle operazioni per le quali è emessa fattura a
partire dalla medesima data”.
Il comma 1-ter dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto
dall’art. 1, comma 1, del D.L. 24 aprile n. 50, stabilisce che la disciplina della
scissione dei pagamenti si applica “fino al termine di scadenza della misura
speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell’Unione europea ai sensi
dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE”, ossia fino al 30 giugno 2020.
Pertanto, le nuove disposizioni sulla scissione dei pagamenti si applicano
alle operazioni in relazione alle quali la fattura sia stata emessa e la cui imposta
sia divenuta esigibile a decorrere dal 1° gennaio 2018.

6. SANZIONI
In considerazione delle obiettive condizioni di incertezza che hanno
accompagnato le novità introdotte dal 1° gennaio 2018 (art. 10, comma 3, della
legge n. 212 del 2000, cd. statuto dei diritti del contribuente), sulla portata e
sull’ambito della disciplina recata dall’articolo 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972,
come modificato dall’art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, sono fatti
salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali
comportamenti difformi adottati dai contribuenti, anteriormente all’emanazione
del presente documento di prassi, sempre che non sia stato arrecato danno
all’Erario con il mancato assolvimento dell’imposta dovuta”.

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