9 Maggio, 2018

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Evoluzione del contesto normativo – 3. Sulla legittimità della notifica di un atto della riscossione tramite posta elettronica certificata – 4. Sui requisiti minimi affinché una notifica di un atto esattivo tramite PEC possa dirsi legittima – 5. Sull’inesistenza/nullità di una notifica eseguita da un indirizzo PEC non incluso in alcun pubblico registro e/o mediante l’invio di un documento privo di sottoscrizione digitale – 6. Conclusioni.

1. Premessa

Alcune recenti sentenze di merito (1) forniscono lo spunto per approfondire uno dei molteplici rapporti ‘telematici’ sorti in anni recenti fra fisco e contribuente, segnatamente il tema delle notifiche degli atti esattivi a mezzo posta elettronica certificata (PEC). L’orientamento maggioritario delle pronunce di merito è nel senso dell’illegittimità di una tale forma di notificazione sia per l’inidoneità del mezzo in sé sia per la carenza dell’attestazione di autenticità dell’atto da notificarsi.
Con il presente contributo si intendono analizzare i requisiti minimi che il messaggio di PEC e l’atto di riscossione ivi allegato debbono possedere affinché sia possibile, per il contribuente, riconoscere non solo l’autenticità dell’atto medesimo ma anche la sua provenienza. Il tema d’indagine difatti non può circoscriversi alle mere caratteristiche tecnico-informatiche che l’atto in sé per sé considerato deve possedere, bensì deve estendersi anche all’analisi dell’indirizzo di posta elettronica dal quale il messaggio PEC proviene.

2. Evoluzione del contesto normativo

La possibilità, da parte dell’agente della riscossione, di avvalersi delle notifiche a mezzo PEC nei confronti dei contribuenti è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 38, quarto comma, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), il quale aveva laconicamente introdotto, dopo il primo comma dell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il seguente comma: «la notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 (2), a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile».
Tale comma è stato successivamente emendato da parte del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, al fine sia di meglio specificare le modalità di utilizzo del mezzo telematico sia di imporre l’obbligatorietà di tale tipo di notifica per determinate categorie di contribuenti (con decorrenza dal 22 ottobre 2015). In particolare l’art. 14 di tale decreto, dopo il primo periodo, ha aggiunto l’inciso per cui «nel caso di imprese individuali o costituite in forma societaria, nonché di professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) (3)». Con il medesimo intervento, il legislatore si è poi premurato di risolvere le possibili patologie nascenti dall’utilizzo di tale mezzo specificando che, in caso di invalidità o di saturazione dell’indirizzo PEC del destinatario della notificazione, l’atto impositivo debba essere depositato presso «gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima» (4). Infine, sempre con il citato D.Lgs. n. 159/2015 il legislatore ha concesso la facoltà alle (coraggiose) persone fisiche intestatarie di una casella PEC di richiedere che la notifica degli atti impositivi emessi a proprio carico avvenisse esclusivamente con le predette modalità telematiche.
Con un ulteriore e recente intervento, ossia l’art. 7-quater del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), il legislatore ha semplificato notevolmente l’art. 26 del citato D.P.R. n. 602/1973 e ha previsto un rimando alle disposizioni in tema di notifica degli avvisi di accertamento di cui all’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, così operando una vistosa “retromarcia” in merito all’obbligo di notifica a mezzo PEC nei confronti dei soggetti i cui indirizzi sono inclusi nel registro INI-PEC. Infatti il testo dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 tutt’ora in vigore (5) prevede da un lato che la notifica «può essere eseguita» con le modalità di cui al regolamento PEC nei confronti dei soggetti obbligati a comunicare il proprio indirizzo nel registro INI-PEC nonché nei confronti delle persone fisiche che ne facciano espressa richiesta e, dall’altro, che «in tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600». Parallelamente, il citato art. 7-quater ha introdotto un lunghissimo ultimo comma al richiamato art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 (6) con il quale, con modalità più da decreto ministeriale che da fonte primaria del diritto, ha sia trasposto quanto già previsto nella previgente versione dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 circa le possibili patologie delle notifiche a mezzo PEC (7), sia previsto che la notifica si considera comunque effettuata per il notificante, ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, quando viene generata la ricevuta di avvenuta accettazione del messaggio (8), e per il destinatario quando viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (9).
Com’è evidente, nessuno dei predetti interventi normativi si è curato di disciplinare due temi di assoluta rilevanza per la tutela dei contribuenti, ovverosia: a) le modalità di formazione e di autenticazione dell’atto impositivo da parte dell’agente della riscossione al fine di garantirne autenticità e immodificabilità; b) gli indirizzi PEC pubblici dell’agente della riscossione utilizzabili per tale modalità di notifica telematica, che possano essere “riconosciuti” da parte dei destinatari.
Lo sforzo legislativo è stato infatti tutto teso ad individuare a quali categorie di soggetti applicare la (oggi facoltativa) notifica a mezzo PEC nonché a prevedere quali rimedi adottare nel caso in cui, durante tale procedura telematica, qualcosa vada storto per l’ente impositore o per l’agente della riscossione.

3. Sulla legittimità della notifica di un atto della riscossione tramite posta elettronica certificata

Il lungo e tortuoso percorso che ha portato all’introduzione e all’applicazione degli strumenti informatici e telematici sia in ambito processuale sia nei rapporti tra Amministrazioni pubbliche e contribuenti ha permesso negli anni di raggiungere un livello di affidabilità e di garanzie per certi versi addirittura superiore rispetto a quelli raggiungibili con gli ordinari mezzi “cartacei”. Infatti il pur complesso sistema di posta elettronica certificata (10) combinato alla regolamentazione concernente la sottoscrizione telematica degli atti inviati tramite tale strumento permette di raggiungere un livello di certezza, conservazione e immodificabilità dei dati che le ordinarie notifiche cartacee non possono avere. Le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna di cui all’art. 6 del regolamento PEC forniscono l’insindacabile prova, rispettivamente, del momento in cui il messaggio di PEC è stato spedito e del momento in cui il medesimo è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario. L’indirizzo di partenza del messaggio di PEC e la firma digitale (11) dell’atto allegato al messaggio stesso consentono al destinatario sia di verificare l’identità del mittente sia di avere certezza che il messaggio non sia stato alterato lungo il percorso dal mittente al destinatario. Infine – in caso di notifica di copia informatica di documento informatico o di documento cartaceo – l’ulteriore attestazione di conformità all’originale effettuata mediante apposizione della firma digitale da parte di un notaio o di un pubblico Ufficiale a ciò autorizzato, garantisce la piena corrispondenza della copia informatica all’originale da cui è tratta (12).
I giudizi “di valore” sulla presunta inaffidabilità della PEC e sulla sua presunta non assimilabilità alle notifiche cartacee espressi da talune Commissioni tributarie (13) non solo, quindi, si rivelano in netto contrasto con l’evoluzione ultradecennale della normativa sul tema, bensì non appaiono neppure fondati.
Infatti, da un lato, come già esposto in precedenza, la PEC ha trovato pieno ingresso quale legittima modalità di notifica degli atti di riscossione già con le modifiche apportate dal D.L. n. 78/2010 all’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973. Inoltre, come citato, l’evoluzione dell’insieme delle regole tecniche emanate negli anni permette di garantire autenticità, integrità, provenienza e conservazione dei documenti trasmessi tramite PEC.
Dall’altro lato, la generazione da parte del server di posta del destinatario della ricevuta di avvenuta consegna di cui all’art. 6 del regolamento PEC che attesta che la “busta virtuale” contenente l’atto da notificarsi è a disposizione del destinatario, equivale in tutto e per tutto alla consegna della “busta cartacea”. In entrambi i casi infatti è sì vero che non vi è alcuna certezza che l’atto sia effettivamente letto e compreso dal destinatario, ma al tempo stesso vi è la prova che quest’ultimo è nelle condizioni per poterlo fare.

4. Sui requisiti minimi affinché una notifica di un atto esattivo tramite PEC possa dirsi legittima

Il legittimo ricorso, da parte dell’agente della riscossione, all’utilizzo della PEC al fine di notificare un atto della riscossione dev’essere tuttavia necessariamente accompagnato da una serie di non secondarie accortezze finalizzate a permettere al destinatario della stessa di avere garanzie circa la provenienza e l’autenticità dell’atto emesso a proprio carico.
In primo luogo, risulta imprescindibile che il messaggio provenga da un indirizzo di posta elettronica certificata che possa essere riscontrato in un pubblico registro. Ciò, come facilmente intuibile, appare indispensabile per permettere di verificare se la casella di PEC del mittente sia effettivamente ascrivibile ad una pubblica Amministrazione o meno. Sono infatti noti alle cronache i tentativi di phishing (14) (15) perpetrati ai danni dei cittadini mediante l’invio, da indirizzi di posta con nomi assonanti con quelli di Equitalia, di link a inesistenti cartelle di pagamento (16). Sul punto, non convince la tesi secondo cui il mero invio del documento da un indirizzo PEC fornirebbe sufficienti elementi di certezza circa la sua provenienza e autenticità (17).
Ebbene, a tal fine appare imprescindibile che il messaggio di PEC provenga da un pubblico registro, sia esso l’«Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi» (IPA) di cui all’art. 6-ter del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD), gestito dall’Agenzia per l’Italia Digitale, sia esso il Registro contenente gli indirizzi di posta elettronica certificata delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), gestito dal Ministero della giustizia.
Purtroppo, nell’esperienza pratica, l’invio di atti della riscossione da parte dell’agente della riscossione avviene pressoché sempre da indirizzi PEC non contenuti in tali pubblici registri, creando comprensibili incertezze e diffidenze.
Per quanto attiene al documento allegato al messaggio di posta si osserva che questo può essere costituito o da una copia informatica di un documento analogico (ossia la scansione di un atto cartaceo) o copia informatica di un documento informatico (ossia la copia informatica di un documento formato tramite un software). In entrambi i casi la legge prevede espressamente che tali atti, per avere la medesima efficacia dell’originale da cui sono tratti, devono essere sottoscritti con firma digitale o con firma elettronica qualificata. Infatti, gli artt. 22 (18) e 23-bis (19) del CAD prevedono che tali copie «hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all’articolo 71» (ossia le citate regole tecniche del CAD). Tali regole agli artt. 4 e 6, con analoga formulazione, prevedono espressamente che la corrispondenza del contenuto della copia rispetto all’originale debba essere attestata o dal notaio mediante apposizione di firma digitale o dal pubblico Ufficiale a ciò autorizzato con firma digitale o firma elettronica qualificata.
Un simile livello di garanzie è imposto sia per le notifiche effettuate dagli Ufficiali giudiziari ai sensi dell’art. 149-bis c.p.c. (20), sia nel processo civile (21) sia, non da ultimo, nel processo tributario telematico (22), laddove è fatto obbligo che ogni atto di parte sia sottoscritto con firma digitale o con firma elettronica qualificata. E ciò ancorché l’atto sia spedito da indirizzi di posta elettronica certificata dell’Ufficiale giudiziario o del difensore contenuti in pubblici registri.
Solo in siffatta maniera è possibile, dunque, avere certezza circa l’identità del mittente e l’integrità dell’atto.

5. Sull’inesistenza/nullità di una notifica eseguita da un indirizzo PEC non incluso in alcun pubblico registro e/o mediante l’invio di un documento privo di sottoscrizione digitale

Nell’esperienza pratica, confermata dalle pronunce delle Commissioni tributarie (23), accade sovente che l’agente della riscossione provveda a notificare via PEC da un indirizzo di posta non incluso in alcun pubblico elenco un atto della riscossione privo di sottoscrizione digitale.
Come argomentato in precedenza, tali circostanze costituiscono gravi vizi che incidono, rispettivamente, sul procedimento notificatorio e sulla validità dell’atto notificato.
Quanto al primo, occorre anzitutto comprendere se questo sia tale da determinare l’inesistenza della notifica o la sua “semplice” nullità. Solo nella seconda ipotesi, infatti, come noto, vi potrebbe essere una sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, terzo comma, c.p.c. (24).
In tema di notificazioni, il discrimen fra nullità e inesistenza è stato individuato nella giurisprudenza di legittimità nella circostanza se l’atto da notificarsi, pur nell’irritualità del procedimento notificatorio, sia giunto o meno a conoscenza del destinatario (25). Ebbene, nel caso ipotizzato, qualora venisse generata la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio da parte del gestore di PEC del destinatario, tale condizione dovrebbe ritenersi soddisfatta. Conseguentemente, l’impugnazione dell’atto impositivo da parte del medesimo sarebbe idonea a determinare la sanatoria del vizio di nullità di cui è affetta la notifica telematica (26).
Tuttavia, come altrettanto noto, la sanatoria ex art. 156, terzo comma, c.p.c., operando dalla tempestiva impugnazione dell’atto, non comporta il venir meno della decadenza – che potrebbe medio tempore essere intervenuta – dell’agente della riscossione dal potere sostanziale di notificare l’atto esattivo. In altri termini, la sanatoria si estende, oltreché alla nullità della notifica, anche alla decadenza dal potere impoesattivo solo qualora intervenga prima che il termine per l’esercizio del potere di accertamento o di riscossione sia scaduto (27). Se ciò avviene successivamente a tale termine, non può che essere dichiarata la nullità dell’atto impugnato per decadenza dell’agente della riscossione dal potere esattivo.
Quanto all’eventuale vizio di sottoscrizione digitale dell’atto esattivo, si ritiene che tale mancanza non possa che condurre all’annullamento dell’atto medesimo (28), per manifesta violazione delle disposizioni appena esaminate. La mancata sottoscrizione, infatti, non garantisce la conformità dell’atto all’originale informatico da cui è tratto, non consente di appurare la paternità dell’atto medesimo né tantomeno di garantire la sua immodificabilità (29).

6. Conclusioni

Quanto sopra esposto non vuole affatto costituire una “demonizzazione” dello strumento informatico in trattazione (30). Infatti quest’ultimo, se correttamente utilizzato, permette senza dubbio di contemperare al meglio le esigenze di speditezza e semplificazione dell’azione amministrativa con quelle di certezza, conoscibilità e rispetto del diritto di difesa dei contribuenti.
Tuttavia risulta imprescindibile che ciò avvenga con le maggiori garanzie possibili e con la facoltà, in capo ai contribuenti medesimi, di verificare la provenienza e l’autenticità dell’atto esattivo ricevuto. Ciò, come ampiamente argomentato, può agevolmente avvenire mediante la spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata proveniente da un indirizzo dell’agente della riscossione inserito in un pubblico registro – come tale verificabile da parte dei contribuenti – portante a conoscenza degli stessi un atto esattivo digitalmente sottoscritto da parte dell’agente medesimo, dotandolo così dei requisiti di corrispondenza all’originale, autenticità e immodificabilità che tutti gli atti “telematici” devono necessariamente possedere.

Avv. Gianmarco Dellabartola

(1) Fra le più significative, cfr. Comm. trib. prov. di Savona, sez. I, 10 febbraio 2017, n. 100; Comm. trib. prov. di Latina, sez. I, 1° luglio 2016, n. 992; e Comm. trib. prov. di Lecce, sez. II, 25 febbraio 2016, n. 611, tutte pubbl. in questo stesso fascicolo a pag. 466 con nota di D. CARNIMEO, La notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento e degli altri atti della riscossione; nonché Comm. trib. prov. di Milano, sez. I, 3 febbraio 2017, n. 1023; Comm. trib. prov di Frosinone, sez. II, 1° dicembre 2016, n. 869; e Comm. trib. prov. di Latina, sez. VII, 26 settembre 2016, n. 21096; quest’ultime tutte in Boll. Trib. On-line.
(2) «Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3» (“regolamento PEC”).
(3) «Indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti» previsto dall’art. 6-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, costituente il Codice dell’Amministrazione Digitale (“CAD”), introdotto dall’art. 5, terzo comma, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
(4) Quid iuris per le notifiche telematiche nei confronti dei professionisti iscritti in Albi?
(5) Che, per immediatezza di riscontro, si riporta testualmente: «La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda» (primo comma). «La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600» (secondo comma). «Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario» (terzo comma). «Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune» (quarto comma). «Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione» (quinto comma). «Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600» (sesto comma).
(6) Per la precisione, esteso per ben 598 parole: «In deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Se la casella di posta elettronica risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio o, nei casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa. Nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente, per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, la notificazione può essere eseguita a coloro che ne facciano richiesta, all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari, all’indirizzo di posta elettronica certificata di uno dei soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero del coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado di cui all’articolo 63, secondo comma, secondo periodo, del presente decreto, specificamente incaricati di ricevere le notifiche per conto degli interessati, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Nelle ipotesi di cui al periodo precedente, l’indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa. Se la casella di posta elettronica del contribuente che ha effettuato la richiesta risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure nei casi in cui l’indirizzo di posta elettronica del contribuente non risulta valido o attivo, si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni del presente articolo diverse da quelle del presente comma e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149-bis del codice di procedura civile».
(7) Ossia le disposizioni che erano state previste in caso di invalidità o saturazione dell’indirizzo PEC del destinatario.
(8) La quale costituisce, ai sensi dell’art. 6, primo comma, del regolamento PEC, la prova dell’avvenuto invio del messaggio di posta fornita dal gestore di posta del mittente.
(9) Trattasi della ricevuta che, ai sensi dell’art. 6, terzo comma, del regolamento PEC, viene generata dal gestore di posta del destinatario e che attesta che la PEC è disponibile sul server.
(10) Utilizzato, oltreché in Italia, solo ad Hong Kong.
(11) Definita dall’art. 1, primo comma, lett. s), del CAD, quale «un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici».
(12) Così l’art. 6 del D.P.C.M. 13 novembre 2014, recante «Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005» (“regole tecniche del CAD”).
(13) Così Comm. trib. prov. di Latina n. 21096/2016, cit.; e Comm. trib. prov. di Lecce n. 611/2016, cit.; contra Comm. trib. prov. di Benevento, sez. I, 16 dicembre 2016, n. 1145, in Boll. Trib. On-line.
(14) Ossia quel particolare tipo di truffa informatica perpetrata tramite l’invio di e-mail solo apparentemente provenienti da istituti finanziari o pubbliche Amministrazioni con le quali, riferendo problemi di registrazione o di altra natura, si invitano i destinatari delle stesse a fornire i propri riservati dati di accesso al servizio o a compiere indebiti pagamenti.
(15) Neppure può essere escluso che la frode possa essere perpetrata mediante l’invio di cartelle di pagamento artefatte con allegati bollettini postali appoggiati su conti correnti non appartenenti all’agente della riscossione; in tali casi, senza la sottoscrizione digitale dell’atto o la possibilità di verificare l’indirizzo PEC di provenienza del messaggio, non è remoto il rischio di cadere in errore.
(16) Si vedano sul tema i numerosi comunicati stampa diramati proprio da Equitalia volti a mettere in guardia i contribuenti da tali tentativi, ultimo dei quali quello del 16 febbraio 2017 (https://www.gruppoequitalia.it/equitalia/opencms/it/news/Attenzione-alle-e-mail-truffa-su-avvisi-di-pagamento-di-Equitalia/).
(17) In tal senso E. FRONTICELLI BALDELLI, Cartella di pagamento: obbligatoria la notifica a mezzo PEC a imprese e professionisti, in il fisco, 2016, 1047; e ID., Irreperibilità nella notifica via PEC della cartella di pagamento, ibidem, 2758-2759.
(18) Concernente le copie informatiche di documenti analogici.
(19) Concernente i duplicati e copie informatiche di documenti informatici.
(20) Il quale prevede che quando notifica tramite PEC «l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale». Sul punto è opportuno osservare altresì che il D.L. n. 78/2010, nell’introdurre il secondo comma al citato art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, aveva espressamente previsto l’inapplicabilità dell’art. 149-bis c.p.c. alle notifiche degli atti esattivi. Tale scelta, confermata anche dal D.Lgs. n. 159/2015, è stata però abbandonata a seguito delle recenti modifiche al medesimo secondo comma recate dal D.L. n. 193/2016, con il quale è stato espunto tale inciso. Motivo in più, questo, che conferma la necessità di sottoscrizione digitale degli atti esattivi da parte dell’agente della riscossione.
(21) Cfr. il D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, recante «Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24».
(22) Cfr. il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163, recante «Regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111».
(23) Per un’elencazione, ancorché priva di esaustività, vedasi la nota 1.
(24) Applicabile anche agli avvisi di accertamento; cfr. Cass., sez. un., 5 ottobre 2004, n. 19854, in Boll. Trib., 2004, 1754; in dottrina, per tutti, cfr. A. VOGLINO, Luci ed ombre del responso nomofilattico sulla sanatoria dei vizi di notifica dell’atto impositivo a seguito del ricorso del contribuente, ibidem, 1707.
(25) Principio recentemente confermato da Cass., sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665, in Boll. Trib. On-line, secondo cui «il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali – pertanto – la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario».
(26) In tal senso la citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 7665/2016, secondo cui «il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC».
(27) In termini cfr. Cass. n. 19854/2004, cit.; esemplificando: qualora una cartella di pagamento, emessa ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, sia notificata, in maniera nulla, nel dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, l’eventuale impugnazione presentata nel febbraio successivo può determinare la sanatoria dei vizi di notifica, ma non quella della decadenza dal potere di riscossione dell’agente della riscossione.
(28) Essendo una nullità sostanziale che, come noto, non può mai essere sanata dalla tempestiva impugnazione dell’atto. Infatti, la sanatoria ex art. 156, terzo comma, c.p.c., opera con esclusivo riferimento agli atti del processo (così, ex multis, Cass., sez. trib., 26 settembre 2012, n. 16354, in Boll. Trib. On-line) ed è stata forzatamente estesa alle notifiche degli atti impositivi dopo un travagliato dibattito in seno alla Corte di Cassazione, ma non già (ovviamente) al loro contenuto.
(29) In tal senso, tra le più compiute a livello motivazionale, cfr. Comm. trib. prov. di Milano n. 1023/2017, cit.; e Comm. trib. prov. di Savona n. 100/2017, cit.
(30) In ordine alla bontà di tale strumento notificatorio sia consentito il richiamo a G. DELLABARTOLA, Notificazione delle sentenze tributarie tramite posta elettronica certificata ai sensi della legge n. 53/1994 e decorso del termine breve di impugnazione: più certezze che dubbi, in Boll. Trib., 2016, 1527 ss.

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