Ris. 6 dicembre 2016, n. 112/E, dell’Agenzia delle entrate
“Quesito. L’Ufficio Territoriale di X si è rivolto all’Ufficio Consulenza della Direzione Regionale competente per chiedere delucidazioni in merito alla corretta procedura da seguire nel caso di istanza di rimborso IVA recante visto di conformità garantito da polizza assicurativa con massimale inferiore alla somma chiesta a rimborso.
In particolare, la società Alfa ha presentato, in riferimento all’anno 2014, istanza di rimborso per un ammontare complessivo di Euro 5.583.469,00, recante visto di conformità di un professionista garantito da polizza assicurativa con massimale pari ad Euro 3.000.000.
Posto che l’erogazione del rimborso è, a volte, subordinata alla presentazione di un’apposita polizza fideiussoria che garantisca l’intero importo e che, nel caso in esame l’importo chiesto a rimborso è superiore al massimale della polizza stipulata dal professionista che ha apposto il visto di conformità, ci si chiede se, al fine di ottenerne il rimborso, il contribuente sia tenuto a presentare un’ulteriore polizza a garanzia delle differenza non coperta dal valore della polizza del professionista (ritenendo, comunque, efficace, seppur parzialmente, il visto), ovvero una polizza che copra l’intero importo chiesto a rimborso (ritenendo il visto invalido).
Soluzione interpretativa prospettata. L’attuale articolo 38-bis, del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede, per quello che qui interessa, che i rimborsi dell’eccedenza di credito IVA siano eseguiti previa presentazione della garanzia, ovvero, in presenza di determinati requisiti soggettivi, previa apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale o sull’istanza trimestrale.
Con riguardo al visto di conformità, l’art. 22 del DM. 1999 prevede che la polizza assicurativa di cui deve dotarsi il professionista deve essere adeguata al numero dei contribuenti, dei visti da rilasciare e, comunque, non deve essere inferiore a 3.000.000 euro (cfr. circolare n. 28/E del 20141).
Inoltre, come chiarito dalla circolare 7/E del 20152, la polizza deve essere già adeguata prima di apporre il visto e deve “garantire la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente.”
Nel caso in cui, come nella fattispecie prospettata dall’Ufficio, l’importo chiesto a rimborso sia di ammontare superiore al massimale garantito dalla polizza del professionista che appone il visto di conformità, la Direzione istante è dell’avviso che il visto dovrebbe ritenersi inefficace limitatamente a detto importo chiesto a rimborso.
Conseguentemente, per poter ottenere le somme chieste a rimborso, il contribuente dovrebbe prestare la garanzia nelle forme previste dalla legge.
La Direzione istante si pone il dubbio se, invece, non sia corretto pretendere dal contribuente una garanzia solo per la differenza non coperta dalla polizza del professionista, e, in tale caso, se le due garanzie debbano essere vincolate reciprocamente, quindi solidali, oppure non solidali, anche se cumulative. In tal caso potrebbero tornare utili i chiarimenti già resi con la circolare 32/E del 20143, al punto 4.3, ove è stato detto che, “l’ammontare oggetto della garanzia deve essere pari all’importo dell’imposta chiesta a rimborso” e che, l’ammontare del rimborso può essere assistito da due distinte garanzie non solidali, eventualmente rese da soggetti diversi, che garantiscano cumulativamente l’intero importo anche se richiesto con unica procedura (semplificata o ordinaria).
Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 38 bis, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 (come da ultimo modificato dall’articolo 7-quater, comma 32, del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193) dispone che, “Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro sono eseguiti previa presentazione della relativa dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso recante il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa di cui all’articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Alla dichiarazione o istanza è allegata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, a norma dell’articolo 47, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la sussistenza delle seguenti condizioni in relazione alle caratteristiche soggettive del contribuente:
a) il patrimonio netto non è diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento; la consistenza degli immobili non si è ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività esercitata; l’attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
b) non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati nell’anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50 per cento del capitale sociale;
c) sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.”
E’ stato, quindi, eliminato l’obbligo generalizzato di prestare la garanzia, che resta, in caso di crediti chiesti a rimborso di importo superiore a 30.000 euro, quando si verificano le situazioni di rischio elencate al comma 4 del medesimo articolo 38-bis.
Detto comma (anch’esso modificato dal citato articolo 7-quater, comma 32, del D.L. n. 193 del 2016) dispone che, “Sono eseguiti previa prestazione della garanzia di cui al comma 5 i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro quando richiesti:
a) da soggetti passivi che esercitano un’attività d’impresa da meno di due anni diversi dalle imprese start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
b) da soggetti passivi ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:
1) al 10 per cento degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro;
2) al 5 per cento degli importi dichiarati se questi superano 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro;
3) all’1 per cento degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro;
c) da soggetti passivi che nelle ipotesi di cui al comma 3, presentano la dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso priva del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa, o non presentano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
d) da soggetti passivi che richiedono il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante all’atto della cessazione dell’attività.”
Il successivo comma 5 individua, poi, le diverse modalità con le quali la garanzia può essere prestata.
La presenza della garanzia assicura all’Erario la possibilità di recuperare il credito rimborsato, qualora se ne ravvisi successivamente la non spettanza.
Come già anticipato, al di fuori dei casi di cui all’articolo 38-bis comma 4 del d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, i crediti superiori a 30.000,00 euro possono essere rimborsati – al verificarsi dei requisiti soggettivi attestati mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio – previa presentazione della relativa dichiarazione o istanza recante il visto di conformità.
La disciplina inerente l’apposizione del visto di conformità da parte del professionista abilitato è contenuta nell’articolo 22, del decreto ministeriale n. 164, del 31 maggio 1999.
In particolare, il citato articolo 22 prevede che, “I professionisti ed i certificatori stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati e, comunque, non inferiore a tre milioni di euro, al fine di garantire ai propri clienti il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata e al bilancio dello Stato o del diverso ente impositore le somme di cui all’articolo 39, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”.
Come ulteriormente chiarito con Circolare n. 7/E, del 26 febbraio 2015, “la polizza assicurativa della responsabilità civile per i danni causati nel fornire assistenza deve garantire la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente, dallo Stato o altro ente impositore (nel caso di dichiarazione modello 730), non includendo franchigie o scoperti, e prevedere il risarcimento nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto”.
La polizza mira, quindi, a garantire il completo risarcimento ai contribuenti dell’eventuale danno arrecato, anche di entità minima, nonché il risarcimento delle sanzioni amministrative irrogate ai soggetti indicati nell’articolo 35 del d.lgs. n. 241 del 1997 che rilasciano il visto di conformità, ovvero l’asseverazione infedele.
Trattasi, quindi, di una responsabilità civilistica nei confronti del cliente e del terzo creditore, mentre la garanzia disposta dall’articolo 38-bis in commento è volta ad assicurare all’Erario la possibilità di recuperare il credito fiscale rimborsato, qualora se ne ravvisi successivamente la non spettanza.
Il medesimo articolo 22, disponendo che il massimale deve essere “adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati,” non contiene alcun riferimento testuale che consenta di qualificare come requisito di validità, ovvero di efficacia, la parità tra l’importo del massimale della polizza e i crediti indicati nelle dichiarazioni dei clienti e chiesti a rimborso o compensati.
Ciò posto, nel caso specifico, la società ha presentato un’istanza di rimborso corredata da visto di conformità per Euro 5.583.469,00. Il professionista abilitato a svolgere attività di assistenza fiscale ha una polizza assicurativa con massimale pari a Euro 3.000.000,00.
Al riguardo, dal combinato disposto delle norme sopra richiamate, il suddetto visto di conformità non può considerarsi privo di efficacia con la conseguenza che, non si po’ obbligare il contribuente a prestare garanzia per ottenere il credito chiesto a rimborso – né totale né parziale – salvo che lo stesso non si trovi in uno dei casi di cui al comma 4 dell’articolo 38-bis.
Concludere diversamente, oltre ad avere l’effetto di traslare l’onere del costo della garanzia in capo ad un soggetto terzo (cioè sul professionista, che dovrebbe stipulare garanzie proporzionali ai crediti chiesti a rimborso dai propri clienti), sarebbe in contrasto proprio con la ratio che ha ispirato le recenti modifiche dell’articolo 38-bis, con le quali è stato soppresso l’onere generalizzato della garanzia per ottenere i rimborsi, circoscrivendone la prestazione solo ai casi in cui ricorre uno dei rischi individuato dalla medesima norma”.