Va subito precisato che la controversia qui sopra esposta e decisa, essendo sorta nella fase di prima applicazione del nuovo tributo comunale (istituito con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, come “imposta di sbarco”), non tiene ovviamente conto della sua trasformazione successiva in contributo di sbarco, formalizzata con l’art. 33 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, attuale corretta denominazione del nuovo prelievo (1).
Un secondo rilievo preliminare che merita interesse risiede nella constatazione che la contesa esaminata dai giudici amministrativi piemontesi è essenzialmente basata sul paradossale contrasto di opinioni sulla portata della nuova imposizione, creatasi fra due ministeri dello Stato (Ministero dell’economia e finanze e Ministero delle infrastrutture e trasporti).
Mentre, infatti, il primo Ministero ha rilasciato un motivato parere favorevole (17 gennaio 2014) (2) sulla legittima estensione della portata dell’imposta di sbarco a tutte le situazioni nazionali di esistenza di isole minori collegate al Comune di appartenenza con regolari servizi di linea, comprendendo non solo le isole marittime, ma anche quelle lacustri e fluviali, il Ministero dedicato ai collegamenti ha contestato tale risoluzione, impugnando i provvedimenti comunali basati e conformi all’indirizzo espresso in materia dal Ministero finanziario.
Chiuse queste brevi parentesi preliminari, si può passare alla valutazione delle soluzioni espresse dalla pronuncia in commento sul merito delle questioni proposte dal ricorso esaminato: d’accordo sul giudizio di legittimità in ordine all’applicabilità della normativa sul tributo di sbarco anche ad isole non marittime, ma esprimendo riserve sulla tesi della “interpretazione estensiva”, che è tesi pericolosa e fuorviante, a nostro parere, quando riguarda gli elementi essenziali dell’obbligazione tributaria, come i soggetti passivi, i presupposti dell’imposizione e la misura massima di quest’ultima (3). Tesi, peraltro, disattesa dal Consiglio di Stato, allorché venne chiamato a pronunciarsi proprio sulla estensione del tributo in rassegna a tutte le possibili ipotesi di sbarco nelle isole, in aggiunta a quelle realizzate con i collegamenti di linea (4): il Massimo Collegio decidente amministrativo giunse a negare, in base alla dedotta “unicità della ratio”, la pretesa estensione. La realtà, qui, è diversa, poiché non si tratta di estendere in via interpretativa l’applicazione del tributo alle isole non marittime, ma, obiettivamente, di applicare una norma generica e onnicomprensiva, che non delimita la natura dell’oggetto della tassazione: “isole” e basta – in base alla legge – sono tutte le isole esistenti nel territorio nazionale, prescindendo dal “mezzo” che le separa dalla terraferma e dalla sede del Comune cui appartengono. Sarà eventualmente – ma ciò va ritenuto improbabile e sostanzialmente iniquo – lo stesso e solo legislatore a precisare meglio quanto già deciso.
Per il resto, nulla da aggiungere o da discutere, con la sola eccezione della dedotta “non-alternatività” assoluta dell’imposta di sbarco con quella di soggiorno. L’ipotesi su cui è basata, quella cioè del turista o cittadino non residente che soggiorna nella sede del Comune sulla terraferma, ma non visita le isole, è elegante questione di studio, ipotesi estrema di disquisizione teorica: perché questo povero soggetto, quando dovrà pagare il conto dell’albergo, comprensivo dell’imposta di soggiorno, dovrebbe eccepire di non essere debitore di tale imposta, avendo visitato – sulla propria parola – le splendide isole minori del Comune, con prove cartacee (biglietto del vettore del collegamento alle isole) assolutamente inidonee alla causa …
Dott. Eugenio Righi
(1) Ved. art. 33 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, che modifica l’art. 4, comma 3-bis, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; sulla giustificazione di tale modifica si rinvia alla nostra nota alla sentenza della Corte Cost. 16 dicembre 2016, n. 281, in Boll. Trib., 2017, 491, titolata Imposta di sbarco: la Corte Costituzionale non si pronuncia sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate sul nuovo tributo.
(2) In Boll. Trib. On-line.
(3) Cfr. art. 3, comma 149, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e art. 52, primo comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
(4) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2017, n. 2516, in Boll. Trib. On-line.
Tributi locali – Imposta di sbarco – Individuazione della ratio della norma – Applicabilità dell’imposta per lo sbarco su isole minori non solo marittime ma anche lacustri e fluviali – Sussiste.
Tributi locali – Imposta di sbarco – Riscossione – Affidamento della riscossione alle compagnie di navigazione – Natura privata o pubblica del vettore del servizio di linea cui è affidato tale compito – Irrilevanza.
Tributi locali – Imposta di sbarco – Alternatività con l’imposta di soggiorno – Sussiste – Possibilità per il Comune di applicare l’imposta di soggiorno ai soggetti che soggiornino nella parte del territorio comunale sulla terraferma senza approdare sulle isole minori, e di applicare l’imposta di sbarco a coloro che soggiornino sulle isole a seguito dell’approdo su di esse – Sussiste.
A norma dell’art. 4, comma 3-bis, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, i Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i Comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, in alternativa all’imposta di soggiorno, un’imposta di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 1,50, da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea, le quali sono responsabili del pagamento dell’imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, ma tale norma non definisce in termini puntuali le “isole minori” in relazione alle quali è consentita l’istituzione dell’imposta di sbarco da parte dei Comuni, né chiarisce se l’imposta possa esigersi pure in presenza di isole lacuali o fluviali, e pertanto appare corretta un’interpretazione estensiva della norma impositiva in quanto fondata sull’identità di ratio delle due fattispecie, l’approdo turistico con mezzi di linea su isole marittime e su isole lacuali e fluviali, atteso che la comune ratio dell’imposizione è quella di consentire agli enti nel cui territorio insistono isole minori, caratterizzate dalla presenza di un turismo di massa limitato ad uno solo o a pochi giorni, non accompagnato dall’alloggio in strutture ricettive, di fare fronte mediante il gettito dell’imposta di sbarco ai maggiori oneri economici derivanti dall’approdo di ingenti flussi turistici ed alla conseguente necessità di finanziare i servizi pubblici e turistici sulle isole, e la medesima finalità accomuna le esigenze finanziarie che nascono dallo sbarco di turisti su isole minori marittime e su isole situate in laghi o fiumi, quando lo sbarco venga effettuato mediante i mezzi di trasporto delle compagnie di navigazione di linea.
Ai fini della riscossione dell’imposta di sbarco, l’art. 4 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, non definisce le compagnie di navigazione ma al contrario assegna rilevanza alla nozione di vettore (soggetto che professionalmente esercita un’attività di navigazione per il trasporto di persone con mezzi navali) istituito per gestire un servizio pubblico di navigazione di linea, ovvero un collegamento continuato ed autorizzato, con orari, scali e tariffe prestabilite, volto ad assicurare la mobilità di persone su corsi d’acqua in maniera continua e regolare, prescindendo quindi dalle modalità di gestione del servizio di navigazione, che può essere indifferentemente affidato in concessione ad un vettore privato oppure ad un soggetto pubblico in regime di gestione commissariale, atteso che l’elemento qualificante della norma impositiva risiede nel fatto che i soggetti deputati alla riscossione dell’imposta di sbarco sono compagnie, private o pubbliche, che svolgono un servizio di navigazione di linea, risultando invece irrilevanti la natura pubblica o privata del vettore e le modalità di affidamento o di gestione del servizio pubblico.
L’art. 4, comma 3-bis, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, non dispone alcunché in merito al trattamento impositivo nei confronti dei turisti soggiornanti sulla terraferma che, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, possono essere sottoposti alla sola imposta di soggiorno, di talché l’alternatività dell’imposta di sbarco con l’imposta di soggiorno non opera nei confronti di chiunque, ma riguarda solo coloro che soggiornano sulle isole a seguito dell’approdo sulle stesse e impone, pertanto, che tali soggetti non siano gravati anche dall’imposta di soggiorno, non essendo precluso all’ente locale di applicare l’imposta di soggiorno nei confronti di coloro che soggiornino sulla restante parte del territorio comunale, cioè sulla terraferma, senza approdare sulle isole.
[Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, sez. II (Pres. Testori, rel. Picone), 29 novembre 2017, sent. n. 1286, ric. Ministero infrastrutture e trasporti – Gestione governativa dei servizi pubblici di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como c. Comune di Stresa]
FATTO – La Gestione governativa dei servizi pubblici di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, ente organo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, impugna le delibere in epigrafe, con le quali il Comune di Stresa ha istituito, ai sensi dell’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011, l’imposta comunale di sbarco sulle Isole Borromee ed ha approvato il relativo regolamento applicativo.
Con nota del 9 aprile 2014, il Comune aveva trasmesso le predette delibere al gestore pubblico del servizio di navigazione di linea sul lago Maggiore, anche al fine di consentire all’ente responsabile l’adozione dei necessari atti di organizzazione per la riscossione dell’imposta.
Il Ministero deduce la violazione dell’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011 e contesta, con plurimi argomenti, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’imposta.
Si è costituito il Comune di Stresa, chiedendo il rigetto dell’impugnativa.
L’istanza cautelare è stata respinta, con ordinanza di questa Sezione n. 225/2014 così motivata: “… il ricorso non appare suscettibile di accoglimento, in relazione: – al presupposto oggettivo individuato dall’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011, che giustifica l’estensione dell’imposta di sbarco alle isole minori lacustri (assimilabili a quelle marittime, secondo quanto correttamente affermato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel parere del 17 gennaio 2014); – alla natura soggettiva dell’incaricato della riscossione dell’imposta, che ben può essere assimilato alle compagnie di navigazione che assicurano collegamenti di linea”.
Alla pubblica udienza del 20 settembre 2017 la causa è passata in decisione.
DIRITTO – Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Stresa, in quanto il ricorso è infondato nel merito, per le ragioni già sommariamente espresse nella fase cautelare.
In sintesi, il Ministero lamenta la violazione dell’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011 e del principio di riserva di legge in materia tributaria, nonché del suo corollario secondo cui le norme di carattere impositivo sarebbero di stretta interpretazione. L’imposta di sbarco potrebbe essere istituita soltanto dai Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e dai Comuni nel cui territorio insistono le isole minori di cui all’allegato A della legge n. 448 del 2001. Il soggetto incaricato della riscossione dell’imposta di sbarco potrebbe essere soltanto una compagnia privata di navigazione che fornisce collegamenti marittimi di linea, mentre la gestione governativa è un vettore pubblico che non effettua collegamenti marittimi e, come tale, non potrebbe essere competente a riscuotere l’imposta.
L’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011, nel testo vigente al momento dell’adozione delle delibere consiliari impugnate, stabiliva che: “I Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i Comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modificazioni, in alternativa all’imposta di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un’imposta di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 1,50, da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea. La compagnia di navigazione è responsabile del pagamento dell’imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. … Il gettito del tributo è destinato a finanziare interventi in materia di turismo e interventi di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”.
La norma autorizza i Comuni aventi sede giuridica nelle isole minori ed i Comuni nel cui territorio insistono isole minori ad istituire, con regolamento, un’imposta di sbarco da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione che svolgono i collegamenti marittimi di linea. La compagnia di navigazione è il soggetto responsabile del pagamento dell’imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi.
La norma, tuttavia, non definisce in termini puntuali le “isole minori” in relazione alle quali è consentita l’istituzione dell’imposta di sbarco da parte dei Comuni, né chiarisce se l’imposta possa esigersi, come nella specie, pure in presenza di isole lacuali o fluviali.
Il riferimento esplicito alle isole minori marittime e non anche alle isole lacuali o fluviali, ad avviso del Collegio, non giustifica l’interpretazione restrittiva propugnata dal Ministero.
Il richiamo dell’art. 25 della legge n. 448 del 2001 e dell’elenco delle isole marittime (allegato A della legge) non vale ad escludere la possibilità di un’interpretazione estensiva della norma impositiva. Come osservato dalla difesa del Comune, le disposizioni della legge n. 448 del 2001 non hanno una valenza sistematica, né definiscono una volta per tutte la categoria delle “isole minori”, bensì specificano unicamente quali isole possono fruire delle risorse economiche messe a disposizione dall’apposito fondo ministeriale.
In via di principio, per le norme di imposizione tributaria e per quelle che accordano benefici fiscali, la giurisprudenza ammette sia l’interpretazione estensiva, la quale tende a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente considerati quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della disposizione, che l’interpretazione evolutiva, la quale mira invece ad adeguare la portata concreta della norma ai mutamenti economico-sociali e tecnici intervenuti nel tempo (Cass. civ., sez. trib., 30 dicembre 2011 n. 30722 (1)).
Dello stesso avviso è il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Infatti, prima di deliberare l’istituzione dell’imposta di sbarco, che trova ragione negli ingenti oneri economici derivanti dall’erogazione dei servizi turistici e del servizio pubblico di raccolta e smaltimento rifiuti sulle isole, a fronte dell’ingente numero di visitatori che vi si recano durante l’anno, il Comune di Stresa ha acquisito il parere preventivo del Dipartimento delle Finanze del Ministero in ordine alla legittimità dell’applicazione dell’imposta di sbarco sulle isole Borromee, in alternativa all’imposta di soggiorno per i turisti che vi soggiornano. Il Comune ha richiesto il parere proprio in considerazione dei dubbi interpretativi circa la possibilità di applicare l’imposta di sbarco alle isole minori lacustri.
Con parere del 17 gennaio 2014 (2) (doc. 4), il Ministero si è espresso in senso favorevole, affermando che, in base alla ratio della norma, l’imposta può essere istituita anche per lo sbarco su isole minori diverse da quelle marittime, come quelle lacustri, purché lo sbarco venga effettuato mediante i mezzi di trasporto delle compagnie di navigazione di linea.
L’interpretazione estensiva si fonda sull’identità di ratio delle due fattispecie, l’approdo turistico con mezzi di linea su isole marittime e su isole lacuali e fluviali.
La comune ratio dell’imposizione, infatti, è quella di consentire agli enti nel cui territorio insistono isole minori, caratterizzate dalla presenza di un turismo di massa limitato ad uno solo o a pochi giorni, non accompagnato dall’alloggio in strutture ricettive, di far fronte mediante il gettito dell’imposta di sbarco ai maggiori oneri economici derivanti dall’approdo di ingenti flussi turistici ed alla conseguente necessità di finanziare i servizi pubblici e turistici sulle isole.
La medesima finalità accomuna le esigenze finanziarie che nascono dallo sbarco di turisti su isole minori marittime e su isole situate in laghi o fiumi, quando lo sbarco venga effettuato mediante i mezzi di trasporto delle compagnie di navigazione di linea. L’interpretazione letterale della norma, viceversa, determinerebbe l’elusione della finalità dell’imposta di sbarco, con riferimento a situazioni identiche a quelle dell’approdo di turisti su isole marittime, benché non direttamente previste dall’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011. Non si ravvisano ragioni per differenziare, sul piano tributario, le isole collocate in mezzo ad un lago da quelle circondate dal mare, poiché il fenomeno turistico rappresenta il connotato qualificativo di entrambe.
Di conseguenza, il Comune di Stresa non ha indebitamente esteso la platea dei soggetti passivi, trattandosi piuttosto di individuare correttamente i soggetti tenuti a riscuotere l’imposta, ossia tutte le compagnie di navigazione di linea titolari di un servizio pubblico.
Ugualmente infondata è l’ulteriore censura, riferita alla questione del soggetto competente alla riscossione dell’imposta di sbarco, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011.
Non è controverso che la Gestione governativa dei servizi pubblici di navigazione sul lago Maggiore eserciti un servizio pubblico di linea, per il collegamento con le isole del lago, comprese le isole Borromee.
La norma, come si è detto, non definisce le compagnie di navigazione ma, al contrario, assegna rilevanza alla nozione di vettore (soggetto che professionalmente esercita un’attività di navigazione per il trasporto di persone con mezzi navali) istituito per gestire un servizio pubblico di navigazione di linea, ovvero un collegamento continuato ed autorizzato (con orari, scali e tariffe prestabilite), volto ad assicurare la mobilità di persone su corsi d’acqua in maniera continua e regolare. Ai fini della riscossione dell’imposta, la norma prescinde dalla modalità di gestione del servizio di navigazione, che può essere indifferentemente affidato in concessione ad un vettore privato oppure ad un soggetto pubblico in regime di gestione commissariale.
Come evidenziato nel parere ministeriale acquisito dal Comune di Stresa, l’elemento qualificante della norma impositiva risiede nel fatto che i soggetti deputati alla riscossione dell’imposta di sbarco sono compagnie, private o pubbliche, che svolgono un servizio di navigazione di linea, risultando invece irrilevanti la natura pubblica o privata del vettore e le modalità di affidamento o di gestione del servizio pubblico.
Non sussiste, pertanto, alcuna violazione del principio di riserva di legge in materia tributaria.
Inoltre, l’art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, nell’attribuire ai Comuni il potere di disciplinare con regolamento i propri tributi, prevede anche la possibilità che l’accertamento e la riscossione dei tributi locali siano affidati a concessionari di pubblici servizi. Tale norma va ad integrare l’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011 e concorre a giustificare l’attribuzione alla Gestione governativa del potere di riscuotere il pagamento dell’imposta di sbarco sulle isole lacustri.
Infine, è infondata la censura relativa alla violazione del principio di alternatività con l’imposta di soggiorno.
Come rilevato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel parere del 17 gennaio 2014, l’alternatività dell’imposta di sbarco con l’imposta di soggiorno non opera nei confronti di chiunque, ma riguarda solo coloro che soggiornano sulle isole a seguito dell’approdo sulle stesse ed impone, pertanto, che tali soggetti non siano gravati anche dall’imposta di soggiorno.
L’art. 4, comma 3-bis, del d.lgs. n. 23 del 2011 non dispone alcunché in merito al trattamento impositivo nei confronti dei turisti soggiornanti sulla terraferma che, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, possono essere sottoposti alla sola imposta di soggiorno.
Così, il principio di alternatività non preclude all’ente locale di applicare l’imposta di soggiorno nei confronti di coloro che soggiornino sulla restante parte del territorio comunale, cioè sulla terraferma, senza approdare sulle isole.
Una diversa interpretazione dell’art. 4, commi 1 e 3-bis, determinerebbe una disparità di trattamento in danno dei Comuni con un’articolazione territoriale in parte continentale ed in parte insulare, come nel caso del Comune di Stresa, poiché in tale ipotesi si imporrebbe la scelta tra l’istituzione di un tributo o dell’altro e, pur sussistendo il presupposto impositivo, l’ente sarebbe privato del potere di istituire l’imposta di sbarco (non potendo riscuotere alcun contributo dai turisti che si rechino, senza soggiornarvi, presso le isole facenti parte del territorio comunale e che, nel contempo, non soggiornino neppure sulla terraferma) e l’imposta di soggiorno (non potendo riscuotere alcun contributo dai turisti che soggiornino presso le strutture recettive situate sulla terraferma).
Il Comune di Stresa, pertanto, non ha violato il principio di alternatività.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese processuali possono essere compensate, avuto riguardo alla novità delle questioni giuridiche prese in esame.
P.Q.M. – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
(1) In Boll. Trib. On-line.
(2) In Boll. Trib. On-line.