L’ordinanza in rassegna ha un merito notevole: quello di fornire agli operatori del settore una mini-guida per districarsi nei meandri dell’IRAP, una delle imposte notoriamente più travagliate.
La Suprema Corte ribadisce quello che aveva già affermato a proposito degli artisti (come la nota soubrette televisiva della vicenda sub iudice): «secondo la consolidata giurisprudenza di codesta Corte non ricorre il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione quando il contribuente … si limiti ad acquistare servizi che non siano direttamente pertinenti al contenuto della propria attività professionale e che vengano erogati dal fornitore con organizzazione propria di quest’ultimo, alla quale il contribuente resti estraneo (nel caso di specie si trattava di una modella che si avvaleva dell’attività di un soggetto che, per accordi contrattuali, aveva il mandato senza rappresentanza, a fronte di corrispettivi a lui pagati dalla stessa contribuente, di promuoverne l’immagine nel settore della moda e della pubblicità, oltre al procacciamento e alla gestione di contatti professionali)» (1).
Il che sembra ovvio, ma purtroppo ovvio non è perché i giudici di merito avevano fatto mal governo di tali principi costringendo la contribuente a ricorrere per cassazione.
È allora utile ricordare che la relazione finale della Commissione Gallo affermava che l’IRAP «è un’imposta che assoggetta a tassazione una capacità contributiva impersonale, basata sulla capacità produttiva che deriva dalla combinazione di uomini, macchine, materiali, ecc., una capacità contributiva autonoma, reale, separata dalla capacità contributiva personale propria dei singoli individui».
La tassazione IRAP colpisce quindi la struttura di cui si avvale il lavoratore autonomo o l’imprenditore, cioè quel complesso dato dalla combinazione di mezzi e di uomini capace di creare, come sottolinea la Corte Costituzionale nella famosa sentenza n. 156 del 2001 (2), “valore aggiunto”.
Valore aggiunto non nel senso di quello tassato ai fini dell’IVA (anche se qualcuno strumentalmente aveva lamentato che l’IRAP fosse un doppione dell’imposta sul valore aggiunto), ma nel senso di plusvalore.
I padri dell’imposta (l’IRAP nasce nell’accademia economica) dichiarano ex professo di ispirarsi al concetto di plusvalore (non nuovo, ne aveva già parlato Marx) inteso come la ricchezza che produce l’impresa al netto di quella riconosciuta ad altre imprese, e cioè il complesso dei ricavi al netto dei costi per i beni e per i servizi pagati ad altri imprenditori.
Il plusvalore si ripartisce, in base a quello che decide l’imprenditore, alla disciplina normativa del lavoro, al grado di civiltà sociale, etc., tra lavoratori dipendenti (retribuzioni), finanziatori (chi presta il denaro alle imprese) e profitto (quello che si trattiene l’imprenditore).
Ora, posto che l’IRAP è un’imposta sul valore aggiunto (nel senso di plusvalore), chi ha inventato il tributo ha pensato che fosse molto più conveniente (per lo Stato) tassare questo valore aggiunto là dove veniva prodotto e non in capo ai vari soggetti cui veniva distribuito (finanziatori e lavoratori dipendenti: sono infatti i due tipi di costi in linea di principio non deducibili ai fini dell’IRAP); questo per esigenze antievasive e di convenienza, come si fa con le accise che si prelevano presso la grande distribuzione.
Tant’è che è annosa la disputa sulla natura dell’IRAP: per i giuristi è un’imposta di carattere reale mentre per gli economisti è assimilabile a un’imposta sul reddito, ma su quello dei finanziatori e dei dipendenti, non su quello di chi produce il plusvalore (lo ricorda anche la già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 2001 quando osserva che non realizza il presupposto ai fini dell’IRAP chi non si avvale di “lavoro e di capitali altrui”).
In tale quadro – come hanno affermato le Sezioni Unite (3) – la segretaria del medico o dell’avvocato non ha alcuna attitudine a trasformare il professionista in soggetto “autonomamente organizzato”. L’attività organizzata – come è stato detto tante volte – ha un volto spersonalizzato, proprio perché astrattamente idonea di per se stessa a produrre plusvalore. Il lavoratore indipendente, invece, è un uomo/donna la cui attività dipende esclusivamente, ed è assolutamente condizionata, dalle sue vicende personali.
È quindi di evidenza solare che se anche l’agente – di cui si avvalgono artisti, scrittori, calciatori, etc. – fosse dotato di una mastodontica struttura organizzata (autonomamente assoggettata ad IRAP) questa circostanza non avrebbe nulla a che fare con il presupposto di imposta ai fini dell’IRAP realizzabile dal cliente dell’agente.
Chi si avvale di un agente non può essere soggetto passivo ai fini dell’IRAP perché l’agente è un professionista, un terzo, un soggetto del tutto estraneo al ciclo della produzione artistica. Un elemento, quindi, del tutto avulso da quella organizzazione spersonalizzata di uomini e mezzi – del contribuente e non dell’agente – idonea a generare plusvalore.
Come ricorda l’ordinanza in esame, qualcosa di simile succede anche nello sport dove gli atleti professionisti sono assistiti da agenti, persone fisiche o società.
A questo proposito torma utile – per chiarire – una recente vicenda del calcio di casa nostra.
Il secondo giocatore più pagato nel campionato italiano di calcio è Mauro Icardi, attaccante dell’Inter, che si avvale, come agente, della moglie Wanda Nara. La signora, regolare agente FIFA, può darsi produca valore aggiunto, ma solo di tipo psicologico-affettivo, non ancora tassabile.
Certamente, un buon agente (e la moglie di Icardi lo è, come sanno bene i dirigenti dell’Inter cui ha strappato per il marito un contratto fiabesco conducendo per tutta l’estate il bluff che il marito volesse andare a giocare nel Napoli o nella Juventus) è decisivo. Lo sottolinea anche la Gazzetta dello Sport del 9 ottobre 2016 che titola «L’agente Wanda Nara: Icardi? Affari miei», con tanto di intervista alla signora.
Come sta scritto su tutti i giornali, anche non strettamente sportivi, l’anno scorso Icardi aveva rinnovato il contratto con l’Inter a 2,6 milioni netti + bonus per cinque anni. Quest’anno, grazie all’agente Wanda Nara, quel contratto è stato stracciato e la signora, anzi l’agente FIFA, Wanda Nara, ha spuntato un nuovo contratto da 5,6 milioni (sempre netti) all’anno + bonus per i prossimi cinque anni.
Si può quindi certamente affermare che un buon agente faccia guadagnare anche milioni e milioni di euro in più all’anno. Ma scadrebbe a livello di barzelletta sostenere che l’agente integra l’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP di uno scrittore, di un artista o di un calciatore.
Serve un’ulteriore riprova? Basta chiedere a Stefano Pioli quanti minuti farebbe giocare Wanda Nara al centro dell’attacco dell’Inter o pensare come sarebbero riusciti gli indimenticabili film di Paul Newman se al suo posto avesse recitato (il sia pur altrettanto avvenente) Marcello Lippi.
Avv. Fausta Brighenti
(1) Così Cass., sez. VI, 27 gennaio 2015, n. 1545, in Boll. Trib. On-line.
(2) Cfr. Corte Cost. 21 maggio 2001, n. 156, in Boll. Trib., 2001, 873, con nota di F. BRIGHENTI, La Corte Costituzionale esclude dall’IRAP i professionisti “non organizzati”. Appunti a margine della sentenza 156/01 della Corte Costituzionale. Cfr. altresì U. PERRUCCI, Professionisti e IRAP dopo la sentenza della Corte Costituzionale, ivi, 2002, 337.
(3) Cfr. Cass., sez. un., 10 maggio 2016, n. 9451, in Boll. Trib., 2016, 1422, con note di B. AIUDI, L’IRAP nelle professioni, nota a margine dell’autonoma organizzazione; e F. BRIGHENTI, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione confermano: il professionista con segretaria non paga l’IRAP.
IRAP – Attività professionale – Professionisti non organizzati – Autonoma organizzazione – Nozione – Esercizio della professione con struttura sottoposta alla propria responsabilità, e con l’impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile o di lavoro altrui in modo non occasionale – Soggettività passiva ai fini dell’IRAP – Sussiste.
IRAP – Attività professionale – Professionisti non organizzati – Autonoma organizzazione – Nozione – Artista – Reddito elevato e agevolazione delle modalità di svolgimento dell’attività mediante agenti o organizzatori di spettacoli – Possibile irrilevanza – Estensione dell’accertamento del giudice di merito alla natura, struttura e funzione dei relativi rapporti giuridici – Necessita.
Ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, il quale superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP l’esercizio di un’attività artistica costituisce un elemento presuntivo idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui il contribuente risulta contare esclusivamente sulle proprie capacita professionali nonostante la produzione di un reddito cospicuo, dovendosi in ogni caso escludere dal perimetro impositivo la mera agevolazione delle modalità di svolgimento dell’attività professionale, e non è sufficiente per desumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione il solo fatto che l’artista si avvalga di un agente e/o, per contratto, di una società organizzatrice di spettacoli, autonomamente tenuti al versamento dell’IRAP, dovendosi estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura e alla funzione, dei relativi rapporti giuridici.
[Corte di Cassazione, sez. VI (Pres. Schirò, rel. Vel¬la), 23 novembre 2016, ord. n. 23908, ric. Hunziker Michelle Yvonne c. Agenzia delle entrate]
FATTO E DIRITTO – La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380-bis c.p.c., ed esaminata la memoria difensiva ex art. 380-bis, co. 2, c.p.c., depositata da parte ricorrente, osserva quanto segue.
1. In fattispecie relativa ad impugnazione di cartella di pagamento per Irap dell’anno di imposta 2008, con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce la “violazione del principio generale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 I co. n. 3”, per avere la C.T.R. omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di disapplicazione delle sanzioni, “considerata la lacunosità della normativa e la difficile interpretazione e applicazione della stessa”.
2. Con il secondo mezzo lamenta altresì “violazione o falsa applicazione degli artt. 2 e 3 D.Leg. n. 446/1997, in relazione all’art. 360 I co. n. 3 c.p.c. e in relazione all’art. 360 I co. n. 5 c.p.c. e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio”, assumendo che la C.T.R. avrebbe: I) erroneamente ritenuto “che potesse soddisfare il presupposto dell’autonoma organizzazione la sola presenza di alti compensi corrisposti a terzi”, quando invece “l’entità dei compensi corrisposti a terzi non devono essere valutati in assoluto, ma in relazione all’entità dei ricavi conseguiti” e comunque “non ricorre il presupposto dell’autonoma organizzazione quando il contribuente si limiti ad acquistare servizi che non siano direttamente pertinenti al contenuto della propria attività professionale e che vengano erogati dal fornitore con organizzazione propria di quest’ultimo, alla quale il contribuente resti estraneo”; II) omesso di esaminare i seguenti fatti decisivi dedotti dalla contribuente: a) “l’esistenza di beni strumentali minimi”, come da registro dei beni ammortizzabili prodotto in giudizio; b) “la contenuta percentuale delle spese sostenute per l’attività (pari ad € 592.639,00, di cui al Rigo RE20 M.U. 2009) rispetto agi elevati compensi percepito (pari ad € 2.665.246,00”); c) “l’inesistenza di spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato (v. rigo RE11 M.U. 2009)”; d) “la natura dei compensi corrisposti a terzi (per € 384.463,00 di cui al Rigo RE12 M.U. 2009) … non direttamente pertinenti al contenuto della attività della contribuente ed erogati dai vari fornitori con loro propria organizzazione, alla quale la contribuente è rimasta del tutto estranea”, quali “prestazioni legali”, “attività di Ufficio Stampa/relazione con i media” in Italia ed in Germania, mentre “l’importo più rilevante e consistente, di € 219.000,00, è stato corrisposto alla Agente Balladi Entertainment s.p.a. che, autonomamente e con la propria organizzazione promuove l’immagine e gli affari della sig.ra Unziker”.
3. Il Collegio ritiene che il primo motivo di ricorso sia fondato, poiché l’affermazione del giudice d’appello, contenuta nel capoverso finale della decisione – per cui “le considerazioni che precedono risultano quindi assorbenti e rendono irrilevante ogni altra eventuale eccezione sia di diritto che di merito” – non integra una decisione implicita di rigetto della domanda subordinata di disapplicazione delle sanzioni, la quale non poteva ritenersi “assorbita” dalla statuizione di rigetto, nel merito, del ricorso della contribuente. Di conseguenza, sussiste il vizio denunziato di omessa pronuncia su detta domanda subordinata.
4. Anche la seconda censura è ritenuta meritevole di accoglimento.
5. Invero, i giudici d’appello hanno ritenuto esistente “il presupposto dell’autonoma organizzazione” sulla base delle seguenti considerazioni: A) “uno dei requisiti fondamentali, tra gli altri, per l’assoggettabilità all’imposta de qua è rappresentato dalla presenza di compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale o artistica, proprio come accade nella fattispecie, laddove nel riquadro RE, rigo 12, sono stati esposti ben 384.465 euro”; B) «contrariamente a quanto sostenuto dalla parte privata nelle controdeduzioni, pag. 6 e seguenti, “presenza di collaboratori”, che con tale termine si intendono proprio quel tipo di collaborazioni, terze appunto, cosa come indicate dalla stessa contribuente ed ogni altro tipo similare, con esclusione dei dipendenti e ciò rappresenta, senza ombra di dubbio, quell’autonoma organizzazione che dirige i collaboratori nello svolgimento dell’attività professionale o artistica; persone e/o società che collaborano con il professionista artista nello svolgimento dell’attività di quest’ultimo, indipendentemente dalla forma giuridica delle stesse (persone fisiche o giuridiche)»; C) “costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta, o che ometta il versamento della stessa, asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”; D) le censure della ricorrente risultano “genericamente formulate, in quanto non investono, con il necessario carattere di specificità, la ratio della statuizione e comunque risultano altresì infondate in quanto le prove documentali prodotte provano esattamente il contrario di quanto asserito e dedotto e cioè l’esistenza dell’autonoma organizzazione e quindi l’assoggettabilità all’imposta de qua”.
6. Ad avviso del Collegio, una siffatta valutazione non risulta del tutto in linea con il recente approdo nomofilattico di questa Corte (Cass. s.u. 10 maggio 2016, n. 9451 (1)), con particolare riguardo al requisito della autonoma organizzazione, che “ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”, il quale “superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
7. Al riguardo va data continuità all’orientamento – affermatosi in fattispecie analoghe, per quanto in settori diversi (Cass. n. 24788/15 (2)) – in base al quale: I) “l’attività artistica costituisce un elemento presuntivo idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui il contribuente risulta contare esclusivamente sulle proprie capacita professionali nonostante la produzione di un reddito cospicuo” (Cass. n. 13471/15 (3)), “dovendosi in ogni caso escludere dal perimetro impositivo la mera agevolazione delle modalità di svolgimento dell’attività professionale” (Cass. n. 26991/14 (4)); II) “non è sufficiente per desumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione il solo fatto che l’esercente si avvalga di un agente e/o, per contratto, di una società organizzatrice di spettacoli” – autonomamente tenuto al versamento dell’Irap – “dovendosi estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura e alla funzione, dei due rapporti giuridici” (Cass. n. 7828/10 (5), in caso di cantante lirico); III) analoghe considerazioni valgono “riguardo alla posizione dello sportivo che, disponendo di contatti con società per la cura dell’immagine e dell’attività agonistica, abbia per loro tramite, stipulato contratti con sponsor e scuderie”, risultando ciò “di per se stesso insufficiente a dimostrare che il contribuente svolga la propria attività agonistica attraverso forme di organizzazione propria” (Cass. nn. 960/15 (6) e 961/15 (7) in caso di corridore motociclista).
8. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice d’appello che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame tenendo conto dei criteri sopra indicati.
P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.
(1) In Boll. Trib., 2016, 1422.
(2) Cass. 4 dicembre 2015, n. 24788, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cass. 1° luglio 2015, n. 13471, in Boll. Trib. On-line.
(4) Cass. 19 dicembre 2014, n. 26991, in Boll. Trib., 2015, 1197.
(5) Cass. 31 marzo 2010, n. 7828, in Boll. Trib. On-line.
(6) Cass. 21 gennaio 2015, n. 960, in Boll. Trib. On-line.
(7) Cass. 21 gennaio 2015, n. 961, in Boll. Trib. On-line.