Il perfezionamento del sub procedimento di regolarizzazione dei patrimoni esteri legittima l’ingresso nel patrimonio personale dell’evasore delle utilità bonificate. Invero ciò non basta a cancellare l’illiceità originaria del comportamento con cui l’indiziato de facto si è procurato i beni reinvestendo il risparmio fiscale: si vuole dire che la voluntary disclosure (di seguito VD) non affranca (estingue) i reati extrafiscali, per i quali rigenerano responsabilità vecchie e nuove. Il riferimento è al nuovo reato contenuto nell’ambito della VD II per colui che “imbarca” la procedura de qua al fine di far emergere patrimoni, contante e valori derivanti da reati diversi da quelli (fiscali) per i quali opera la clausola di non punibilità. Difatti, i programmi di VD – monitorati dall’OCSE – sono ispirati al principio di completezza, universalità e veridicità e al divieto di non mentire. In tal senso viene disposta l’introduzione nell’ambito della VD di uno specifico reato, per chi fraudolentemente si avvale della nuova procedura al fine di far emergere patrimoni o contanti derivanti da reati diversi da quelli (fiscali) coperti dalla VD (in essa rilevando solo la patologia madre fiscale, ved. violazioni reddituali, dichiarative ovunque consumate – inshore e offshore – e quelle sul monitoraggio fiscale). Il contribuente rilascerà al professionista una dichiarazione autonoma, dedicata all’origine solo fiscale e non extrafiscale dei patrimoni autodichiarati, ved. contante e valori al portatore. Pertanto, sono scenari verosimili e ampiamente attesi quelli a cui si sta assistendo di recente con Procure e DIA che stanno seguendo il flusso di denaro illecito autodenunziato in VD, facendo chiarezza sui fondi rimpatriati provenienti non di rado da attività illecite. Sequestri preventivi di beni finalizzati alla confisca sono disposti in ordine sparso dalle Procure di Napoli e Milano grazie anche all’assistenza della Procura Federale (ved. Svizzera), con rogatorie internazionali massive presso istituzioni finanziarie “collaboranti”. Prefate rogatorie incontrano un limite ontologico non potendo ex se violare i contenuti delle cassette detenute fuori dal circuito delle istituzioni finanziarie – il fenomeno si è amplificato nella bassa Svizzera. Difatti, le cassette di sicurezza non autorizzate, ovvero messe a disposizioni da società non bancarie (isola di immunità fiscale), si sono moltiplicate, con l’effetto deteriore che le Autorità estere riceventi una rogatoria internazionale non saprebbero quali società mette a disposizioni queste cassette, verificata l’assenza di un loro censimento e di un regime, filtro autorizzatorio. Ancora sulla collaborazione internazionale con questo Paese si osserva che la disciplina delle “richieste di gruppo” – si trovano in un territorio limitrofo e prossimo alla scambio automatico di informazioni il cui flusso decorrerà dal mese di settembre – trova regole condivise nell’accordo fra Berna a Milano in vigore dal 2 marzo scorso. L’obiettivo sono i recalcitrant account holders poco sensibili ai diktat delle banche estere depositarie degli averi illegali sulla loro necessaria regolarizzazione fiscale al fine di continuare l’operatività. Questi soggetti, in quanto non allineati fiscalmente, a breve saranno i destinatari delle prime richieste di gruppo (group request). In altri termini, per coloro che non hanno aderito alla prima voluntary disclosure – non conformi fiscali – sono in partenza – ex paradisi fiscali di confine (Svizzera e Montecarlo) – le prefate richieste di gruppo. Lo stesso dicasi (richieste di gruppo), anche per coloro che sono iscritti all’AIRE dal 2010, unitamente a coloro che hanno ottenuto il permesso di tipo B in Svizzera o titoli equivalenti in Montecarlo o altri Paesi rifugio anche comunitari, ved. Slovenia e Austria, senza però dichiararlo all’anagrafe italiana. In altri termini, i domiciliati occulti – residenti fiscalmente in Italia, cfr. l’art. 2, secondo comma, del TUIR – per non essersi autodichiarati all’anagrafe de qua, saranno destinatari a breve delle prime rogatorie di gruppo.
La recente offensiva diplomatica e mediatica figlia di questo nuovo “ordine mondiale” sulla trasparenza fiscale rappresenta un nuovo invito all’adesione alla VD per questi ultimi irriducibili.
Peraltro, nella ricognizione delle innovazioni alla nuova VD, sulle integrazioni (1) alla VD I si osserva che ora è stata data la possibilità di presentare una VD II nazionale per andare a integrare una VD I internazionale, e viceversa si ritiene in deroga al principio di veridicità e completezza della VD (superate le interdizioni e inibizioni, figlie della completezza de qua). Difatti, nella VD I, il contribuente che ha aderito ad esempio a quella nazionale implicitamente ha dichiarato di non possedere assets offshore o di aver assolto agli obblighi di monitoraggio fiscale sugli stessi eventualmente posseduti, per cui non risulta comprensibile per questo contribuente riesumare e rigenerare in VD II per le stesse annualità coperte dalla VD I Nazionale evasioni estere senza compromettere gli effetti della sua originaria VD I. Diverso sarebbe stato, essendo più coerente con il sistema positivo (2), prevedere, per questo contribuente in VD I Nazionale, la possibilità di presentare una VD II Internazionale solo per le violazioni 2014 e 2015 non incluse nella prima. Invece opererebbero sistemiche interdizioni alla VD II per quel contribuente delegato di un conto offshore che ha sanato in VD I, non dichiarando però ultronea relazione bancaria di cui risulta intestatario/beneficiario sempre sull’estero. Difatti, coprendo la VD I qualsiasi situazione finanziaria sull’estero sia in proprio che quale delegato, opererebbero alla sua VD II le ben note limitazioni e/o condizioni fissate dal primo comma dell’art. 5-octies del D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227), con il portato che una VD II (viziata) farebbe venire meno anche la validità della VD I, verificata la sua incompletezza, con l’apertura verosimile di un fascicolo all’autorità giudiziaria.
La riapertura dei termini di accesso alla voluntary disclosure-bis consente ai contribuenti di rimuovere, con benefici sotto il profilo sanzionatorio, le violazioni tributarie – reddituali e dell’obbligo sul monitoraggio fiscale – ovunque realizzate e relative al periodo 2009/2015 (2004/2015 per le evasioni in Paesi black list) (3). Trattasi, in pratica, dei medesimi anni della prima edizione, ma con l’aggiunta delle annualità 2014 e 2015. In tema di accordi internazionali si segnala che a partire dal periodo d’imposta 2017 decorre la raccolta dei dati dei contribuenti esteri prevista dal CRS (Common reporting standard), che consiste nel nuovo standard globale dello scambio automatico delle informazioni fiscali tra le Amministrazioni finanziarie di oltre cento Stati aderenti all’OCSE. Nel dettaglio, con il Common Reporting Standard, dopo l’implementazione del FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) gli intermediari finanziari italiani saranno obbligati ad acquisire e, per effetto di una procedura di verifica simile a quella del FATCA, a trasmettere le informazioni relative ai conti finanziari detenuti da soggetti fiscalmente residenti in tutti i Paesi esteri, europei e non, aderenti al CRS. A differenza dei FATCA, il CRS ha demandato a tutti gli istituti finanziari un significativo adeguamento dei processi di identificazione e controllo della clientela. Lo scopo è utilizzare le informazioni antiriciclaggio nel perseguimento del nero internazionale aprendo, in sostanza, le banche dati sul titolare effettivo dei rapporti finanziari (anche dei trust) per individuare prestanomi e strutture interposte a fini elusivi.
Con riferimento alle violazioni reddituali, la procedura potrà riguardare gli anni: dal 2010 al 2015, in caso di presentazione di una dichiarazione infedele, e dal 2009 al 2015 in caso di dichiarazione omessa; dal 2006 al 2015, in caso di presentazione di una dichiarazione infedele, e dal 2004 al 2015 in caso di omessa dichiarazione, in presenza dei presupposti per applicare il raddoppio dei termini di accertamento (4). Invece, in relazione alle violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale, gli anni da regolarizzare sarebbero i seguenti: dal 2009 al 2015, per le attività detenute in Paesi non considerati black list (anche in virtù di specifici accordi internazionali); dal 2004 al 2015, per le attività detenute in Paesi black list (5). In particolare, non si applica il raddoppio dei termini di accertamento laddove prima del 24 ottobre 2016 sia entrato in vigore un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali sulla base del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, ovvero un accordo conforme al modello da quest’ultimo elaborato, denominato TIEA (ovvero Tax Information Exchange Agreement). Più diffusamente, ai soli fini della voluntary disclosure, il raddoppio dei termini non opera in caso di detenzione delle attività in Paesi che hanno con l’Italia un accordo per l’efficace scambio d’informazioni: i) entrato in vigore entro il 24 ottobre 2016, come per Cipro, Corea del Sud, Ecuador, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Gibilterra, Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Jersey, Libano, Lussemburgo, Malaysia, Malta, Oman, San Marino, Singapore, Svizzera, Taiwan; ii) o siglato entro il 2 marzo 2015, come per Monaco e Liechtenstein.
Vieppiù, la non operatività dei citati termini sottende la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 5-quinquies, quarto e quinto comma, del D.L. n. 167/1990, vale a dire che le attività estere vengano trasferite in Italia o in Stati dell’Unione europea inclusi nella white list o SEE, ovvero che l’autore delle violazioni dichiarative rilasci il waiver all’intermediario finanziario estero. Invero, una leggera discrasia con il dato normativo è rinvenibile nelle istruzioni del modello, che prevedono che la neutralizzazione del raddoppio dei termini di accertamento opera anche per i Paesi il cui accordo sia stato stipulato entro il 24 ottobre 2016, anche se non ancora entrato in vigore a tale data. Di talché, potrebbero anche essere interessati Paesi quali Costa Rica, Bermuda, Panama, Andorra e Barbados. Vi sono poi altri Paesi che, pur non avendo un accordo per l’efficace scambio di informazioni con l’Italia, aderiscono alla Convenzione di Strasburgo sull’assistenza amministrativa in campo fiscale: Seychelles, Isole Vergini, Anguilla, Antille Olandesi, Belize, Monserrat, Turks, Caicos e Aruba. Come tali figurano nella nuova white list italiana (D.M. 4 settembre 1996) che comprende anche «Paesi che, in assenza di una Convenzione, assicurino comunque un sistema di scambi di informazioni, anche attraverso la stipula di accordi nel campo dell’assistenza amministrativa fra autorità fiscali».
La seconda edizione della procedura apre ai nuovi Trattati con Paesi ancorché non espunti dalle black list, giusti i DD.MM. 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, la cui presenza nelle predette black list comporterà, fuori dalla procedura in esame, il raddoppio dei termini di accertamento ai sensi dei commi 2-bis e 2-ter dell’art. 12 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102). Pertanto, alla luce della loro riabilitazione per via di tali accordi, gli ex-paradisi fiscali ovvero le violazioni tributarie ivi realizzate o trasferite non saranno in VD II soggette al raddoppio dei termini (gli ex paradisi fiscali sono de facto equiparati ai Paesi white list). Di tutta evidenza risulta il vantaggio competitivo della nuova VD II rispetto a questi Paesi e alle evasioni ivi generate o esportate, nella misura in cui le violazioni tributarie più datate, ovvero ultraquinquennali (antecedenti il 2010), non “andranno” in dichiarazione. Queste ultime, ormai decadute, si consolidano in quanto non opera il raddoppio dei termini. In aggiunta, su tali evasioni gli aderenti conseguiranno anche le maggiori “riduzioni” sulle violazioni del quadro RW e gli effetti estintivi sul piano penal-tributario. Paesi come, a titolo meramente esemplificativo, Hong Kong e Andorra potranno essere bonificati nei termini ordinari dell’accertamento, ossia si dichiareranno le violazioni reddituali commesse nella finestra temporale compresa tra il 2010 e il 2015. Pertanto coloro che non hanno aderito alla VD I potranno beneficiare in VD II dell’estensione dei nuovi accordi a Paesi, come Bermuda e Panama, che erano invece considerati black list nella prima edizione, e conseguentemente lucrare i maggiori benefici premiali già previsti per i Paesi white list, retro illustrati (6).
È doveroso operare alcune riflessioni in merito al tema della “portabilità” delle evasioni italiane, ovvero nelle ipotesi in cui le attività finanziarie siano state oggetto di trasferimento in Paesi black list e circa le decorrenze del controllo fiscale. Più nello specifico, il riferimento è alle evasioni che non sono state costituite in (ex) paradisi fiscali ma solo ivi esportate e riallocate offshore in un momento successivo alla loro generazione in Italia (ipotesi del trasferimento dall’Italia verso un paradiso fiscale). Tali evasioni realizzate in Italia e poi portate all’estero anche a distanza di anni attraverso l’art. 12 del D.L. n. 78/2009 (norma sostanziale) diventano imponibili dal momento di destinazione finale all’estero, con l’effetto deteriore che si dovrebbe azzerarne la cronologia e storia italiana. Ne discende che un’evasione italiana 2008 conferita nel 2009 in un Paese divenuto collaborativo non si prescrive (i.e. non va dichiarata in VD II).
Sotto il profilo temporale, queste evasioni si considerano realizzate ai fini accertativi nel momento del trasferimento finale all’estero attraverso il principio di “connessione” dei redditi non dichiarati con le attività detenute in un Paese black list. Le evasioni dell’Italia, ovvero i maggiori imponibili non dichiarati che servirono per costituirne le attività, restano fuori dalla presunzione de qua. Trattandosi di una presunzione legale relativa (cfr. il citato art. 12) resta aperto il profilo dimostrativo della sola origine extrafiscale di questi capitali, potendo il contribuente (riparto e inversione dell’onere probatorio) dimostrare la natura non reddituale di quelle somme. Sulla base del principio attrattivo i redditi sono “tassati” in regime di raddoppio dei termini stante la connessione con le attività detenute nel paradiso fiscale. Potrà così verificarsi un refreshing dei termini decadenziali (riaperti) nel caso di evasioni Italia realizzate nel 2009 e trasferite nel 2012 in un paradiso fiscale.
Conferme sul principio di “connessione” arrivano dalle circolari 16 luglio 2015, n. 27/E, e 11 agosto 2015, n. 30/E (7) e, indirettamente, anche dalla circolare, più volte citata, sulla prima edizione della VD n. 10/E/2015 (8), in cui si esamina il caso del contribuente che ha costituito delle attività finanziarie a Panama nel 2004 per poi trasferirle nel 2008 in Svizzera (Paese con accordo). Per le annualità dal 2004 al 2007, essendo le attività detenute in un Paese black list, si applicherà il raddoppio dei termini ex art. 12 citato.
Quanto alle violazioni sul monitoraggio fiscale, la VD-bis prevede per i soggetti che vi aderiscono l’esonero dichiarativo con riferimento al quadro RW e ai relativi redditi finanziari per gli anni successivi a quelli coperti dalla procedura, ossia per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta 2017 antecedente alla data di presentazione (anche se per garantirsi privacy e, quindi, un esonero integrale sembra necessario l’uso di una fiduciaria residente per un rimpatrio giuridico, in quanto è difficile organizzare il rimpatrio fisico prima della presentazione dell’istanza).
In sede di adesione alla procedura di collaborazione volontaria potranno essere regolarizzati ovvero destrutturati/azzerati i veicoli ibridi, intermedi, conduit, interposti fittiziamente, trust revocabili, apparenti e nulli. Più ampiamente, ci si autodenuncia sulla fittizietà di questi veicoli e vincoli apparenti, si sanano le violazioni dichiarative e rigenerano in futuro l’effettività nella proprietà di questi assets indirettamente posseduti attraverso i primi. Difatti, anche le evasioni da interposizione fittizia (alterazione nell’imputazione soggettiva dei redditi) unitamente a quelle di evasione interpretativa (ved. abuso/elusione d’imposta) potranno essere riassorbite nella nuova VD. Il riferimento è all’art. 37, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che disciplina un fenomeno di dissimulazione soggettiva relativa della titolarità della fonte reddituale diversa dal suo titolare effettivo (beneficial owner). Nell’interposizione fittizia abbiamo condotte simulatorie che danno luogo a fenomeni di tipo evasivo e non di elusione: il reddito viene ex se dichiarato da un soggetto (apparente) diverso dal suo titolare effettivo. Una divergenza fra il possessore reale del reddito e quello apparente. La norma de qua è dissuasiva, diretta a contrastare questi fenomeni di volontaria distrazione della fonte reddituale. Punisce gli atti dispositivi della fonte reddituale, gli utilizzi impropri o ingiustificati di strumenti giuridici (inopponibili) quando lo scopo è l’evasione d’imposta. L’imposizione avviene su un soggetto differente da colui al quale può imputarsi effettivamente la fonte reddituale: occultare artificiosamente la titolarità della fonte reddituale per opacizzare il patrimonio personale e lucrare le minori aliquote proporzionali IRES; minimizzare l’onere fiscale nei pagamenti dei dividendi verso l’estero attraverso strutture finanziarie “passanti” (ved. infra le conduit company) utilizzate nelle operazioni di LBO dai fondi di private equity esteri per fruire degli esoneri (ritenute) di cui agli artt. 26, comma 3-ter, e 27-bis, del D.P.R. n. 600/1973, sui dividendi outbound intra-UE. Le prefate violazioni tributarie dei sostituti d’imposta sull’omessa effettuazione delle ritenute fiscali nei “pagamenti” a soggetti esteri fittiziamente interposti potranno essere regolarizzate con la VD nazionale.
Permangono obblighi dichiarativi anche sulle attività estere possedute attraverso “interposta persona”, verificata la riconducibilità al “beneficiario/titolare effettivo” delle attività medesime. La nuova definizione di “titolare effettivo” è stata mutuata dalla normativa antiriciclaggio.
La destrutturazione de qua potrebbe interessare anche i veicoli intermedi italiani o esteri generati nell’ambito delle operazioni di LBO, retro citati. Difatti, un utilizzo combinato di strumenti normativi di origine comunitaria o convenzionale e interne consente, attraverso l’impiego di queste strutture interposte, di mettere in atto pratiche abusive (ved. fenomeni di treaty shopping) al fine delocalizzare gli exit da disinvestimento. In questo scorrimento dei citati flussi reddituali attraverso livelli intermedi emergono problemi di interposizione. Vedremo che nella circolare 30 marzo 2016, n. 6/E (9) l’Agenzia delle entrate ha censurato l’utilizzo di queste strutture finanziarie “passanti”, leggere e prive di sostanza economica, negandogli i benefici previsti dai Trattati, dalle Direttive e dalle norme interne. Nella VD si potranno bonificare queste “verticali” nell’investimento in LBO, ossia azzerare veicoli conduit utilizzati dai fondi esteri di private equity, cui veicolano i flussi reddituali in “uscita” dall’Italia e ripristinare le coerenze perdute (ved. le ritenute eventualmente omesse sui “pagamenti”, osserva supra i dividendi outbound intra-UE).
Avv. Fabio Ciani
Università Roma Tre
(1) Sulle interrelazioni fra la VD I e VD II ovvero sulle nuove integrazioni consentite a chi abbia già aderito alla prima nonostante il ben noto principio di completezza, veridicità e universalità che governa la VD, ved. WEISZ, Novità, conferme e dubbi nella procedura di collaborazione volontaria riattivata dal D.L. n. 193/2016, in Boll. Trib., 2017, 341 ss.
(2) Cfr. per completezza circ. 13 marzo 2015, n. 10/E, par. 9.2, in Boll. Trib., 2015, 422.
(3) Sulla cronologia del controllo fiscale e sul mancato recepimento in ambito domestico degli accordi sovranazionali sullo scambio d’informazioni ved. TOMASSINI – LONGO, La normativa tributaria italiana e i paradisi fiscali nel mutato scenario internazionale, in Corr. trib., 2017, 597 ss., i quali osservano che la normativa tributaria italiana che individua i paradisi fiscali non è stata del tutto armonizzata rispetto agli sviluppi della legislazione pattizia. I Paesi che, pur essendo diventati collaborativi sotto il profilo convenzionale risultano ancora inseriti nelle black list di fonte domestica, potrebbero infatti (continuare a) subire alcune disposizioni di sfavore in ambito tributario. Si tratta di questioni che incidono direttamente su possibili operazioni di regolarizzazione spontanea delle violazioni fiscali (ad esempio attraverso lo strumento del ravvedimento operoso) nonché sui procedimenti accertativi e sui contenziosi; mentre i Paesi che pur essendo collaborativi sotto il profilo convenzionale, tanto da essere stati inseriti nella white list (D.M. 4 settembre 1996), risultano ancora inclusi nelle vigenti black list potrebbero essere penalizzati sotto il profilo tributario.
(4) Sul punto si veda l’art. 12, comma 2-bis, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102).
(5) Ai sensi dell’art. 12, comma 2-ter, del D.L. n. 78/2009.
(6) Sull’effetto attrattivo ed espansivo della nuova VD II, verificato il recepimento in essa dei nuovi accordi sullo scambio di informazioni in base all’art. 26 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni siglati entro il 24 ottobre 2016, ved. CIANI, Gli ex paradisi fiscali e i termini del controllo fiscale, in Corr. trib., 2017, 765 ss., il quale osserva che ragioni equitative impongono di considerare questi Paesi con accordo de facto operativo solo dopo il 24 ottobre 2016 (vedi Panama) equiparati a quelli white list, diversamente, non verrebbe smarcata l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia, ved. circ. n. 10/E/2015, cit. Il riferimento è agli immobili detenuti in un Paese white list coperti da loro intestazioni a società panamensi. Queste violazioni tributarie de facto sono state considerate realizzate a Panama con tassazione decennale in VD I, ancorchè il contribuente si sia autodenunciato sull’interposizione fittizia del veicolo (azzerato). L’ultrattività dell’accordo ai fini della VD II è una soluzione ragionevole ed equitativa, similmente ad altra che vorrebbe considerare quale data di riferimento cui riferire gli accordi ai fini della VD la data di presentazione della relativa istanza.
(7) Rispettivamente in Boll. Trib., 2015, 1084, e 1182.
(8) Sui trasferimenti plurimi delle attività finanziarie da Paese black list a Paese white list ved. circ. n. 10/E/2015, cit., in cui si osserva che «se un contribuente nel corso del 2004 ha costituito delle attività finanziarie a Panama depositandole presso un intermediario locale e, nel 2008, ha trasferito dette attività presso un intermediario svizzero, dal momento che per le annualità dal 2004 al 2007 le attività sono state illecitamente detenute in un Paese che non ha stipulato l‘accordo, per tali periodi d’imposta le violazioni in materia di monitoraggio fiscale dovranno essere oggetto della procedura, operando in tali casi il disposto di cui all’art. 12, comma 2-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009».
(9) In Boll. Trib., 2016, 616.