16 Giugno, 2016

Circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, dell’Agenzia delle entrate

 

PREMESSA

1. TASSAZIONE AGEVOLATA DEI PREMI DI RISULTATO E DELLE SOMME DERIVANTI DALLA PARTECIPAZIONE AGLI UTILI

1.1 Ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione

1.1.1 Il settore privato

1.1.2 I dipendenti interessati

1.2 Ambito oggettivo: le retribuzioni agevolabili

1.3 Il presupposto della contrattazione collettiva

1.4. Ammontare dei premi agevolabili

1.5 Applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento

2. BENI E SERVIZI (BENEFIT) NON SOGGETTI A TASSAZIONE

2.1 Opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto – Articolo 51, co. 2, lettera f)

2.2 Somme, prestazioni e servizi di educazione e istruzione, nonché per la frequenza di ludoteche e centri estivi e per borse di studio – Articolo 51, co. 2, lettera f-bis).

2.3 Somme e prestazioni per servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti – Articolo 51, co. 2, lettera f-ter)

2.4 Corresponsione di benefit mediante titoli di legittimazione

2.5 Le deroghe dell’articolo 6 del Decreto

2.5.1 I voucher emessi per più beni, prestazioni o servizi

2.5.2 Buoni pasto

3. BENI E SERVIZI (BENEFIT) EROGATI IN SOSTITUZIONE DI PREMI

3.1 Ambito applicativo

3.2 Benefit di cui all’articolo 51, comma 2, del TUIR

4. MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

4.1 Adempimenti del sostituto d’imposta e del dipendente

  1. EFFICACIA TEMPORALE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

 

“PREMESSA

L’articolo 1, commi 182-190 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) ha previsto misure fiscali agevolative per le retribuzioni premiali, anche in collegamento con la partecipazione dei dipendenti all’organizzazione del lavoro, nonché per lo sviluppo del welfare aziendale, che si sostanzia nell’attribuzione di opere, servizi nonché in alcuni casi somme sostitutive ( di seguito anche benefit), connotati da particolari rilevanza sociale.

Si tratta di disposizioni che interessano diverse componenti del reddito di lavoro dipendente collegate tra di loro in un disegno unitario, finalizzato a ridurre l’onere fiscale gravante sul lavoro subordinato, sia a favore dei dipendenti – assoggettati ad una minor tassazione per alcune voci retributive – sia a favore dei datori di lavoro, per il risparmio degli oneri contributivi dovuto all’ampliamento delle componenti escluse dal reddito di lavoro dipendente ed alla possibilità di dedurre – nella determinazione di tale reddito – spese sostenute per il welfare aziendale in precedenza soggette invece a una limitata deducibilità..

Le nuove misure attribuiscono, inoltre, rilevanza alla contrattazione aziendale o territoriale di cui all’articolo 51 del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, le cui previsioni assumono un ruolo centrale nella applicazione dei benefici.

In particolare i commi da 182 a 189 della legge di Stabilità hanno reintrodotto, a decorrere dal 2016, un sistema di tassazione agevolata, consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali del 10 per cento per i premi di produttività del settore privato, delineata sulla falsariga delle misure temporanee previste in anni precedenti ma con importanti elementi di novità, tra cui l’estensione del beneficio alla partecipazione agli utili dell’impresa da parte dei lavoratori e la possibilità, a richiesta dei lavoratori, di ricevere i premi sotto forma di benefit detassati.

Il comma 190, a complemento di tali previsioni, interviene in materia di benefit che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente ed, in particolare, amplia le ipotesi che possono essere previste in sede di contrattazione anziché decise unilateralmente dal datore di lavoro, favorendo la loro erogazione in sostituzione delle retribuzioni premiali, ed inoltre, consentendo di corrispondere i benefit mediante titoli di legittimazione, ne rende più agevole la fruizione.

Le modalità applicative delle disposizioni sono disciplinate dal Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, emanato il 25 marzo 2016 e pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (www.lavoro.gov.it) in data 16 maggio 2016 (di seguito Decreto), di cui è stato dato avviso nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2016.

La presente circolare redatta, d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, illustra l’agevolazione introdotta per i premi di produttività, facendo riferimento anche ai precedenti di prassi che risultino ancora attuali, date le analogie tra la agevolazione in commento e quelle preesistenti, prorogate fino al 2014.

Sono inoltre esaminate le nuove disposizioni in materia di benefit, anche al fine di delineare il quadro delle erogazioni detassate che possono essere corrisposte in sostituzione delle retribuzioni premiali ed è chiarito l’ambito entro il quale è consentita la sostituzione tra le due componenti.

In seguito, per TUIR si intende il Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I documenti di prassi richiamati sono pubblicati nella banca dati documentazione tributaria, sul sito www.agenziaentrate.it.

 

1. TASSAZIONE AGEVOLATA DEI PREMI DI RISULTATO E DELLE SOMME DERIVANTI DALLA PARTECIPAZIONE AGLI UTILI

Il comma 182 dell’articolo 1 della legge di Stabilità prevede l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale nella misura del 10 per cento, salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, ai premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, entro il limite di importo di 2.000 euro lordi, elevato a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

 

1.1 Ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione

1.1.1 Il settore privato. L’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione risulta definito dalle specifiche caratteristiche che devono connotare il datore di lavoro e i dipendenti, sostanzialmente analoghe a quelle previste nel quadro delle precedenti edizioni dell’agevolazione.

Per quanto riguarda il datore di lavoro, ai sensi del comma 186 della legge di Stabilità 2016, l’agevolazione risulta riservata, come per il passato, al settore privato.

Si richiama in proposito, pertanto, la circolare n. 59 del 20081 (par. 15) con la quale è stato chiarito che sono escluse dalla applicazione della norma agevolativa le Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, ossia “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.“.

Atteso il tenore letterale della norma, sono per contro assoggettabili ad imposta sostitutiva i premi e gli utili erogati ai dipendenti di enti pubblici economici, in quanto tali enti non rientrando tra le amministrazioni pubbliche di cui al richiamato articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, possono essere compresi nel settore privato.

Nell’ambito del settore privato, individuato, per esclusione, nei datori di lavoro che non rientrano tra le amministrazioni di cui al Decreto legislativo n. 165 del 2001, il beneficio può essere attribuito anche in relazione ai premi erogati ai propri dipendenti da enti del settore privato che non svolgono attività commerciale. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (con nota del 13 marzo 2015), fornendo un parere alla scrivente ha chiarito che, secondo quanto precisato dalla circolare n. 59 del 2008, l’espressione somme erogate a livello aziendale va inteso in senso atecnico, con la conseguenza che il beneficio può essere attribuito anche ai datori di lavoro non imprenditori e che il riferimento al settore privato sembrerebbe finalizzato solo ad escludere le pubbliche amministrazioni.

Tale orientamento interpretativo può ritenersi, in linea di principio, aderente anche al contenuto del comma 186 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, naturalmente nella misura in cui risultino comunque rispettati gli altri presupposti richiesti dalla normativa agevolativa con riferimento, in particolare, alla correlazione tra i premi e i requisiti di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione come definiti dalla contrattazione collettiva secondo le indicazioni del Decreto.

Non osterebbe a tale interpretazione la previsione del comma 182 della legge di Stabilità, che estende l’applicazione del regime agevolato alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, in quanto il riferimento agli utili non appare finalizzato a circoscrivere l’applicazione del beneficio fiscale, bensì ad individuare una ulteriore modalità di erogazione delle retribuzioni premiali agevolabili.

Come chiarito con la predetta circolare n. 59/E del 2008, par. 1, nonché con la circolare n. 3/E del 20112, par. 3.11, rientrano, infine, nell’ambito del settore privato le Agenzie di somministrazione, anche nel caso in cui i propri dipendenti prestino attività nelle pubbliche amministrazioni, nonché gli esercenti arti e professioni sempreché le retribuzioni che erogano ai propri dipendenti rispondano alle caratteristiche previste dalla norma agevolativa.

 

1.1.2 I dipendenti interessati. Ai sensi del comma 186 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, l’agevolazione trova applicazione con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, a euro 50.000. La misura indicata richiede quindi, analogamente alle precedenti agevolazioni due requisiti: uno di natura qualitativa, costituito dalla natura del reddito prodotto, l’altro di natura quantitativa, individuato nel limite reddituale.

Per il primo aspetto, il tenore letterale della norma esclude che l’agevolazione sia applicabile ad altre categorie di soggetti, quali, ad esempio, i soggetti titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente di cui all’articolo 50, comma 1, lettera c-bis, del TUIR.

Per quanto concerne il limite reddituale, si evidenzia che le nuove norme, avendo stabilito un tetto più elevato rispetto a quello previsto dalle precedenti edizioni, fissato in euro 40.000, ampliano la platea dei lavoratori che possono accedere al beneficio.

Il limite reddituale di euro 50.000 deve essere calcolato tenendo conto dei redditi di lavoro dipendente conseguiti nell’anno precedente a quello di applicazione dell’agevolazione, anche se derivanti da più rapporti di lavoro, e deve comprendere anche le pensioni di ogni genere e gli assegni di cui all’articolo 49, comma 2, del TUIR, equiparate ai redditi di lavoro dipendente dal medesimo articolo 49 del TUIR (cfr. circolare n. 49/E del 20083, par. 1.1.; circolare n. 11/E del 20134, par. 1).

Analogamente a quanto chiarito in relazione alle previgenti agevolazioni, ai fini della verifica del limite, occorre considerare il reddito soggetto a tassazione ordinaria. Dalla determinazione del limite devono, pertanto, essere esclusi eventuali redditi di lavoro assoggettati a tassazione separata (cfr. circolare n. 49 del 2008 par. 1.1.; circolare n. 11/E del 2013, par. 1).

In base a quanto espressamente previsto dall’articolo 1, comma 3, del Decreto, e come previsto per il passato, tuttavia, il reddito è determinato “al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno all’imposta sostitutiva di cui al…comma 182“. Si evidenzia in proposito che gli emolumenti premiali non entreranno invece nel computo della soglia reddituale di euro 50.000, cui è subordinato l’accesso al regime agevolato, nel caso in cui siano stati sostituiti – su scelta rimessa al dipendente in base a quanto previsto dalla legge di Stabilità – con le prestazioni di welfare aziendale escluse, nel rispetto dei limiti fissati dall’articolo 51, commi 2 e 3 ultimo periodo, del TUIR, dalla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Devono inoltre essere considerate nel computo del limite le retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti impegnati all’estero, anche se non assoggettate a tassazione in Italia (cfr. circolare n. 59/E del 2008 par. 8). Ad esempio un soggetto che nel 2016 assume la residenza in Italia e riceve retribuzioni premiali, se nel 2015, anno in cui era residente all’estero, ha lì svolto attività di lavoro dipendente, deve verificare se il reddito di lavoro dipendente tassato all’estero sia stato di ammontare superiore a 50.000 euro.

I redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero da soggetti residenti, assoggettati a tassazione in Italia ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, devono essere computati nel limite reddituale di euro 50.000 sulla base dell’ammontare convenzionale ivi previsto. Resta fermo, naturalmente che l’applicazione dell’imposta sostitutiva riguarda solo i casi in cui la retribuzione premiale non è assorbita dalla determinazione forfetaria della base imponibile convenzionalmente determinata.

Rientra nel computo della soglia reddituale di 50.000 euro anche la quota maturanda di TFR richiesta dal lavoratore e liquidata in busta paga, ai sensi dell’articolo 1, comma 26, della legge n. 190 del 2014 (c.d. Q.u.I.R., quota integrativa della retribuzione, secondo la definizione contenuta nell’articolo 1, comma 1, lettera i) del d.P.C.M. 20.02.2015 n. 29). Tale parte integrativa della retribuzione difatti, per espressa previsione di legge, è assoggettata a tassazione ordinaria e concorre, pertanto, alla formazione del reddito complessivo da assoggettare ad imposizione (comma 756-bis dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006

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, introdotto dall’articolo 1, comma 26, della legge n. 190 del 2014).

Il regime agevolato è applicabile anche se nell’anno precedente non sia stato conseguito alcun reddito di lavoro dipendente (cfr. circolare 59/E del 2008, par. 8; circolare 11/E del 2013, par. 1) ed anche se il limite di 50.000 euro sia stato superato per effetto del conseguimento di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente, compresi i redditi ad essi assimilati.

Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, risulta parimenti irrilevante il superamento della soglia di reddito di lavoro dipendente di euro 50.000 nell’anno in cui sono erogati i premi agevolati o gli utili, fermo restando che determinerà l’esclusione del beneficio per i premi eventualmente erogati nell’anno successivo.

 

1.2 Ambito oggettivo: le retribuzioni agevolabili. L’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale del 10 per cento si applica, in base a quanto previsto dal comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015, ai “premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con il Decreto di cui al comma 188″, nonché alle “somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa“.

L’articolo 2 del Decreto definisce al comma 1 i premi di risultato e, successivamente, al comma 2, individua – con una elencazione esemplificativa – alcuni dei criteri di misurazione degli indici incrementali che possono essere previsti dalla contrattazione aziendale o territoriale ai quali i predetti premi devono essere commisurati.

In particolare, il Decreto prevede che per premi di risultato si intendono “le somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione” (articolo 2, comma 1 del Decreto).

Riguardo ai criteri incrementali ai quali devono essere ancorati i premi di risultato, il comma 2 ne rinvia la definizione alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale, la quale deve “prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati“.

L’attuale normativa non riserva più il beneficio fiscale alla cosiddetta “retribuzione di produttività”, come definita nel d.P.C.M. del 22 gennaio 2013, ma ne limita gli effetti ai soli premi di risultato, escludendo dal regime agevolativo voci retributive quali, a titolo esemplificativo, le maggiorazioni di retribuzione o gli straordinari, corrisposti a seguito di un processo di riorganizzazione del lavoro. In tale ottica deve essere considerato anche il riferimento alla variabilità delle somme – caratteristica tipica dei premi di risultato – che non deve essere intesa necessariamente come gradualità dell’erogazione in base al raggiungimento dell’obiettivo definito nell’accordo aziendale o territoriale.

A tal riguardo è necessario tenere ben presente la distinzione tra strutturazione dei premi e condizione di incrementalità degli obiettivi che dà diritto al beneficio fiscale.

La strutturazione dei premi è, infatti, l’insieme delle condizioni previste negli accordi al verificarsi delle quali matura il diritto alla corresponsione di una data somma. La combinazione delle varie condizioni può avvenire in vari modi ed è regolata esclusivamente dalla contrattazione collettiva.

Ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale all’ammontare complessivo del premio di risultato erogato, tuttavia, è necessario che, nell’arco di un periodo congruo definito nell’accordo, sia stato realizzato l’incremento di almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione richiamati dalla norma e che tale incremento possa essere verificato attraverso indicatori numerici definiti dalla stessa contrattazione collettiva, che dovranno essere riportati nella sezione 6 del modello allegato al Decreto, al momento della presentazione della dichiarazione di conformità.

In tale contesto il comma 183 della legge di Stabilità prevede espressamente che ai fini della determinazione dei premi di risultato sia “computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità“, escludendo quindi che eventuali indicatori stabiliti dalla contrattazione di secondo livello, riferiti ai giorni di presenza, possano penalizzare le assenze di maternità.

Si ritiene che, come per il passato (cfr. circolare 3/E del 2011, paragrafo 3.1.), possono essere ammessi al beneficio di cui all’articolo 1, comma 182 della legge n.208 del 2015 anche i ristorni ai soci lavoratori di cooperative di cui all’articolo 1 della legge 3 aprile 2001, n. 142 nella misura in cui siano conformi alle previsioni introdotte dalla legge di Stabilità per il 2016 e dal Decreto. La peculiarità dell’istituto del ristorno comporta che la cooperativa sia tenuta a depositare, in luogo del contratto, il verbale con il quale l’assemblea dei soci ha deliberato la distribuzione dei ristorni, secondo le modalità di cui all’articolo 5 del Decreto. Anche la distribuzione dei ristorni deve risultare dal modello di dichiarazione allegato al Decreto, attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell’impresa che, in questo caso, potrà essere utilizzata anche per i ristorni ai soci lavoratori di cooperative.

Una novità introdotta dalla legge in esame è data dalla possibilità di assoggettare ad imposta sostitutiva anche le “somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa” (articolo 1, comma 182). Sotto questo profilo, l’articolo 3 del Decreto specifica che “per somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa si intendono gli utili distribuiti ai sensi dell’articolo 2102 del codice civile“. Non si tratta quindi dell’attribuzione di quote di partecipazione al capitale sociale bensì della modalità di erogazione della retribuzione, prevista dal libro V del codice civile nell’ambito della disciplina del rapporto di lavoro nell’impresa, secondo la quale il prestatore di lavoro può essere retribuito in tutto o in parte anche con partecipazione agli utili. Ai sensi dell’articolo 2102 del codice civile, la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro (articolo 2554 c.c.) è determinata in base agli utili netti dell’impresa, e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio (artt. 2423, 2435, 2464, 2491, 2516 del c.c.), in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato (articolo 2433 e seguenti c.c.).

Si evidenzia che in base alla formulazione della norma e dello stesso Decreto, la partecipazione agli utili dell’impresa costituisce una fattispecie distinta dalla corresponsione dei premi di produttività ed è quindi ammessa all’agevolazione a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Tali elementi devono, invece, ricorrere in caso di corresponsione dei premi di risultato, agevolabili anche per le imprese in perdita.

Anche l’erogazione di somme sotto forma di partecipazione agli utili d’impresa deve risultare dalla compilazione dell’apposita Sezione contenuta nel modello di dichiarazione allegato al Decreto.

 

1.3 Il presupposto della contrattazione collettiva. Il comma 187 della legge di Stabilità prevede che, ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di lavoro dipendente, introdotte dalla stessa legge di Stabilità (commi da 182 a 191), le somme e i valori per i quali può applicarsi l’imposta sostitutiva, e quindi sia i premi di risultato rispondenti ai criteri definiti dal Decreto che gli utili da distribuire, devono essere “erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81” (comma 187).

In base al richiamato articolo 51 del d.lgs n. 81 del 2015, concernente la “disciplina organica dei contratti di lavoro” gli agenti negoziali legittimati alla sottoscrizione degli accordi sono individuati “Salvo diversa previsione… nelle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e nelle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero nella rappresentanza sindacale unitaria“.

L’espressa menzione dei contratti aziendali o territoriali esclude dall’agevolazione gli elementi retributivi premiali erogati in attuazione di accordi o contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero di accordi individuali tra datore di lavoro e prestatore di lavoro, come chiarito già in passato con circolare n. 3/E del 2011 (par. 1.)

Ai sensi del comma 187 e degli artt. 2 e 4 del Decreto, risulta demandata al contratto la previsione dei criteri di misurazione degli indici incrementali nonché degli strumenti e delle modalità di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro ai fini dell’incremento da 2.000 a 2.500 euro dell’importo massimo agevolabile.

E’ inoltre necessario che siano gli accordi contrattuali a riconoscere la possibilità, prevista dal comma 184, di erogare i benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR in sostituzione del premio agevolato, su richiesta del dipendente, sottraendo in tal modo alla contrattazione individuale una scelta che per il dipendente determinerebbe ripercussioni anche sul piano previdenziale.

Un’ulteriore condizione che occorre evidenziare riguarda l’articolo 5 del Decreto 25 marzo 2016, laddove si stabilisce che per poter beneficiare dell’imposta sostitutiva introdotta dall’articolo 1, commi 182 e 189, della legge n. 208 del 2015 è necessario che i contratti collettivi aziendali o territoriali, che prevedono la erogazione di premi di risultato e di somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa siano depositati (in attesa dell’effettivo avvio dell’Ispettorato nazionale del lavoro) presso la Direzione territoriale del lavoro competente entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità di tali contratti alle disposizioni contenute nel Decreto. Il deposito del contratto e la relativa dichiarazione andranno effettuati utilizzando la modalità telematica messa a disposizione nella sezione “Servizi” del sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’indirizzo: www.lavoro.gov.it.

In caso di contratti territoriali o aziendali che al 16 maggio, data di pubblicazione del Decreto sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, risultino già depositati presso la Direzione territoriale del lavoro competente ai sensi dell’articolo 14 del Decreto legislativo n. 151 del 2015 (ad esempio un contratto territoriale già depositato a cura di una delle Parti sociali firmatarie), il datore di lavoro non sarà tenuto a depositare nuovamente il contratto applicato, ma dovrà indicare nel modulo della procedura telematica unicamente i riferimenti dell’avvenuto deposito (data e DTL in cui sia avvenuto il deposito). In caso di contratti collettivi territoriali il datore di lavoro, all’atto della compilazione del modulo, dovrà evidenziare nella Sezione 2 la tipologia di contratto “Territoriale”.

In via generale, con particolar riferimento ai contratti collettivi territoriali, il termine di 30 giorni previsto dal Decreto è da riferirsi al deposito dei soli contratti, mentre la dichiarazione di conformità potrà essere compilata e trasmessa dal datore del lavoro anche successivamente a tale termine, purché tale adempimento avvenga anteriormente al momento della attribuzione dei premi di risultato ovvero della erogazione delle somme a titolo di partecipazione agli utili di impresa.

 

1.4 Ammontare dei premi agevolabili. L’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale, pari al 10 per cento dei premi e somme erogati dal sostituto d’imposta, opera entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro annui lordi, sia per i premi di risultato che per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti. Nella ipotesi di erogazione sia di premi che di utili il limite va applicato alla somma delle due componenti e non è superabile neanche in presenza di più rapporti di lavoro (cfr. circolare 49/E del 2008, par. 1.4).

In entrambi i casi, come già precisato, il limite di 2.000 euro è elevabile, in base a quanto previsto dal comma 189 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, a 2.500 euro per le aziende che prevedono il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, secondo le modalità specificate dal Decreto. A questo proposito, è opportuno chiarire come le disposizioni recentemente introdotte siano finalizzate ad incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando in tal modo incrementi di efficienza, produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Per tale motivo, come specificato nel Decreto, non costituiscono strumenti e modalità utili ai fini del coinvolgimento paritetico dei lavoratori i gruppi di lavoro e i comitati di semplice consultazione, addestramento o formazione.

Al fine di beneficiare dell’incremento dell’importo su cui applicare l’imposta sostitutiva, è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro. In presenza di tali forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori l’agevolazione può essere riconosciuta nel maggior limite di premio o di utile di 2.500 euro a tutti i lavoratori dell’azienda.

In base al comma 191 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, le erogazioni premiali non usufruiscono, invece, dello sgravio contributivo introdotto dall’articolo 1, comma 67, della legge 24 dicembre 2007, n. 247; le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi vengono difatti destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.

L’assoggettamento a contribuzione previdenziale dei premi di produttività non altera il limite di importo entro cui questi sono fiscalmente agevolabili, pari, come detto, a 2.000 o a 2.500 euro. Ai fini del calcolo dell’imposta sostitutiva, tale limite deve essere assunto al netto dei contributi previdenziali, sia per la quota a carico del datore di lavoro che per la quota a carico del lavoratore, in quanto gli oneri contributivi sono esclusi dalla concorrenza al reddito di lavoro dipendente, considerata l’armonizzazione tra base retributiva imponibile ai fini fiscali e contributivi (articolo 6 del d.lgs. 2 settembre 1997, n. 314; cfr. circolare INPS n. 263 del 24 dicembre 1997).

Il limite di 2.000/2.500 euro deve intendersi, pertanto, al lordo della ritenuta fiscale del 10 per cento e al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie (cfr. circolare 59/E del 2008, par. 14); eventuali importi eccedenti sono assoggettati alla tassazione ordinaria.

 

1.5 Applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento. Il comma 182 dell’articolo 1 della legge di Stabilità prevede, quale misura di favore per le retribuzioni premiali, l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali nella misura del 10 per cento, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro. Per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano all’imposta sostitutiva, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette. La agevolazione, sia per la natura sostitutiva dell’imposta da applicare sia per il livello della aliquota, risulta analoga a quella prevista dalle precedenti disposizioni di favore in materia. Se ne differenzia, tuttavia, in quanto nonostante non sia stata inserita nel TUIR, è divenuta oggi una misura strutturale del sistema, avendo perso il carattere di provvisorietà che l’aveva in passato connotata. Le somme tassate con l’imposta sostitutiva non concorrono alla formazione del reddito complessivo e, pertanto, non rilevano ai fini della determinazione delle detrazioni ad esso commisurate quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia o le detrazioni per reddito di lavoro dipendente; queste ultime, essendo previste in misura decrescente rispetto al reddito complessivo, spetteranno per un maggiore ammontare.

L’esclusione dal reddito complessivo di tali somme incide favorevolmente anche sulla spettanza del bonus IRPEF previsto dall’articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, posto che le somme assoggettate ad imposta sostitutiva non devono essere computate nel reddito complessivo al fine di calcolare l’importo del credito spettante in relazione alla soglia dei 26.000 euro di cui al comma 1-bis dell’articolo 13 del TUIR.

Le medesime somme rilevano invece a favore del contribuente nei casi in cui il diritto a percepire il bonus venisse meno non per assenza del requisito reddituale, ma per assenza di imposta da versare (cfr. circolare 9/E del 14 maggio 20145, par. 3.1).

La tassazione dei premi mediante imposta sostitutiva può risultare in alcuni casi sfavorevole al dipendente in quanto esclude la possibilità di far valere oneri deducibili o detraibili – che consentono di ridurre, rispettivamente, la base imponibile da assoggettare all’IRPEF o l’ammontare dell’IRPEF dovuta – i quali, in assenza di una diversa specifica previsione, possono essere computati solo in sede di tassazione ordinaria del reddito complessivo. Da qui la possibilità riconosciuta al dipendente di optare per la tassazione ordinaria se ritenuta più favorevole (cfr. circolare n. 49/E del 2008, par. 1.5; circolare n. 11/E del 2013, par. 4).

I redditi assoggettati ad imposta sostitutiva rilevano ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE) in quanto non è presente nella legge di Stabilità la previsione, contenuta nel disegno di legge “recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato (legge di Stabilità 2016)” che ne escludeva espressamente la rilevanza a tale fine. Restano applicabili pertanto le regole generali in base alle quali il reddito rilevante ai fini ISEE è ottenuto sommando anche i redditi assoggettati ad imposta sostitutiva (d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, Regolamento concernente le revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)). I predetti redditi si computano inoltre ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.

 

2. BENI E SERVIZI (BENEFIT) NON SOGGETTI A TASSAZIONE

La legge di Stabilità è intervenuta anche nel ridefinire le erogazioni del datore di lavoro che configurano il cosiddetto “welfare aziendale”. Si tratta di prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente.

In particolare, il comma 190 dell’articolo 1 della legge di Stabilità ha apportato modifiche alla disciplina del reddito di lavoro dipendente, rilevanti anche per i piani di welfare aziendale o di flexible benefit, ovvero i piani che mettono a disposizione del dipendente un paniere di “utilità” tra i quali questi può scegliere quelle più rispondenti alle proprie esigenze. La disposizione ha ampliato le ipotesi di somme e valori che non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, attraverso un intervento sistematico nell’articolo 51 del TUIR. In particolare, ha modificato le lettere f) ed f-bis) del comma 2, ha introdotto la lettera f-ter) nel medesimo comma nonché il comma 3-bis, in base al quale i benefit indicati nei commi 2 e 3 possono essere erogati mediante la attribuzione di titoli di legittimazione.

Le citate lettere f) ed f-bis), che individuano le erogazioni connotate dalle particolari finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono state oggetto nel tempo di ripetuti interventi normativi che ne hanno in vario modo definito le modalità di erogazione, al fine di distinguere quelle che potevano essere corrisposte anche in somme di denaro, rispetto alle altre attribuibili solo in prestazioni, opere o servizi, nonché quelle che non potevano essere oggetto di contrattazione ma dovevano essere erogate in via volontaria dal datore di lavoro.

Tali aspetti sono stati ora nuovamente ridefiniti dalle modifiche in esame che, tuttavia, hanno mantenuto inalterata la caratteristica essenziale, che connota le citate lettere f), f-bis) nonché la nuova lettera f-ter) dell’articolo 51 del TUIR, in base alla quale la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente è subordinata alla condizione che i benefit siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti. La precedente prassi ha chiarito che nel concetto di generalità o categorie di dipendenti è ricompresa la messa a disposizione dei benefit, nei confronti di un gruppo omogeneo di dipendenti, a prescindere dalla circostanza che in concreto soltanto alcuni di essi ne usufruiscano.

Di conseguenza, le medesime erogazioni messe a disposizione solo di taluni lavoratori concorrono anche in base alle nuove previsioni normative alla formazione del reddito di lavoro dipendente (cfr. circolare 326 del 19976, par. 2.2.6). articolo

 

2.1 Opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto – Articolo 51, co. 2, lettera f). In base alla nuova formulazione della lettera f) dell’articolo 51 del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100;”.

La modifica innova rispetto alla precedente formulazione in quanto esclude dal reddito di lavoro dipendente le opere e i servizi di cui al comma 1 dell’articolo 100, anche nelle ipotesi in cui siano riconosciuti sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali e non solo quando siano volontariamente erogati dal datore di lavoro, uniformandone per tale aspetto la disciplina a quella prevista dalle successive lettere f-bis) ed f-ter).

La erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo testo unico. Tale limite di deducibilità continua ad operare, invece, in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro.

Resta invariato l’ambito oggettivo di applicazione della norma che comprende opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, utilizzabili dal dipendente o dai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR, che, come affermato dalla precedente prassi (cfr. circolare 326 del 1997; circolare 238 del 20007), possono anche essere non fiscalmente a carico del lavoratore. Rientra ad esempio nel perimetro applicativo della norma, l’offerta di corsi di lingua, di informatica, di musica, teatro, danza.

Le opere ed i servizi contemplati dalla norma possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o, come chiarito con risoluzione 34/E del 20048 per il servizio di checkup medico, da parte di strutture esterne all’azienda ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio.

Analogamente a quanto previsto dalla precedente formulazione, la disposizione si differenzia dalle successive lettere f-bis) ed f-ter) in quanto non comprende le somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborsi di spese, anche se documentate, da impiegare per opere e servizi aventi le citate finalità.

 

2.2 Somme, prestazioni e servizi di educazione e istruzione, nonché per la frequenza di ludoteche e centri estivi e per borse di studio – Articolo 51, co. 2, lettera f-bis). La lettera f-bis), nella nuova formulazione, dispone che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari;“.

Le modifiche apportate sono principalmente volte ad ampliare e meglio definire i servizi di educazione ed istruzione fruibili dai familiari del dipendente, anche fiscalmente non a carico, limitati nella precedente formulazione alle “..somme,.. servizi,.. prestazioni per la frequenza di asili nido e di colonie climatiche …..nonché … borse di studio“.

Il nuovo testo, in particolare, consente di comprendere tra i servizi di istruzione ed educazione, oltre agli asili nido già previsti in precedenza, le scuole materne, precedentemente escluse in quanto non contemplate; inoltre, sostituisce la locuzione “colonie climatiche”, ormai desueta, con “centri estivi e invernali” e “ludoteche”.

La menzione delle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti, presente anche nella precedente disposizione, completa la gamma dei benefit con finalità didattiche e di istruzione, per la cui definizione possono tornare utili i chiarimenti forniti con la circolare n. 238 del 2000, con la quale è stato precisato che rientrano nella lettera f-bis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’articolo 12. In tale nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

Data l’ampia formulazione della lettera f-bis), sono riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta -anche sotto forma di rimborso spese – di servizi di baby-sitting.

Per quanto concerne le modalità di erogazioni delle prestazioni, l’attuale formulazione della lettera f-bis) conferma la possibilità che il datore di lavoro eroghi i servizi di educazione ed istruzione direttamente o tramite terzi, nonché attraverso la corresponsione ai dipendenti di somme di denaro da destinare alle finalità indicate anche a titolo di rimborso di spese già sostenute, sempreché acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con le finalità per le quali sono state corrisposte.

 

2.3 Somme e prestazioni per servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti – Articolo 51, co. 2, lettera f-ter). Il comma 190 dell’articolo 1 della legge di Stabilità ha introdotto la lettera. f-ter) al comma 2 dell’articolo 51 del TUIR. In ragione di tale disposizione, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12;“.

La norma, nell’intento di conciliare le esigenze della vita familiare del dipendente con quelle lavorative, consente di detassare le prestazioni di assistenza per i familiari anziani o non autosufficienti erogate anche sotto forma di somme a titolo di rimborso spese.

Malgrado la dizione della norma non faccia riferimento ai servizi, tale omissione non appare significativa posto che questi possono comunque rientrare nella previsione della lettera f). Con circolare n. 2/E del 20059 è stato precisato che i soggetti non autosufficienti sono coloro che non sono in grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti, espletare le funzioni fisiologiche e provvedere all’igiene personale, deambulare, indossare gli indumenti. Inoltre, deve essere considerata non autosufficiente la persona che necessita di sorveglianza continuativa. Lo stato di non autosufficienza può essere indotto dalla ricorrenza anche di una sola delle condizioni esemplificativamente richiamate e deve risultare da certificazione medica. L’esenzione dal reddito pertanto non compete per la fruizione dei servizi di assistenza a beneficio di soggetti come i bambini, salvo i casi in cui la non autosufficienza si ricolleghi all’esistenza di patologie.

Per quanto concerne la individuazione dei familiari anziani, in assenza di richiami normativi si può ritenere, in via generale, di fare riferimento ai soggetti che abbiano compiuto i 75 anni, limite di età considerato ai fini del riconoscimento di una maggiori detrazione d’imposta dall’articolo 13, comma 4, del TUIR

 

2.4 Corresponsione di benefit mediante titoli di legittimazione. L’articolo 1, comma 190, lettera b), ha inserito, dopo il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR, il comma 3-bis secondo cui “ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.“.

Il comma 3-bis, nel disciplinare in via generale tale modalità di erogazione dei benefit, sancisce che i titoli che li rappresentano, anche se connotati da un valore nominale, non configurano denaro. Sono superate, pertanto, le incertezze interpretative sulla natura del titolo emerse in passato, risolte dalla prassi amministrativa attraverso un esame caso per caso.

La specifica disciplina delle caratteristiche e delle modalità di fruizione dei titoli in esame è dettata dall’articolo 6 del Decreto il quale li definisce “voucher” e stabilisce, al comma 1, che “….Tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare“. Sono previste poi dai successivi commi 2 e 3 alcune deroghe alle regole generali.

Il comma 1 dell’articolo 6 del Decreto connota il documento di legittimazione come un titolo rappresentativo di una specifica utilità; la previsione secondo cui il documento deve dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale prefigura una esatta corrispondenza tra il valore indicato nel documento di legittimazione ed il valore della prestazione offerta che, ai sensi della prima parte del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR, deve essere determinato in base al valore normale, come definito dall’articolo 9 del TUIR. Si ricorda che con risoluzione n. 26/E del 201010 è stato chiarito che il valore normale può essere costituito anche dal prezzo scontato, praticato dal fornitore sulla base di apposite convenzioni stipulate dal datore.

Pertanto, i voucher di cui al citato comma 1:

1) non possono essere emessi a parziale copertura del costo della prestazione, opera o servizio e quindi non sono integrabili;

2) non possono rappresentare più prestazioni opere o servizi di cui all’articolo 51, comma 2, del TUIR.

I “voucher” hanno lo scopo di identificare il soggetto che ha diritto alla prestazione sottostante e richiedono pertanto la previa intestazione del titolo all’effettivo fruitore della prestazione, opera o servizio anche nei casi di utilizzo da parte dei familiari del dipendente.

L’oggetto della prestazione alla quale il titolo può dare diritto, secondo quanto previsto dallo stesso comma 190, deve consistere in un bene o un servizio e, pertanto, il voucher non può essere rappresentativo di somme di denaro.

L’uso del voucher agevola l’utilizzo di strutture di soggetti terzi per erogare ai dipendenti le prestazioni e i servizi rappresentati, alle quali, come già detto, il datore di lavoro può fare ricorso a condizione che il dipendente non intervenga nel rapporto economico con la struttura che eroga la prestazione, potendo altrimenti configurarsi un aggiramento del divieto di erogare la prestazione in denaro ove non previsto. Anche nel caso dei voucher il dipendente assume la veste di mero destinatario della prestazione, estraneo al contratto in virtù del quale acquista il relativo diritto.

La prestazione rappresentata dal voucher, fruibile presso una delle strutture convenzionate, deve essere individuata nel suo oggetto e nel suo valore nominale e può consistere anche in somministrazioni continuative o ripetute nel tempo, indicate nel loro valore complessivo, quali, ad esempio, abbonamenti annuali a teatri, alla palestra, cicli di terapie mediche, pacchetto di lezioni di nuoto.

Non rilevano ai fini in esame, eventuali corrispettivi pagati dal dipendente alla struttura che eroga il benefit, a seguito di un rapporto contrattuale stipulato autonomamente dal dipendente. Ad esempio se la prestazione ricreativa erogata dal datore di lavoro mediante voucher consiste in dieci ingressi in palestra, il pagamento dell’undicesimo ingresso contrattato direttamente dal dipendente non costituisce integrazione del voucher.

 

2.5 Le deroghe dell’articolo 6 del Decreto

2.5.1 I voucher emessi per più beni, prestazioni o servizi. In deroga al principio in base al quale i voucher “devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale” (articolo 6, comma 1, del Decreto), il comma 2 dell’articolo 6 del Decreto, prevede che “i beni e servizi di cui all’articolo 51, comma 3, ultimo periodo del TUIR possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di 258,23 euro“.

La deroga alle regole generali contenute nel comma 1 costituisce una eccezione al “divieto di cumulo”, potendo un unico voucher rappresentare più beni e servizi, di importo complessivo non superiore a 258, 23 euro.

La pluralità di beni e servizi erogabili attraverso l’utilizzo di un unico voucher si riflette sulle modalità di individuazione dei beni e servizi rappresentati dal titolo di legittimazione.

Mentre il voucher monouso deve dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio, predeterminato ab origine e definito nel valore, il voucher cumulativo può rappresentare una pluralità di beni, determinabili anche attraverso il rinvio – ad esempio – ad una elencazione contenuta su una piattaforma elettronica, che il dipendente può combinare a sua scelta nel “carrello della spesa”, per un valore non eccedente 258,23 euro. Depone in tal senso la ratio della norma, che ha riguardo al valore complessivo dei beni e servizi di cui all’articolo 51, comma 3, del TUIR, che non deve eccedere 258,23 euro.

E’ sufficiente, pertanto, che il valore dei beni e servizi erogati non ecceda il limite di 258,23 euro; diversamente l’intero importo concorre alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Si ricorda che il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR -statuisce l’esclusione dalla concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente del valore normale dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore, nel periodo d’imposta, a euro 258,23. Con circolare n. 59/E del 200811 sono state ricondotte nell’ambito di applicazione di tale ultima norma le erogazioni in natura sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi (ad es. buoni carburante) di importo non superiore al citato limite. La determinazione del valore da attribuire ai beni e servizi offerti ai fini della verifica della soglia di esenzione avviene ai sensi dell’articolo 9 del TUIR.

La soglia di esenzione di euro 258,23, riguarda le sole erogazioni in natura, con esclusione di quelle in denaro, per le quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle esclusioni specificatamente previste. La soglia, inoltre, deve essere verificata, anche per i voucher, con riferimento all’insieme dei beni e servizi di cui il dipendente ha fruito a titolo di fringe benefit nello stesso periodo di imposta. Qualora il valore dei fringe benefit, complessivamente erogati nel periodo d’imposta – sia sotto forma di voucher che nelle modalità ordinarie – superi il citato limite di 258,23 euro, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

 

2.5.2 Buoni pasto. Il comma 3 dell’articolo 6 del Decreto fa salva la disciplina relativa ai servizi sostitutivi di mensa prevedendo che “l’affidamento e la gestione dei servizi sostitutivi di mensa continuano ad essere disciplinati dal Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207“.

L’espressa salvaguardia delle disposizioni di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 sottrae i buoni pasto alla disciplina di cui all’articolo 6 del Decreto in considerazione delle loro specificità e funzione, che li differenziano dai voucher.

I voucher di cui all’articolo 6, comma 1, del Decreto costituiscono, pertanto, uno strumento distinto dalle prestazioni sostitutive del servizio di mensa (c.d. buoni pasto o ticket) di cui al comma 2, lettera c), dell’articolo 51 del TUIR, le quali non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “… fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica …“.

Il mantenimento delle disposizioni disciplinanti le caratteristiche e la regolamentazione dell’utilizzo dei buoni pasto consente di recuperare gli orientamenti interpretativi formatisi in relazione al trattamento fiscale dei suddetti strumenti, tra cui la risoluzione n. 26 del 2010, con la quale è stato precisato che “L’importo del loro valore nominale che eccede il limite di 5,29 euro non può essere considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione prevista dal comma 3 dell’articolo 51…”.

La funzione dei buoni pasto resta quella di permettere all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del documento (articolo 285, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 207 del 2010). L’importo dei buoni pasto che eccede il citato limite di 5,29 euro, o 7 euro per i ticket elettronici, concorre pertanto alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Riguardo alle caratteristiche del c.d. “buono pasto”, anche nel contesto delle norme disciplinanti la conversione dei premi di risultato il buono pasto potrà continuare ad essere utilizzato “durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto…” (articolo 285, comma 4, lettera c), del d.P.R. n. 207 del 2010). Dai richiami operati si possono trarre le conclusioni che seguono.

Il buono pasto, al pari del voucher, non è “cedibile, commercializzabile, cumulabile o convertibile in denaro” ed è “utilizzabile esclusivamente per l’intero valore facciale” (lettera d) ed e) del d.P.R. n. 207 del 2010); per i buoni pasto, a differenza di quanto previsto per i voucher dall’articolo 6, comma 1, del Decreto, non è preclusa la possibilità di integrazione monetaria da parte del dipendente.

L’emissione del buono pasto, a differenza di quella del voucher, è riservata esclusivamente dalle società aventi i requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 285 del d.P.R. n. 207 del 2010.

Infine, laddove la sostituzione con voucher riguardi i beni e servizi di cui al comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, l’erogazione – al pari del buono pasto – dovrà essere rivolta alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi, secondo le precisazioni fornite nei paragrafi precedenti (cfr. circolare n. 326/E del 199712; circolare n. 188/E del 199813).

 

3. BENI E SERVIZI (BENEFIT) EROGATI IN SOSTITUZIONE DI PREMI

3.1 Ambito applicativo. L’articolo 1, comma 184, della legge di Stabilità dispone che “le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182“.

La disposizione attribuisce al dipendente un’ulteriore facoltà di scelta in relazione ai premi di risultato, in quanto accanto alla possibilità di avvalersi della tassazione sostitutiva, in luogo di quella ordinaria, gli riconosce anche la possibilità di scegliere se ottenere il premio in denaro o in natura, prevedendo che, in ogni caso, i benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR non scontino alcuna tassazione, nei limiti previsti dai citati commi.

Ai sensi del successivo comma 187, la fungibilità tra la componente monetaria e i beni e servizi deve essere contemplata dai contratti aziendali o territoriali; l’applicazione del regime di favore in esame, pertanto, è sottratto alla libera disposizione delle parti essendo subordinato alla condizione che sia la contrattazione collettiva di secondo livello ad accordare al dipendente la facoltà di scegliere se ricevere i premi in denaro o in beni e servizi di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR.

In considerazione della circostanza che né la legge né il Decreto dettano ulteriori regole, si deve ritenere che l’eventuale disciplina di dettaglio, riguardante ad esempio le modalità di esercizio di tale scelta o la possibilità di revoca, resta demandata alla autonomia delle parti o al contratto stesso.

L’ambito di applicazione del comma 184, a prescindere dagli aspetti civilistici relativi alla sostituibilità tra remunerazioni monetarie e remunerazioni in natura, sotto il profilo fiscale, deve essere valutato in base a criteri sistematici che pongono la disposizione in connessione con gli altri commi della stessa legge di Stabilità, concernenti il reddito di lavoro dipendente, e con i principi generali dettati dall’articolo 51 del TUIR.

In particolare, si evidenzia che il dato testuale del comma 184, nel confermare la detassazione dei benefit, fa riferimento all’ipotesi in cui i beni e i servizi indicati nell’articolo 51, commi 2 e 3 ultimo periodo, del TUIR siano fruiti “…in sostituzione….delle somme di cui al comma 182” ovvero dei premi di risultato e degli utili, altrimenti soggetti all’imposta sostitutiva.

La portata del comma 184, limitata ai soli premi di risultato e agli utili assoggettabili ad imposta sostitutiva richiamati al comma 182, risulta, inoltre, confermata dal fatto che non sono presenti né nella relazione tecnica alla legge di Stabilità né nel Decreto elementi che possano far emergere una diversa volontà del legislatore.

Pertanto, la disposizione secondo cui i beni e servizi di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo restano detassati anche se fruiti in sostituzione di somme resta limitata all’ipotesi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

– le somme costituiscano premi o utili riconducibili al regime agevolato (articolo 1, comma 182, della legge di Stabilità per il 2016);

– la contrattazione di secondo livello attribuisca al dipendente la facoltà di convertire i premi o gli utili in benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR.

Il benefit erogato in sostituzione del premio di risultato, nei termini consentiti dal comma 184, dovrà essere valorizzato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR e potrà consistere anche in una somma di denaro, ove ciò sia previsto dai commi 2 e 3 del medesimo articolo 51 del TUIR (es. rimborso spese scolastiche), o essere erogato mediante voucher. La parte di premio non sostituita dal benefit sarà assoggettata all’imposta sostitutiva o alla tassazione ordinaria, a scelta del prestatore di lavoro.

Il comma 184 disciplina le fattispecie in cui sia contemplata la possibilità di conversione di premi o utili, aventi i requisiti sopra descritti, in benefit di cui ai commi 2 e 3, ultimo periodo, dell’articolo 51 del TUIR.

La norma non trova applicazione di conseguenza nei seguenti casi:

1. Conversione tra remunerazione monetaria e benefit prevista al di fuori delle condizioni stabilite per l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui al comma 182 della legge di Stabilità. Ad esempio nel caso in cui i beni e servizi siano erogati a dipendenti con un reddito superiore, nell’anno precedente a quello di erogazione, ad euro 50.000 in sostituzione dei premi di risultato o utili , o siano erogati a dipendenti con reddito inferiore, nell’anno precedente quello di erogazione, ad euro 50.000 in sostituzione di premi non correlati ad incrementi di produttività, qualità ed efficienza. In tali casi i beni e servizi concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 1, del TUIR.

2. I benefit sono erogati senza possibilità di conversione monetaria. L’obbligazione del datore di lavoro ha, quindi, ad oggetto, sin dal suo nascere, la erogazione di beni e servizi e può essere adempiuta solo con tale modalità. In tal caso, i beni e servizi attribuiti ai lavoratori, anche a titolo premiale, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente se rientrano nelle fattispecie esentative dei commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR. Ciò sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione.

Invero, si ritiene che le novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016, sotto il profilo fiscale, non siano volte ad alterare le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente e il connesso principio di capacità contributiva che comunque attrae nella base imponibile anche le retribuzioni erogate in natura.

3.2 Benefit di cui all’articolo 51, comma 2, del TUIR. L’irrilevanza reddituale dei benefit fruiti in sostituzione di premi o di utili erogati ai dipendenti, in base a quanto già precisato, soggiace ai seguenti limiti:

– l’ammontare massimo delle somme assoggettabili ad imposta sostitutiva;

– gli importi stabiliti per dette utilità dai commi 2 e dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR.

Le remunerazioni premiali agevolate possono essere sostituite da uno o più beni e servizi indicati nei commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR, tenuto conto delle modifiche normative allo stesso articolo 51, già esaminate.

Ad esempio, il lavoratore può chiedere al proprio datore di lavoro di versare il premio di risultato o gli utili assoggettabili ad imposta sostitutiva, ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale ai sensi della lettera a) dell’articolo 51 del TUIR, eventualmente in aggiunta ai contributi già versati dal datore di lavoro o dallo stesso dipendente.

In ragione del comma 182 in esame, tale versamento aggiuntivo potrà avvenire in esenzione di imposta entro un importo massimo lordo di euro 2.000, ovvero di euro 2.500. Conseguentemente, la parte di premio destinata alla medesima finalità eccedente tali importi concorrerà alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. L’esenzione dei contributi opererà, inoltre, nel limite complessivo di euro 3.615,20 previsto dalla richiamata lettera a). Ad esempio, se ai sensi della lettera a) sono versati alla cassa avente esclusivamente fine assistenziale contributi per euro 3.000, il premio agevolato può essere convertito in contributi esenti per un ammontare non eccedente euro 615, 20.

Il lavoratore può sostituire il premio di risultato, nel limite di 2.000/2.5000 euro, con prestazioni sostitutive del servizio di mensa, di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR. In tali ipotesi, la conversione dei premi di risultato in buoni pasto – con quota esente giornaliera fino ad euro 5,29 se in formato cartaceo, ovvero fino ad euro 7 se in formato elettronico – deve avvenire nel rispetto delle disposizioni previste al riguardo dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, unitamente ai chiarimenti illustrati dalla scrivente con precedenti documenti di prassi (tra l’altro, circolare 326 del 1997 e ris. n. 63 del 2005). Analogamente, in caso di sostituzione del premio con l’indennità sostitutiva di mensa, devono essere rispettati le condizioni e i limiti previsti dalla citata lettera c) dell’articolo 51 (cfr., anche, circolare 326 del 199714 e risoluzione n. 41 del 200015).

In relazione ai servizi di trasporto collettivo di cui alla lettera d), l’esenzione da imposta può riguardare gli abbonamenti annuali ai mezzi di trasporto pubblico, per la tratta abitazione/luogo di lavoro e viceversa, a condizione che risultino rispettate le indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria con i documenti di prassi e, in particolare, con la circolare n. 326 del 23 dicembre 1997. I servizi di trasporto non contemplati dalla lettera d), richiesti in sostituzione del premio agevolato, possono essere detassati ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51, nel limite di euro 258, 23.

La sostituzione, in esenzione di imposta, del premio di risultato agevolabile con azioni, può avvenire ai sensi della lettera g), entro il limite di valore non eccedente complessivamente nel periodo d’imposta, euro 2.065,83. Pertanto, nell’ipotesi in cui, ricorrendo il presupposto previsto dal comma 189 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015, il premio di risultato, anche sotto forma di partecipazione agli utili, sia di importo non superiore ad euro 2.500, la sua conversione in azioni, al fine della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, non potrà eccedere euro 2.065,83. In caso di superamento di tale ultimo limite, la restante parte di premio agevolabile di euro 434,17 può essere assoggettata a imposta sostitutiva del 10 per cento, solo se erogata in denaro mentre se convertita in azioni deve essere assoggettata ad imposta progressiva, data l’applicabilità dell’imposta sostitutiva ai soli premi in denaro.

Per quanto concerne la lettera h) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, si ricorda che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, “… le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all’articolo 10 e alle condizioni ivi previste …“.

Come più volte chiarito, con tale disposizione il legislatore mira ad evitare che il lavoratore debba presentare la dichiarazione dei redditi al solo fine di fruire di oneri deducibili di cui il datore di lavoro è a conoscenza, avendo effettuato trattenute per gli stessi.

In ragione di ciò il lavoratore può chiedere al datore di lavoro che il proprio premio di risultato sia utilizzato per il sostenimento degli oneri previsti dall’articolo 10, comma 1, del TUIR, alle condizioni e nei limiti ivi indicati.

Ad esempio il lavoratore può chiedere al datore di lavoro di versare il premio di risultato al fondo di previdenza complementare di cui alla lettera e-bis) del comma 1 dell’articolo 10 del TUIR, cui risulta iscritto il dipendente, oppure al coniuge separato, a titolo di assegno alimentare.

In tali ipotesi, le medesime somme se fossero corrisposte al lavoratore e da questo versate al fondo di previdenza o al coniuge costituirebbero oneri deducibili ai sensi dell’articolo 10, lettera e-bis) o lettera d), e come tali non concorrerebbero alla formazione del suo reddito imponibile. Conseguentemente tale ipotesi è soggetta ai limiti di esenzione previsto per l’onere ma non anche al limite di esenzione previsto per la sostituibilità dei premi di risultato.

Ad esempio in caso di premio di risultato di euro 4.000, convertito in contributi alla previdenza complementare, euro 2000 sono detassati ai sensi del comma 184, ed euro 2000 sono dedotti dal reddito complessivo ai sensi della lettera e-bis) dell’articolo 10 del TUIR, o non concorrono al reddito ai sensi della lettera h) dell’articolo 51 del TUIR.

Infine, stante la formulazione del citato comma 184, il dipendente può chiedere di sostituire il premio di risultato con “…il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a lire 500.000 (euro 258,23, n.d.r.) …”. Per l’individuazione delle condizioni di applicazione della disposizione e del valore dei predetti beni ceduti e dei servizi prestati si rinvia ai chiarimenti forniti nei precedenti paragrafi.

 

4. MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

4.1 Adempimenti del sostituto d’imposta e del dipendente. L’applicazione del regime agevolato da parte del sostituto d’imposta costituisce la regola, “salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro” (articolo 1, comma 183).

Tale applicazione presuppone la previa verifica da parte del datore di lavoro del rispetto del limite di 50.000 euro di reddito del lavoratore alle sue dipendenze che, ai sensi del comma 186, deve essere riferito al precedente periodo d’imposta e includere anche le erogazioni premiali assoggettate ad imposta sostitutiva.

Il sostituto d’imposta, se ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, applica direttamente l’imposta sostitutiva mentre, se non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, applica l’imposta sostitutiva a condizione che il beneficiario attesti “… per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno” (articolo, 1 comma 186), come indicato dalle istruzioni di prassi fornite, in passato, per tale ipotesi (cfr. circolare 11/E del 201316).

Il datore di lavoro se accerta ex post che la retribuzione rientra nei presupposti richiesti per l’agevolazione può applicare l’imposta sostitutiva e recuperare le maggiori ritenute operate con la prima retribuzione utile, senza attendere le operazioni di conguaglio.

Il datore di lavoro, nella determinazione del premio deve computare, per espressa previsione di legge e come già precisato (v. supra par. 1.2) “…il periodo obbligatorio di congedo di maternità“.

Il sostituto deve indicare separatamente nella Certificazione Unica la parte di reddito assoggettata ad imposta sostitutiva e l’importo di quest’ultima trattenuto sulle somme spettanti al dipendente.

Per quanto concerne il lavoratore, come chiarito con circolare n. 11 del 2013, questi è tenuto a comunicare al sostituto d’imposta l’insussistenza del diritto ad avvalersi del regime sostitutivo nell’ipotesi in cui nell’anno precedente abbia conseguito redditi di lavoro dipendente di importo superiore a euro 50.000 o se nell’anno di corresponsione degli emolumenti abbia percepito somme già assoggettate ad imposta sostitutiva ai fini della verifica del limite dei premi agevolabili.

Il dipendente, inoltre, può comunicare al proprio datore di lavoro la eventuale rinuncia al regime agevolato. Da tale rinuncia consegue che l’intero ammontare delle somme in questione, erogate nel periodo d’imposta, concorre alla formazione del reddito complessivo. In assenza della rinuncia scritta del prestatore di lavoro, il sostituto d’imposta, se sussistono le condizioni previste dalla norma, procede ad applicare l’imposta sostitutiva. Tuttavia, se il sostituto d’imposta rileva che la tassazione sostitutiva è meno vantaggiosa per il lavoratore, anche in assenza di rinuncia da parte del lavoratore, può applicare la tassazione ordinaria, portandone a conoscenza il dipendente (cfr. circolare n. 11/E del 2013).

Il lavoratore, in sede di dichiarazione dei redditi, deve far concorrere al reddito complessivo i redditi che, nonostante l’assenza dei presupposti richiesti, siano stati assoggettati ad imposta sostitutiva. Il dipendente può utilizzare, inoltre, la dichiarazione dei redditi per applicare il regime che risulti per lui più favorevole. In particolare può assoggettare a tassazione ordinaria le somme in questione se il datore di lavoro vi abbia applicato l’imposta sostitutiva o, viceversa, applicare l’imposta sostitutiva se, pur sussistendone le condizioni, il datore di lavoro non vi abbia provveduto (in tal senso cfr. circolari n. 49 del 200817, par. 1.5 e n. 11 del 2013, par. 4).

Come già detto, le modalità di esercizio della facoltà di convertire i premi monetari in benefit, riconosciuta al dipendente dalla contrattazione di secondo livello, è rimessa alla autonomia negoziale.

 

5. EFFICACIA TEMPORALE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

L’articolo 7, comma 1, del Decreto attuativo stabilisce l’applicazione delle nuove disposizioni “alle erogazioni effettuate nel periodo di imposta 2016 e in quelli successivi“.

Il successivo comma 2 detta una disciplina transitoria, in base alla quale “nell’eventualità in cui tali erogazioni si riferiscano a premi di risultato e partecipazione agli utili relativi al 2015, l’applicazione del regime di favore è comunque subordinata al rispetto di tutte le condizioni stabilite dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 e dal Decreto“.

Tenuto conto della finalità della disciplina, tesa ad incrementare la produttività delle aziende, nonché dell’entrata in vigore della norma primaria al 1° gennaio 2016, l’applicazione del regime sostitutivo ai premi erogati nelle more della emanazione del Decreto può essere riconosciuta laddove via sia una sostanziale corrispondenza delle previsioni contenute nel contratto aziendale o territoriale ai criteri di misurazione statuiti dal Decreto stesso. In tale evenienza, l’azienda, sussistendo le condizioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 1, comma 182, della legge n.208 del 2015, potrà procedere in sede di conguaglio alla rideterminazione dell’imposta. Al fine di consentire l’applicazione del regime di favore a tali erogazioni, è però necessario che, qualora si faccia riferimento a contratti non ancora depositati, gli stessi siano depositati con la modalità di cui all’articolo 5 del Decreto. In caso, invece, di contratti già depositati prima dell’adozione del Decreto, il datore di lavoro non sarà tenuto a depositare nuovamente il contratto applicato, ma dovrà indicare nel modulo della procedura telematica i riferimenti dell’avvenuto deposito (data e DTL in cui sia avvenuto il deposito).

Gli accordi già in essere alla data di pubblicazione del Decreto potranno essere integrati per renderli pienamente conformi alle disposizioni della legge n. 208 del 2015 e del Decreto, con effetti a partire dall’anno 2016. In questi casi, l’accordo integrativo dovrà essere depositato entro il termine di 30 giorni dalla sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità cui all’articolo 5 del Decreto.

E’ possibile, peraltro, che contratti già sottoscritti ed in corso di efficacia non prevedano né la distribuzione di utili al dipendente né gli attribuiscano un potere di scelta in ordine alla possibilità di sostituire il premio con benefit. Ove detti contratti collettivi aziendali o territoriali vengano successivamente integrati con tali previsioni, possono essere assoggettati ad imposta sostitutiva gli utili erogati successivamente all’avvenuta integrazione e possono essere esentati da imposizione – entro i limiti ed alle condizioni in precedenza rappresentate – i benefit erogati in data successiva alla predetta integrazione”.

1Circ. 22 ottobre 2008, n. 59/E, in Boll. Trib., 2008, 1677.

2Circ. 14 febbraio 2011, n. 3/E, in Boll. Trib., 2011, 287.

3Circ. 11 luglio 2008, n. 49/E, in Boll. Trib., 2008, 1167.

4Circ. 30 aprile 2013, n. 11/E, in Boll. Trib., 2013, 690.

5In Boll. Trib., 2014, 764.

6Circ. 23 dicembre 1997, n. 326/E, in Boll. Trib., 1998, 70.

7Circ. 22 dicembre 2000, n. 238/E, in Boll. Trib., 2001, 58.

8Ris. 10 marzo 2004, n. 34/E, in Boll. Trib., 2004, 520.

9Circ. 3 gennaio 2005, n. 2/E, in Boll. Trib., 2005, 126.

10Ris. 29 marzo 2010, n. 26/E, in Boll. Trib., 2010, 704.

11Circ. 22 ottobre 2008, n. 59/E, in Boll. Trib., 2008, 1677.

12Circ. 23 dicembre 1997, n. 326/E, in Boll. Trib., 1998, 70.

13Circ. 1998, n. 188/E, in Boll. Trib., 1998, .

14Circ. 23 dicembre 1997, n. 326/E, in Boll. Trib., 1998, 70.

15Ris. 30 marzo 2000, n. 41/E, in Boll. Trib., 2000, 604.

16Circ. 30 aprile 2013, n. 11/E, in Boll. Trib., 2013, 690.

17Circ. 11 luglio 2008, n. 49/E, in Boll. Trib., 2008, 1167.

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