2 Giugno, 2016

Circolare 1 giugno 2016, n. 25/E, dell’Agenzia delle entrate

 

INDICE:

PREMESSA

1. SOGGETTI AMMESSI ALLA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

1.1 Soggetti che effettuano l’investimento nell’ambito dell’attività commerciale

1.2 Soggetti che effettuano l’investimento al di fuori dell’attività commerciale

1.3 Gruppi di società e raggruppamenti di imprese

2. AMBITO OGGETTIVO

2.1 Definizione di piano di investimento

2.2 Tipologie di investimento

2.3 Criteri di quantificazione

3. MODALITA’ DI PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

4. CONTENUTO DELL’ISTANZA

5. REGOLARIZZAZIONE DELL’ISTANZA

6. INAMMISSIBILITA’ DELL’ISTANZA

6.1 Carente indicazione degli elementi identificativi del soggetto istante e del piano di investimento

6.2 Preventività

6.3 Reiterazioni di precedenti istanze e obiettive condizioni di incertezza

6.4 Rapporti con gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale

6.5 Interferenza con l’esercizio dei poteri accertativi

7. ATTIVITA’ ISTRUTTORIA

8. EFFICACIA DELLA RISPOSTA

9. COORDINAMENTO CON L’ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO

9.1 Attività di accertamento

9.2 Attività di contenzioso

  1. RAPPORTI CON IL REGIME DELL’ADEMPIMENTO COLLABORATIVO.

“PREMESSA

Il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (“Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, di seguito anche “Decreto Internazionalizzazione“), nell’attuare la legge delega 11 marzo 2014, n. 23, persegue l’obiettivo principale di rendere il Paese maggiormente attrattivo e competitivo per gli operatori economici, residenti o non residenti, che intendono operare in Italia, attraverso la creazione di un quadro normativo sotto il profilo fiscale quanto più certo e trasparente per gli investitori.

In tale contesto, l’articolo 2 del richiamato D. Lgs. n. 147 introduce una nuova tipologia di interpello (interpello sui nuovi investimenti), diversa da quelle contemplate nell’articolo 11 della legge 11 agosto 2000, n. 212, recante Statuto dei diritti del contribuente, e successive modificazioni e integrazioni (di seguito Statuto), attraverso cui il soggetto che intenda effettuare in Italia rilevanti investimenti può rivolgersi all’Agenzia delle entrate allo scopo di conoscere preventivamente il parere in merito al corretto trattamento fiscale del piano di investimenti e delle operazioni straordinarie pianificate per la conseguente esecuzione dello stesso.

In attuazione del comma 6 dello stesso articolo 2, è stato emanato il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 29 aprile 2016, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 110 del 12 maggio 2016 (di seguito, Decreto attuativo), con il quale sono stati individuati i soggetti istanti, le tipologie e i criteri di quantificazione dell’investimento, le procedure e le modalità di presentazione dell’istanza di interpello, gli effetti della risposta alla stessa.

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 77220/2016 del 20 maggio 2016 (di seguito, Provvedimento) sono stati individuati gli Uffici competenti alla trattazione delle istanze di interpello, nonché alla verifica della corretta applicazione delle risposte rese.

Pertanto, come sancito dall’articolo 2, comma 7, del D. Lgs. n. 147 del 2015, si considerano ammissibili le istanze di interpello sui nuovi investimenti presentate a decorrere dal 20 maggio 2016, nel rispetto delle modalità e con gli effetti previsti dal Decreto attuativo.

Con la presente circolare vengono fornite indicazioni utili ai fini della corretta gestione dell’istituto.

 

1. SOGGETTI AMMESSI ALLA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

1.1 Soggetti che effettuano l’investimento nell’ambito dell’attività commerciale. Il Decreto attuativo definisce “imprese” ai fini della presentazione dell’istanza di interpello, in primo luogo, i soggetti esercenti attività commerciali che promuovano la realizzazione di investimenti nell’esercizio della propria attività.

In particolare, si considerano imprese, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b) del Decreto attuativo, qualora intendano effettuare investimenti nel territorio dello Stato:

“1) le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 [Testo unico delle imposte sui redditi, di seguito TUIR, n.d.r];

2) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

3) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relativamente all’attività commerciale eventualmente esercitata;

4) i soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ad eccezione delle società semplici;

5) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato”.

Pertanto, sono ammessi alla presentazione dell’istanza: gli imprenditori individuali; le società di capitali e gli enti residenti, nonché i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale; gli enti residenti, nonché i trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, relativamente all’attività commerciale eventualmente esercitata; le società di persone, escluse le società semplici, e gli altri soggetti residenti ad esse equiparati ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del TUIR; le società e gli enti di ogni tipo non residenti, nonché i trust, indipendentemente dalla circostanza che abbiano o meno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

 

1.2 Soggetti che effettuano l’investimento al di fuori dell’attività commerciale. Nello spirito di incentivare l’accesso all’istituto in esame, il Decreto attuativo ha altresì previsto che devono comprendersi fra le “imprese” ammesse alla presentazione dell’istanza anche i soggetti non esercenti attività commerciali nella misura in cui effettuino un investimento che determini la creazione di una nuova attività imprenditoriale oppure la partecipazione al patrimonio di un’impresa.

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera b), del Decreto attuativo ammette alla procedura di interpello in esame:

“7) le persone fisiche diverse da quelle individuate al numero 1), a condizione che l’investimento comporti lo svolgimento di un’attività commerciale o si traduca nella partecipazione al patrimonio di soggetti svolgenti attività commerciale;

8) i soggetti individuati dall’articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nei casi diversi da quelli indicati al numero 3), a condizione che l’investimento comporti lo svolgimento di un’attività commerciale o si traduca nella partecipazione al patrimonio di soggetti svolgenti attività commerciale”.

Il Decreto attuativo include, quindi, tra i destinatari della disciplina in esame, anche i soggetti che, pur non qualificandosi a priori come imprenditori, promuovano investimenti (sia nella forma dell’asset deal che dello share deal) che abbiano come “target” un’impresa localizzata nel territorio dello Stato.

Pertanto, ai sensi del numero 7) dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del Decreto attuativo, possono presentare l’istanza di interpello anche le persone fisiche diverse da quelle che, ai sensi dell’articolo 55 del TUIR, sono qualificabili come imprenditori.

Inoltre, per quanto riguarda i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, sono ammessi a presentare l’istanza, oltre a quelli individuati nell’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 3), del Decreto attuativo (che effettuino l’investimento nell’ambito dell’attività commerciale non prevalente da essi eventualmente svolta), anche i soggetti identificati dal numero 8) dello stesso articolo, fra i quali devono intendersi inclusi sia i soggetti passivi IRES che, pur esercitando in misura non prevalente un’attività commerciale, effettuino l’investimento nell’ambito della propria attività istituzionale, sia quelli che non svolgono alcuna attività d’impresa.

A titolo esemplificativo, sono incluse nel novero dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 8), del Decreto attuativo le fondazioni bancarie, qualificate dalla legge (articolo 12 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153) come enti non commerciali, a condizione che effettuino, nel rispetto di quanto previsto dalla disciplina recata dal richiamato D. Lgs. n. 153, un investimento consistente nella partecipazione in società strumentali ai loro fini statutari oppure nella costituzione di un’impresa strumentale nei settori rilevanti individuati dal medesimo decreto. Devono altresì intendersi inclusi tra i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 8), del Decreto attuativo, alle condizioni ivi previste, gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) come definiti dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, e successive modificazioni e integrazioni.

I predetti organismi, a condizione che siano soggetti a vigilanza, sono ammessi a presentare l’istanza di interpello anche se non residenti nel territorio dello Stato italiano, in quanto ricompresi nell’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 5) del Decreto attuativo.

 

1.3 Gruppi di società e raggruppamenti di imprese. Con l’intento di rendere accessibile l’istituto a più soggetti, l’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 6), del Decreto attuativo ha ammesso alla presentazione dell’istanza i gruppi di società e i raggruppamenti d’imprese, in quanto è possibile che l’investimento, pur rimanendo unitario, sia programmato e posto in essere da una pluralità di soggetti. In tal modo, si rende più agevole il raggiungimento della soglia minima dell’investimento prevista dalla legge.

Per gruppi di società sono da intendersi le aggregazioni di imprese societarie giuridicamente distinte, ma economicamente dipendenti: a tal fine rilevano, le definizioni di controllo, di cui al primo comma dell’articolo 2359 del codice civile, e di collegamento ai sensi del terzo comma della medesima disposizione.

Sono altresì incluse nel numero 6) dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del Decreto attuativo tutte le altre forme di aggregazione fra imprese. A titolo meramente esemplificativo sono annoverabili fra i soggetti istanti i seguenti:

Si precisa, infine, che la nozione di “raggruppamenti di imprese” comprende tutti i soggetti che il Decreto attuativo ammette alla presentazione dell’istanza, ivi compresi i soggetti passivi IRES non titolari di reddito d’impresa (al ricorrere delle condizioni richiamate nel paragrafo n. 1.2) che potrebbero dar vita a forme di collaborazione o aggregazione al fine di effettuare un investimento unitario.

 

2. AMBITO OGGETTIVO

2.1 Definizione di piano di investimento. L’articolo 1, comma 1, lettera c), del Decreto attuativo definisce il piano di investimento nei seguenti termini: “un progetto di investimento nel territorio dello Stato, come descritto all’articolo 2, comma 1, del decreto [internazionalizzazione, n.d.r.], ossia qualsiasi progetto di realizzazione di un’iniziativa economica avente carattere duraturo, nonché di ristrutturazione, ottimizzazione od efficientamento di un complesso aziendale già esistente, e di iniziative dirette alla partecipazione al patrimonio dell’impresa“.

Il Decreto attuativo fornisce una definizione di investimento idonea ad includere sia i progetti diretti alla realizzazione di una nuova iniziativa economica avente carattere duraturo, come tali comportanti l’immissione di nuova liquidità, sia tutte le operazioni che comportano il reimpiego di risorse finanziarie già disponibili presso l’impresa e si traducono nella ristrutturazione, ottimizzazione od efficientamento di un complesso aziendale già esistente. Come già precisato, l’investimento deve avere come target un’impresa localizzata nel territorio dello Stato e può consistere anche in operazioni di share deal. Coerentemente, nel definire l’ambito oggettivo dell’istituto, il Decreto attuativo ricomprende nella nozione di investimento anche le “iniziative dirette alla partecipazione al patrimonio dell’impresa“.

In particolare, il progetto di investimento deve necessariamente presentare le caratteristiche di seguito indicate, emergenti dal combinato disposto del richiamato articolo 1, comma 1, lettera c), del Decreto attuativo e dell’articolo 2, comma 1, del D. Lgs. n. 147 del 2015:

1) deve realizzarsi nel territorio dello Stato;

2) deve avere ricadute occupazionali significative e durature;

3) deve essere di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro.

Il requisito sub 1), diretto a localizzare l’investimento nel territorio dello Stato, deve ricollegarsi non solo all’incipit della norma (“Le imprese che intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato“), ma anche alla previsione contenuta nella Relazione Illustrativa al Decreto Internazionalizzazione secondo cui “debbono necessariamente essere descritti (…) i riflessi, anche in termini quantitativi, che l’investimento ha sul sistema fiscale italiano“. Tale circostanza, come si chiarirà nel prosieguo, deve essere documentata dal soggetto istante.

In ordine al secondo requisito, si precisa che la norma primaria ricollega la valutazione dell’entità e della rilevanza delle ricadute occupazionali derivanti dall’investimento alla specifica attività svolta dall’investitore. Il Decreto attuativo non fornisce ulteriori elementi di dettaglio volti a definire il concetto di rilevanti e durature ricadute occupazionali. Da ciò deriva che, in sede di istruttoria, l’Ufficio competente dovrà operare un’analisi case by case alla luce della specifica attività esercitata dall’investitore al fine di stabilire l’impatto positivo dell’investimento sul piano occupazionale, sulla base degli elementi forniti al riguardo dall’istante. In tale analisi l’Ufficio potrà valutare positivamente non solo le ricadute consistenti in un incremento dei livelli occupazionali (creazione di nuovi posti di lavoro), ma anche quelle che si traducano in un mantenimento degli stessi (evitando all’impresa di procedere a licenziamenti o di ricorrere ad altri istituti con simili effetti negativi sull’occupazione), nonché, in generale, in un aumento delle prestazioni di lavoro commissionate a soggetti diversi da quelli coinvolti nel piano di investimento (si pensi, ad esempio, all’affidamento in outsourcing di prestazioni di servizi a società già esistenti).

In ordine al terzo requisito, si precisa che è onere dell’istante quantificare il valore dell’investimento e dare evidenza dei metodi da esso prescelti, al fine di consentire all’Agenzia delle entrate di avere contezza del calcolo effettuato.

Come precisato dalla Relazione illustrativa alla norma primaria, non è necessario che l’ammontare dell’investimento si realizzi in un solo periodo d’imposta: il business plan può, infatti, prevedere un’esecuzione articolata in una pluralità di anni (si rinvia al paragrafo n. 6.2 per l’analisi dei rapporti fra durata pluriennale del business plan e preventività dell’istanza di interpello).

 

2.2 Tipologie di investimento. Per quanto concerne l’individuazione delle tipologie di investimento, la cui programmazione può dare accesso all’istituto dell’interpello, il Decreto attuativo fornisce un’elencazione di natura esemplificativa, non esaustiva.

In particolare, sono richiamate le seguenti operazioni consistenti:

a) nella realizzazione di nuove attività economiche (ad esempio, costituzione di una nuova azienda, anche mediante partecipazione a gare pubbliche o comunque finalizzate all’aggiudicazione di commesse per la realizzazione di specifiche nuove opere) o nell’ampliamento di attività economiche pre-esistenti, con conseguente adeguamento della struttura aziendale (produttiva, commerciale o amministrativa);

b) nella diversificazione della produzione di un’unità produttiva esistente (incidendo, ad esempio, sulla scala o dimensione dell’attività attualmente svolta dall’impresa oppure sulla tipologia del bene prodotto o del servizio erogato e/o del mercato di riferimento);

c) nella ristrutturazione di un’attività economica esistente al fine di consentire all’impresa il superamento o la prevenzione di una situazione di crisi, attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento (ad esempio, attuazione di piani di risanamento attestati di cui all’articolo 67, comma 3, lett. d), della Legge Fallimentare, approvata con Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, come successivamente modificata e integrata; accordi di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis della stessa legge; concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti della medesima legge);

d) nelle operazioni aventi ad oggetto le partecipazioni in un’impresa.

L’anzidetta elencazione, come già evidenziato non esaustiva e meramente esemplificativa delle tipologie di investimento che possono costituire oggetto dell’istanza, non esclude ovviamente che lo stesso risulti da una combinazione delle operazioni sopra menzionate, in quanto dirette alla realizzazione di una “iniziativa economica” (articolo 1, comma 1, lettera c) del Decreto attuativo), e che possa essere comprensivo anche di eventuali operazioni straordinarie strumentali all’attuazione del medesimo investimento (articolo 2, comma 1, del D. Lgs. n. 147 del 2015).

Pertanto, sono incluse nella definizione di investimento, ad esempio, anche le fattispecie riconducibili al leveraged buy out che constano di una serie complessa di operazioni (costituzione di una newco e sottoscrizione di un contratto di finanziamento, operazioni di share deal, fusione fra società o esercizio dell’opzione per il consolidato).

In relazione alle ipotesi di ristrutturazione di cui alla precedente lettera c), occorre precisare che anche tali tipologie di investimento devono rispettare le condizioni generali richieste per l’accesso all’istituto, individuate dal precedente paragrafo, con particolare riferimento alle rilevanti e durature ricadute occupazionali. L’impatto positivo sul piano dell’occupazione va inteso, in particolare per le imprese in crisi, non solo come “incremento” dei livelli occupazionali, ma anche come mantenimento di quelli già esistenti, laddove il piano di risanamento eviti licenziamenti, mobilità, cassa integrazione o altri simili istituti che producano effetti negativi.

Si precisa che nelle ipotesi in argomento, l’impresa in crisi deve descrivere il proprio piano di risanamento, dal quale risultino la strategia di risanamento con i correlati obiettivi e, in particolare, l’investimento programmato dall’impresa. Inoltre, l’impresa deve fornire descrizione del proprio piano d’azione dal quale emergano gli specifici interventi operativi programmati. Alla luce dei chiarimenti appena forniti, si precisa che laddove il Decreto attuativo faccia riferimento al piano di investimento, devono intendersi richiamati, per l’impresa in crisi, i sopra citati documenti (piano di risanamento e piano di azione).

Per quanto riguarda le operazioni sub d), si precisa che l’investimento può avere ad oggetto anche l’acquisizione di azioni o quote del patrimonio di un’impresa, quali beni di secondo grado rappresentativi di un valore detenuto dall’impresa target. Inoltre, si ritiene che possano considerarsi incluse in tale tipologia di investimenti anche le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari partecipativi, allorché siano qualificati civilisticamente come strumenti di equity.

 

2.3. Criteri di quantificazione. Il Decreto attuativo ha previsto (articolo 2, comma 2) che nel determinare il valore dell’investimento occorre fare riferimento a “tutte le risorse finanziarie, anche di terzi, necessarie all’impresa per l’attuazione del piano di investimento“.

Negli elementi da considerare agli effetti della quantificazione monetaria dell’investimento, sono inclusi i seguenti:

a) costi di acquisizione e/o costruzione delle immobilizzazioni materiali come definite dall’articolo 2424 del codice civile, voce B, II, dell’attivo (a titolo meramente esemplificativo, suolo aziendale, infrastrutture aziendali, macchinari, impianti e attrezzature, arredi per ufficio, automezzi, computer), ivi compresi tutti gli altri oneri (ad esempio, installazione, montaggio, trasporto e collaudo) necessari per rendere funzionanti le suddette immobilizzazioni;

b) costi di acquisizione e/o realizzazione delle immobilizzazioni immateriali come definite dall’articolo 2424 del codice civile, voce B, I, dell’attivo (a titolo meramente esemplificativo, software, brevetti, licenze, marchi e simili, spese di costituzione);

c) costi di acquisizione di immobilizzazioni finanziarie come definite dall’articolo 2424 del codice civile, voce B, III, dell’attivo (a titolo meramente esemplificativo, partecipazioni in imprese, depositi cauzionali per la locazione di immobili e l’allacciamento delle utenze);

d) fabbisogni derivanti da incrementi del capitale circolante operativo (incrementi degli impieghi nei crediti commerciali e scorte).

Nelle ipotesi in cui l’investimento venga programmato congiuntamente da più soggetti (gruppi di società e raggruppamenti di imprese o altri soggetti come sopra individuati), il Decreto attuativo sancisce che, nella determinazione del valore complessivo dell’investimento unitario, è computata la somma dei singoli investimenti che saranno effettuati da tutte le società, imprese o altri soggetti partecipanti all’iniziativa.

 

3. MODALITA’ DI PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

L’articolo 3, comma 1, del Decreto attuativo ed il Provvedimento (articolo 1, paragrafo 1.1) dispongono che l’istanza d’interpello è redatta in carta libera, non essendo soggetta al pagamento dell’imposta di bollo, ed è presentata all’Agenzia delle entrate – Direzione Centrale Normativa, Ufficio Interpelli Nuovi Investimenti, salvo quanto si dirà in seguito al paragrafo n. 10 per i soggetti in regime di adempimento collaborativo – mediante una delle seguenti modalità (al pari, come si preciserà, della documentazione integrativa e dei dati e documenti richiesti ai fini della regolarizzazione dell’istanza):

a) consegna a mano;

b) spedizione tramite servizio postale a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento;

c) per via telematica attraverso l’impiego della posta elettronica certificata di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68;

d) utilizzo di un servizio telematico erogato in rete dall’Agenzia delle entrate con le modalità di accesso disciplinate dall’articolo 64, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, così come previsto dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 27/2016 del 4 gennaio 2016, emanato ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 156, recante revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario. Tale servizio allo stato attuale non è operativo e, pertanto, sul punto si rinvia a futuri chiarimenti.

Ai fini della presentazione dell’istanza non sono previsti mezzi di comunicazione alternativi, quali ad esempio il fax e la posta elettronica libera, pena l’improduttività degli effetti giuridici propri dell’interpello (cfr. circolare 1° aprile 2016, n. 9/E), salvo quanto si dirà per i non residenti privi di domiciliatario.

L’istanza di interpello deve essere presentata in lingua italiana, mentre la documentazione a corredo della stessa può essere inoltrata in inglese, francese, spagnolo e tedesco.

Il Decreto attuativo non ha vincolato i soggetti non residenti alla presentazione dell’istanza per il tramite dell’eventuale stabile organizzazione dagli stessi localizzata in Italia. Pertanto, i soggetti non residenti possono presentare l’istanza attraverso l’eventuale stabile organizzazione in Italia oppure tramite designazione di un domiciliatario ai fini della procedura d’interpello, avvalendosi in tali casi delle modalità sopra richiamate. Nelle residuali ipotesi in cui i soggetti non residenti non abbiano disposto la nomina di un domiciliatario nel territorio dello Stato, gli stessi – come previsto dal Provvedimento prot. n. 27/2016 del 4 gennaio 2016 e come ricordato dalla circolare n. 9/E del 2016 – possono inoltrare l’istanza mediante la posta elettronica libera all’indirizzo [email protected].

Per quanto riguarda le modalità di presentazione delle istanze nelle ipotesi in cui l’investimento unitario sia realizzato da gruppi di società o raggruppamenti d’imprese, si precisa che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, ultimo periodo, del Decreto attuativo, i soggetti partecipanti allo stesso sono tenuti a conferire mandato speciale per la presentazione dell’istanza ad una delle imprese del gruppo o raggruppamento.

In particolare, si chiarisce che, laddove nell’ambito del raggruppamento di imprese sia possibile ravvisare un autonomo soggetto d’imposta, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del TUIR, come avviene – ad esempio – nelle ipotesi di rete-soggetto (articolo 45 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e articolo 36 decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) e dei consorzi con attività esterna (articoli 2612 e seguenti del codice civile), l’istanza sarà presentata da tale autonomo soggetto, senza che sia necessario il conferimento di un mandato speciale, potendosi intendere che l’autonomo soggetto agisca, in ogni caso, nell’interesse e in nome delle altre imprese in virtù di un più ampio potere di rappresentanza, comprensivo anche dell’incarico a presentare l’interpello.

In tutte le altre ipotesi, nelle quali resta ferma la soggettività tributaria delle imprese che aderiscono al raggruppamento, senza che tale soggettività venga riconosciuta anche ad un organo o ufficio comune, ai fini della presentazione dell’istanza di interpello trova applicazione la regola generale di cui all’articolo 3, comma 1, ultimo periodo, del Decreto attuativo e, quindi, deve essere conferito il mandato speciale ad una qualsiasi delle imprese del raggruppamento.

Qualora l’istanza sia inviata ad un Ufficio incompetente, quest’ultimo provvederà a trasmetterla tempestivamente all’Ufficio competente alla trattazione; di detta trasmissione sarà data contestualmente notizia all’istante (articolo 3, comma 4, del Decreto attuativo). In tal caso, il termine di cui all’articolo 5, comma 1, del Decreto attuativo, entro il quale l’Agenzia delle entrate è tenuta a fornire la risposta, inizia a decorrere dalla data di ricezione dell’istanza da parte dell’Ufficio competente.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del Decreto attuativo “la presentazione dell’istanza di interpello non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione”.

Pertanto, nel caso di adempimenti periodici (ad esempio, versamento IVA, presentazione delle dichiarazioni, etc.), il contribuente non potrà rinviare il relativo adempimento alla data in cui l’Agenzia avrà fornito risposta all’interpello.

 

4. CONTENUTO DELL’ISTANZA

Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del Decreto attuativo l’istanza di interpello deve contenere:

a) la denominazione dell’impresa, gli elementi identificativi del suo legale rappresentante, la sede legale o il domicilio fiscale, se diverso dalla sede legale, il codice fiscale o la partita IVA ovvero altro codice di identificazione dell’impresa, nonché l’indicazione dei recapiti, anche telematici, del domiciliatario per la procedura di interpello presso il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti la procedura. Nel caso in cui più soggetti intendano partecipare all’investimento, l’istanza deve contenere la denominazione e gli elementi identificativi di tutte le imprese partecipanti all’investimento;

b) la descrizione dettagliata del piano di investimento, sul quale si chiede la valutazione dell’Agenzia delle entrate con riferimento al relativo trattamento fiscale e alle operazioni societarie pianificate per la relativa attuazione. La descrizione deve necessariamente specificare: l’ammontare dell’investimento, non inferiore a trenta milioni di euro, e i metodi prescelti per la quantificazione; i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso; le ricadute occupazionali significative da valutare in relazione all’attività in cui avviene l’investimento e durature, e i riflessi, anche in termini quantitativi, che l’investimento oggetto dell’istanza ha sul sistema fiscale italiano;

c) le specifiche disposizioni tributarie di cui si richiede l’interpretazione, o in relazione alle quali si chiede di valutare l’eventuale abusività delle operazioni connesse al piano di investimento, nonché le specifiche disposizioni antielusive delle quali si chiede la disapplicazione e gli specifici regimi o istituti ai quali si chiede di avere accesso;

d) l’esposizione, in modo chiaro e univoco, del trattamento fiscale che il contribuente ritiene corretto in relazione al piano di investimento, con esplicitazione delle soluzioni e dei comportamenti che l’istante intende adottare in relazione alla sua attuazione;

e) la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’articolo 63 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o al margine dell’atto, essa deve essere allegata allo stesso.

Con riguardo agli elementi di cui alla lettera a), si segnala che il Decreto attuativo ha previsto, per i soggetti non residenti non provvisti di codice fiscale o partita IVA, la possibilità di indicare nell’istanza il diverso codice identificativo attribuito dallo Stato estero di residenza.

In ordine a quanto previsto nel punto b), il Decreto attuativo individua una serie di elementi che il contribuente deve inserire nell’istanza per l’analitica descrizione del piano d’investimento. Tra questi, come dettagliato dalla Relazione Illustrativa alla norma primaria, occorre specificare “l’incremento occupazionale” (come precisato nel paragrafo 2.1 sia in termini di aumento che di mantenimento dei livelli occupazionali) che conseguirà alla realizzazione dell’investimento al quale si riferisce l’istanza di interpello e che, come chiarito nel paragrafo n. 2.1, dovrà costituire oggetto di una specifica valutazione case by case da parte dell’Agenzia delle entrate, quale presupposto determinante per l’accesso all’istituto.

E’ altresì previsto che costituisce elemento costitutivo dell’istanza l’indicazione dei “riflessi, anche in termini quantitativi, dell’investimento (…) sul sistema fiscale italiano“. Tale precisazione, contenuta anch’essa nella citata Relazione Illustrativa alla norma primaria, è indicativa della circostanza che, sebbene l’investimento possa essere effettuato da soggetti non residenti ed anche a prescindere da un’attuale localizzazione degli stessi sul territorio dello Stato, occorre pur sempre che l’operazione generi nuova materia imponibile oggetto della potestà impositiva dello Stato, con conseguente possibilità di stimare effetti incrementativi del gettito. Si precisa che l’istante deve indicare esclusivamente gli effetti sul sistema fiscale italiano che siano direttamente ed immediatamente derivanti dallo specifico piano cui si riferisce l’istanza di interpello, non assumendo rilievo anche gli ulteriori e più generali effetti derivanti “a cascata” dall’investimento sul sistema fiscale e sull’economia italiani.

Quanto agli elementi descritti sub c), considerata la potenziale ampiezza dell’oggetto dell’istanza d’interpello, il contribuente è chiamato a specificare i profili di fiscalità in relazione ai quali intende ottenere la valutazione preventiva dell’Agenzia.

L’interpello sui nuovi investimenti, infatti, è una peculiare tipologia di interpello che può includere richieste e investire profili propri di tutte le generali categorie di interpelli del contribuente, potendo quindi tradursi – anche cumulativamente – in un interpello:

  • ordinario “puro”, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di disposizioni tributarie, e ordinario qualificatorio, quando le condizioni di obiettiva incertezza riguardano la qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie (articolo 11, comma 1, lettera a), dello Statuto);
  • probatorio, quando l’istanza è relativa alla sussistenza delle condizioni e alla valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti per l’adozione di specifici regimi fiscali (articolo 11, comma 1, lettera b) dello Statuto) nei casi espressamente previsti dalla legge;
  • antiabuso (di cui alla lettera c) del medesimo articolo 11) laddove l’istanza attenga all’applicazione della disciplina dell’abuso del diritto ad una specifica fattispecie;
  • disapplicativo (articolo 11, comma 2, dello Statuto), se l’istanza mira alla disapplicazione di norme tributarie che, al fine di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario. Tale interpello, come conferma anche il tenore letterale del citato comma 2 dell’articolo 11, configura l’unica ipotesi in cui il contribuente è obbligato ad interpellare l’Amministrazione finanziaria.

Anche senza procedere ad una qualificazione in termini giuridici della specifica richiesta contenuta nell’istanza inoltrata, occorre che il contribuente individui in modo esplicito le disposizioni tributarie di cui intende conoscere l’interpretazione o l’applicazione, o in relazione alle quali chiede di valutare l’eventuale abusività delle operazioni connesse al piano di investimento, nonché gli specifici regimi o istituti ai quali chiede di avere accesso, fornendo il necessario riscontro probatorio.

Si precisa che fra le questioni che possono essere sollevate in sede di interpello per chiarire le condizioni alle quali è legato l’accesso a regimi speciali o ad altri istituti, sono da intendersi ricomprese anche quelle inerenti alla prosecuzione e al mantenimento del regime speciale o dell’istituto, nonché alla relativa cessazione.

Da quanto sopra evidenziato circa l’ampia portata dell’istituto, il quesito formulato nell’istanza può avere ad oggetto tanto specifici aspetti del piano d’investimento e della sua attuazione, quanto, più in generale, il complessivo trattamento fiscale dell’investimento con riguardo ai diversi settori impositivi.

Nelle ipotesi in cui l’istanza abbia ad oggetto l’abusività di una determinata operazione o fattispecie, l’istante dovrà: esplicitare nel dettaglio l’operazione; individuare il settore impositivo in relazione al quale ravvisa il dubbio; indicare le puntuali disposizioni di riferimento, nonché le valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa.

Laddove il contribuente specifichi nell’istanza il trattamento fiscale ritenuto corretto in relazione al piano di investimento, esplicitando le soluzioni ed i comportamenti necessari alla sua realizzazione – come previsto dalla lettera d) dell’articolo 3, comma 2, del Decreto attuativo – si produrranno gli effetti del silenzio-assenso come illustrati nel paragrafo n. 8 nelle ipotesi in cui non venga resa risposta entro i termini previsti.

Inoltre, è necessario che l’istanza contenga – come previsto dalla lettera e) dell’articolo 3, comma 2, del Decreto attuativo – la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale.

Si precisa altresì che nelle ipotesi di investimenti unitariamente realizzati da gruppi di società o raggruppamenti d’imprese, deve essere allegato il mandato speciale conferito per la presentazione dell’istanza di interpello, quando richiesto. Di contro tale mandato non costituisce oggetto di obbligatoria allegazione se l’incarico (eventualmente) conferito per la presentazione dell’istanza ad una delle imprese emerga dalla procura prevista dalla lettera e) in commento.

E’ inoltre necessario che l’istanza di interpello sia corredata della documentazione non in possesso dell’Amministrazione procedente o di altre pubbliche amministrazioni indicate dall’istante, che sia rilevante ai fini della risposta. Con riguardo al piano d’investimento si precisa che, laddove lo stesso sia allegato all’istanza, è riconosciuta facoltà all’istante di occultare eventuali dati sensibili (ad esempio legati a segreti industriali), nel caso in cui gli stessi non siano rilevanti ai fini della valutazione delle questioni interpretative sottoposte all’attenzione dell’Agenzia delle entrate.

Si rileva, infine, in ordine ai rapporti fra interpello sui nuovi investimenti e interpello di cui all’articolo 11 dello Statuto, che la circolare n. 9/E del 2016 ha precisato che devono intendersi escluse dall’area dell’interpello del contribuente “le ipotesi costituenti «nuovo investimento» nell’accezione prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 per le quali è possibile attivare la procedura di interpello speciale «dedicata» ivi prevista“.

A maggiore chiarimento delle indicazioni fornite nel citato documento di prassi, si evidenzia che il contribuente che non intenda valorizzare il business plan e attivare, pur avendone i requisiti, la procedura di interpello speciale “dedicata” ai nuovi investimenti con le peculiarità e gli effetti propri di quest’ultima, ha facoltà di formulare dei quesiti mirati, isolandoli dal contesto del piano di investimento, attraverso la presentazione di una delle istanze di interpello previste dall’articolo 11 dello Statuto.

 

5. REGOLARIZZAZIONE DELL’ISTANZA

Il Decreto attuativo prevede (articolo 5, comma 2) che alcuni elementi dell’istanza possono costituire oggetto di regolarizzazione, onde evitare che la loro totale carenza dia luogo all’inammissibilità (articolo 4, comma 1, lettera a).

Si tratta dei requisiti di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) (elementi identificativi delle imprese e dei soggetti coinvolti nella realizzazione del piano di investimento) e b) (descrizione del piano di investimento, inclusi il relativo ammontare, i metodi prescelti per la quantificazione, i tempi e le modalità di realizzazione, le ricadute occupazionali significative e durature, nonché i riflessi, anche in termini quantitativi, che l’investimento ha sul sistema fiscale italiano).

A tal fine, l’articolo 5, comma 2, del Decreto attuativo stabilisce che l’Agenzia delle entrate invita l’impresa alla regolarizzazione entro il termine di trenta giorni e che l’integrazione dell’istanza avviene, con le stesse modalità della presentazione dell’istanza di interpello, entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito.

Nei casi in cui nell’istanza non siano indicati i recapiti del contribuente, l’invito a regolarizzare è notificato o comunicato presso i recapiti risultanti dai registri ufficiali di posta elettronica certificata o dall’anagrafe tributaria.

I termini per la risposta iniziano a decorrere dalla consegna o dalla ricezione dell’istanza regolarizzata.

Come previsto dall’articolo 5, comma 2, del Decreto attuativo, laddove la regolarizzazione non venga effettuata entro il termine di 30 giorni dall’invito, l’istanza di interpello si considera inammissibile ex articolo 4, comma 1, lettera a), del medesimo Decreto attuativo.

Di contro, il difetto degli elementi contemplati dalle lettere c), d) e e) dell’articolo 3, comma 2, del Decreto attuativo non determina la necessità di procedere alla regolarizzazione dell’istanza, a differenza di quanto previsto dalla disciplina generale in materia di interpelli, atteso che la specifica procedura dell’istituto in esame consente all’Ufficio competente di sanare tali carenze informative, senza differimento dei tempi di risposta, in sede di interlocuzione o di accessi ai sensi dell’articolo 5, commi 3 e 4, del Decreto attuativo.

Si segnala con riguardo agli elementi richiesti dalla lettera c) dell’articolo 3, comma 2, del Decreto attuativo (“le specifiche disposizioni tributarie di cui si richiede l’interpretazione o in relazione alle quali si chiede di valutare l’eventuale abusività delle operazioni connesse al piano di investimento, nonché le specifiche disposizioni antielusive delle quali si chiede la disapplicazione e gli specifici regimi o istituti ai quali si chiede di avere accesso“) che, in applicazione dei principi di leale collaborazione e trasparenza nei rapporti fra Fisco e contribuente, ancorché la relativa carenza non dia luogo alla procedura di regolarizzazione, è determinante che l’istante fornisca le indicazioni in commento, al fine di rendere effettivamente operante l’obbligo dell’Agenzia delle entrate di fornire riscontro all’istanza nei termini di legge.

 

6. INAMMISSIBILITA’ DELL’ISTANZA

6.1 Carente indicazione degli elementi identificativi del soggetto istante e del piano di investimento. Una prima ipotesi di inammissibilità dell’istanza di interpello, prevista dall’articolo 4, comma 1, lettera a), del Decreto attuativo, è riconducibile alla totale carenza dell’indicazione da parte del contribuente dei propri elementi identificativi come individuati dall’articolo 3, comma 2, lettera a). Tale inammissibilità si verifica solo nelle ipotesi in cui non sia intervenuta la regolarizzazione dell’istanza ai sensi dell’articolo 5, comma 2, entro trenta giorni dall’invito dell’Ufficio.

Sotto questo profilo assume particolare rilievo l’individuazione di tutte le imprese partecipanti all’investimento laddove quest’ultimo venga unitariamente realizzato da più soggetti facenti parte del medesimo gruppo di società o raggruppamento d’imprese. Pertanto, al di là dell’identificazione del soggetto istante, occorre che siano fornite le informazioni in grado di identificare gli altri soggetti coinvolti nell’attuazione del piano e nei confronti dei quali la risposta dell’Ufficio competente esplicherà i propri effetti. Da ciò consegue che in dette ipotesi l’istanza di interpello deve considerarsi ammissibile limitatamente ai soggetti che risultino ritualmente identificati nell’istanza di interpello (anche in seguito alla procedura di regolarizzazione) e che, quindi, sarà produttiva dei propri effetti (su cui infra paragrafo n. 8) esclusivamente nei confronti di questi ultimi.

E’ altresì causa di inammissibilità, ai sensi della lettera a), del comma 1, dell’articolo 4, del Decreto attuativo, la totale mancanza di descrizione del piano di investimento al quale si riferisce l’istanza (articolo 3, comma 2, lettera b), del Decreto attuativo), sempreché la stessa non sia oggetto di regolarizzazione.

 

6.2 Preventività. Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b), del Decreto attuativo, in conformità alla ratio dell’istituto, concepito in funzione dell’interesse del contribuente a conoscere la preventiva valutazione del trattamento fiscale del piano d’investimento e delle eventuali operazioni necessarie alla relativa attuazione, l’istanza deve essere presentata prima di porre in essere il comportamento rilevante ai fini tributari. In tal senso, la disciplina dell’interpello sui nuovi investimenti è allineata a quella generale dell’interpello del contribuente, laddove prevede che l’istanza deve essere inoltrata “preventivamente alla scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione nella quale devono trovare applicazione le disposizioni tributarie oggetto dell’istanza di interpello o per l’assolvimento di altri obblighi tributari, correlati alle suddette disposizioni, aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza medesima“.

Il Decreto attuativo ha conseguentemente previsto che il discrimine utile a delimitare le istanze ammissibili sotto il profilo temporale non è rappresentato dall’inizio di esecuzione del piano di investimento o dal compimento di atti necessari a tal fine, bensì dalla realizzazione della condotta rilevante sul piano fiscale e, quindi, dall’applicazione della specifica norma tributaria oggetto dell’istanza, entro i termini di scadenza ordinari previsti dalla legge.

Siffatta nozione di preventività consente, quindi, all’investitore interessato di dare principio all’esecuzione dell’investimento, compiendo tutti quegli atti che non interferiscano direttamente con l’applicazione delle norme fiscali cui l’interpello si riferisce. A maggior ragione, in sede di prima applicazione dell’istituto, è verosimile che pervengano istanze di interpello relative a business plan la cui esecuzione (potenzialmente articolata in più anni, come evidenziato al paragrafo 2.1.) sia stata già avviata dal contribuente prima dell’effettiva operatività dell’istituto. Come detto, tale circostanza non osta alla presentazione dell’istanza di interpello, purché sia rispettato il requisito della necessaria natura preventiva del quesito posto.

Pertanto, per i comportamenti che trovano attuazione in dichiarazione, il contribuente è tenuto ad inoltrare l’istanza di interpello prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini IVA, intendendosi per tale il termine ordinario.

Nessun rilievo assume, inoltre, ai fini della preventività, la circostanza che il contribuente sia tenuto ad effettuare versamenti già prima della scadenza di detto termine ordinario. Inoltre, agli effetti dell’IVA rileva il termine di presentazione della relativa dichiarazione, ancorché il contribuente abbia dato attuazione alla norma tributaria prima di detto momento ponendo in essere gli adempimenti preliminari alla dichiarazione che caratterizzano il tributo.

Nelle ipotesi in cui l’istanza abbia ad oggetto comportamenti ripetitivi o riguardi disposizioni tributarie la cui applicazione produca effetti in più periodi d’imposta, si precisa che, laddove l’istanza pervenga successivamente al termine di presentazione ordinario di una dichiarazione interessata, non si esclude la sussistenza del requisito della preventività in relazione ai successivi periodi d’imposta, in ordine ai quali comunque permane l’interesse del contribuente ad ottenere il parere dell’Agenzia.

Per i comportamenti che non trovano attuazione in dichiarazione, occorre far riferimento ad elementi diversi, quali – a titolo esemplificativo – la presentazione di un atto per la sua registrazione. Nelle predette circostanze, è sufficiente che il contribuente presenti l’istanza allegando l’atto (ovvero una bozza di atto) prima che scada il termine ordinariamente previsto per la registrazione dello stesso. Non assume rilievo la circostanza che, in attesa della risposta dell’Agenzia, l’istante provveda a registrare l’atto medesimo, nel qual caso potrà eventualmente provvedere, in seguito alla risposta, o al versamento della residua imposta o alla presentazione di un’istanza di rimborso.

Va da sé che nelle ipotesi contemplate dal presente paragrafo, l’inammissibilità può anche essere parziale, laddove siano presenti più quesiti, solo alcuni dei quali valutabili come non preventivi.

 

6.3 Reiterazioni di precedenti istanze e obiettive condizioni di incertezza. La lettera c) dell’articolo 4, comma 1, del Decreto attuativo sancisce l’inammissibilità delle istanze che siano dirette a reiterare questioni già esaminate in sede di interpello dall’Agenzia delle entrate. Resta fermo che tale ipotesi di inammissibilità, rispondente all’applicazione dei principi di correttezza e trasparenza che informano il rapporto fra Amministrazione finanziaria e contribuente, non si configura laddove il contribuente prospetti nell’istanza elementi di fatto o di diritto che presentino carattere di novità rispetto ad istanze già inoltrate.

Si precisa che non è configurabile l’ipotesi di inammissibilità in commento laddove l’istante, che abbia già presentato un’istanza di interpello sui nuovi investimenti, ponga in un secondo momento ulteriori quesiti aventi ad oggetto il medesimo piano d’investimento. In sostanza, si determina una vis actractiva della procedura d’interpello sui nuovi investimenti per le ipotesi in cui dallo stesso business plan abbiano origine nuovi quesiti (ferma restando la necessità di verificare ulteriori profili di inammissibilità dell’istanza ai sensi dell’articolo 4 del Decreto attuativo).

Con specifico riferimento ai quesiti qualificabili come interpelli “ordinari” (sia “puri” che “qualificatori”) di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a) dello Statuto, assumono rilievo, nella valutazione dell’ammissibilità dell’istanza di cui trattasi, anche le obiettive condizioni di incertezza sull’interpretazione delle disposizioni tributarie o sulla qualificazione della fattispecie oggetto dei medesimi quesiti. Tale causa di inammissibilità opera in applicazione dei principi generali che disciplinano l’interpello del contribuente, ai quali occorre far riferimento per effetto della disposizione di rinvio contenuta nell’articolo 9 del Decreto attuativo. In via generale, l’istanza deve dunque considerarsi inammissibile per difetto delle obiettive condizioni d’incertezza qualora sia stata fornita dall’Amministrazione finanziaria la soluzione interpretativa a casi analoghi a quello prospettato mediante atti resi pubblici ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto.

In proposito, si precisa che l’ipotesi di inammissibilità legata alla carenza delle obiettive condizioni d’incertezza non opera laddove l’istanza, pur avendo ad oggetto specifici quesiti, che potrebbero anche risultare singolarmente carenti delle predette condizioni, sia finalizzata a conoscere più in generale il complessivo trattamento fiscale applicabile allo specifico business plan sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate.

Da ultimo si evidenzia che, attesa l’omnicomprensività, sotto il profilo oggettivo, dell’interpello in esame, si possono verificare ipotesi di inammissibilità parziale laddove l’istanza investa più questioni.

 

6.4 Rapporti con gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale. Nel medesimo contesto della legge delega n. 23 del 2014, al fine di favorire l’internazionalizzazione delle imprese e rendere maggiormente attrattivo il sistema fiscale italiano, sono state, altresì, apportate modifiche all’istituto del ruling internazionale, disciplinato dal previgente articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, che risulta espressamente abrogato.

In particolare, l’articolo 1 del D. Lgs. n. 147 del 2015 – oltre ad abrogare il citato articolo 8 – ha introdotto l’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, il quale, nel riproporre la previgente disciplina del ruling, ne ha ampliato l’ambito di applicazione, dettando nuove regole circa la durata e la vigenza degli accordi sottoscritti con l’intento di renderli maggiormente stabili e duraturi.

Gli accordi preventivi di cui alla nuova disposizione possono avere ad oggetto le seguenti fattispecie:

– la definizione dei metodi di calcolo dei prezzi di trasferimento infragruppo (transfer pricing) e la definizione dei valori fiscali di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza;

– l’attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto non residente;

– la valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione localizzata nel territorio dello Stato;

– l’interpretazione di norme, anche relative a convenzioni internazionali, concernenti l’erogazione o la percezione di dividendi, interessi o canoni.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 7, del D. Lgs. n. 147 del 2015 ogni riferimento alla previgente disciplina del ruling contenuta nell’abrogato articolo 8 del D.L. n. 269 del 2003 deve intendersi effettuato all’articolo 31-ter del citato D.P.R. n. 600 del 1973.

Pertanto, è altresì ascrivibile nel novero delle questioni coperte dalla procedura degli accordi preventivi anche la disciplina del regime “patent box” di cui all’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

In particolare, risultano oggetto di procedura degli accordi preventivi le seguenti fattispecie:

– determinazione del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita in caso di utilizzo diretto dei beni immateriali (accordo preventivo obbligatorio);

– determinazione del reddito derivante dall’utilizzo indiretto dei beni immateriali, realizzato nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (accordo facoltativo);

– determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali realizzate nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (accordo facoltativo).

Tutti i quesiti riguardanti le fattispecie sopra elencate devono, quindi, considerarsi inammissibili, in virtù dell’articolo 4, comma 1, lettera d), del Decreto attuativo, considerato che – come precisato dalla Relazione Illustrativa alla norma primaria – l’interpello sui nuovi investimenti “si affianca“, per gli investitori con attività internazionale, all’istituto degli accordi preventivi di cui all’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.

Tale interpretazione consegue dal carattere peculiare degli istituti in esame: la procedura di ruling di cui all’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 sfocia nella conclusione di un vero e proprio accordo avente ad oggetto la definizione di metodi di calcolo o di valori fiscali e la valutazione di elementi fattuali suscettibili di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria; di contro, l’interpello sui nuovi investimenti, nell’ottica di rafforzare il rapporto dell’Amministrazione finanziaria con i potenziali investitori anche esteri, si conclude nella formulazione di un parere dell’Agenzia delle entrate sul corretto trattamento fiscale del piano d’investimento e delle connesse operazioni.

Ne consegue che possono costituire oggetto di interpello sui nuovi investimenti tutte le altre questioni interpretative diverse da quelle la cui soluzione è demandata dal legislatore alla specifica procedura degli accordi preventivi.

Sfugge all’anzidetta inammissibilità, per espressa previsione della norma attuativa (articolo 4, comma 1, lettera d), del Decreto attuativo), la preventiva configurabilità di un’azienda qualificabile come stabile organizzazione, attesa la portata dirimente che la questione ha sul trattamento fiscale dell’investimento; tale valutazione può, quindi, costituire oggetto di istanza di interpello sui nuovi investimenti, a meno che non sia stata già attivata dal contribuente, sullo specifico punto, la procedura del ruling. Va da sé che, in ordine alla quantificazione del valore normale degli utili e perdite della stabile organizzazione, resta ferma l’inammissibilità dell’interpello sui nuovi investimenti, trattandosi di materia ordinariamente coperta dalla procedura di cui all’art. 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.

L’analisi sulla sussistenza dell’azienda che configuri stabile organizzazione può essere effettuata non solamente in materia di imposte dirette, ma anche agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto. Tale circostanza costituisce una peculiarità dell’interpello sui nuovi investimenti rispetto agli altri interpelli del contribuente (cfr. circolare n. 9/E del 2016, paragrafo 1.1), in relazione ai quali si è ritenuto che la clausola di inammissibilità prevista per le materie coperte dall’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 includa la valutazione sull’esistenza della stabile organizzazione in Italia sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA.

 

6.5 Interferenza con l’esercizio dei poteri accertativi. Sono inammissibili (articolo 4, comma 1, lettera e) del Decreto attuativo) le istanze di interpello che interferiscono con l’esercizio dei poteri accertativi, in quanto vertono su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza. Il carattere preventivo dell’interpello impone, infatti, di considerare non ammissibili le istanze presentate al solo scopo di ottenere una valutazione sulla legittimità dell’operato degli organi verificatori sulla fattispecie rappresentata.

Come chiarito nella Relazione Illustrativa al citato D. Lgs. n. 156 del 2015, il riferimento alle “attività di controllo” deve intendersi comprensivo dell’avvenuta presentazione di istanze di rimborso o di annullamento, anche parziale, in autotutela, e delle attività di accertamento tecnico di competenza dell’Amministrazione procedente.

Si precisa che l’inammissibilità in argomento è circoscritta ai soli quesiti dell’istanza ai quali sia riferibile l’attività di accertamento già avviata e di cui l’istante abbia formale conoscenza, non determinandosi alcun effetto preclusivo per fornire risposta ad altri eventuali quesiti presenti nella stessa istanza.

In caso di istanze presentate nell’interesse di più soggetti nell’ambito di gruppi di società o raggruppamenti d’imprese, l’inammissibilità dell’istanza derivante da un’attività di accertamento sulla medesima questione oggetto d’interpello produce effetti nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nell’investimento e non solo del soggetto cui l’attività accertatrice è formalmente diretta.

Nella diversa ipotesi in cui l’attività accertatrice sia diretta all’impresa target di un’operazione d’investimento, l’istanza formulata da parte dell’investitore sulla medesima questione oggetto del rilievo è inammissibile in caso di avvenuta formale conoscenza dello stesso da parte dell’impresa target.

 

7. ATTIVITA’ ISTRUTTORIA

Gli adempimenti dell’Agenzia delle entrate sono individuati, oltre che dall’articolo 2 del D. Lgs. n. 147 del 2015, dall’articolo 5 del Decreto attuativo.

La risposta scritta e motivata dell’Agenzia delle entrate è notificata o comunicata, con le medesime modalità consentite per la presentazione dell’interpello, entro centoventi giorni dal ricevimento dell’istanza.

Nel caso in cui non sia possibile formulare la risposta sulla base dei documenti allegati o comunque forniti dall’istante, ovvero degli elementi informativi appresi nel corso delle interlocuzioni o degli accessi di cui ai commi 3 e 4 dello stesso articolo 5, l’Agenzia procede a inoltrare richiesta scritta di documentazione integrativa. In tale ipotesi la risposta all’istanza deve essere resa entro novanta giorni, decorrenti dalla data di acquisizione delle informazioni richieste, a prescindere dalla circostanza che l’originario termine di 120 giorni sia stato o meno consumato.

Risponde, infatti, ad esigenze di rispetto dei generali principi di trasparenza e collaborazione del rapporto Fisco-contribuente la circostanza che, in difetto di determinate informazioni e documentazioni comunque richieste all’istante, l’Agenzia delle entrate possa non essere in condizione di fornire riscontro all’istanza di interpello.

Peraltro, nello spirito di alleggerire l’istruttoria e di fornire risposta alle istanze nei tempi più rapidi, il Decreto attuativo ha subordinato la facoltà dell’Agenzia delle entrate di chiedere informazioni e documentazione integrativa (attraverso formale richiesta scritta ideona ad incidere sul termine entro cui rendere la risposta) all’acquisizione degli elementi mancanti attraverso il ricorso prioritario agli altri strumenti previsti dalla norma primaria, ovverosia le interlocuzioni e gli accessi (che, come precisato, non comportano differimento dei tempi di risposta).

La documentazione deve essere trasmessa con le modalità di presentazione dell’istanza, preferibilmente su supporto informatico. In alternativa, l’istante è tenuto ad esplicitare i motivi nei casi in cui sia impossibilitato a fornire la documentazione richiesta.

Il Decreto attuativo prevede inoltre che, laddove la documentazione non venga trasmessa entro il termine di un anno a decorrere dalla relativa richiesta, l’Agenzia delle entrate prende atto della rinuncia all’interpello da parte dell’istante ed effettua la relativa notificazione o comunicazione senza indugio.

In pendenza dei termini di istruttoria dell’interpello, resta sempre ferma la possibilità per i contribuenti di presentare rinuncia espressa all’interpello con le modalità consentite per l’inoltro dell’istanza; anche di tale circostanza, per esigenze di certezza, è onere dell’Agenzia delle entrate dare comunicazione o notificazione tempestive al soggetto istante.

Come già evidenziato, l’Agenzia delle entrate può effettuare interlocuzioni con l’istante, anche invitandolo a comparire per mezzo del suo legale rappresentante ovvero di un suo procuratore, allo scopo di verificare la regolarità dell’istanza (nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a) dell’articolo 4 del Decreto attuativo, come sopra illustrati) e la completezza delle informazioni fornite e di acquisire ulteriori elementi informativi.

Al fine di prendere diretta cognizione di elementi informativi utili per le esigenze istruttorie, i funzionari dell’Agenzia delle entrate possono accedere presso le sedi di svolgimento dell’attività dell’impresa o della stabile organizzazione, previa intesa con l’istante e nei tempi con questo concordati. Di ogni attività svolta in contraddittorio è redatto processo verbale, copia del quale è rilasciata al soggetto istante.

Come chiarito dal Provvedimento (paragrafo 1.4), la competenza a svolgere le attività di interlocuzione e gli accessi spetta alla Direzione Centrale Normativa, Ufficio Interpelli Nuovi Investimenti, oppure al compente Ufficio della Direzione Centrale Accertamento (per i soggetti che abbiano avuto accesso al regime della cooperative compliance), che potranno a tal fine avvalersi degli Uffici territorialmente competenti in ragione della sede di svolgimento dell’impresa o della stabile organizzazione interessate dall’attività istruttoria.

Nel caso in cui nell’istanza di interpello siano sollevati profili relativi a tributi non di competenza dell’Agenzia delle entrate, quest’ultima inoltra, entro 30 giorni dalla ricezione dell’istanza, la richiesta relativa ai predetti profili ai competenti enti impositori.

Come peraltro già evidenziato nella Relazione illustrativa alla norma primaria, il Decreto attuativo ha chiarito che la risposta verrà fornita al soggetto istante direttamente dall’ente impositore competente, senza l’intermediazione dell’Agenzia, precisando, inoltre, che tale risposta deve essere resa ai sensi e per gli effetti della disciplina generale in tema di interpello di cui all’articolo 11 dello Statuto.

 

8. EFFICACIA DELLA RISPOSTA

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del Decreto attuativo, la risposta (espressa o desunta ai sensi del silenzio-assenso di cui al successivo comma 2, su cui infra) vincola l’Agenzia delle entrate in relazione al piano di investimento come descritto nell’istanza ed è valida finché restano invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali essa è stata resa.

In sostanza, la risposta fornita (anche desunta per effetto del formarsi del silenzio-assenso) in esito all’istruttoria esplica i suoi effetti non solo nei confronti dell’istante, ma anche verso tutti i soggetti coinvolti nel piano di investimento, ritualmente identificati, per la parte di essa attinente ai profili fiscali di ciascuno, come confermato anche dalla previsione secondo cui “nel caso in cui più soggetti intendano partecipare all’investimento, l’istanza deve contenere la denominazione e gli elementi identificativi di tutte le imprese partecipanti (…)” (articolo 3, comma 2, lettera a), ultimo periodo, del Decreto attuativo).

Si precisa che laddove lo specifico piano d’investimento determini la costituzione di un nuovo soggetto (ad esempio, una newco, una stabile organizzazione, etc.) gli effetti della risposta si esplicheranno anche rispetto a tale nuova entità e che sarà cura dell’istante fornire all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate che ha reso la risposta all’interpello gli estremi identificativi del soggetto di nuova costituzione.

La validità della risposta resa è, per espressa previsione dell’articolo 2, comma 3, del Decreto Internazionalizzazione e dell’articolo 6, comma 1, del Decreto attuativo, subordinata al fatto che non intervengano variazioni nelle circostanze di fatto o di diritto sulla cui base la stessa è resa o desunta.

In proposito, si sottolinea la circostanza che, coerentemente a quanto disposto dalla norma primaria, il Decreto attuativo non ha previsto per l’interpello sui nuovi investimenti la possibilità di rettifica della risposta resa dall’Amministrazione. Ciò costituisce un elemento di differenziazione con la disciplina generale in tema di interpelli, relativamente ai quali il nuovo comma 3 dell’articolo 11 dello Statuto ha, invece, espressamente previsto il potere di rettifica della risposta quale espressione generale dell’immanente potere di autotutela dell’Amministrazione, potere che consente a quest’ultima la possibilità di comunicare al contribuente istante un cambio di orientamento rispetto a quanto espresso in occasione di una precedente risposta.

La risposta all’interpello in esame è dunque sottratta all’anzidetto potere di autotutela e resta valida fino a che non intervengano mutamenti delle circostanze di fatto o diritto. Occorre precisare, al riguardo, che fra le circostanze di diritto alla cui invarianza è vincolata la validità della risposta resa devono includersi (oltre alle modifiche normative, alle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in particolare nelle ipotesi in cui essa interpreti norme comunitarie cui la norma nazionale si sia conformata) anche le sentenze della Corte di Cassazione, rese dalle Sezioni Unite o dalle Sezioni semplici che esprimano un orientamento consolidato e costante, secondo la definizione del c.d. “diritto vivente” (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale: sentenza 21 novembre 1997, n. 350; sentenza 24 giugno 2010, n. 227; sentenza 4 giugno 2014, n. 156).

Tale impostazione discende da una lettura dell’ordinamento giuridico in termini di effettività, il cui fulcro è dato dall’interpretazione giurisprudenziale e, soprattutto, da quella delle Alte magistrature in funzione nomofilattica.

Nello specifico, per quanto riguarda la magistratura ordinaria, la richiamata funzione è assegnata alla Corte di Cassazione dall’articolo 65 dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) e pertiene – alla luce delle modifiche normative al codice di procedura civile intervenute nel 2006 – precipuamente alle Sezioni Unite. Per le magistrature speciali, a svolgere la funzione di nomofilachia sono l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (articolo 99 del codice del processo amministrativo, approvato con Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni e integrazioni) e le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (articolo 1, comma 7, decreto-legge del 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni e integrazioni).

L’esposta conclusione non inficia i principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, in quanto restano comunque salvi gli effetti della risposta già prodotti per il contribuente che vi si sia adeguato.

Sarà, in ogni caso, cura dell’Agenzia delle entrate notificare all’interpellante il mutato quadro giurisprudenziale per effetto del quale devono considerarsi variate le circostanze di diritto sulla cui base è stata resa l’originaria risposta all’istanza di interpello.

Coerentemente a quanto sopra illustrato, l’articolo 6, comma 2, del Decreto attuativo, come già stabilito dalla norma primaria, prevede che l’Agenzia delle entrate, avvalendosi degli ordinari poteri istruttori di cui all’articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, e all’articolo 52, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, può verificare l’assenza di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini del rilascio della risposta e la corretta applicazione delle indicazioni date nella stessa.

Si tratta dell’attività di verifica della corretta applicazione delle risposte rese alle istanze di interpello sui nuovi investimenti la cui competenza è attribuita in via esclusiva agli uffici dell’Agenzia delle entrate individuati all’articolo 2 del Provvedimento.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 6 del Decreto attuativo, è previsto che, laddove nel corso della predetta attività emergano variazioni delle circostanze di fatto o di diritto oppure risulti la non veridicità o l’incompletezza delle stesse circostanze rappresentate nell’istanza, la risposta resa non produce gli effetti di cui al comma 1 dello stesso articolo 6. In proposito appare opportuno precisare che nel caso in cui siano accertate variazioni delle circostanze rappresentate nell’istanza la risposta resa è improduttiva degli effetti di cui al comma 1 a decorrere dal momento in cui è subentrata l’anzidetta variazione. Di contro, nelle ipotesi in cui si ravvisi una rappresentazione non completa o non veritiera di dette circostanze da parte dell’istante, la risposta resa non è mai produttiva dei relativi effetti giuridici.

Il comma 3 dello medesimo articolo 6 prevede che gli organi preposti ai controlli sulle imprese che beneficiano degli effetti della risposta sono tenuti, prima di redigere un processo verbale di constatazione o altro atto a contenuto impositivo o sanzionatorio, ad interpellare l’Ufficio competente a rendere la risposta per il necessario coordinamento. L’obbligo di coordinamento si impone a chiunque effettui il controllo sui soggetti interessati dalla risposta e ha lo scopo di verificare, in contraddittorio con l’Ufficio che ha reso la risposta (ivi comprese le ipotesi in cui la stessa risposta sia desumibile in base alla regola del silenzio-assenso) all’interpello sui nuovi investimenti, se l’eventuale ipotesi di contestazione riguardi fattispecie trattate nell’ambito dell’interpello, rispetto alle quali l’Agenzia ha già assunto una formale posizione.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 4, primo periodo, del Decreto attuativo, laddove l’istanza di interpello (regolarizzata o comunque ammissibile) rechi l’indicazione, ex articolo 3, comma 2, lettera d), del Decreto attuativo, del trattamento fiscale che il contribuente ritiene corretto in relazione al piano di investimento, con esplicitazione delle soluzioni e dei comportamenti che l’istante intende adottare in relazione alla sua attuazione, e la risposta all’istanza non pervenga entro il termine di cui all’articolo 5, comma 1, si intende che l’Amministrazione finanziaria concordi con quanto prospettato dal richiedente (c.d. silenzio-assenso).

 

9. COORDINAMENTO CON L’ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO

9.1 Attività di accertamento. Per effetto di quanto previsto dall’articolo 6, comma 4, ultimo periodo, del Decreto attuativo, limitatamente alle questioni oggetto di interpello, sono nulli gli atti amministrativi di ogni genere, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanati dall’Amministrazione finanziaria in difformità della risposta fornita dall’Agenzia delle entrate, ovvero della interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso.

Da ciò consegue, in primo luogo, che i chiarimenti resi nella risposta – sempre che non intervengano variazioni nelle circostanze di fatto e di diritto -impediscono ai verificatori di formulare rilievi in senso difforme; tale effetto preclusivo è circoscritto alle questioni sollevate nell’istanza e, con particolare riguardo all’interpello antiabuso, ai settori impositivi cui la stessa si riferisce.

I predetti vincoli all’attività di accertamento sono riconosciuti a tutti i soggetti ritualmente identificati nei cui confronti spiega i propri effetti la riposta, ovverosia il soggetto istante, i soggetti coinvolti nell’operazione di investimento e quelli risultanti dallo stesso (impresa target di operazioni di share deal e nuove entità risultanti dalle altre tipologie di investimento).

Premesso quanto appena evidenziato per i destinatari della risposta, si precisa che nelle ipotesi in cui la stessa sia pubblicata sotto forma di circolare o di risoluzione, si producono effetti in sede di verifica anche nei confronti della generalità dei contribuenti: ai sensi dell’articolo 10, comma 2, dello Statuto, infatti, “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria (…)“.

La differenza fra le due ipotesi risiede nella circostanza che nei confronti della generalità dei contribuenti resta ferma la debenza del tributo, che invece non può essere pretesa verso i soggetti nei cui riguardi la risposta esplica effetti.

Se l’istanza comprende anche un interpello disapplicativo obbligatorio (cfr. paragrafo n. 4), per effetto della clausola di rinvio recata dall’articolo 9 del Decreto attuativo, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 2, del D. Lgs. n. 156 del 2015, che prevede, ai fini della contestazione, una procedura di accertamento “aggravata” analoga a quella prevista in materia di abuso del diritto dall’articolo 10-bis, commi 6 e seguenti, dello Statuto.

Come disposto dall’articolo 7, comma 1, del Decreto attuativo “resta fermo l’esercizio degli ordinari poteri di controllo di cui all’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 52, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da parte delle competenti strutture dell’Amministrazione finanziaria esclusivamente in relazione a questioni diverse da quelle oggetto del parere”.

Inoltre, per effetto della norma di rinvio contenuta nell’articolo 9 del Decreto attuativo, trova applicazione anche all’interpello in esame la disposizione recata dall’articolo 6, comma 3, del D. Lgs. n. 156 del 2015, a mente della quale “le disposizioni di cui all’articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 52, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non si applicano a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall’amministrazione nel corso dell’istruttoria delle istanze di interpello“.

Da ciò consegue che, considerata la natura non provvedimentale della risposta, la documentazione non fornita in occasione dell’istruttoria dell’interpello da parte del contribuente non integra il disposto degli articoli 32, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 52, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, nella parte in cui pongono preclusioni alla utilizzabilità, a favore del contribuente, delle notizie e dei dati non addotti, nonché, più in generale, degli atti, dei documenti, dei libri e dei registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio.

 

9.2 Attività di contenzioso. Per effetto della clausola di rinvio alla disciplina generale in materia di interpello del contribuente, trova applicazione all’istituto in argomento il principio, sancito dall’articolo 6, comma 1, del D. Lgs. n. 156 del 2015, di non impugnabilità delle risposte rese in sede di interpello, le quali avendo natura di pareri, non sono lesive di posizioni giuridiche direttamente ed immediatamente tutelabili in giudizio.

Considerato che, come chiarito al paragrafo 4, l’interpello in esame può essere finalizzato (fra l’altro) alla disapplicazione di norme antielusive specifiche, occorre precisare che la non impugnabilità è temperata per le risposte rese a tale tipologia di interpelli, di cui al secondo comma dell’articolo 11 dello Statuto, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all’atto impositivo, che presenta invece i caratteri dell’immediata e diretta lesività della sfera soggettiva del contribuente.

Per ulteriori profili relativi al coordinamento con l’attività di contenzioso, si rinvia ai chiarimenti resi con la citata circolare n. 9/E del 2016, paragrafo n. 6.

 

10. RAPPORTI CON IL REGIME DELL’ADEMPIMENTO COLLABORATIVO

L’adempimento collaborativo, introdotto dagli articoli da 3 a 7 del Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 128 (recante “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23“), comporta la possibilità per i contribuenti, rispondenti ai requisiti ivi previsti, anche legati all’ammontare del volume d’affari e dei ricavi, di pervenire con l’Agenzia delle entrate ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni, attraverso forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell’anticipazione del controllo.

Nell’ambito del regime è prevista, dall’articolo 6, comma 2, dello stesso D. Lgs. n. 128, una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l’interpellante ravvisa rischi fiscali.

Il Decreto attuativo non ha previsto alcuna preclusione alla presentazione dell’interpello sui nuovi investimenti da parte dei soggetti che siano in regime di adempimento collaborativo.

Pertanto, i contribuenti in cooperative compliance che intendano effettuare un investimento di cui all’articolo 2 del D. Lgs. n. 147 del 2015 potranno presentare istanza di interpello ai sensi e per gli effetti di quanto previsto nel Decreto attuativo direttamente all’Ufficio della Direzione Centrale Accertamento competente per la gestione delle attività relative al regime di adempimento collaborativo (paragrafo 1.2 del Provvedimento). Quest’ultimo gestirà le istanze di interpello sui nuovi investimenti con la tempistica e le modalità proprie del Decreto attuativo. In deroga a tale disposizione, il medesimo Provvedimento sancisce, al paragrafo 1.3, che le istanze provenienti da gruppi di società o raggruppamenti di imprese devono essere inoltrate sempre alla Direzione Centrale Normativa, Ufficio Interpelli Nuovi Investimenti, anche laddove uno o più dei soggetti appartenenti al gruppo o raggruppamento abbiano avuto accesso al regime dell’adempimento collaborativo.

In ordine al coordinamento fra i due istituti, si richiama anche l’articolo 8, comma 1, del Decreto attuativo, secondo cui il contribuente che si conforma al contenuto della risposta resa dall’Agenzia delle entrate può, a prescindere dall’ammontare del suo volume d’affari o dei suoi ricavi, accedere all’istituto dell’adempimento collaborativo, sempre che ricorrano gli altri requisiti necessari per l’accesso al regime.

In sostanza, per i contribuenti che si adeguino alla risposta resa in seguito all’interpello sui nuovi investimenti si prevede una facoltà di accesso “agevolato” al regime di cooperative compliance, svincolato, cioè, dal requisito dimensionale ordinariamente richiesto.

Il soggetto che ha facoltà di accesso “agevolato” alla cooperative compliance, tuttavia, non necessariamente coincide con il soggetto che ha materialmente presentato istanza di interpello sui nuovi investimenti.

In linea con quanto stabilito nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 53237/2016 del 14 aprile 2016, contenente “Disposizioni concernenti i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo” (paragrafo 2.7), la diposizione attuativa specifica, infatti, che la facoltà di accesso al regime in questi casi è riconosciuta non tanto al socio investitore quanto:

  • all’impresa che effettua l’investimento, sia essa un’impresa residente o una stabile organizzazione del soggetto non residente;
  • all’impresa il cui patrimonio è oggetto dell’investimento, nel caso (disciplinato dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del Decreto attuativo) in cui l’investimento consista in operazioni sul patrimonio di un’impresa.

Nell’ipotesi in cui l’istanza di interpello sia presentata da gruppi di società e raggruppamenti di imprese, coerentemente a quanto sopra indicato, l’istanza di accesso al regime della cooperative compliance deve essere presentata dall’eventuale struttura, impresa residente o stabile organizzazione, costituita dal gruppo o raggruppamento di imprese per effettuare l’investimento nel territorio dello Stato.

In mancanza di tale struttura, laddove nell’ambito del gruppo o raggruppamento sia possibile ravvisare un autonomo soggetto d’imposta, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del TUIR

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, come avviene – ad esempio – nelle ipotesi di rete-soggetto e di consorzi con attività esterna (cfr. paragrafo n. 3), l’istanza sarà presentata da tale autonomo soggetto.

In tutte le altre ipotesi, dovrà essere conferito il mandato speciale ad una qualsiasi delle imprese del raggruppamento”.