12 Settembre, 2017

ACQUIRENTE COMPROPRIETARIO CON IL CONIUGE DI UN ALLOGGIO
IN REGIME DI SEPARAZIONE DEI BENI

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 21289 del 2014 (1) afferma che le agevolazioni fiscali per l’acquisto della c.d. “prima casa” (in seguito, per brevità, le agevolazioni) competono all’acquirente di un’abitazione nel Comune in cui sia comproprietario di una quota di comproprietà del 5 per cento di altro alloggio abitativo, anche se al coniuge spetta la residua quota del 95 per cento, vigente fra i medesimi il regime di separazione patrimoniale dei beni.
In base al decisum de quo solo la pre-possidenza in comunione legale tra i coniugi di altro immobile osterebbe alle agevolazioni in quanto la comunione ordinaria col coniuge di un precedente alloggio non integra la destinazione del bene ad abitazione dello stesso in via esclusiva, essendo connaturato alla natura del diritto d’abitazione il legame ai bisogni del titolare e “della sua famiglia” (art. 1022 c.c.) e l’incompatibilità di esso con ogni contitolarità, salvo che della comunione tra i coniugi.
Si deve escludere, infatti, che la facoltà di usare il bene comune (purché non si impedisca a ciascuno degli altri comunisti “di farne parimenti uso” a norma dell’art. 1102 c.c.), consenta di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comunisti, per cui la titolarità di quota è simile a quella di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative dell’acquirente, e ciò stante questa situazione è di certo compatibile con la concessione delle agevolazioni.
In conclusione, le agevolazioni non possono escludersi per il solo fatto che il contribuente risulti comproprietario in quota del 5 per cento di altro cespite immobiliare acquistato in epoca antecedente al matrimonio unitamente alla futura moglie, avendo poi optato per il regime di separazione patrimoniale.
A conforto di quanto precede, la Suprema Corte richiama il D.L. 22 maggio 1993, n. 155 (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243), che subordina le agevolazioni, fra l’altro, alla non possidenza di altro immobile “idoneo” ad essere destinato ad uso abitativo, alla cui luce chi abbia il possesso di altra casa “non idonea” all’uso abitativo per circostanze sia di natura oggettiva (ad esempio: inabitabilità), che di natura soggettiva (ad esempio: per inadeguate dimensioni o caratteristiche qualitative), può ugualmente godere delle agevolazioni.
Alla luce di taluni precedenti giurisprudenziali, la Corte di Cassazione ribadisce che le agevolazioni possono essere escluse solo nei confronti di acquirente che sia già comproprietario di altro immobile acquistato in comunione legale ai sensi dell’art. 177 c.c., non ritenendo che la (diversa?) comproprietà ordinaria possa integrare la destinazione del bene ad abitazione dello stesso in via esclusiva.
Il ragionamento del Collegio giudicante può trovare giustificazione nella normativa vigente fino al 1° gennaio 1996, dettata dal citato D.L. n. 155/1993, in quanto il sistema agevolativo di cui trattiamo è stato riformulato dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549 (2), che ha soppresso il riferimento alla “idoneità” dell’alloggio pre-posseduto, a causa del contenzioso che ne derivava (3).
Pertanto, se l’atto di compravendita sulla cui tassazione si discute è stato stipulato in data anteriore al 1996 (4), la sentenza è corretta, ma le motivazioni, purtroppo, non ne riportano gli estremi e tale circostanza impedisce di valutare la congruità della decisione, anche se appare strano che un contenzioso del genere possa durare quasi una ventina d’anni.
Per puro intento speculativo notiamo, comunque, che se l’atto di compravendita del nuovo alloggio fosse stato stipulato dopo il 1° gennaio 1996, le agevolazioni non competerebbero, non trovando applicazione quel requisito ormai soppresso della inidoneità oggettiva (ad esempio, inabitabilità) o soggettiva (ad esempio, per inadeguate dimensioni rispetto al numero dei familiari), che tanto permetteva di allargare le maglie della benevolenza del legislatore.
Dottrina e giurisprudenza maggioritarie sono concordi nel ritenere che, dalla entrata in vigore della prefata legge n. 549/1995, la titolarità di un’altra abitazione nello stesso Comune inibisce la concessione delle agevolazioni all’acquirente di una nuova casa, che sia titolare esclusivo o in comunione con il coniuge di altra abitazione nel Comune, a prescindere dalla “idoneità” della casa pre-posseduta a fungere da abitazione.
Quanto alla prassi, secondo la circolare n. 19/E/2001 (5) il primo comma, lett. b), dell’art. 1 della nota II-bis della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, stabilisce, quale condizione ostativa alle agevolazioni, la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare: in particolare, sotto l’aspetto soggettivo, la titolarità esclusiva dei diritti sull’immobile ad uso abitativo nell’ambito del territorio comunale è equiparata alla titolarità in comunione con il coniuge nello stesso ambito territoriale e, dice la circolare, va esclusa l’applicazione dell’agevolazione in entrambi i casi.
Ai fini che interessano, il vincolo di coniugio incide profondamente sulla estensione delle agevolazioni, mentre è irrilevante se altra casa sia posseduta in titolarità esclusiva o in comunione con il convivente more uxorio o con i figli o con altri componenti (genitori, fratelli, etc.) del nucleo familiare ordinariamente contemplato dalle normative in tema di edilizia residenziale agevolata (6), convenzionata (7) e sovvenzionata (8).
In definitiva, ai sensi del comma 1, lett. b), della nota II-bis), costituisce ostacolo alla fruizione del beneficio fiscale la titolarità esclusiva o in comunione (legale od ordinaria) con il coniuge dei diritti di proprietà (9), usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare (10).
Che di tale tenore sia il disposto della nota II-bis, lett. a), anche la Suprema Corte nell’ordinanza in esame lo conferma, anzi, ne riporta letteralmente il testo, ma nel contempo lo disconosce in base ad argomentazioni, espresse invero confusamente, nelle quali fa riferimento al D.L. n. 155/1993, che subordinava, come abbiamo visto, le agevolazioni, fra l’altro, alla «non possidenza di altro immobile “idoneo” ad essere destinato ad uso abitativo» (11).
Essendo stato, però, tale testo abrogato dal 1° gennaio 1996, non comprendiamo come potrebbe essere riesumato ad uso di un’interpretazione estensiva, in contrasto con la volontà del Legislatore, sì come emerge dalla successione delle leggi nel tempo.
In conclusione, e sempre per puri intenti speculativi, qualora l’atto di acquisto del nuovo alloggio fosse stato stipulato posteriormente al 1° gennaio 1996, la strada da seguire sarebbe stata quella di sollevare la questione di dubbia costituzionalità della norma, anche se la Corte Costituzionale probabilmente avrebbe dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, essendosi già pronunciata in tale senso con ordinanza n. 203 del 2011 (12), quanto alla disciplina in base alla quale la previa disponibilità di un altro immobile al momento dell’acquisto dell’abitazione per la quale si intende godere delle agevolazioni prima casa, costituisce circostanza ostativa al godimento delle stesse, esclusivamente nel caso in cui le abitazioni siano ubicate nello stesso Comune e non anche nel caso in cui dette abitazioni siano ubicate in Comuni diversi.
Nel delineare i motivi alla base di tale pronuncia, infatti, la Consulta si è soffermata sull’ampia discrezionalità riservata al Legislatore in tema di regimi fiscali agevolati; ferma la considerazione che l’applicazione delle agevolazioni tributarie è di stretta interpretazione.

Dott. Roberto Dini

(1) Cfr. Cass., sez. VI, 8 ottobre 2014, ord. n. 21289, in Boll. Trib. On-line.
(2) Le agevolazioni sono subordinate alla esistenza delle condizioni oggettive e soggettive contemplate nella nota II-bis) all’art. 1 della Tar., parte I, all. al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e fra quelle soggettive deve dichiarare nell’atto di acquisto: «b) … di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare; c) … di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui trattasi»; la lett. b) non parla del caso della nuda proprietà. Sul punto cfr. circ. 2 marzo 1994, n. 1/E-IV-8-480, in Boll. Trib., 1994, 401; e Studio CNN 21 aprile 2005, n. 30/2005/T, est. Luigi Bellini, per i quali non è di ostacolo alla fruizione dei benefici la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di “nuda proprietà” su altra casa di abitazione nello stesso Comune. Infatti, nella lett. b) non vi è menzione del diritto di nuda proprietà, menzionato, invece, espressamente nella successiva lett. c), per cui la pre-possidenza del diritto di nuda proprietà non è di ostacolo alle agevolazioni.
(3) Tanto più, appoggiando la validità della sua opinione su decisioni (cfr. Cass., sez. trib., 17 maggio 2006, n. 11564; e Cass., sez. trib., 18 febbraio 2003, n. 2418; entrambe in Boll. Trib. On-line) tutte intervenute in riferimento ad atti di compravendita stipulati negli anni 1993 e 1995, mentre, nel caso di Cass., sez. trib., 8 gennaio 2010, ord. n. 100, ivi, l’atto di compravendita è stato stipulato il 1° febbraio 2002.
(4) Si riferiscono a fattispecie anteriori al 1° gennaio 1996 Cass., sez. trib., 28 giugno 2000, n. 8771, in Boll. Trib. On-line; e Cass. n. 2418/2003, cit.
(5) Cfr. circ. 1° marzo 2001, n. 19/E, punto 2.1.3, in Boll. Trib., 2001, 369.
(6) Realizzata con contributo pubblico per la edificazione, il recupero, etc., in conto interessi o capitale con agevolazioni che fanno capo allo Stato, alla Regione e al Comune, a favore delle persone meno abbienti.
(7) Ove l’intervento edilizio è realizzato in base a una convenzione con il Comune sui prezzi di vendita e sui canoni di locazione degli alloggi.
(8) Corrisponde all’edilizia economica e popolare e si pone in alternativa alla edilizia convenzionata che gode di agevolazioni, ma non di sovvenzioni.
(9) In merito alla prepossidenza di diritto di nuda proprietà di altro immobile nello stesso Comune, cfr. circ. n. 1/E-IV-8-480/1994, cit.; e Studio CNN n. 30/2005/T/2005, cit.
(10) Cfr. Cass., sez. trib., 14 maggio 2007, n. 10984, in Boll. Trib. On-line, la quale, in riferimento a un contratto stipulato anteriormente al 1996, ribadisce che la dichiarazione che l’acquirente deve inserire nel contratto è «di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti etc.». Tale dizione evidenzia come solo la comunione tra i coniugi osti all’agevolazione. Ad eccezione del caso della comunione tra i coniugi, la comproprietà di una quota non preclude il beneficio, in quanto è connaturato alla natura del diritto d’abitazione il legame ai bisogni del titolare e «della sua famiglia» (art. 1022 c.c.), e l’incompatibilità di esso con ogni contitolarità, dovendosi escludere che la facoltà di usare il bene comune, purché non si impedisca a ciascuno degli altri comunisti «di farne parimenti uso» ex art. 1102 c.c., consenta di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comunisti, per cui la titolarità di quota è simile a quella di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative dell’acquirente che è di certo compatibile con le agevolazioni (così Cass., sez. I, 18 luglio 1996, n. 6476, in Boll. Trib., 1997, 1399).
(11) Sempre in astratto speculando, qualora la fattispecie contrattuale di riferimento fosse posteriore al 1° gennaio 1996, dovremmo concludere che la Suprema Corte ha preso un grave abbaglio, non meno della precedente ordinanza resa da Cass. n. 100/2010, cit., la quale ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti per le agevolazioni anche nel caso in cui l’acquirente già disponesse nel Comune di un altro alloggio di soli 22,69 mq., lamentato insufficiente a garantire idonea sistemazione abitativa al proprio nucleo familiare.
(12) Cfr. Corte Cost. 6 luglio 2011, ord. n. 203, in Boll. Trib. On-line.

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