27 Febbraio, 2019

Ris. 26 febbraio 2019, n. 30/E, dell’Agenzia delle entrate

“Sono pervenute alla scrivente richieste di chiarimento in merito alla
classificazione fiscale ed al trattamento tributario degli strumenti ibridi di
patrimonializzazione quali gli “Additional Tier 1” (AT1). Detti strumenti rientrano
nella categoria dei titoli cosiddetti “atipici”, la cui natura di “ibrido” è da ricondurre
alla circostanza che gli stessi hanno natura di strumenti di debito (e quindi
classificati in bilancio come passività) ovvero di strumenti partecipativi (e
classificati in bilancio tra gli elementi del patrimonio in virtù del principio di
prevalenza della sostanza sulla forma, come ad esempio nel caso dei soggetti che
adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS).

Quesito. La questione sollevata attiene, in particolare, al trattamento fiscale dei
predetti strumenti finanziari che possono contenere sia componenti di debito (ed in
tal senso generare diritti/doveri di percezione/pagamento di interessi e/o di rimborso
di capitale in capo al sottoscrittore/emittente) sia componenti di capitale (e quindi
non prevedere alcun diritto/dovere di percezione/pagamento di frutti e/o rimborso
del capitale medesimo).
Il trattamento contabile di tali strumenti è, come accennato, ispirato al
principio della prevalenza della sostanza sulla forma laddove, secondo il principio
contabile “IAS 32 – Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio”, la
“classificazione di uno strumento finanziario nel prospetto della situazione
patrimoniale-finanziaria dell’entità è determinata dal suo contenuto sostanziale
piuttosto che dalla sua forma giuridica”; ciò può portare a rappresentazioni contabili
non coincidenti con quelle individuate secondo canoni giuridico-formali poiché
sostanza e forma giuridica “sono solitamente coerenti, ma non lo sono sempre” (IAS
32, par. 18).
Lo stesso standard contabile esplicita, infatti, come taluni strumenti
finanziari “assumono la forma giuridica di capitale ma, nella sostanza, sono
passività e altri possono unire caratteristiche proprie di uno strumento
rappresentativo di capitale e caratteristiche proprie di passività finanziarie”.
In ordine alla classificazione di uno strumento finanziario quale passività
finanziaria ovvero come strumento rappresentativo di capitale (equity), il richiamato
principio IAS 32, in sintesi, definisce:
– passività finanziaria un’obbligazione contrattuale “a consegnare disponibilità
liquide o altre attività finanziarie” ovvero “a scambiare attività o passività
finanziarie a condizioni sfavorevoli”;
– strumento rappresentativo di capitale, secondo un criterio residuale, “qualsiasi
contratto che rappresenti una interessenza residua nelle attività dell’entità
dopo aver dedotto tutte le sue passività” (IAS 32, par. 11), vale a dire qualsiasi
contratto che rappresenti, per il titolare, il diritto ad una quota di partecipazione
nel patrimonio del soggetto emittente.
In quest’ottica, dunque, l’individuazione IAS compliant degli strumenti
finanziari di natura partecipativa prescinde dalla (formale) nozione di azione (e di
strumento finanziario assimilato), considerato che, ad esempio, un soggetto potrebbe
emettere particolari categorie di strumenti partecipativi che, nel prevedere l’impegno
dell’emittente al pagamento nel tempo di somme al sottoscrittore, sono, con
riferimento a tale impegno, classificate in bilancio come passività (pur avendo la
formale qualità di strumento di equity).
Di contro, uno strumento finanziario come nel caso di un’obbligazione
irredimibile, la cui remunerazione è in parte fissa e in parte collegata agli utili, può
rappresentare contabilmente, per la quota riferibile alle somme non oggetto di
rimborso, uno strumento di equity (pur qualificandosi formalmente come strumento
di debito).
Come anticipato in premessa, nell’ambito degli strumenti ibridi vanno
collocati gli “Additional Tier 1” (AT1), i quali seppur contabilizzati tra gli strumenti
di capitale dell’emittente possono generare, alle condizioni previste, flussi in uscita a
titolo di remunerazione in misura fissa. Considerato che tali strumenti finanziari –
rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale secondo la normativa comunitaria e
le discipline prudenziali nazionali ed emessi da intermediari vigilati dalla Banca
d’Italia o da soggetti vigilati dall’IVASS e diversi da azioni e titoli similari – sono,
dunque, atti a generare oneri per l’emittente, si chiede di conoscere quale sia il
corretto trattamento fiscale applicabile.

Parere dell’Agenzia delle entrate. In termini generali, la classificazione degli strumenti finanziari è dettata, ai
fini delle imposte sui redditi, dalle disposizioni dell’art. 44 del Testo unico delle
imposte sui redditi (TUIR).
In particolare, il comma 2 del citato art. 44 prevede che (sottolineato
aggiunto, n.d.r.) “ai fini delle imposte sui redditi:
a) si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da
società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la cui
remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati
economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso
gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono
stati emessi. Le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli
strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di
cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a
condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella
determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto
emittente; a tale fine l’indeducibilità deve risultare da una dichiarazione
dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi;
b) [lettera abrogata]
c) si considerano similari alle obbligazioni:
1) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di
autoveicoli, autorizzate ai sensi dell’articolo 29 del regio decreto-legge 15
marzo 1927, n. 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510;
2) i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare
alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o
senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai
possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione
dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati
emessi, ne’ di controllo sulla gestione stessa”.
Emerge da tale disposizione che le logiche di classificazione e distinzione
degli strumenti finanziari tra equity (ovvero azioni e titoli similari) e passività
(ovvero obbligazioni e titoli similari) adottate dal legislatore fiscale poggiano:
1) in primo luogo, sulla circostanza che la relativa remunerazione sia costituita
totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente
(o di altra società del gruppo) e, in tal senso, la sussistenza del predetto
requisito è sufficiente, di per sé (quindi indipendentemente da altre variabili),
a classificare lo strumento finanziario come titolo azionario o similare
ovvero
2) in via secondaria, sull’esistenza di una obbligazione incondizionata di
pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata e
sull’assenza di diritti di partecipazione alla gestione dell’impresa, fattori
che individuano uno strumento finanziario similare al titolo obbligazionario.
In altri termini, un titolo che presenta le caratteristiche di cui al punto 1)
(remunerazione costituita totalmente dalla partecipazione agli utili) è classificato, ai
fini delle imposte sui redditi, come titolo similare alle azioni, a prescindere dalla sua
natura giuridica. Così ad esempio, un titolo obbligazionario, contabilizzato come
passività, in quanto titolo di debito contenente l’obbligo di restituzione a scadenza,
ma il cui rendimento sia interamente costituito dalla partecipazione agli utili della
società emittente, è fiscalmente qualificato come titolo partecipativo; in tal caso, il
relativo rendimento è un dividendo, indeducibile per l’emittente e parzialmente
escluso per il prenditore.
Sempre esemplificando, al contrario, un titolo non rimborsabile in caso di
perdita della società emittente (obbligazione irredimibile) che attribuisce al
prenditore una remunerazione basata su un tasso di interesse prestabilito, è
contabilizzato, per la parte che non genera alcun obbligo di pagamento, come equity,
ma rappresenta, ai fini fiscali, un titolo similare alle obbligazioni (la cui
remunerazione assume rilevanza fiscale come provento/onere tassabile/deducibile in
capo al sottoscrittore/emittente).
Tale impostazione è stata mantenuta anche per i soggetti IAS/IFRS adopter,
nonostante l’art. 83 del TUIR abbia, con il principio di derivazione rafforzata, dato
riconoscimento fiscale alle diverse qualificazioni, imputazioni temporali e,
soprattutto per quanto qui di interesse, classificazioni del bilancio IAS compliant
rispetto a quelle di ordine giuridico-formale contenute nel più volte citato testo
unico. Infatti, l’art. 5 del DM 8 giugno 2011 – contenente, tra l’altro, norme di
coordinamento tra i principi contabili internazionali e le regole di determinazione
delle basi imponibili IRES – ha stabilito che “indipendentemente dalle qualificazioni
e dalle classificazioni adottate in bilancio” dei soggetti IAS adopter, gli strumenti
finanziari si considerano:
– similari alle azioni in presenza dei “requisiti di cui alla lettera a) del comma 2
dell’articolo 44 del testo unico”, vale a dire “i titoli e gli strumenti finanziari
emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la
cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati
economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso
gruppo”;
– similari alle obbligazioni in presenza dei “requisiti di cui alla lettera c) del
comma 2 dell’articolo 44 del testo unico”, vale a dire i titoli “che contengono
l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore
a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e
che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o
indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale
siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa”.
La citata disposizione del DM 8 giungo 2011, disattivando la derivazione
(rafforzata) dal bilancio, supera le qualificazioni e le classificazioni del bilancio IAS
compliant e mantiene (ovvero impone) la descritta distinzione “formale” contenuta
nell’art. 44 del TUIR; le diverse modalità di individuazione e di classificazione in
bilancio delle passività finanziarie e degli strumenti di equity rispetto ai criteri fiscali
appena illustrati comportano, ovviamente, la formazione di doppi binari tra valori
civili e valori fiscali. Infatti, può verificarsi che:
– a fronte dell’iscrizione di un debito nel passivo di bilancio (e della correlata
imputazione di un onere finanziario a conto economico), il sistema fiscale
(diversamente) individui un apporto di capitale (e un correlato dividendo
indeducibile); ovvero che
– a fronte dell’iscrizione di un apporto nel patrimonio netto (e della correlata
imputazione di dividendi a storno dell’utile distribuibile), il sistema fiscale
(diversamente) individui una passività (e un correlato onere finanziario
fiscalmente rilevante).
Proprio a tal fine lo stesso art. 5 del DM 8 giugno 2011 contiene due
disposizioni volte ad assicurare, con rigore giuridico, il rispetto delle regole di
deducibilità/tassabilità previste dal sistema fiscale per i componenti reddituali di cui
si tratta. In particolare:
– il comma 2 prevede l’applicazione delle disposizioni dell’art. 109, comma 9,
del TUIR – a norma del quale è indeducibile ogni tipo di remunerazione
dovuta su strumenti finanziari “per la quota di essa che direttamente o
indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società
emittente” o di altre società del gruppo – anche alle remunerazioni
(interamente correlate ai risultati dell’emittente) dovute su strumenti
finanziari classificati contabilmente come passività ma fiscalmente
riconosciuti come titoli similari alle azioni;
– il comma 3 prevede che, si applichino le disposizioni di cui al comma 4,
secondo periodo, dell’art. 109 del TUIR – che considerano “imputati a conto
economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei
principi contabili adottati dall’impresa” – alle remunerazioni relative a
strumenti finanziari contabilizzati come equity ma che sono passività a fini
fiscali; in tal senso è comunque soddisfatta la condizione di preventiva
imputazione, richiesta per la deducibilità di qualunque componente negativo
di reddito, di quelle remunerazioni che, proprio perché contabilmente
rappresentano il rendimento di strumenti di equity, sono iscritte nel
patrimonio netto, quale parte degli utili distribuibili).
Le regole di classificazione stabilite dall’art. 5 del DM 8 giugno 2011,
ancorché apparentemente esplicitate con riferimento al soggetto emittente, valgono
simmetricamente (e compatibilmente) anche con riferimento alla posizione fiscale
del sottoscrittore dello strumento finanziario che, sui rendimenti percepiti, applica il
regime fiscale degli interessi attivi ovvero dei dividendi a seconda che lo strumento
sottoscritto sia fiscalmente classificato, rispettivamente, come titolo similare alle
obbligazioni ovvero come titolo similare alle azioni.
In conclusione, con specifico riferimento agli “Additional Tier 1” (AT1),
esaminate le caratteristiche dello strumento, è da ritenersi che gli stessi siano
“fiscalmente” assimilati alle obbligazioni a norma dell’articolo 44 del TUIR – atteso
che il rendimento non è totalmente ancorato al risultato della società emittente – e,
quindi, gli eventuali oneri da essi generati sono da intendersi deducibili per la
società emittente.
In tal senso, le disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 22, del decreto
legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre
2011, n. 148, sono tese a confermare la disciplina appena descritta. Quest’ultima
disposizione, infatti, prevede, con specifico riferimento alla determinazione del
reddito d’impresa, che “le remunerazioni dei predetti strumenti finanziari sono in
ogni caso deducibili ai fini della determinazione del reddito del soggetto emittente”,
ferma restando “l’applicazione dell’articolo 96 e dell’articolo 109, comma 9, del
testo unico delle imposte sui redditi …”.
In altri termini – in linea con la generale disciplina dettata, ai fini delle
imposte sui redditi, dall’art. 5 del citato DM 8 giungo 2011 per gli strumenti
finanziari – le remunerazioni corrisposte dagli emittenti degli strumenti finanziari
AT1 sono:
– deducibili, in quanto interessi passivi, secondo le regole stabilite dall’art. 96
del TUIR;
– indeducibili per la quota dei medesimi interessi “che direttamente o
indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società
emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in
relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi”, ai sensi dell’art.
109, comma 9, dello stesso TUIR.
Allo stesso modo, anche gli strumenti ibridi con caratteristiche simili a
quelle degli AT1, quando emessi da società di qualsiasi settore economico diverso
da quello finanziario, ricevono lo stesso trattamento a fini fiscali”.

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