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LA RIFORMA DEL RAVVEDIMENTO TRIBUTARIO
SOMMARIO: 1. La riforma del ravvedimento – 2. La riapertura dei termini di accertamento limitatamente agli elementi oggetto di integrazione o rettifica – 3. Abolizione degli istituti dell’adesione agli inviti a comparire ai fini del “concordato” e dell’adesione ai processi verbali di constatazione – 4. Dubbia l’efficacia del novellato ravvedimento per stimolare la tax compliance – 5. Riforma del ravvedimento e tributi doganali e locali – 6. Considerazioni conclusive.
La recente riforma del ravvedimento tributario disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, attuata dalla legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) (1), ne ha ampliato l’ambito di applicabilità consentendo al contribuente che non abbia adempiuto agli obblighi sostanziali e formali previsti dalle leggi d’imposta di ravvedersi, in mancanza di atti di accertamento o di liquidazione notificati dall’Ufficio finanziario, fino al momento della constatazione delle violazioni da parte dell’Ufficio, anche dopo la constatazione stessa degli illeciti da parte dagli organi accertatori.
Giova ricordare che il ravvedimento è quell’istituto di matrice penalistica (non previsto dalla disciplina generale delle sanzioni amministrative) (2) che garantisce una riduzione del trattamento sanzionatorio tributario (disciplinato dai decreti legislativi 18 dicembre 1997, nn. 471, 472 e 473) (3), al reo che “volontariamente” desiste dall’azione antigiuridica o impedisce la propagazione degli effetti della stessa nell’ottica generalpreventiva di favorire con la promessa dell’impunità (totale o parziale) chi abbandona le condotte criminose (4). Nel settore tributario il ravvedimento consente al contribuente di regolarizzare le proprie violazioni provvedendo all’adempimento omesso (ad esempio presentando una dichiarazione integrativa in caso di infedele dichiarazione) con l’integrale pagamento delle imposte dovute, con l’aggiunta degli interessi e delle sanzioni in misura ridotta (non è infatti consentita la rateizzazione delle somme dovute) (5).
I primi commentatori della novella hanno sottolineato l’utilità del ravvedimento ad incentivare la tax compliance, ovvero l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti, liberando risorse umane che le Agenzie fiscali potranno destinare ad altri compiti (6), ma l’euforia manifestata da tali autori sembra eccessiva presentando l’istituto numerosi aspetti problematici che di fatto ne riducono fortemente la convenienza nonché l’efficacia deterrente riguardo alla realizzazione delle violazioni fiscali.
1. La riforma del ravvedimento
La riforma del ravvedimento in materia tributaria disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, attuata dall’art. 1, commi 637-640, della legge n. 190/2014, è applicabile dal 1° gennaio 2015 a tutte le violazioni non già constatate o regolarizzate (7). In pratica la legge di stabilità per il 2015 ha introdotto una serie di fattispecie premiali che prevedono una graduale riduzione dell’importo della sanzione – da un decimo ad un quinto – man mano che si allunga il termine per la regolarizzazione della violazione.
Pertanto in caso di ravvedimento il contribuente, a seconda del momento in cui decide di adempiere, potrà fruire delle seguenti riduzioni delle sanzioni pecuniarie:
1) 1/10 del minimo edittale, nel caso di mancato pagamento di un tributo o di un acconto se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione, nonché nel caso di omissione nella presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni [art. 13, primo comma, lett. a) e c), uguali alle precedenti];
2) 1/9 del minimo edittale, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni;
3) 1/8 del minimo edittale, se la regolarizzazione degli errori od omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore;
4) 1/7 del minimo edittale, se la regolarizzazione degli errori od omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, ovvero, quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore [art. 13, primo comma, lett. b-bis)];
5) 1/6 del minimo, se la regolarizzazione degli errori o delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, ovvero, quando non è prevista la dichiarazione periodica, dopo due anni dall’omissione o dall’errore [art. 13, primo comma, lett. b-ter)];
6) 1/5 del minimo, se la regolarizzazione degli errori o delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione da parte dell’Ufficio fiscale ai sensi dell’art. 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (salvo in caso di violazioni relative all’emissione di ricevute e scontrini fiscali o di installazione).
Il ravvedimento deve dunque aver luogo prima della ricezione degli atti con cui l’Ufficio notifica al contribuente l’ammontare dell’imposta dovuta (atti di accertamento o di liquidazione) o, secondo l’Agenzia delle entrate (8), il credito da recuperare (avvisi di recupero crediti) o la sanzione irrogata (atti di irrogazione delle sanzioni tributarie). Esso si perfeziona con la contestuale (o, se non proprio contestualmente, comunque nel termine previsto) regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, del pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione della sanzione ridotta (9).
In caso di contestazione di più violazioni, il contribuente può ravvedersi solo per determinate violazioni (ad esempio per l’infedele dichiarazione relativa ad un certo periodo d’imposta), ma è comunque onerato a regolarizzare distintamente (con specifico ravvedimento) le violazioni prodromiche (ad esempio, l’omessa fatturazione) e quelle consequenziali (ad esempio, gli omessi versamenti d’imposta) (10).
2. La riapertura dei termini di accertamento limitatamente agli elementi oggetto di integrazione o rettifica
Con le modifiche apportate dalla legge di stabilità per il 2015 i contribuenti possono avvalersi del ravvedimento per tutti i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, fino alla scadenza dei termini di accertamento ove non ricevano prima un atto di accertamento, di liquidazione o sanzionatorio da parte dell’Ufficio finanziario (11).
Tuttavia, anche per il caso in cui il ravvedimento abbia luogo dopo la constatazione della violazione da parte dell’Ufficio, il legislatore fa salvo il potere degli organi accertatori di proseguire le attività di verifica anche mediante “ulteriori” accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento (12).
Inoltre, il ravvedimento non è senza rischi perché nei casi di presentazione di una dichiarazione integrativa o, se non è prevista la dichiarazione periodica, nel caso di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per l’accertamento di cui agli artt. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, «limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione». Anche i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all’art. 25, primo comma, lett. a) e b), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, «limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione» (13).
Ciò significa che il contribuente che si ravvede non definisce la propria posizione con l’Agenzia accertatrice, come nel caso di adesione all’accertamento, agli inviti al contraddittorio o ai processi verbali o dell’acquiescenza agli avvisi di accertamento, ma si espone ad ulteriori accertamenti da parte degli Uffici. Invero, anche a voler ritenere che i funzionari accertatori si manterranno all’interno del sentiero tracciato dal legislatore e svolgeranno verifiche «limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione», potranno sempre scoprire ulteriori indizi di evasione relativi ad altre imposte o periodi d’imposta diversi da quelli oggetto di resipiscenza volontaria.
3. Abolizione degli istituti dell’adesione agli inviti a comparire ai fini del “concordato” e dell’adesione ai processi verbali di constatazione
La nuova disciplina del ravvedimento si applica a tutte le violazioni non ancora regolarizzate al 1° gennaio 2015 (anche se commesse precedentemente) (14). Per agevolare l’utilizzo del ravvedimento da parte dei contribuenti la legge di stabilità per il 2015 ha disposto l’abolizione degli istituti affini (15): l’adesione agli inviti a comparire di cui agli artt. 5, comma 1-bis, e 11, comma 1-bis, del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, e ai processi verbali di constatazione di cui all’art. 5-bis del decreto ora citato nonché dell’acquiescenza all’accertamento di cui all’art. 15, comma 2-bis, dello stesso (16).
Tuttavia dal combinato disposto dei commi 637 e 638 dell’art. 1 della legge n. 190/2014 si desume che l’abrogazione delle disposizioni che disciplinano i suddetti istituti è stata posticipata – con una pessima tecnica legislativa – al 31 dicembre 2015. E invero, a norma dell’art. 1, comma 638, della legge citata, le disposizioni abrogate continuano ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, notificati entro il 31 dicembre 2015, e le disposizioni di cui all’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 continuano ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto che saranno consegnati ai contribuenti entro la stessa data.
Pertanto fino al 31 dicembre 2015 i contribuenti potranno scegliere tra diverse opzioni:
1) regolarizzare spontaneamente le violazioni, pagando imposte, interessi e sanzioni per ciascuna violazione;
2) attendere la constatazione della violazione o delle violazioni da parte dell’Ufficio e poi ravvedersi per una o più delle violazioni constatate;
3) aderire ai processi verbali di constatazione dell’Ufficio fiscale ex art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 pagando le somme quantificate dall’Ufficio a titolo di imposte, interessi e sanzioni, con l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997 e con la possibilità di richiedere la rateizzazione della somma dovuta;
4) attendere la notifica dell’invito al contraddittorio dell’Ufficio per aderirvi pagando le somme quantificate dall’Ufficio a titolo di imposte, interessi e sanzioni, con l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997 e con la possibilità di richiedere la rateizzazione della somma dovuta;
5) attendere la notifica dell’avviso di accertamento per prestarvi acquiescenza ai sensi dell’art. 15, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 218/1997, pagando le somme quantificate dall’Ufficio a titolo di imposte, interessi e sanzioni, con l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997 e con la possibilità di richiedere la rateizzazione della somma dovuta.
4. Dubbia l’efficacia del novellato ravvedimento per stimolare la tax compliance
La convenienza a ravvedersi prima della constatazione della violazione appare dubbia perché l’eccessivo allungamento dei termini per ravvedersi consente al contribuente di valutare se non sia opportuno attendere la constatazione delle violazioni da parte degli organi accertatori ed, eventualmente, anche la notifica degli inviti al contraddittorio o degli atti impositivi dell’Ufficio finanziario per avvalersi degli istituti disciplinati dal D.Lgs. n. 218/1997 – che consentono di definire in via definitiva l’accertamento e risultano altresì più convenienti sul piano sanzionatorio – oppure scommettere sullo spirare dei termini di decadenza dell’azione accertatrice.
Ho già ricordato che se il contribuente decide di ravvedersi prima della constatazione della violazione legittima l’Ufficio ad espletare ulteriori accertamenti «limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione» ma che possono pur sempre determinare la scoperta di elementi utili per la constatazione di ulteriori violazioni, riferite ad altri periodi d’imposta o ad altre imposte (come nel caso di occultamento di determinate operazioni imponibili IVA non considerate nella dichiarazione integrativa), tra l’altro con termini di decadenza che iniziano a decorrere ex novo.
Inoltre a differenza di altri istituti deflattivi del contenzioso previsti dal D.Lgs. n. 218/1997 (ad esempio l’adesione agli inviti a comparire di cui agli artt. 5, comma 1-bis, e 11, comma 1-bis, ai processi verbali di constatazione di cui all’art. 5-bis nonché l’adesione agli accertamenti non preceduti dall’invito a comparire di cui all’art. 15, comma 2-bis, ancora utilizzabili fino al 31 dicembre 2015, per il nuovo ravvedimento il legislatore non ha previsto la rateizzazione delle somme dovute dal contribuente, anche se l’Agenzia delle entrate ha considerato efficace il ravvedimento parziale “fai-da-tè” (17).
Tra gli ulteriori “disincentivi” sistematici all’utilizzazione del novellato ravvedimento, va rilevata la maggiore convenienza per il contribuente, una volta constatata la violazione, ad attendere l’irrogazione della sanzione da parte dell’Ufficio perché nel caso di più violazioni delle disposizioni tributarie, omogenee o eterogenee, ancorché riferite a tributi diversi, potrà avvalersi degli istituti premiali del concorso formale delle violazioni e della continuazione. Infatti, nel caso di omessa fatturazione, registrazione e dichiarazione di operazioni imponibili IVA, che rilevano anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa, l’Agenzia delle entrate sarà comunque tenuta ad applicare la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata, a seconda dei casi concreti, da un quarto al doppio, ovvero fino ad un quinto, di certo più convenienti del ravvedimento che importa l’obbligo di pagare una sanzione ridotta per ciascuna delle violazioni commesse.
Invero a norma dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, che non è stato in alcun modo novellato dalla legge n. 190/2014 per coordinarne l’applicazione con il novellato art. 13 del decreto relativo alle sanzioni tributarie, alla disciplina del cumulo giuridico delle sanzioni soggiace sia chi con una sola azione od omissione violi diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commetta, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione sia chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo (18).
Il legislatore ha poi dimenticato di coordinare il nuovo ravvedimento con il sistema sanzionatorio penale. Infatti, se il contribuente ritiene di ravvedersi estinguendo il debito che ritiene di avere verso l’erario, con tanto di interessi e sanzioni, potrà beneficiare al massimo della riduzione della pena fino ad un terzo (con l’inapplicabilità, non indifferente, delle pene accessorie) (19) ex art. 13 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (20), ma il ravvedimento non integra una “causa di non punibilità”, come previsto dalla coeva disciplina della “voluntary disclosure” di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 (21), e dal Progetto di decreto legislativo sulla certezza del diritto presentato dal Consiglio dei Ministri il 24 dicembre 2014 e poi ritirato.
Non sarà certo la previsione di ulteriori esimenti penali che incentiverà i contribuenti all’osservanza spontanea delle disposizioni tributarie, ma come al solito la congerie di norme emanate alla fine del 2014 non è stata opportunamente coordinata e non appare giustificata la disparità di trattamento riservata a chi si ravvede per la generalità delle violazioni e chi si pente per aver omesso di dichiarare, anche da parecchi anni, le attività detenute all’estero (22).
5. Riforma del ravvedimento e tributi doganali e locali
I contribuenti potranno avvalersi di tutte le tipologie di ravvedimento sopra illustrate solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.
Le fattispecie di ravvedimento tardivo entro due anni dall’omissione o dall’errore [art. 13, nuovo comma 1, lett. b-bis), del D.Lgs. n. 472/1997], e del ravvedimento ultratardivo dopo due anni dall’omissione o dall’errore [art. 13, nuovo comma 1, lett. b-ter) del D.Lgs. n. 472/1997], non sembrano infatti applicabili ai tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e ai tributi locali. Anche l’estendibilità ai tributi doganali della fattispecie di ravvedimento post-constatazione [introdotta dal primo comma, lett. b-quater)] appare dubbia. E invero il nuovo comma 1-ter dell’art. 13 stabilendo che «Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate non opera la preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica degli atti di liquidazione e di accertamento», pare precludere l’applicabilità della fattispecie a dazi doganali, all’IVA all’importazione e alle accise, tributi accertati dall’Agenzia delle dogane. Sembra dunque che per le violazioni relative ai dazi doganali, all’IVA all’importazione (23), il contribuente possa ravvedersi, coerentemente con i fondamenti della teoria generalpreventiva, solo qualora la violazione non sia stata ancora constatata dall’Ufficio.
Il ravvedimento post-constatazione risulta inapplicabile anche ai tributi amministrati dagli enti locali. Questi ultimi, infatti, sono soliti provvedere alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli e ad accertare d’ufficio i presupposti delle imposte non dichiarate emettendo direttamente “avvisi di accertamento”, salvo i casi residuali in cui la constatazione della violazione sia rimessa ai dipendenti comunali (agenti della polizia locale e funzionari accertatori ex art. 1, comma 179, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), e il ravvedimento in discorso venga consentito con apposita deliberazione dell’ente impositore (24).
6. Considerazioni conclusive
Con la recente riforma dell’istituto della “resipiscenza volontaria” il legislatore ha tentato di incentivare l’adempimento spontaneo dei contribuenti anche a scapito della deterrenza del sistema sanzionatorio, eliminando persino quella condizione “ontologico” al ravvedimento, finora considerata imprescindibile – perché volta a garantire l’efficacia generalpreventiva della sanzione e la stessa efficacia del sistema dei controlli fiscali (25) – rappresentata dall’impossibilità di ravvedersi dopo la constatazione della violazione da parte dell’Ufficio fiscale, perché è evidente che in presenza di una coazione esterna viene meno la volontarietà del pentimento del trasgressore.
Tuttavia la novella sul ravvedimento si inserisce in un sistema sanzionatorio ancora caratterizzato da fattispecie farraginose (26), che puniscono più volte comportamenti sostanzialmente omogenei (27) e financo non riconducibili al contribuente (28), ma anziché porvi rimedio, semplificando le fattispecie sanzionatorie, rendendole più intellegibili in nome della certezza del diritto, rischia di pregiudicarne l’efficacia deterrente, come ha sottolineato la stessa Corte di Giustizia europea (29) imponendo ai giudici nazionali di disapplicare le norme “penali” che stabiliscono un regime di prescrizione dei reati fiscali favorevole ai rei, quando tale regime impedisca di sanzionare efficacemente e in modo dissuasivo i gravi casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea.
Neppure la tanto pubblicizzata riforma del sistema sanzionatorio tributario (30) sembra per ora foriera di entusiasmanti novità riguardo alla necessaria revisione (sistematica) delle fattispecie sanzionatorie e degli istituti premiali in nome della certezza del diritto e della dissuasività delle sanzioni, essendo volto a realizzare solo una maggiore “proporzionalità” delle sanzioni applicabili (31).
Dott. Fabrizio Cerioni
(1) Cfr. l’art. 1, comma 637, lett. b), n. 2, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
(2) L’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si limita a prevedere una riduzione del trattamento sanzionatorio per il trasgressore che si adoperi per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione. In argomento si vedano C.E. Paliero – E.Travi, La sanzione amministrativa. Profili sistematici, Milano, 1988, 1 ss.; e ID., Sanzioni amministrative, in Enc. dir., XLI, 1989, 415 ss.
(3) In argomento L. Del Federico, Violazioni e sanzioni in materia tributaria, in Enc. giur. Trecc., Roma, 2000, 1 ss. (ad vocem); F. Moschetti – L. Tosi (a cura di), Commentario alle disposizioni generali sulle sanzioni tributarie, Padova, 2000, 1 ss.; e A. Lanzi – P. Aldrovandi, L’illecito amministrativo, Padova, 2001, 1 ss. Sul precedente sistema sanzionatorio fondato sulle disposizioni della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (parzialmente abrogata), si rinvia a A. Dus, Teoria generale dell’illecito fiscale, Milano, 1957, passim; ID., Violazioni tributarie, in Nss. dig. it., Torino, 1975, 908 ss.; D. Coppa – S. Sammartino, Sanzioni tributarie, in Enc. dir., 1989, 415 ss.; e, da ultimo, F. Bellini, Alcune osservazioni sull’anatomia del sistema sanzionatorio tributario, in Boll. Trib., 2015, 167 ss.
(4) Art. 56, ultimo comma, c.p.
(5) La dottrina è concorde nel ritenere che l’istituto si fonda sulla “volontarietà del comportamento del reo”, se il recesso viene indotto da una coazione esterna (la percezione del suono delle sirene della polizia) non si ha ravvedimento. In questi termini M. Maddalena, Ravvedimento operoso, in Enc. dir., 1987, 750 ss.; F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Milano, 1997, 500 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, Padova, 2001, 471 ss.; G. Marinucci – E. Dolcini, Manuale di diritto penale, Milano, 2006, 347 ss.; e G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2009, 480 ss.
(6) In argomento F. Ricca, Riforma del ravvedimento operoso per rafforzare la “compliance”, in Corr. trib., 2014, 3320 ss.; R. Cordeiro Guerra, La riforma del ravvedimento operoso: dal controllo repressivo alla promozione della “compliance”, ivi, 2015, 325 ss.; R. Fanelli, Il ravvedimento cambia pelle, ibidem, 424 ss.; e G. Sepio – E. Tito, Il nuovo ravvedimento operoso tra opportunità di adempimento tardivo e deflazione del contenzioso, ibidem, 2299 ss.
(7) Cfr. circ. 19 febbraio 2015, n. 6/E, par. 10.2, in Boll. Trib., 2015, 271.
(8) Cfr. circ. n. 6/E/2015, cit.
(9) Art. 13, secondo comma, del D.Lgs. n. 472/1997.
(10) Cfr. circ. 10 luglio 1998, n. 180/E, in Boll. Trib., 1998, 1173; e circ. 23 luglio 1998, n. 192/E, ibidem, 1279.
(11) Art. 1, comma 638, punto 1.2., della legge n. 190/2014, che ha inserito nel testo dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 il nuovo comma 1-ter.
(12) Art. 1, comma 638, punto 1.2., della legge n. 190/2014, che ha inserito nel testo dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 il nuovo comma 1-quater.
(13) Art. 1, comma 735, della legge n. 190/2014.
(14) Art. 1, comma 638, punto 1.2., della legge n. 190/2014. Sul punto cfr. circ. n. 6/E/2015, par. 10.2, cit.
(15) Così la relazione illustrativa al D.D.L. 2679 presentato alla Camera dal Ministro dell’economia e delle finanze il 23 ottobre 2014, e F. Ricca, Riforma del ravvedimento operoso per rafforzare la “compliance”, cit., 3325 ss.
(16) In argomento, volendo, si rinvia a F. Cerioni, Definizione dei processi verbali e tutela giurisdizionale del contribuente, in Boll. Trib., 2009, 98 ss.
(17) In pratica il contribuente può pagare a titolo di ravvedimento una parte della somma complessivamente dovuta a titolo di imposte, interessi e sanzioni. In tal caso la somma versata a tale titolo verrà imputata dall’Ufficio in parte all’imposta dovuta, in parte agli interessi e in parte alle sanzioni ridotte secondo la percentuale prevista in base al momento della regolarizzazione. La somme residue, invece, non saranno considerate regolarizzate e, in caso di constatazione della violazione da parte dell’Ufficio, mediante la notifica di atti di accertamento o liquidazione o avvisi bonari, il contribuente non potrà più avvalersi del ravvedimento: così circ. 2 agosto 2013, n. 27/E, in Boll. Trib., 2013, 1178; e ris. 23 giugno 2011, n. 67/E, ivi, 2011, 1309.
(18) In argomento L. Del Federico, Violazioni e sanzioni in materia tributaria, cit., 17 ss.; e A. Lanzi – P. Aldrovandi, L’illecito tributario, Padova, 2005, 80 ss.
(19) A norma dell’art. 12 del D.Lgs. n. 74/2000 costituiscono pene accessorie alle sanzioni penali: a) l’interdizione dagli Uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni; b) l’incapacità di contrattare con la pubblica Amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni; c) l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni; d) l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di Commissione tributaria; e) la pubblicazione della sentenza a norma dell’art. 36 c.p.
(20) L’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 dispone che «Le pene previste per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino ad un terzo e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie».
(21) In argomento U. Perrucci, La voluntary disclosure, in Boll. Trib., 2015, 315 ss.; A. Weisz, Voluntary disclosure; i periodi d’imposta oggetto della procedura, ibidem, 565 ss.; G. Molinaro, I risvolti sanzionatori tributari della collaborazione tributaria, in Corr. trib., 2015, 251 ss.; e D. Piva, Effetti penali della “voluntary disclosure”, ibidem, 259 ss.
(22) La dichiarazione dei redditi e delle attività detenute all’estero è stata imposta dall’art. 4 del D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227).
(23) Si ricorda che l’IVA all’importazione è accertata dagli Uffici delle dogane in base alle disposizioni dell’Unione europea e nazionali relativi all’applicazione dei dazi doganali ai sensi dell’art. 70 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. In argomento F. Cerioni, Applicazione dell’imposta, sub art. 70 del D.P.R. 633/1972, in P. Centore (a cura di), Codice IVA nazionale e comunitaria, Milano, 2012, 1749 ss. In generale sull’accertamento dei tributi doganali e delle accise si rinvia a F. Cerioni, Gli atti dell’Agenzia delle dogane e la giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2004, 383 ss.
(24) Sul punto ved. nota 19 gennaio 2015 dell’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL, Fondazione istituita dall’Associazione dei Comuni Italiani, in attuazione del D.M. finanze del 22 novembre 2005) e circ. Fondazione nazionale dei dottori commercialisti del 15 aprile 2015. Sugli aspetti problematici della potestà sanzionatoria degli enti locali si rinvia a A. Mondini, Autonomia e proporzionalità delle sanzioni amministrative in materia di tributi locali, in Rass. trib., 2015, 828 ss.
(25) Così L. Del Federico, Violazioni e sanzioni in materia tributaria, cit., 19 ss.; e A. Lanzi – P. Aldrovandi, L’illecito amministrativo, op. cit., 90, i quali, già all’indomani dell’entrata in vigore dell’istituto, avevano sottolineato che le condizioni ostative siano connaturate alla logica premiale del ravvedimento e siano funzionali a preservare l’efficacia dissuasiva dei controlli, evitando, come ricordato dalla stessa circ. n. 180/E/1998, cit., che «il trasgressore persista nella sua posizione di illegalità, con la riserva mentale di rimuovere gli effetti di tale comportamento una volta scoperto».
(26) Si veda ad esempio l’art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, la cui applicabilità è aggravata dalle incertezze generate dall’applicazione del sistema dello split payment. In argomento cfr. G. Vaselli, Prime osservazioni sull’impatto dirompente dello split payment, in Boll. Trib., 2015, 747; G. Polo, Le nuove modalità di fatturazione nei confronti della pubblica Amministrazione, ibidem, 579; e R. Rizzardi, “Split payment” ed estensione del “reverse charge”: già operativi ma in cerca di autorizzazione UE, in Corr. trib., 2015, 275 ss.
(27) Si pensi al concorso tra le violazioni previste dall’art. 7, terzo comma, del D.Lgs. n. 471/1997, che punisce il cedente o il prestatore che effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi in regime di non imponibilità (in sospensione d’IVA) senza aver ricevuto la dichiarazione d’intento di cui all’art. 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983, e quella, ora prevista dall’art. 7, comma 4-bis, come modificato dal D.Lgs. n. 175/2014, che punisce lo stesso soggetto di cui sopra che effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi in regime di non imponibilità prima di aver ricevuto la dichiarazione d’intento di cui all’art. 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983, e riscontrato telematicamente l’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle entrate.
(28) Si veda la fattispecie prevista dall’art. 7, primo comma, del D.Lgs. n. 471/1997, che punisce il cedente per la mancata regolarizzazione della fattura emessa in regime di non imponibilità qualora l’operazione non si sia conclusa con l’esportazione della merce affidata al cessionario nel termine di 90 giorni.
(29) Cfr. Corte Giust. UE, sez. grande, 8 settembre 2015, causa C-105/14, in Boll. Trib. On-line.
(30) Atto del Governo n. 183 trasmesso alle commissioni Parlamentari giustizia, finanze e bilancio il 27 giugno 2015, c.d. “Decreto sanzioni”.
(31) Sul punto si legga M. Basilavecchia, Sanzioni amministrative: proporzionalità temporanea, in Corr. trib., 2015, 2383, il quale evidenzia come l’ottica del Decreto sanzioni sia ancora una volta quella del restyling delle fattispecie sanzionatorie, pur contenendo previsioni, come quella nell’art. 31 relativa all’applicabilità della novella che, risultando disancorate al momento della commissione dell’illecito, rischiano di generare ulteriori incertezze applicative delle sanzioni tributarie.