Ris. 13 ottobre 2016, n. 91/E, dell’Agenzia delle entrate
“Quesito. La Società ALFA SRL IN LIQUIDAZIONE (di seguito, per brevità, anche “ALFA” o “Società Istante”), che adotta i principi contabili nazionali, fa presente di aver ceduto in data … 2009 alla Società BETA SRL (oggi BETA SAS DI TIZIO) il complesso aziendale denominato …, esercente attività di bar, pasticceria e caffè.
La Società Istante dichiara che la vendita è stata effettuata al prezzo di euro … con pagamento rateale del prezzo e riserva di proprietà ex articolo 1523 e seguenti del codice civile prevista a favore della parte venditrice.
Nel … 2013 la Società acquirente BETA SRL ha modificato la propria veste giuridica e si è trasformata in società in accomandita semplice, cambiando la propria denominazione in BETA SAS DI TIZIO E CAIO e successivamente, dal giugno 2015, in BETA SAS DI TIZIO.
La Società Istante evidenzia che la trasformazione c.d. “regressiva” (da società di capitali in società di persone) della Società acquirente per effetto dell’applicazione dell’articolo 2482 ter del codice civile (rubricato “Riduzione del capitale al di sotto del minimo legale”) ed il ritardo nel pagamento di alcune delle rate alle scadenze previste inducono la Società Istante a valutare lo scenario che si potrebbe prospettare ove il ritardo manifestatosi nel pagamento delle rate si traduca in un mancato pagamento di due rate – anche non consecutive – del prezzo pattuito.
Tale eventualità determinerebbe la possibilità di far valere la clausola risolutiva espressa ex articolo 1456 del codice civile (di seguito anche “clausola risolutiva espressa”) o il provvedimento d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile (di seguito anche “provvedimento d’urgenza”), così come disposto all’articolo 6 del contratto di compravendita.
Considerato che il credito nei confronti della Società acquirente ancora da incassare ammonta a circa … euro, la Società Istante chiede chiarimenti in merito alle conseguenze fiscali dell’eventuale azione di restituzione dell’azienda esperibile in caso di esercizio della riserva di proprietà. Più precisamente, “al solo fine di poter agire con tempestività per non depauperare il valore commerciale dell’azienda”, la Società Istante chiede:
a) “quale sia l’orientamento dell’Agenzia – in caso di esercizio della riserva di proprietà – in merito al regime di responsabilità solidale (eventuale) per i debiti fiscali (…) contratti dall’acquirente”;
b) quale sia il trattamento, ai fini IRES ed IRAP, “da riservare in capo al venditore all’eventuale credito residuo non incassato”;
c) quale sia il trattamento, ai fini IRES ed IRAP, da riservare all’indennità che il Giudice potrebbe eventualmente disporre a carico del venditore quale “reductio ad equitatem” prevista dall’articolo 1526, comma 2, del codice civile;
d) quali siano gli obblighi che si configurano, ai fini dell’imposta di registro, in merito all’esercizio della clausola risolutiva espressa o al ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. La Società Istante prospetta le seguenti soluzioni:
– quesito a): non può sussistere analogia con quanto previsto dall’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in ambito di cessione d’azienda. Dal punto di vista giuridico, infatti, la Società Istante ritiene che il dettato normativi sopra citato si riferisca alla cessione d’azienda, ovvero al trasferimento volontario del diritto di proprietà da un soggetto giuridico all’altro nell’ambito di una operazione di compravendita. In tale caso, è onere dell’acquirente verificare ex ante l’esistenza o meno di una situazione debitoria e/o di pendenze tributarie che potrebbero rendere l’operazione non conveniente o troppo rischiosa per l’acquirente stesso. Nel caso di specie, di contro, per effetto della riserva ex articolo 1523 del codice civile, la titolarità giuridica si trasferirà solamente con il pagamento dell’ultima rata di prezzo e, pertanto, la cessione con patto di riservato dominio comporta solamente una immissione dell’acquirente nel possesso dell’azienda con la possibilità di goderne dei frutti. Pertanto, nel caso in cui il venditore avesse titolo per esercitare la clausola risolutiva espressa o per azionare il provvedimento d’urgenza, “non si tratterebbe di un trasferimento della proprietà ex adverso ma di un semplice ricongiungimento di diritto di proprietà e diritto di godimento dell’azienda, al di fuori pertanto dell’ambito di applicazione” dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997. La Società Istante ritiene che “una diversa interpretazione renderebbe di fatto la riserva di proprietà un pregiudizio per il venditore e non una garanzia posto che lo stesso non avrebbe titolo né modo di poter verificare né modificare in itinere il comportamento tenuto dall’acquirente in relazione alla propria posizione debitoria”. In virtù di quanto sopra esposto, la Società ALFA non ritiene sussistere “responsabilità solidale per i debiti fiscali (…) nel caso in cui l’azienda, per effetto della riserva di proprietà, dovesse rientrare nel possesso della parte venditrice”;
– quesito b): il credito residuo iscritto nel bilancio del venditore – nel caso in cui l’azienda venga allo stesso restituita in base all’esercizio della clausola risolutiva espressa o per mezzo del provvedimento d’urgenza – costituisce un costo deducibile ai fini IRES, in base all’articolo 101 del TUIR, come sopravvenienza passiva (comma 4), intesa quale sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, o come perdita su crediti (comma 5), risultante da elementi certi e precisi;
– quesito c): l’indennità eventualmente prevista dal Giudice quale “riduzione ad equità” per le rate di prezzo percepite configura di fatto un corrispettivo a carico del venditore per la re-immissione nel possesso dell’azienda e, pertanto, un costo che soddisfa i requisiti di inerenza (poiché riferibile ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito) e certezza (poiché disposto in forza di provvedimento del Giudice). In tale ambito, la Società Istante ritiene che tale indennità debba essere considerata come una rideterminazione del prezzo relativo alla cessione d’azienda, “già tassato in capo al venditore quale plusvalenza realizzata”. La Società ALFA ritiene, “per relationem in riferimento al trattamento fiscale della plusvalenza da cessione d’azienda ai fini IRAP, che né la sopravvenienza passiva di cui al punto b) né l’indennità di cui al punto c) possano avere rilevanza” ai fini del tributo regionale.
quesito d): nessuna soluzione interpretativa proposta.
Parere dell’Agenzia delle entrate. Con riferimento ai quesiti posti con l’istanza di interpello in esame si osserva quanto segue, partendo – per ragioni espositive – dai quesiti b) e c).
L’articolo 1523 del codice civile prevede che “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”.
Dal punto di vista contabile, alcuni principi contabili nazionali disciplinano gli effetti della compravendita con riserva di proprietà.
E’ il caso, ad esempio, del:
– principio contabile OIC 13 sulle rimanenze (versione agosto 2014), che stabilisce: “Normalmente i beni sono inclusi nelle rimanenze quando si verifica il passaggio del titolo di proprietà. In alcuni casi i beni sono iscritti avendo riguardo al trasferimento dei relativi rischi per la rilevanza che tale momento ha nell’ambito di tali operazioni (ad esempio, vendita con riserva di proprietà)” (paragrafo 16); “(…) la nota integrativa fornisce evidenza degli eventuali gravami esistenti sulle rimanenze (ad esempio, pegno, patto di riservato dominio ecc.)” (paragrafo 101);
– principio contabile OIC 16 sulle immobilizzazioni materiali (versione agosto 2014), che stabilisce: “(…) nei casi in cui non sia trasferita la piena proprietà o siano poste particolari condizioni, la rilevazione iniziale dell’immobilizzazione materiale avviene nel momento in cui sono assunti sostanzialmente tutti i rischi connessi alla sua acquisizione (ad esempio, il momento di rilevazione iniziale delle immobilizzazioni acquisite con riserva di proprietà generalmente non differisce da quello delle immobilizzazioni acquisite in piena proprietà)” (paragrafo 24);
– principio contabile OIC 19 sui debiti (versione agosto 2014), che stabilisce: “(…) Se il titolo di proprietà è trattenuto dal venditore per ragioni di garanzia, come nel caso di vendita con patto di riservato dominio, (…) il debito è iscritto in bilancio in quanto di solito in tali casi rischi, oneri e benefici significativi connessi alla proprietà sono stati trasferiti all’acquirente” (paragrafo 33).
Pertanto, ai fini della contabilizzazione i predetti principi danno rilevanza non al momento del formale trasferimento della proprietà (pagamento dell’ultima rata), bensì a quello (antecedente) del trasferimento dei rischi e dei benefici.
In maniera coerente, dal punto di vista fiscale l’articolo 109, comma 2, lettera a), del TUIR stabilisce che, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, “i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà (…)”.
Dall’esame di tale disposizione normativa emerge – con riferimento al soggetto che cede il bene con riserva di proprietà – che la norma in esame individua il periodo d’imposta nel quale il componente positivo concorre alla formazione del reddito.
In altri termini, per individuare il momento in cui, ai fini fiscali, rileva il trasferimento del bene occorre fare riferimento al momento della conclusione del negozio (e non al verificarsi dell’effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia).
L’intento che ha spinto il legislatore ad introdurre – ai fini dell’individuazione dell’esercizio di competenza fiscale – una previsione specifica per la vendita con riserva di proprietà è stato quello di porre un freno a possibili iniziative dei contribuenti (connotate da evidenti profili di elusività) che, mediante l’apposizione della clausola di riserva di proprietà, intendano rilevare il componente positivo di reddito emergente dall’operazione solo al momento del successivo trasferimento formale della proprietà stessa (v. risoluzione n. 338/E del 1° agosto 20081).
Come precisato nella circolare n. 41/E del 13 maggio 20022 in materia di detassazione del reddito d’impresa (c.d. agevolazione “Tremonti-bis”), il contratto di vendita con riserva di proprietà si caratterizza per il fatto che la proprietà si trasferisce con il pagamento dell’ultima rata di prezzo da parte dell’acquirente; tuttavia fin dalla conclusione del contratto gravano su quest’ultimo i rischi ed oneri, non solo di manutenzione e riparazione, ma anche fiscali, relativi al bene. Infatti, all’acquirente spettano immediatamente le facoltà e i poteri, di diritto sostanziale e processuale, caratterizzanti il diritto di proprietà.
La predetta circolare, stabilendo che sono ammessi a fruire dell’agevolazione Tremonti-bis anche gli acquisti di beni con patto di riservato dominio, ha di fatto confermato il principio dell’irrilevanza fiscale della riserva di proprietà. La circolare ha altresì precisato che l’eventuale risoluzione del contratto di acquisto con riserva di proprietà per inadempimento del compratore costituisce motivo di revoca dell’agevolazione ai sensi del comma 6 dell’articolo 4 della legge n. 383 del 2001. Pertanto, poiché tale norma stabilisce che “L’incentivo fiscale è revocato se l’imprenditore o il lavoratore autonomo cedono a terzi (…) i beni oggetto degli investimenti (…) entro il secondo periodo di imposta successivo all’acquisto (…)”, la circolare n. 41/E del 2002 ha sostanzialmente effettuato una equiparazione tra la risoluzione della compravendita con riserva di proprietà per inadempimento del compratore e la cessione del bene.
Si ritiene opportuno evidenziare che anche altre norme dell’ordinamento tributario sanciscono l’irrilevanza della riserva di proprietà ai fini fiscali e assumono a presupposto impositivo il momento della stipula dell’atto. E’ il caso dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, relativo all’IVA; dell’articolo 27, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, relativo all’imposta di registro; dell’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, relativo alla soppressa INVIM.
Per quanto sopra esposto, risulta evidente il disallineamento esistente tra la disciplina codicistica e la normativa fiscale in tema di vendita con riserva di proprietà: la prima stabilisce che il trasferimento della “proprietà civilistica” del bene avvenga al momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo; la seconda fissa il trasferimento della “proprietà fiscale” del bene al momento della stipulazione dell’atto di vendita.
Ciò comporta che l’eventuale risoluzione del contratto per inadempimento (mancato pagamento, da parte dell’acquirente, di almeno due rate di prezzo della compravendita) produrrebbe un ritrasferimento della “proprietà fiscale” dell’azienda dalla Società BETA SAS alla Società ALFA SRL. In altri termini, ai fini fiscali si verificherebbe un nuovo evento realizzativo (cessione d’azienda) di segno contrario rispetto a quello verificatosi a seguito della stipula del contratto di compravendita del
2009.
Di conseguenza, in risposta al quesito b), si ritiene che nel momento dell’eventuale riconsegna del complesso aziendale, conseguente all’esercizio della clausola risolutiva espressa o al provvedimento d’urgenza, la Società Istante debba:
1) attribuire all’azienda riconsegnata un valore pari al valore normale dei beni che la compongono;
2) stornare il valore residuo del credito (derivante dalla cessione del … 2009) per un importo pari al valore dell’azienda riconsegnata, come determinato al punto precedente. Pertanto: a) nell’ipotesi in cui il valore dell’azienda sia inferiore al valore residuo del credito, la differenza costituirà una perdita su crediti deducibile ai fini IRES ai sensi dell’articolo 101 del TUIR; tale perdita risulterà indeducibile ai fini IRAP in quanto relativa ad un fenomeno non rilevante per la determinazione del valore della produzione; b) diversamente, nell’eventualità – puramente teorica – in cui il valore dell’azienda sia superiore al valore residuo del credito, emergerà una sopravvenienza attiva che concorrerà alla formazione della base imponibile ai fini IRES ai sensi dell’articolo 88 del TUIR e che risulterà irrilevante ai fini IRAP.
Per quanto concerne il quesito c), si evidenzia che l’articolo 1526 del codice civile disciplina l’ipotesi di risoluzione del contratto, stabilendo, al comma 2, che “Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta”.
Pertanto, qualora le parti del contratto abbiano preventivamente liquidato l’indennità in misura uguale all’importo delle rate pagate, la norma conferisce al giudice il potere di ridurre l’indennizzo convenzionale al fine di evitare un indebito arricchimento del venditore.
Nel caso di specie, si concorda con la Società Istante sul fatto che l’eventuale riduzione dell’indennità disposta dal Giudice sia assimilabile ad una rideterminazione del prezzo relativo alla cessione d’azienda del … 2009.
In considerazione del fatto che tale prezzo ha assunto rilevanza, ai fini IRES, nella determinazione della plusvalenza/minusvalenza derivante dalla predetta cessione d’azienda, si ritiene che l’importo relativo alla eventuale riduzione dell’indennità costituisca, per la Società Istante, una sopravvenienza passiva deducibile ai sensi dell’articolo 101 del TUIR; tale sopravvenienza risulterà indeducibile ai fini IRAP in quanto correlata ad un componente reddituale (plusvalenza/minusvalenza) che non ha assunto rilevanza nella determinazione della base imponibile di periodi d’imposta precedenti.
Con riferimento al quesito a), si evidenzia che l’articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 stabilisce che il cessionario è “responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”.
Ai sensi del comma 5-ter, le disposizioni dell’articolo 14 si applicano, in quanto compatibili, a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, ivi compreso il conferimento.
Secondo consolidata giurisprudenza (v. sentenza della Corte di Cassazione n. 5979 del 14 marzo 2014), la norma in esame – che è norma speciale rispetto all’articolo 2560, comma 2, del codice civile – introduce misure antielusive a tutela dei crediti tributari, ad evitare che, attraverso il trasferimento dell’azienda, sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell’interesse pubblico.
Con specifico riferimento alla cessione d’azienda con riserva di proprietà, la Cassazione, con ordinanza n. 11972 del 9 giugno 2015, ha chiarito che il cessionario, per effetto del citato articolo 14, resta responsabile in solido per i debiti fiscali contratti dal cedente prima della cessione anche nell’ipotesi in cui il contratto venga risolto e l’azienda torni nella proprietà del cedente. Tale articolo, come precisa la Suprema Corte nella citata sentenza n. 5979 del 2014, “introduce una disciplina speciale in tema di cessione di azienda quanto ai rapporti tributari … regolando diversamente gli effetti della cessione sui debiti del cedente rispetto alla normativa codicistica che, nelle parti in cui non viene derogata, deve comunque ritenersi pienamente operante”.
La Corte di Cassazione, nelle pronunce citate, riconduce, dunque, la differenza tra gli effetti civilistici e gli effetti fiscali del contratto in esame, al diverso interesse tutelato dalle rispettive discipline.
Pertanto, valutata l’irrilevanza, ai fini fiscali, della disciplina codicistica del contratto di vendita con riserva di proprietà e considerato che, in base a quanto esposto in precedenza riguardo ai quesiti b) e c), la restituzione dell’azienda al cedente deve essere fiscalmente qualificata come ulteriore trasferimento del complesso aziendale, in coerenza con l’indirizzo interpretativo della Suprema Corte si ritiene che la ratio antielusiva della norma recata dall’articolo 14 comporti la responsabilità solidale dei soggetti interessati.
Per quanto attiene al quesito indicato alla lettera d), si fa presente che la risoluzione del contratto è disciplinata, ai fini dell’imposta di registro, dall’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (di seguito anche “TUR”).
In particolare, il comma 1 dell’articolo 28 del TUR stabilisce che “La risoluzione del contratto è soggetta all’imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso (…). Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l’imposta proporzionale prevista dall’articolo 6 o quella prevista dall’articolo 9 della parte prima della tariffa”.
In applicazione della riportata disposizione, quindi, la risoluzione del contratto derivante dall’esercizio della clausola risolutiva espressa, prevista dall’articolo 6 dell’atto di compravendita di azienda commerciale allegato all’istanza di interpello, sarà soggetta, in assenza di corrispettivo, all’imposta di registro nella misura fissa di euro 200.
Per quanto concerne, invece, il trattamento applicabile, ai fini dell’imposta di registro, ai provvedimenti cautelari di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile, si rileva che tali provvedimenti, così come le sentenze, sono da sottoporre alla formalità della registrazione in termine fisso, come chiarito con la risoluzione n. 255/E del 14 settembre 20073, qualora abbiano contenuto definitorio analogo a quello riferibile alle fattispecie elencate nell’articolo 8 della Tariffa, parte I, allegata al TUR.
Pertanto, l’eventuale provvedimento d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile, richiesto dalla società istante, qualora abbia contenuto definitorio dovrà essere assoggettato a registrazione in termine fisso, riconducendolo ad una delle fattispecie indicate nell’articolo 8 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, in considerazione del contenuto e degli effetti giuridici dallo stesso prodotti”.