SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Riforma delle sanzioni penali: brevi cenni – 3. Sanzioni amministrative: una riforma migliorativa, ma non di ampio respiro – 4. Struttura “chirurgica” degli interventi e difficoltà di lettura della riforma – 5. Proporzionalità delle sanzioni – 6. Recidiva e riduzione a metà delle sanzioni per sproporzione manifesta.
1. Introduzione
A distanza di oltre un anno dall’entrata in vigore della nuova riforma delle sanzioni tributarie, si possono tirare le prime somme e si può fare il punto sul sistema riformato delle sanzioni amministrative.
Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, in attuazione della legge delega 11 marzo 2014, n. 23, è intervenuto a modificare il sistema sanzionatorio per le violazioni tributarie in campo sia penale, sia amministrativo (1).
Le principali novità della riforma hanno riguardato certamente – com’è noto – la disciplina delle sanzioni penali, mentre sul piano delle sanzioni amministrative le modifiche sono apparse meno dirompenti; non per questo, però, meno interessanti, e hanno toccato sia la disciplina speciale sia quella generale.
Con specifico riferimento a quest’ultima, in particolare, le novità sono state diverse, e hanno coperto svariati profili, andando dalla parziale revisione della disciplina sulla responsabilità sanzionatoria del rappresentante di un soggetto diverso da una società ovvero da un ente con personalità giuridica, all’obbligo (non più facoltà) per gli Uffici finanziari di contestare la recidiva; dal concorso di violazioni e continuazione al ravvedimento operoso, fino alla responsabilità del cessionario di azienda e al fermo amministrativo.
Una pluralità di interventi che non sempre sono apparsi condivisibili e che (forse) hanno peccato di eccessiva frammentarietà, ma che rappresentano comunque il primo tentativo di manutenzione della disciplina generale in tema di sanzioni amministrative tributarie.
Occorre premettere che i primissimi “giorni di vita” della nuova normativa non sono stati del tutto “tranquilli”: infatti occorre spendere in avvio alcune parole sul problema, risolto nei primi mesi del 2016, relativo alla decorrenza temporale della riforma.
Accantonate le ipotesi circolate nell’estate del 2015, allorquando pareva che la riforma sarebbe stata in vigore per due anni soltanto (2) – con i prevedibili fiumi di inchiostro versati in dottrina e sulla stampa specializzata nell’indagare le motivazioni di una simile scelta (neppure troppo velata …) e nel criticare aspramente un simile modo di procedere del legislatore – l’art. 32 del D.Lgs. n. 158/2015 era stato modificato in modo che le disposizioni in parola sarebbero state applicate a decorrere dal 1° gennaio 2017.
La legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) con il comma 133 dell’art. 1 ha, però, disposto l’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma al 1° gennaio 2016.
Ebbene, tale anticipazione dell’entrata in vigore della norma ha generato non poche problematiche, stante la portata estremamente generica della relativa disposizione.
Il primo dubbio ha riguardato l’applicabilità della riforma stessa alle violazioni “commesse” o “accertate” dopo il 1° gennaio 2016.
Su questo punto, nel silenzio della norma, gli interpreti hanno optato in maniera pressoché unanime per una lettura tesa a valorizzare il momento di commissione dell’illecito; diversamente opinando, infatti, si sarebbe dovuto considerare il momento in cui la violazione è contestata da parte dell’Agenzia delle entrate, con il rischio di un vulnus inaccettabile, dipendendo la misura della sanzione dai tempi di intervento dell’Ufficio, e quindi da scelte rimesse alla discrezionalità di terzi.
La posizione dell’Amministrazione finanziaria è apparsa da subito chiara sul punto.
In primo luogo con le dichiarazioni rilasciate alla stampa specializzata il 28 gennaio 2016 (Telefisco 2016), e successivamente con la circolare 4 marzo 2016, n. 4/E (3) l’Amministrazione finanziaria si è espressa nel senso di estendere l’applicazione del D.Lgs. n. 158/2015 anche alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2016.
L’altra questione che ha caratterizzato da subito il dibattito intorno alla riforma del sistema delle sanzioni amministrative ha riguardato l’applicazione e l’operatività del principio del favor rei agli atti sanzionatori non definitivi al 1° gennaio 2016. Anche tale interrogativo è stato considerato dalla citata circolare n. 4/E/2016.
In tale documento l’Agenzia delle entrate ha dichiarato che: “le misure sanzionatorie più favorevoli trovano applicazione, non solo per le violazioni commesse a partire dal 1° gennaio 2016, ma per tutte le violazioni commesse in precedenza e per le quali si procede all’emissione del relativo provvedimento di irrogazione delle sanzioni, … nonché per le violazioni per le quali il provvedimento di irrogazione, già notificato, non sia divenuto definitivo”.
In sostanza, in forza dell’art. 2 c.p., le nuove disposizioni di favore contenute nel decreto si applicheranno anche ai fatti commessi prima della loro entrata in vigore.
Come anticipato, la citata circolare ha confermato l’applicazione del principio del favor rei anche agli atti emessi prima dell’entrata in vigore della riforma per i quali sono ancora pendenti i termini per la proposizione del ricorso o per quelli che sono ancora in fase di giudizio. In questi casi è stato confermato il diritto del contribuente alla rivalutazione della sanzione alla luce delle modifiche normative di favore. Unico limite a tale facoltà è rappresentato dalla definitività del provvedimento che irroga le sanzioni, che impedisce la modificazione del regime sanzionatorio. Tale rimodulazione può essere richiesta tramite una semplice istanza (4), la quale, contenendo soltanto la richiesta di ricalcolo delle sanzioni applicate, non incide sull’atto amministrativo con il quale sono state irrogate le sanzioni, che, dunque, non sarà oggetto di sostituzione o modifica in autotutela, poiché le sanzioni ivi determinate sono state legittimamente irrogate secondo le norme in vigore fino al 31 dicembre 2015.
Se per le sanzioni amministrative l’introduzione del D.Lgs. n. 158/2015 non ha presentato grossi problemi applicativi, per quanto riguarda le sanzioni tributarie di natura penale l’avvicendamento delle due normative ha avuto sicuramente conseguenze più rilevanti.
Il D.Lgs. n. 158/2015 ha, infatti, elevato le soglie di punibilità di molti reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e ciò, in relazione al principio del favor rei, ha causato effetti considerevoli sia sui processi penali in corso sia sul giudicato.
I contribuenti imputati in relazione a fattispecie modificate dalla nuova norma, che alla luce dell’innalzamento delle soglie non sono più imputabili, infatti dovranno essere assolti, se nei loro confronti non è ancora stata pronunciata una sentenza definitiva, perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato (art. 530, primo comma, c.p.p.).
Nella stessa circostanza, nei casi in cui la sentenza sia passata in giudicato, essendo questo un caso di abrogatio criminis parziale, i condannati potrebbero richiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della sentenza di condanna (art. 673 c.p.p.), con conseguente cessazione dell’esecuzione della pena principale, delle pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna.
2. Riforma delle sanzioni penali: brevi cenni
La riforma del sistema sanzionatorio tributario operata dal D.Lgs. n. 158/2015 si è presentata, sul piano penalistico, nel complesso come una riforma in chiaroscuro, con molte luci ma anche diverse ombre (5).
Essa è intervenuta a modificare sia il sistema sanzionatorio penale, di cui al D.Lgs. n. 74/2000, sia quello amministrativo, come si è accennato.
Indubbiamente le principali novità si registrano con riguardo alla disciplina delle sanzioni penali. Del resto, la delega si occupava principalmente di queste, al punto che la riforma delle sanzioni amministrative trova la sua principale giustificazione in una logica di ideale completamento/complementarietà tra sistema penale (riformato) e sistema sanzionatorio amministrativo (6).
Con riferimento alle modifiche della disciplina dei reati tributari, in estrema sintesi, si può affermare che i principi direttivi enunciati dall’art. 8 del D.Lgs. n. 158/2015 siano stati soddisfatti; si può discutere in ordine alla sufficienza e adeguatezza dei risultati ottenuti, ma la tendenza nel senso auspicato non pare in discussione.
La riforma, nel suo complesso, si era riproposta di perseguire tre finalità.
La prima diretta a riproporzionare, nel solco della giurisprudenza e della normativa UE, le sanzioni in relazione al danno erariale effettivamente determinato (si pensi alla revisione in materia di reverse charge); la seconda diretta a inasprire le sanzioni relative ai comportamenti più insidiosi perpetrati con il ricorso a documenti falsi o ad artifici (basti pensare all’incremento della metà per infedele dichiarazione realizzata mediante fatture false); la terza diretta a ridurre le sanzioni applicabili in ragione del comportamento attivo del contribuente (ad esempio, l’omessa presentazione della dichiarazione che viene regolarizzata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva).
In questo senso, e segnatamente nella prospettiva tracciata dal criterio di proporzionalità espressamente enunciato all’art. 8 della legge delega, rappresenta una novità positiva, da accogliere con favore, la scelta di marcare la specialità della sanzione penale rispetto a quella amministrativa, ripristinando – o almeno cercando di ripristinare – la funzione della sanzione penale quale reazione estrema, volta a contrastare le condotte più insidiose.
In controtendenza rispetto alla riforma operata dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148), sono state anche innalzate le soglie di rilevanza penale di talune fattispecie di illecito (7).
Ora, nella sostanziale identità di condotte materiali tra illecito tributario amministrativo e illecito tributario penale, la soglia finisce infatti per integrare l’unico reale criterio di discriminazione qualitativa tra le due tipologie di illecito. L’unico criterio, insomma, in grado di giustificare la reazione penale in luogo di quella amministrativa (8).
Altra nota positiva, che ugualmente concorre a marcare la specialità della sanzione penale, è rappresentata dalla completa risistemazione delle esimenti, come pure dell’attenuante accordata per il caso di pagamento integrale dell’imposta evasa, delle sanzioni amministrative e degli interessi.
Si tratta di una novità significativa, per certi versi rivoluzionaria, soprattutto se messa a confronto con la riforma del 2011: se fino al 2015 il pagamento integrale dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi, operato prima dell’apertura del dibattimento, consentiva, al massimo, una riduzione (di un terzo) delle sanzioni, con la nuova disciplina detto pagamento potrà, in molti casi, integrare una causa di non punibilità (per i reati di omesso versamento, tranne il caso dell’indebita compensazione con crediti inesistenti, e a certe condizioni anche per quelli di dichiarazione infedele ed omessa) (9).
In tutti gli altri casi, invece, il pagamento delle imposte, sanzioni amministrative e interessi comporta una riduzione alla metà della sanzione penale.
Peraltro questi cambiamenti, in ossequio al principio del favor rei, trovano ovviamente applicazione anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della novella, nonché ai reati già contestati, sempreché intervenga il pagamento dell’imposta, sanzioni e interessi ovvero questo sia in corso di rateizzazione all’apertura del dibattimento (10).
3. Sanzioni amministrative: una riforma migliorativa, ma non di ampio respiro
La riforma delle sanzioni amministrative trova la sua identità nella conferma che l’attuazione della delega di cui alla legge n. 23/2014 si è mossa verso l’obiettivo di miglioramenti e razionalizzazioni dell’esistente, senza ambire a un intervento riformatorio di ampio respiro. L’ampiezza della delega, che avrebbe astrattamente consentito un intervento di ampio respiro, non è stata accompagnata da indicazioni precise circa l’indirizzo da dare alla riforma e ha, per contro, lasciato al legislatore un ventaglio indefinito di possibilità: con il risultato di ridurre, di fatto, il lavoro di riforma in un intervento puramente manutentivo, che ha permesso sicuramente di operare miglioramenti e razionalizzazioni della disciplina antecedente alla riforma, ma che non ha rispettato le attese di una riforma organica del sistema sanzionatorio amministrativo.
I passi avanti del sistema sanzionatorio amministrativo, con il Decreto delegato, sono stati innegabili, ma non particolarmente intensi e incisivi: le attese restano in parte deluse, se non ci si appaga di una mera inversione di tendenza (ravvisabile soprattutto dopo la mini riforma del 2011).
Un complesso lavoro di “maquillage” che rende difficile valutare le conseguenze di ogni singola modifica e dell’operare congiunto delle stesse.
Anche a proposito delle sanzioni, dunque (e la stessa impressione vale probabilmente per l’accertamento, la riscossione, il processo) si registrano indubitabili progressi del sistema e soluzioni generalmente apprezzabili, ma si deve constatare che i grandi temi sul tappeto, ossia le riforme di impatto più propriamente ordinamentale, sono rimaste fuori dal decreto delegato (11).
Si pensi, ad esempio, alla struttura afflittiva delle sanzioni amministrative, che non vede chiarite le regole di convivenza con un sistema di sanzioni penali tributarie che, per quanto in parte ridimensionato, non è uscito di certo limitato nel proprio campo di applicazione, come pure si era da più parti auspicato (12).
Di conseguenza, non sono stati affrontati i grandi nodi del principio di specialità, del ne bis in idem (13), del cumulo di sanzioni penali in concorso con quelle amministrative, della incidenza dei sequestri e delle confische (14).
Passando alle singole novità sul piano delle sanzioni amministrative, va ribadito che le modifiche sono state meno dirompenti, ma non per questo meno interessanti, rispetto a quelle penali. Anche perché hanno investito sia la disciplina speciale, ossia singole fattispecie sanzionatorie, sia quella generale di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Nel complesso, come anticipato, la riforma della sanzioni amministrative ha trovato una limitata copertura nella legge delega, la quale si limitava a prevedere «la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti».
Non di meno, le finalità perseguite appaiono assolutamente coerenti con le generali linee di indirizzo dettate dalla delega: proporzionalità; contrasto alle condotte fraudolente; adeguata considerazione del differente disvalore delle condotte.
4. Struttura “chirurgica” degli interventi e difficoltà di lettura della riforma
Come già accennato, sono stati effettuati interventi mirati, potremmo dire quasi “chirurgici”, sul preesistente corpo di norme sanzionatorie (essenzialmente, i D.Lgs. 18 dicembre 1997, nn. 471 e 472); ciò ha comportato che non è stato né sarà semplice identificare tutte le novità, misurarne la effettiva portata, e soprattutto valutare i riflessi di reciproco condizionamento.
C’è da rilevare, però, che tra i meriti del decreto legislativo vi è quello di aver tentato anche di migliorare il contenuto “lessicale” delle disposizioni sanzionatorie, provvedendo ove possibile a una più razionale collocazione delle norme e alla stesura di testi normativi più leggibili e intelligibili.
5. Proporzionalità delle sanzioni
Venendo ora ad alcuni degli aspetti più importanti che sono stati toccati dalla riforma, possiamo ribadire che l’obiettivo di maggiore proporzionalità nell’applicazione delle sanzioni amministrative sembra sostanzialmente raggiunto, sia pure con estrema cautela e moderazione.
Si sono raggiunte una razionalizzazione complessiva del sistema, derivante soprattutto dal tentativo di rimarcare, ogni volta che se ne sia presentata l’occasione, la distinzione tra il modesto disvalore di “piccole” violazioni (per tali intendendo le violazioni che qualitativamente non esprimono una deliberata e maliziosa intenzione di sottrarsi agli obblighi fondamentali di dichiarazione e di versamento delle imposte) e la ben diversa pericolosità delle condotte caratterizzate appunto da un disegno deliberatamente mirato alla commissione di illeciti tributari.
In presenza di una dichiarazione infedele, ad esempio, il sistema riformato presenta una sanzione base ribassata (si è passati da una misura minima del cento per cento e massima del duecento per cento rispettivamente al novanta per cento e al centottanta per cento per le violazioni ordinarie), una sanzione maggiorata, per le violazioni caratterizzate da frode fiscale (più cinquanta per cento) e una sanzione ridotta (a un terzo) per le violazioni riconosciute come a bassa pericolosità.
Nel caso di dichiarazione omessa, invece, con il nuovo regime sanzionatorio viene premiata la tempestività della presentazione spontanea. Se, infatti, la dichiarazione omessa viene trasmessa entro il termine di presentazione di quella dell’anno successivo, e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale, la sanzione base sconta una riduzione del cinquanta per cento e quindi scende dal centoventi al sessanta per cento dell’imposta dovuta.
Anche per le altre violazioni diffuse nella pratica e in passato pesantemente sanzionate, il decreto legislativo, in ragione della scarsa pericolosità avuto riguardo agli interessi erariali, è intervenuto disponendo una radicale diminuzione della sanzione di riferimento. È il caso, ad esempio, delle sanzioni che attengono alle violazioni inerenti il reverse charge in tema di IVA (15).
La razionalizzazione, peraltro, non deve far presumere sempre e soltanto modifiche in senso favorevole al contribuente: il concetto stesso di proporzionalità evoca la immanenza di misure anche adeguate al disvalore delle violazioni più gravi. Ad esempio sul tema delle compensazioni si è constatato un irrigidimento della nuova disciplina rispetto a quella preesistente.
6. Recidiva e riduzione a metà delle sanzioni per sproporzione manifesta
Nel contesto di una riforma tendenzialmente orientata a un trattamento più favorevole al contribuente, è spiccata la modifica del regime della recidiva, che rappresenta uno dei pochi istituti che hanno subito una modifica peggiorativa per il contribuente.
La novità è rappresentata dalla rimozione di ogni discrezionalità nella contestazione, da parte degli Uffici fiscali, della recidiva, attuata sostituendo, nel terzo comma dell’art. 7 del D.Lgs. n. 472/1997, l’inciso “può essere” con “è”, da cui consegue l’automatica applicazione dei relativi incrementi di sanzione (16).
Questa modifica ha disposto, quindi, la maggiorazione fino alla metà della sanzione nei confronti del contribuente che nei tre anni precedenti alla sanzione sia incorso in un’altra violazione che sia nella sostanza identica per la natura degli atti che la costituiscono e dei motivi che la determinano.
Tale violazione, inoltre, per determinare l’applicazione automatica della recidiva non deve essere stata definita attraverso ravvedimento, definizione agevolata, in dipendenza di adesione all’accertamento, di mediazione e di conciliazione (17).
Tale disposizione, in particolare, è finalizzata a incentivare indirettamente l’utilizzo degli istituti deflattivi del contenzioso, attraverso i quali si può evitare l’applicazione della recidiva automatica.
Se dal punto di vista del funzionamento della nuova disciplina non si sono poste particolari questioni, le problematiche maggiormente dibattute in relazione all’istituto della recidiva obbligatoria hanno riguardato, anche in questo caso, il rispetto del principio del favor rei (18). Come già visto in precedenza, la recidiva trova applicazione nel caso in cui nei tre anni precedenti alla violazione accertata il contribuente sia incorso in almeno un’altra sanzione definitivamente contestata, della stessa indole.
In relazione a tale istituto è stato necessario stabilire se, in presenza di violazioni commesse dal 1° gennaio 2016 si debba osservare o meno il periodo 2013-2015 come riferimento per l’applicazione o meno del riformato art. 7 del D.Lgs. n. 472/1997.
L’Amministrazione finanziaria si è espressa in senso affermativo, estendendo il periodo di osservazione anche ai periodi precedenti l’entrata in vigore della riforma.
Tale conclusione, infatti, è apparsa l’unica possibile e plausibile. Non estendere il periodo d’osservazione anche al triennio 2013-2015 avrebbe voluto dire rimandare l’entrata effettiva a regime del nuovo sistema della recidiva a partire dal 2019. La conclusione dell’Amministrazione finanziaria, contenuta nella più volte citata circolare n. 4/E/2016, non provoca, infatti, alcuna violazione del principio del favor rei, poiché, nell’eventualità che nel triennio 2013-2015 si sia verificata una violazione della stessa indole, l’applicazione della recidiva non sarebbe né automatica né obbligatoria.
La recidiva, infatti, va intesa come una circostanza aggravante del reato, e rientra quindi nel raffronto che l’Ufficio deve operare per rispettare il principio generale dell’applicazione della norma più favorevole al reo. In questo modo la recidiva è applicata, secondo i canoni del D.Lgs. n. 158/2015, solo nei casi in cui tale circostanza sarebbe stata applicata anche in vigenza del precedente testo di legge. Tale prova risulta essere assai complessa, anche a causa dello scarso utilizzo dell’istituto nella vigenza del precedente testo normativo (19).
L’irrigidimento della disciplina sanzionatoria è stato però controbilanciato dal potenziamento di un’altra facoltà, prevista dall’art. 7, quarto comma, del D.Lgs. n. 472/1997, integrata dalla possibilità di ridurre le sanzioni fino alla metà del minimo «qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione».
È stata eliminata la condizione rappresentata dalla ricorrenza di circostanze “eccezionali”, con l’obiettivo evidente, venendo appunto meno il requisito dell’eccezionalità, di promuovere l’utilizzo da parte degli Uffici finanziari di detta facoltà.
Piuttosto va rilevato che, nonostante il tenore letterale della norma, che ancora tratta di “sproporzione tra entità del tributo” e “la sanzione”, è opportuno leggere la previsione – e quindi valutare la sproporzione – con riferimento al disvalore della condotta, tenuto conto delle circostanze del caso. Non solo all’ammontare del tributo.
Solamemte in questo modo, come peraltro la stessa Agenzia delle entrate ha riconosciuto in passato, diviene possibile rendere applicabile una simile facoltà in via generale, e, quindi, anche alle violazioni non connesse a un’evasione.
Prof. Marco Allena
(1) Per un commento sistematico sul contenuto della legge delega 11 marzo 2014, n. 23 in tema di sanzioni cfr. in particolare V. GUARINI – G. CATALDI, Proporzionalità delle sanzioni amministrative: il diritto eurounitario richiede un’applicazione immediata, in Boll. Trib., 2016, 354; e L. SALVINI, Prospettive di riforma del sistema sanzionatorio tributario, in Rass. trib., 2015, 545; per una compiuta analisi dei rapporti tra sanzioni tributarie e Carta europea dei Diritti dell’Uomo, alla luce della riforma, ved. C. SACCHETTO, Sanzioni tributarie e CEDU, ibidem, 483 ss.
(2) In merito si rinvia a M. BASILAVECCHIA, Sanzioni amministrative: proporzionalità temporanea?, in Corr. trib., 2015, 2383.
(3) In Boll. Trib., 2016, 360.
(4) Per un approfondimento sulle modalità di effettuazione dell’istanza di ricalcolo si rimanda a M. MANGILI – M. CASTELLANI, Favor rei e nuove sanzioni: i chiarimenti dell’Agenzia, in Prat. fisc. e prof., 2016, 16; e M. BASILAVECCHIA, Il “favor rei” a seguito della riforma delle sanzioni, in Corr. trib., 2016, 1277.
(5) Per una compiuta disamina in ordine agli aspetti penali della riforma oggetto della presente trattazione si vedano, tra gli altri, M.A. ICOLARI, Il diritto penale tributario tra particolarismo e principi generali della disciplina sanzionatoria, in Rass. trib., 2014, 1381 ss.; S. PUTINATI, Le più recenti decisioni della Coste Costituzionale in materia di reati tributari e la riforma del D.Lgs. n. 158/2015, in Rass. trib., 2015 1521 ss.; e A. PERINI – C. SANTORIELLO, La riforma dei reati tributari, in Speciali. Il penalista, Milano, 2016.
(6) Sul più ampio tema della compatibilità tra sanzioni amministrative e penali cfr., per tutti, V. AZZONI, Ne bis in idem in materia sanzionatoria: la miccia è stata accesa, in Boll. Trib., 2015, 1351, in nota a Trib. pen. Asti 7 maggio 2015, n. 717; ID., Il sistema del doppio binario (amministrativo e penale) nel sistema sanzionatorio tributario: è tutto l’edificio che sta scricchiolando, ibidem, 1032, in nota a Trib. pen. Bologna 21 aprile 2015 e a Corte EDU 4 marzo 2014, n. 18640/10; E. MARELLO, Evanescenza del principio di specialità e dissoluzione del doppio binario: le ragioni per una riforma del sistema punitivo penale tributario, in Riv. dir. trib., 2013, 269 ss.; A. CARINCI, Il principio di specialità nelle sanzioni tributarie: tra crisi del principio e crisi del sistema, in Rass. trib., 2015, 499 ss.; G. D’ANGELO, Ne bis in idem e sanzioni tributarie: precisazioni della Corte EDU, ibidem, 253 ss.; e G. FLORA, Ne bis in idem “Europeo” e sistema sanzionatorio tributario: devastante tsunami o vento che spazza le nuvole?, ivi, 2016, 1023 ss.
(7) Per uno schema di sintesi delle modifiche alla disciplina delle sanzioni tributarie penali si richiama G. LIBERATORE, “Revisione” delle sanzioni tributarie penali: sintesi, osservazioni e criticità, in Prat. fisc. e prof., 2016, 22 ss.
(8) Vedi ancora, su questo punto, E. MARELLO, op. cit., 269 ss., nonché G. MELIS, La nuova disciplina degli effetti penali dell’estinzione del debito tributario, in Rass. trib., 2016, 589 ss.
(9) Ved. Cass., sez. III pen., 28 settembre 2016, n. 40314, in Boll. Trib., 2017, 244, con nota di L. ROSA, Il pagamento integrale del debito tributario e la sua efficacia estintiva del reato.
(10) Si rimanda, per un’analisi completa e approfondita del tema, ancora a G. MELIS, op. cit., 589 ss.
(11) In merito ved. A. GIOVANNINI, La serietà delle sanzioni e la riforma mancata, in Corr. trib., 2016, 687 ss.; e M. BASILAVECCHIA, Sanzioni Amministrative: proporzionalità temporanea?, cit., 2383 ss.
(12) Cfr. ancora V. AZZONI, Ne bis in idem in materia sanzionatoria: la miccia è stata accesa, cit.; ID., Il sistema del doppio binario (amministrativo e penale) nel sistema sanzionatorio tributario: è tutto l’edificio che sta scricchiolando, cit.; e G. MELIS, op. cit., 89 ss.
(13) La questione del doppio binario sanzionatorio è stata affrontata dalla CEDU già con la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens contro Italia (in Boll. Trib., 2015, 1014, con nota di V. AZZONI, Il sistema del doppio binario (amministrativo e penale) nel sistema sanzionatorio tributario: è tutto l’edificio che sta scricchiolando, cit.), ma il legislatore nazionale non ha operato alcun intervento in materia. Da citare è l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bergamo il 16 settembre 2015 (in Boll. Trib. On-line), con cui si rimette la questione sul doppio binario sanzionatorio alla Corte di Giustizia europea (si rimanda altresì al commento di P. CENTORE, “Ne bis in idem” e sanzioni fiscali: una rivoluzione culturale prima che giuridica, in Riv. dir. trib., 2016, 80). In senso opposto si è espressa invece la Corte Costituzionale l’8 marzo 2016 (cfr. Corte Cost. 12 maggio 2016, n. 102, in Boll. Trib., 2016, 1345, con nota di V. AZZONI, Brevi riflessioni sul “non liquet” della Corte Costituzionale sul presunto vulnus al principio comunitario del ne bis in idem da parte del sistema di “doppio binario” sanzionatorio dell’illecito amministrativo (e quindi anche tributario) e di quello penale previsto dall’ordinamento italiano: allo stato la questione di legittimità costituzionale è inammissibile), che ha dichiarato inammissibili le questioni di incostituzionalità sollevate dalla Consob, dall’Avvocatura di Stato e dal Tribunale di Bologna, restituendo gli atti al giudice “per sopravvenute modifiche legislative”; la Corte in questa circostanza non è entrata nel merito dei rilievi mossi dai giudici a quo né delle obiezioni delle parti. I Giudici costituzionali non hanno neppure investito la Corte di Giustizia per un’interpretazione definitiva e vincolante delle posizioni della Corte di Strasburgo. La questione è stata ripresa anche in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario tributario del 19 marzo 2016. Nella sua relazione il Presidente della Commissione tributaria regionale della Lombardia Chindemi ha criticato fortemente la latitanza del legislatore sulla questione, ignorando le pronunce della CEDU. Sul tema vale la pena, infine, rimandare a A. CARINCI, Il principio di specialità nelle sanzioni tributarie: tra crisi del principio e crisi del sistema, cit., 499; G. D’ANGELO, op. cit., 253; e G. FLORA, op. cit., 1023 ss.
(14) In tema di confisca cfr. S.B. TAVERRITI, Profili sostanziali e processuali della confisca nell’ambito dei reati tributari, in Boll. Trib., 2016, 384; G.L. SOANA, La confisca per equivalente nei reati tributari. Il punto della giurisprudenza, ivi, 2014, 805; A. MARTONE, La confisca per equivalente in presenza di reati in materia tributaria, ivi, 2013, 1466; S. SERVIDIO, La confisca per equivalente in ambito penal-tributario, ibidem, 492; T. TASSANI, Confisca e recupero dell’imposta evasa: profili procedimentali e processuali, in Rass. trib., 2015, 1385 ss.; ved. anche O. MAZZA, Sequestro e confisca, ivi, 2016, 1012; e G. GIANGRANDE, La confisca per equivalente nei reati tributari: tra legalità ed effettività, in Dir. prat. trib., 2013, 173 ss.
(15) Ved. L. SABBI, Reverse charge, violazioni formali e diritto di detrazione nell’IVA, in Boll. Trib., 2016, 648.
(16) Ved. ancora A. CARINCI, Prime considerazioni sulla riforma delle sanzioni amministrative tributarie, cit., 3929 ss.
(17) Cfr. A. IORIO – L. AMBROSI, La riforma delle sanzioni tributarie e i primi dubbi applicativi, in Corr. trib., 2016, 761; e L. LODOLI – B. SANTACROCE, Automatismo o discrezionalità nell’applicazione della recidiva per le sanzioni? Limiti di proporzionalità, in il fisco, 2016, 355 ss.
(18) Ved. E. DE MITA, Giusto il favor rei per le sanzioni amministrative, in Dir. prat. trib., 2016, 2484.
(19) Cfr. L. LOVECCHIO, La recidiva colpisce violazioni della stessa indole. Le sanzioni del fisco, in Il Sole 24 Ore e-book, del 16 marzo 2016, 34; e A. IORIO – L. AMBROSI, op. cit., 761 ss.