IRPEF – Redditi di capitale – Rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato – Monitoraggio fiscale – Nuove disposizioni – Adempimenti dei contribuenti – Ritenuta sui redditi degli investimenti esteri e attività estere di natura finanziaria – Chiarimenti.
Circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E, dell’Agenzia delle entrate
INDICE:
PREMESSA
1 OBBLIGHI DI MONITORAGGIO A CARICO DEI CONTRIBUENTI
1.1 Ambito soggettivo
1.1.1 La figura del titolare effettivo
1.2 Esoneri soggettivi
1.3 Consistenza delle attività di natura finanziaria e patrimoniale
1.3.1 Attività di natura finanziaria
1.3.2 Attività di natura patrimoniale
1.4 Valorizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali
1.4.1 Attività finanziarie
1.4.2 Attività patrimoniali
2 OBBLIGHI DI SOSTITUZIONE DI IMPOSTA
2.1 Tassazione alla fonte dei redditi e dei flussi finanziari esteri
2.1.1 I titoli atipici
2.2 Redditi esteri da assoggettare alla nuova ritenuta d’ingresso
2.2.1 Redditi di capitale
2.2.2 Redditi diversi
2.3 Base imponibile della ritenuta
2.4 Intermediari obbligati al prelievo
3 ESONERI OGGETTIVI
4 TRASFERIMENTI
5 SANZIONI
6 DECORRENZA.
“PREMESSA.
La legge 6 agosto 2013, n. 97, recante le “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea2013”(di seguito, “legge europea2013”) risponde alla necessità di adempiere ad obblighi comunitari per i qualila Commissioneeuropea, nel quadro del sistema EU Pilot, ha dato avvio nei confronti dello Stato italiano a casi di pre-infrazioni, nonché a procedure di infrazione.
In linea generale, tutte le disposizioni contenute nella suddetta legge mirano ad evitare la condanna dello Stato italiano al pagamento di sanzioni pecuniarie in favore dell’Unione europea e prevenire aggravi finanziari a carico delle casse dello Stato.
La presente circolare fornisce chiarimenti in merito alle disposizioni contenute nell’articolo 9 della citata legge n. 97 il quale, in risposta al caso Pilot 1711/11/TAXU, apporta rilevanti modifiche al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, recante la disciplina del cosiddetto “monitoraggio fiscale”.
Al fine di dare attuazione alle predette disposizioni, è stato emanato il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 dicembre 2013 (di seguito, provvedimento del Direttore) previsto dal nuovo comma 4 dell’articolo 4 del citato decreto legge n. 167 del 1990, che ha, tra l’altro, disciplinato ex novo i contenuti della dichiarazione annuale dei redditi da predisporre, a decorrere dal periodo d’imposta 2013, per assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale.
Le modifiche introdotte sono finalizzate a ridurre e a semplificare gli adempimenti a carico dei contribuenti che detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria per i quali va compilato l’apposito quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi, nonché a riformulare le relative sanzioni.
In particolare, sono state eliminate le Sezioni I e III che caratterizzavano il precedente modulo RW con evidenti vantaggi di semplificazione degli adempimenti, in linea con quanto indicato dalla Commissione europea.
La compilazione del nuovo quadro RW deve essere ora effettuata esclusivamente per indicare la consistenza delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero nel periodo d’imposta di riferimento e senza limite di importo. A quest’ultimo proposito, la richiamata disposizione di attuazione ha privilegiato l’esigenza di alleggerire, per quanto possibile, il contenuto della dichiarazione delle attività estere nei casi in cui esse siano detenute in Paesi collaborativi, piuttosto che prevedere un limite di importo generalizzato riferito all’obbligo di monitoraggio.
Bilanciando queste semplificazioni, sono state introdotte importanti disposizioni atte a rafforzare le attività di contrasto alla frodi internazionali attuate mediante l’illecito trasferimento e/o detenzione all’estero di attività produttive di reddito.
Le modifiche apportate alla disciplina del monitoraggio fiscale, mutuando alcuni dei principi fondanti la struttura dell’antiriciclaggio, completano il quadro normativo in materia creando un modello omogeneo di governo del sistema di controllo fiscale e valutario degli investimenti all’estero.
E’ ora stabilito, come principio di carattere generale, che su tutti i redditi di capitale e sui redditi diversi derivanti da investimenti esteri e da attività estere di natura finanziaria, gli intermediari indicati dalla normativa antiriciclaggio devono applicare le ritenute già previste da specifiche disposizioni non soltanto quando le attività sono ad essi affidate in gestione, custodia o amministrazione, ma anche qualora intervengano nella mera riscossione dei relativi flussi.
La norma introduce altresì un prelievo alla fonte a titolo d’acconto per talune tipologie di redditi di capitale e redditi diversi sinora sottoposte ad imposizione solo nell’ambito della determinazione del reddito complessivo nella dichiarazione dei redditi.
La legge europea 2013 apporta, infine, notevoli semplificazioni anche con riferimento agli adempimenti di monitoraggio cui sono tenuti gli intermediari finanziari, allineando i limiti e gli strumenti già adottati dai medesimi soggetti ai fini delle disposizioni previste in materia di antiriciclaggio, mutuandone i presupposti applicativi e con l’adozione dell’unica soglia di 15.000 euro del valore dei trasferimenti da segnalare. Su tale intervento normativo verranno fornite apposite istruzioni operative.
La presente circolare, che tiene conto anche del contenuto del provvedimento del Direttore, aggiorna sostituendole le indicazioni contenute nella circolare n. 45/E del 13 settembre 2010[1].
1 OBBLIGHI DI MONITORAGGIO A CARICO DEI CONTRIBUENTI
L’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 nel testo riformulato conferma l’ambito soggettivo dei contribuenti obbligati, imponendogli di indicare nella dichiarazione annuale dei redditi gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
Rispetto alla previgente disposizione, non è più previsto un limite di importo al di sopra del quale vige l’obbligo dichiarativo.
Pertanto, tali investimenti ed attività devono essere sempre dichiarati anche se al termine del periodo d’imposta siano di importo inferiore a 10.000 euro (limite finora previsto).
Inoltre, tale adempimento deve essere effettuato non soltanto dal possessore diretto degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, ma anche dai soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti in materia di antiriciclaggio, risultino essere i titolari effettivi dei predetti beni.
1.1 Ambito soggettivo. I soggetti obbligati al monitoraggio fiscale sono le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici e i soggetti equiparati, residenti in Italia.
In tale ambito soggettivo sono ricomprese le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo.
Pertanto l’obbligo di dichiarazione sussiste, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata, anche nel caso in cui le operazioni siano poste in essere dagli interessati in qualità di esercenti attività commerciali o professionali e nonostante essi siano soggetti a tutti gli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili previsti dalle norme fiscali.
Resta fermo che i soggetti interessati devono essere fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
A tal fine, con riguardo alle persone fisiche, si deve fare riferimento alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), in base alla quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Tali criteri sono, come noto, alternativi essendo sufficiente che sia verificato anche uno solo di essi affinché una persona fisica possa considerarsi fiscalmente residente in Italia.
Il requisito della residenza si acquisisce ex tunc con riferimento al periodo d’imposta nel quale la persona fisica instaura il collegamento territoriale rilevante ai fini fiscali.
Pertanto, soltanto alla fine dell’anno solare è possibile effettuare la verifica del requisito temporale della permanenza in Italia (183 o 184 giorni in caso di anno bisestile) per determinare la residenza fiscale della persona (cfr. circolare del Ministero delle Finanze del 17 agosto 1996, n. 201[2]).
Inoltre, come stabilito dal successivo comma 2-bis del medesimo articolo 2 del TUIR, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria del contribuente, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Al riguardo si ricorda che, fino all’emanazione del citato decreto, si considerano residenti in Italia i cittadini emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato individuati dal decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999 e successive modificazioni (1) (cosiddetta “black list”).
Ne consegue che anche tali soggetti rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale.
Per le società semplici, le associazioni e gli enti non commerciali, gli articoli 5, comma 3, lettera d), e 73, comma 3, del TUIR stabiliscono che si considerano residenti i soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 73 del TUIR, si considerano residenti nel territorio dello Stato, salva prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale previsto dall’articolo 168-bis, comma 1, del TUIR (cosiddetta “white list”) (2), in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, altresì, residenti in Italia i trust istituiti nei predetti Stati o territori non white list quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
I contribuenti residenti, rientranti nell’ambito soggettivo del monitoraggio fiscale, sono tenuti agli obblighi dichiarativi nell’ipotesi di detenzione di attività, finanziarie e patrimoniali, a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e quindi anche se pervengono da eredità o donazioni.
Qualora sul bene sussistano più diritti reali, ad esempio, nuda proprietà e usufrutto, sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà. Ciò in quanto sia la titolarità del diritto di usufrutto che della nuda proprietà sono in grado di generare redditi imponibili in Italia (cfr. risoluzione n. 142/E del 30 dicembre 2010[3]).
Se le attività finanziarie o patrimoniali sono in comunione o cointestate, l’obbligo di compilazione del quadro RW è a carico di ciascun soggetto intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e con l’indicazione della percentuale di possesso.
Per effetto di consolidati orientamenti giurisprudenziali, sono tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione (v. sentenze della Cassazione, Sezione tributaria, dell’11 giugno 2003, n. 9320 e del 21 luglio 2010, nn. 17051 e 17052).
In tal senso, in caso di conto corrente estero intestato ad un soggetto residente sul quale vi è la delega di firma di un altro soggetto residente, anche il delegato è tenuto alla compilazione del quadro RW per l’indicazione dell’intera consistenza del conto corrente detenuto all’estero qualora si tratti di una delega al prelievo e non soltanto di una mera delega ad operare per conto dell’intestatario.
L’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona.
E’ il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust (sia esso residente che non residente).
Ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità.
Al fine di individuare i casi in cui il trust deve essere considerato interposto si può fare riferimento alle fattispecie esemplificative indicate nella circolare 43/E del 10 ottobre 2009[4], paragrafo 1 e nella circolare n. 61/E del 27 dicembre 2010[5].
Analoghe considerazioni valgono in caso di investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria nonché investimenti in Italia ed attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari (cfr. risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002[6]).
1.1.1 La figura del titolare effettivo. In coerenza con i citati orientamenti giurisprudenziali, il legislatore ha riformulato il testo dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 rafforzando la tesi in base alla quale sono tenuti alla dichiarazione delle attività estere non soltanto i possessori “formali” delle stesse e i soggetti che ne hanno la disponibilità, ma anche coloro che possono esserne considerati i “titolari effettivi”. Mutuando la definizione contenuta nella normativa antiriciclaggio di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e all’articolo 2 dell’allegato tecnico al medesimo decreto, per “titolare effettivo” si intende:
•in caso di società:
1. la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore, purché non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti; tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale sociale;
2. la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica;
• in caso di entità giuridiche, quali le fondazioni e di istituti giuridici, quali i trust, che amministrano e distribuiscono fondi:
1. se i futuri beneficiari sono già stati determinati, la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica;
2. se le persone che beneficiano dell’entità giuridica non sono ancora state determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica;
3. la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica.
In sostanza, l’obbligo dichiarativo riguarda anche i casi in cui le attività estere, pur essendo intestate a società (di qualsiasi tipo) o ad entità giuridiche diverse dalle società (ad esempio, fondazioni o trust), siano riconducibili a persone fisiche, ad enti non commerciali o a società semplici ed equiparate, in qualità di “titolari effettivi” delle attività stesse.
Come precisato nel provvedimento del Direttore, sebbene la normativa antiriciclaggio si riferisca esplicitamente soltanto alle persone fisiche, ai fini dell’obbligo di compilazione del quadro RW, lo status di “titolare effettivo” è riferibile anche agli altri soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, e cioè agli enti non commerciali e alle società semplici ed equiparate, residenti in Italia.
Inoltre, è opportuno rilevare che i casi previsti dalla norma in commento sull’individuazione del “titolare effettivo” si riferiscono al possesso di partecipazioni o interessenze in società o altre entità ed istituti giuridici non fittiziamente interposti. Infatti, come prima precisato, in presenza di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali estere o italiane, formalmente intestate a soggetti meramente interposti, il patrimonio deve essere dichiarato dal socio o dal beneficiario indipendentemente dalla verifica del requisito del controllo.
Sulla base del nuovo assetto normativo, si possono verificare diverse ipotesi in cui sorge per il contribuente l’onere dichiarativo.
Qualora il contribuente detenga direttamente un investimento all’estero o attività estere di natura finanziaria, è confermato l’obbligo di indicarli nella dichiarazione dei redditi, così come già previsto nella previgente disciplina in materia di monitoraggio fiscale. E’ il caso, ad esempio, dell’immobile detenuto all’estero o del conto corrente estero o della partecipazione in società estere, posseduti da persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate, senza alcuna interposizione. In questo caso, il contribuente è tenuto a valorizzare gli investimenti o le attività e ad indicarli nel quadro RW nonché ad indicare la propria quota di possesso espressa in percentuale (cfr. esempio n. 1).
Nella differente ipotesi in cui il contribuente detenga tali investimenti o attività per il tramite di società o altre entità giuridiche, si possono verificare distinte fattispecie a seconda del veicolo attraverso il quale si realizza o meno il requisito della titolarità effettiva.
In caso di detenzione di attività estere per il tramite di società, il contribuente che abbia una partecipazione rilevante come definita dalla normativa antiriciclaggio (ad esempio, la percentuale della partecipazione al capitale sociale è superiore al 25 per cento), in linea generale, deve indicare nel quadro RW il valore della partecipazione nella società estera (così come nel caso in cui detta partecipazione non sia rilevante) e, in aggiunta, la percentuale di partecipazione (cfr. esempio n. 2).
Si precisa che l’obbligo dichiarativo in capo al “titolare effettivo” sussiste esclusivamente in caso di partecipazioni in società di diritto estero e non riguarda, invece, anche l’ipotesi di partecipazioni dirette in una o più società residenti che effettuano investimenti all’estero. In quest’ultimo caso, infatti, l’Amministrazione finanziaria può acquisire i dati e le notizie necessarie per l’accertamento dei redditi conseguiti dai soci attraverso l’analisi delle dichiarazioni delle società partecipate utilizzando gli ordinari strumenti consentiti dall’ordinamento interno (cfr. esempio n. 3).
Rilevano, invece, le partecipazioni in società residenti qualora, unitamente alla partecipazione diretta o indiretta del contribuente in società estere, concorrano ad integrare, in capo al contribuente, il requisito di “titolare effettivo” di investimenti esteri o di attività estere di natura finanziaria. In quest’ultimo caso, occorre indicare il valore complessivo della partecipazione nella società estera detenuta (direttamente e indirettamente) e la percentuale di partecipazione determinata tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo relativo alla partecipazione indiretta (cfr. esempio n. 4).
Tale modalità di compilazione del quadro RW non può essere utilizzata qualora il contribuente detenga una partecipazione rilevante in una società residente o localizzata in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni (di seguito, Paesi non collaborativi).
Per Stati o territori collaborativi si devono intendere quelli che assicurano comunque la possibilità di un controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria italiana da attuare tramite lo strumento dello scambio di informazioni. Si tratta non soltanto degli Stati o territori inclusi nella white list ma anche dei Paesi che, pur non inclusi nella white list, prevedono un adeguato scambio di informazioni tramite una convenzione per evitare la doppia imposizione sul reddito, uno specifico accordo internazionale (ad esempio, un tax information exchange agreement – TIEA) o con cui trovano applicazione disposizioni comunitarie in materia di assistenza amministrativa (cfr. Tabelle poste nel presente paragrafo).
In caso di partecipazioni rilevanti in società residenti in Paesi non collaborativi, occorre indicare, in luogo del valore della partecipazione, il valore degli investimenti detenuti all’estero dalla società e delle attività estere di natura finanziaria intestati alla società, nonché la percentuale di partecipazione posseduta nella società stessa. In tal modo, seguendo un approccio look through e superando la mera titolarità dello strumento finanziario partecipativo, si deve dare rilevanza, ai fini del monitoraggio fiscale, al valore dei beni di tutti i soggetti “controllati” situati in Paesi non collaborativi e di cui il contribuente risulti nella sostanza “titolare effettivo”. Tale criterio deve essere adottato fino a quando nella catena partecipativa sia presente una società localizzata nei suddetti Paesi e sempreché risulti integrato il controllo secondo la normativa antiriciclaggio (cfr. esempi da5 a10).
Per esigenze di semplificazione, il contribuente indica nel quadro RW, per ciascuna società, il valore complessivo di tutte le attività finanziarie e patrimoniali di cui risulta essere il titolare effettivo, avendo cura di predisporre e conservare un apposito prospetto in cui devono essere specificati i valori delle singole attività. Detto prospetto deve essere esibito o trasmesso, su richiesta, all’Amministrazione finanziaria.
Le partecipazioni in società estere quotate in mercati regolamentati e sottoposte a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti, vanno valorizzate direttamente nel quadro RW indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale che le stesse rappresentano in quanto è escluso in tal caso il verificarsi dello status di “titolare effettivo” (cfr. esempio n. 11).
In caso di detenzione di attività estere per il tramite di entità giuridiche, diverse dalle società, quali fondazioni e di istituti giuridici quali i trust:
I. qualora non siano verificati i requisiti per l’esercizio del controllo di tali entità o istituti (ad esempio, se i beneficiari sono destinatari di una quota inferiore al 25 per cento del patrimonio), la fondazione o il trust sono tenuti a monitorare direttamente gli investimenti o le attività estere, sempreché si tratti di enti non commerciali residenti;
II. qualora siano, invece, verificati i predetti requisiti (ad esempio, se la percentuale di attribuzione del patrimonio o di controllo è pari o superiore al 25 per cento), il contribuente è tenuto a dichiarare il valore complessivo degli investimenti detenuti all’estero dall’entità e delle attività estere di natura finanziaria ad essa intestate, nonché la percentuale di patrimonio nell’entità stessa. In tale ipotesi rilevano, in ogni caso, sia gli investimenti e le attività estere detenuti da entità ed istituti giuridici residenti in Italia, sia quelli detenuti da entità ed istituti giuridici esteri, indipendentemente dallo Stato estero in cui sono istituiti. In sostanza, si applica l’approccio look through anche se il trust o la fondazione sono istituiti in un Paese collaborativo.
Si ricorda che i trust opachi e trasparenti residenti in Italia, non fittiziamente interposti, ricompresi tra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, sono in linea di principio tenuti agli adempimenti di monitoraggio fiscale per gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria da essi detenuti.
Relativamente ai trust trasparenti residenti – ossia quando il reddito o il patrimonio (o parte di esso) sono direttamente riferibili a beneficiari individuati ossia a soggetti titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione degli stessi – gli obblighi di monitoraggio delle attività estere ricadono sul trust (sempreché sia un ente non commerciale) se i predetti beneficiari non rivestono la qualifica di “titolari effettivi” ai sensi della predetta normativa antiriciclaggio e, in ogni caso, con l’indicazione del valore delle attività estere e della percentuale del patrimonio non attribuibile ai “titolari effettivi” se presenti.
Qualora il beneficiario individuato sia il “titolare effettivo” delle attività estere detenute dal trust residente, lo stesso è tenuto ad indicare nel quadro RW il valore delle attività estere nonché la percentuale di patrimonio ad esso riconducibile (cfr. esempi nn. 12 e 13).
Va da sé che se sussistono titolari effettivi residenti dell’intero patrimonio dell’ente, quest’ultimo è esonerato dalla compilazione del quadro RW.
Con riferimento ai trust esteri con beneficiari individuati residenti in Italia, questi ultimi sono tenuti al monitoraggio delle attività detenute all’estero dal trust quando sono destinatari di una quota rilevante del patrimonio del trust secondo la normativa antiriciclaggio.
Il beneficiario di un trust estero che non è “titolare effettivo” deve indicare nel quadro RW il valore della quota di patrimonio del trust ad esso riferibile.
Non si ritiene che la titolarità effettiva del trust possa essere attribuita al trustee posto che quest’ultimo amministra i beni segregati nel trust e ne dispone secondo il regolamento del trust o le norme di legge e non nel proprio interesse.
Sempre in tema di entità giuridiche diverse dalle società, si evidenzia che non è pertinente al monitoraggio il criterio utilizzato ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio per individuare il “titolare effettivo” nel caso in cui i beneficiari dell’entità non siano ancora determinati. In tal caso, infatti, l’articolo 2, comma 1, lettera b), n. 2), dell’allegato tecnico al decreto legislativo n. 231 del 2007, specifica che per “titolare effettivo” si intende la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica. Considerato, infatti, che la dizione “categoria di persone” non consente di individuare puntualmente un soggetto tenuto all’obbligo di monitoraggio, il quadro RW deve essere compilato dall’entità giuridica stessa ricorrendone i presupposti.
Il “titolare effettivo” del trust deve indicare nel quadro RW le attività estere che l’entità giuridica “controllata” detiene direttamente e per il tramite di altri soggetti esteri situati in Paesi non collaborativi e fintantoché si configuri la titolarità effettiva degli investimenti.
Per permettere ai “titolari effettivi” del trust di adempiere ai suddetti obblighi dichiarativi, il trustee è tenuto ad individuare i titolari effettivi degli investimenti e delle attività detenuti all’estero dal trust e comunicare agli stessi i dati utili per la compilazione del quadro RW: la quota di partecipazione al patrimonio, gli investimenti e le attività estere detenute anche indirettamente dal trust, la loro valorizzazione, nonché i dati identificativi dei soggetti esteri.
Quanto precisato in ordine ai trust vale, in quanto compatibile, per le fondazioni ed istituti analoghi.
Con riferimento agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), non rilevano, ai fini dell’individuazione del “titolare effettivo”, le partecipazioni ad organismi istituiti in Italia che effettuano investimenti all’estero.
In caso di partecipazione in un OICR di diritto estero, il partecipante è tenuto ad indicare nel quadro RW il valore della quota di partecipazione da esso detenuta, indipendentemente dall’entità della stessa. Tuttavia – al pari di quanto specificato con riferimento alle partecipazioni in società estere – qualora il contribuente detenga una quota rilevante, così come definita dalla disciplina antiriciclaggio, in un organismo istituito in Stati o territori diversi da quelli collaborativi come prima definiti, in luogo del valore della quota, deve indicare il valore complessivo degli investimenti e delle attività estere detenuti direttamente dall’organismo stesso e per il tramite di altri soggetti esteri situati in Paesi non collaborativi e fintantoché si configuri la titolarità effettiva degli investimenti (cfr. esempio n. 14).
Lo status di “titolare effettivo” potrebbe verificarsi anche nell’ipotesi in cui il contribuente abbia sottoscritto una polizza con una compagnia di assicurazione estera in cui le attività sottostanti siano rappresentate da partecipazioni rilevanti in società residenti o localizzate in Paesi non collaborativi. Verificandosi tali condizioni, devono essere riportati nel quadro RW anche il valore complessivo degli investimenti e delle attività estere intestate alla società estera di cui il contribuente risulti “titolare effettivo” (cfr. esempio n. 15).
Si fa presente che, ai fini della determinazione della percentuale rilevante per essere considerato “titolare effettivo” di società e di altre entità giuridiche, si devono computare anche le partecipazioni imputate ai familiari indicati nell’articolo 5, comma 5, del TUIR (cfr. esempio n. 10) nonché, come già anticipato, le partecipazioni detenute indirettamente tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo.
Il contribuente è tenuto a verificare se durante l’intero periodo d’imposta lo status di titolare effettivo si è realizzato anche per un solo giorno.
Tabella degli Stati e territori inclusi nella white list (d.m. 4 settembre 1996 e successive modificazioni)
Albania
Canada
Estonia
Irlanda
Marocco
Rep. Ceca
Tanzania
Algeria
Cina
Fed. Russa
Islanda
Mauritius
Rep.Slovacca
Thailandia
Argentina
Cipro
Filippine
Israele
Messico
Romania
Trinidad e Tobago
Australia
Corea del Sud
Finlandia
Yugoslavia
Norvegia
Singapore
Tunisia
Austria
Costa d’Avorio
Francia
Kazakistan
Nuova Zelanda
Slovenia
Turchia
Bangladesh
Croazia
Germania
Kuwait
Paesi Bassi
Spagna
Ucraina
Belgio
Danimarca
Giappone
Lettonia
Pakistan
Sri lanka
Ungheria
Bielorussia
Ecuador
Grecia
Lituania
Polonia
Stati Uniti
Venezuela
Brasile
Egitto
India
Lussemburgo
Portogallo
Sud Africa
Vietnam
Bulgaria
Emirati Arabi Uniti
Indonesia
Macedonia
Regno Unito
Svezia
Zambia
Malta
Tabella degli altri Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazione in base alle disposizioni di Convenzioni per evitare le doppie imposizioni attualmente vigenti con l’Italia:
Arabia Saudita
Giordania
San Marino (con effetto dal 2014)
Armenia
Moldova
Senegal
Azerbaijan
Mozambico
Siria
Etiopia
Oman
Uganda
Georgia
Quatar
Uzbekistan
Ghana
Si forniscono di seguito una serie di esemplificazioni delle fattispecie più ricorrenti. Per esigenze espositive i Paesi collaborativi, elencati nelle Tabelle di cui sopra, sono chiamati “white list”, mentre quelli non collaborativi sono chiamati “non white list”.
Esempio n. 1
Una persona fisica detiene un immobile all’estero del valore di 500.000 euro in comproprietà con altri quattro soggetti. In tal caso ciascun comproprietario (sempreché si tratti di persone fisiche, società semplici o enti non commerciali) deve indicare nel quadro RW l’intero valore dell’immobile (500.000) riportando la percentuale di possesso (20%).
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Esempio n. 2.
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese white list in misura pari al 26 per cento la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW il valore della partecipazione nella società estera.
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Esempio n. 3
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società italiana in misura pari al 50 per cento che, a sua volta, detiene una partecipazione al capitale di una società estera in misura pari al 100 per cento la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso il contribuente non deve compilare il quadro RW.
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Esempio n. 4
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese white list in misura pari al 15 per cento (partecipazione diretta), e una partecipazione in una società italiana nella misura del 50 per cento che, a sua volta, detiene una partecipazione nella medesima società estera nella misura del 50 per cento (partecipazione indiretta). In tal caso il contribuente integra il requisito di “titolare effettivo” nella società estera, sommando il 15 per cento della partecipazione diretta con il 25 per cento della partecipazione indiretta. Pertanto, deve indicare nel quadro RW il valore della partecipazione nella società estera e la percentuale di partecipazione (40%).
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Esempio n. 5
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese non white list in misura pari al 26 per cento la quale detiene investimenti ed attività finanziarie in Italia. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW esclusivamente il valore della partecipazione nella società estera, posto che il contribuente in tal caso non è il titolare effettivo di attività estere.
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Esempio n. 6
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese non white list in misura pari al 26 per cento la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW il valore complessivo degli investimenti e delle attività estere della società estera (obbligazioni, immobili e conti correnti) e la percentuale di partecipazione (26%).
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Esempio n. 7
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società localizzata in un Paese non white list (Società A) in misura pari al 26 per cento, la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria, tra cui una partecipazione al 100 per cento in un’altra società estera localizzata in un Paese non white list (Società B) che detiene conti correnti esteri. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW il valore complessivo dei predetti investimenti e attività detenuti per il tramite delle società A (nell’esempio, obbligazioni, immobili) nonché, in luogo della partecipazione nella società B, del conto corrente detenuto dalla società B partecipata indirettamente, specificando che la percentuale di partecipazione nella società A è pari al 26 per cento.
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Esempio n. 8
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese non white list (società A) in misura pari al 15 per cento (partecipazione diretta), la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria (tra cui una partecipazione al 100% nella società estera B white list), nonché una partecipazione in una società italiana nella misura del 50 per cento che a sua volta detiene una partecipazione nella medesima società estera A nella misura del 50 per cento (partecipazione indiretta). In tal caso il contribuente integra il requisito di “titolare effettivo” nella società estera A, sommando il 15 per cento della partecipazione diretta con il 25 per cento della partecipazione indiretta. Pertanto, deve indicare nel quadro RW il valore complessivo degli investimenti ed attività estere della società A (obbligazioni, immobili e partecipazione in B) e la percentuale di partecipazione (40%). Non deve, invece, indicare le attività estere della società B, in quanto localizzata un Paese white list.
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Esempio n. 9
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese non white list (società A) in misura pari al 15 per cento (partecipazione diretta), la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria (tra cui una partecipazione nella società estera C white list), nonché una partecipazione in un’altra società estera localizzata in un Paese non white list (società B) nella misura del 20 per cento che, a sua volta, detiene una partecipazione nella società A in misura pari al 70 per cento. In tal caso, il contribuente integra il requisito di titolare effettivo nella società A sommando il 15 per cento della partecipazione diretta con il 14 per cento della partecipazione indiretta. Pertanto, deve indicare nel quadro RW il valore degli investimenti ed attività estere della società A (obbligazioni, immobili e partecipazione in C) e la percentuale di partecipazione nella misura del 29%, ed inoltre deve indicare il valore della partecipazione nella società B (e la percentuale di partecipazione nella misura del 20%) non integrando nei confronti dei beni di quest’ultima la titolarità effettiva. Non deve, invece, indicare le attività estere detenute dalla società C in quanto localizzata in un Paese white list.
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Esempio n. 10
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera localizzata in un Paese non white list in misura pari al 15 per cento, la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria, e il coniuge detiene una partecipazione al capitale sociale della medesima società in misura pari al 15 per cento. Entrambi i soggetti sono titolari effettivi degli investimenti e delle attività della società estera e, pertanto, ciascuno deve indicare nel proprio quadro RW il valore complessivo degli stessi e la percentuale di partecipazione nella società.
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Esempio n. 11
Una persona fisica detiene una partecipazione al capitale sociale di una società estera quotata in misura pari al 26 per cento, la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW il valore della partecipazione nella società estera, non integrando la titolarità effettiva di beni all’estero trattandosi di una società quotata.
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Esempio n. 12
Il beneficiario individuato di un trust trasparente è destinatario di una quota pari al 25 per cento del patrimonio detenuto all’estero dal trust. In tal caso, il contribuente, in qualità di titolare effettivo degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria del trust, deve indicare nel quadro RW il valore complessivo delle attività estere (obbligazioni, immobili e conti correnti) nonché la percentuale di patrimonio ad esso riconducibile (25%). Il trust, se ente non commerciale residente, deve indicare nel proprio RW il valore dei predetti investimenti ed attività e la percentuale del patrimonio non attribuibile al “titolare effettivo” (75%).
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Esempio n. 13
Il beneficiario individuato di un trust trasparente è destinatario di una quota pari all’80 per cento del patrimonio detenuto all’estero dal trust che detiene all’estero investimenti ed attività finanziarie, tra cui una partecipazione in misura pari al 50 per cento in una società estera localizzata in un Paese non white list che, a sua volta, detiene un conto corrente all’estero. In tal caso, il contribuente, in qualità di “titolare effettivo” degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria del trust, deve indicare nel quadro RW il valore complessivo dei predetti investimenti e attività (nell’esempio, obbligazioni, immobili) e del conto corrente detenuto dalla società, indicando la percentuale di patrimonio nel trust ad esso riconducibile (80%).
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Esempio n. 14
Il partecipante ad un OICR istituito in un Paese non white list possiede una quota pari al 70 per cento del patrimonio dell’organismo che detiene all’estero investimenti ed attività finanziarie, tra cui una partecipazione in misura pari al 50 per cento in una società estera localizzata in Paese non white list che detiene un conto corrente all’estero. In tal caso, il contribuente, in qualità di “titolare effettivo” degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria dell’OICR, deve indicare nel quadro RW il valore complessivo dei predetti investimenti e attività (nell’esempio, obbligazioni, immobili) e del conto corrente detenuto dalla società, indicando la percentuale di patrimonio nell’organismo ad esso riconducibile (70%).
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Esempio n. 15
Una persona fisica stipula un contratto di assicurazione con una impresa di assicurazione di diritto estero i cui premi sono investiti in una partecipazione al capitale di una società estera localizzata in un Paese non white list in misura pari al 26 per cento la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso il contribuente deve indicare nel quadro RW, in luogo del valore della polizza, il valore complessivo degli investimenti e delle attività della società estera indicando la percentuale di partecipazione nella società estera (26%).
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1.2 Esoneri soggettivi. Nessun obbligo di monitoraggio è posto in capo agli enti commerciali, alle società, siano esse società di persone (s.a.s., s.n.c., società di fatto) o società di capitali (s.p.a., s.a.p.a., società cooperative), ad eccezione delle società semplici.
Analoga esclusione è applicabile agli enti pubblici e agli altri soggetti indicati nell’articolo 74, comma 1, del TUIR.
Al riguardo, si precisa che gli enti di previdenza obbligatoria (casse professionali) istituiti nelle forme di associazione o fondazione non rientrano tra gli enti pubblici e, pertanto, sono obbligati agli adempimenti del monitoraggio (cfr. Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza n. 17961 del 24 luglio 2013).
Con riferimento alle attività estere finanziarie e agli investimenti all’estero effettuati dagli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) istituiti in Italia, nonostante essi siano inclusi tra gli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, si ritiene che essi debbano essere considerati esonerati dagli obblighi di monitoraggio fiscale dal momento che gli investimenti da essi detenuti non sono produttivi di redditi imponibili in quanto esenti dalle imposte sui redditi ai sensi del comma 5 quinquies del medesimo articolo 73, sempreché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale (cfr. risoluzione n. 43/E del 2 luglio 2013[7]). Le medesime considerazioni valgono per i fondi immobiliari soggetti al regime fiscale di non imponibilità previsto dall’articolo 6 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nonché per le forme pensionistiche complementari soggette al regime fiscale sostitutivo di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
Non sono soggetti all’obbligo di compilazione del quadro RW, inoltre, i contribuenti la cui residenza fiscale in Italia è determinata ex lege ovvero in base ad accordi internazionali ratificati in Italia e che prestano in via continuativa attività lavorative all’estero.
In particolare, l’articolo 38, comma 13, del decreto legge 31 maggio 2010, n.78, haesonerato dall’obbligo di compilazione del quadro RW:
1. le persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia (ad esempio, ONU, NATO, Unione Europea, OCSE) la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dall’articolo 2 del TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati. Inoltre, per effetto dell’articolo 14, primo paragrafo, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, tale esonero si applica anche al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività lavorativa, nonché ai figli ed ai minori a carico dei dipendenti pubblici. Beneficiano dell’esclusione in parola anche i dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro, per i quali sia prevista la notifica alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari e che, in virtù dell’articolo 1, comma 9, lettera b), della legge 27 ottobre 1988, n. 470, mantengono ai fini fiscali la residenza in Italia. Per tali soggetti l’esonero è riferito a tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero;
2. i soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in Paesi limitrofi. In tal caso, l’esonero si applica limitatamente alle attività di natura finanziaria e patrimoniale detenute nel Paese in cui viene svolta l’attività lavorativa.
L’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale permane fintanto che il lavoratore presta la propria attività all’estero e viene meno al suo rientro in Italia, qualora questi mantenga, per qualsiasi motivo, le suddette disponibilità all’estero.
Ai fini dell’individuazione del momento in cui va verificato il presupposto soggettivo di esonero con riferimento alla condizione di “diplomatico” o di “frontaliere”, nella risoluzione n. 128/E del 10 dicembre 2010[8], è stato specificato che, tale condizione deve sussistere alla data del 31 dicembre del periodo d’imposta di riferimento considerando che a tale data il contribuente deve verificare i presupposti di compilazione del quadro RW (ossia l’esistenza all’estero degli investimenti).
Tuttavia, tale impostazione va ora coordinata con le modifiche normative introdotte dalla legge europea 2013. Infatti, come sarà meglio specificato nei paragrafi successivi, l’obbligo di monitoraggio non è più dipendente dalla sussistenza all’estero degli investimenti e dalla detenzione delle attività estere di natura finanziaria ad una specifica data (finora 31 dicembre del periodo d’imposta). Pertanto, l’esonero previsto per tale categoria di soggetti deve essere riconosciuto soltanto qualora l’attività lavorativa all’estero sia stata svolta in via continuativa per la maggior parte del periodo d’imposta e a condizione che il lavoratore al rientro in Italia abbia qui trasferito le attività detenute all’estero.
In sostanza, ai fini dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio, occorre verificare che la condizione di lavoratore all’estero sia stata realizzata per un numero complessivo di giorni maggiore a 183 nell’arco dell’anno, anche se non continuativi.
Qualora il lavoratore rientri in Italia dopo aver prestato la propria attività lavorativa all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta, può usufruire del predetto esonero sempreché, entro sei mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro all’estero, non detenga più le attività all’estero. Diversamente, se il contribuente entro tale data non ha riportato le attività in Italia o dismesso le stesse, è tenuto ad indicare tutte le attività detenute all’estero durante l’intero periodo d’imposta.
Rimane naturalmente fermo, per i suddetti soggetti esonerati dal monitoraggio fiscale, l’obbligo di indicare nella dichiarazione annuale i redditi derivanti dalle attività estere di natura finanziaria e dagli investimenti esteri.
I lavoratori all’estero, per i quali non sussiste una specifica disposizione normativa che determini la residenza fiscale in Italia per presunzione, sono invece tenuti agli obblighi del monitoraggio fiscale ricorrendone i presupposti.
1.3 Consistenza delle attività di natura finanziaria e patrimoniale. Come accennato, nella dichiarazione dei redditi i contribuenti devono indicare le attività estere di natura finanziaria e gli investimenti all’estero, detenuti nel periodo d’imposta, attraverso cui possono essere conseguiti redditi imponibili in Italia. L’obbligo sussiste a prescindere dall’importo delle attività finanziarie e patrimoniali possedute in detto periodo.
1.3.1 Attività di natura finanziaria. Per attività estere di natura finanziaria devono intendersi quelle attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera. Sono oggetto di segnalazione:
•attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non residenti, tra cui, partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti (ad esempio, società estere, entità giuridiche quali fondazioni estere e trust esteri), obbligazioni estere e titoli similari, titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di OICR esteri), valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);
•contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;
•contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato;
•metalli preziosi allo stato grezzo o monetato detenuti all’estero;
•diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;
•forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero.
Devono essere indicate nel quadro RW anche le attività finanziarie italiane detenute all’estero – ad esempio, i titoli pubblici ed equiparati emessi in Italia, le partecipazioni in soggetti residenti ed altri strumenti finanziari emessi da soggetti residenti – in quanto suscettibili di produrre redditi diversi di natura finanziaria derivanti da attività detenute all’estero. Si ricorda che con la circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002[9] (risposta 1.28) e la già citata risoluzione n. 134/E del 2002 sono state considerate “detenute all’estero” anche le attività finanziarie italiane detenute per il tramite di fiduciarie estere o soggetti esteri interposti.
Vanno altresì riportate le attività e gli investimenti detenuti all’estero per il tramite di soggetti localizzati in Paesi diversi da quelli collaborativi nonché in entità giuridiche italiane o estere, diverse dalle società, qualora il contribuente risulti essere “titolare effettivo” delle predette attività e investimenti nell’accezione contenuta nella normativa sull’antiriciclaggio di cui si è precedentemente trattato.
Le attività finanziarie detenute all’estero vanno indicate nel quadro RW anche se immesse in cassette di sicurezza. Inoltre, sono soggette al medesimo obbligo anche le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti.
Con riferimento ai titoli o diritti offerti ai lavoratori dipendenti ed assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato prezzo, azioni della società estera con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro o delle società controllate o controllanti (cd. stock option), si precisa che tali titoli o diritti vanno indicati nel quadro RW soltanto nei casi in cui, al termine del periodo d’imposta, il prezzo di esercizio sia inferiore al valore corrente del sottostante, perché soltanto in questo caso il beneficiario dispone di un “valore” all’estero.
Nell’ipotesi in cui il piano di assegnazione delle stock option prevede che l’assegnatario non possa esercitare il proprio diritto finché non sia trascorso un determinato periodo (cd. vesting period), le stesse non devono essere indicate nel quadro RW fino a quando non sia spirato tale termine. Infatti, fino a quel momento il diritto è soggetto ad una sorta di condizione sospensiva.
I predetti diritti di opzione devono, invece, essere indicati in ogni caso nel quadro RW e, quindi, anche nel corso del vesting period, qualora essi siano cedibili.
Per quanto riguarda, invece, le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, va indicata la posizione individuale maturata nel periodo d’imposta come risultante dalla documentazione rilasciata dal fondo.
Tutte le attività in questione vanno indicate nel quadro RW in quanto di per sé produttive di redditi imponibili in Italia.
La nuova formulazione dell’articolo 6 del decreto legge n. 167 del1990 ha, infatti, ribadito che le attività finanziarie si presumono fruttifere in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta.
Viene inoltre confermato che, qualora l’attività non abbia prodotto redditi nel periodo d’imposta, il contribuente deve specificare in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi che si tratta di redditi la cui percezione avverrà in un successivo periodo d’imposta.
E’ stato altresì prevista la possibilità di indicare nella medesima sede che determinate attività non sono fruttifere.
Si ricorda che la presunzione di fruttuosità è una presunzione relativa dal momento che può essere opposta prova contraria da parte del contribuente. Pertanto, fermi restando gli obblighi di monitoraggio e di compilazione del quadro RW, qualora sulla base della legislazione o della prassi vigente in taluni Paesi le attività finanziarie non abbiano prodotto redditi nel periodo d’imposta o siano infruttifere, sarà opportuno che gli interessati acquisiscano dagli intermediari esteri documenti o attestazioni da cui risulti tale circostanza per giustificare, in caso di successivo controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, la mancata compilazione del relativo quadro reddituale.
Restano comunque impregiudicati gli ordinari poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, compresa l’applicazione dell’articolo 12 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, che prevede una presunzione relativa in base alla quale si considerano costituite con redditi sottratti a tassazione le attività detenute in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste.
1.3.2 Attività di natura patrimoniale. Gli investimenti da indicare nel quadro RW sono costituiti da beni patrimoniali collocati all’estero e che sono suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia.
A titolo esemplificativo, sono oggetto di segnalazione i seguenti investimenti: gli immobili situati all’estero o i diritti reali immobiliari (ad esempio, usufrutto o nuda proprietà) o quote di essi (ad esempio, comproprietà o multiproprietà), gli oggetti preziosi e le opere d’arte che si trovano fuori del territorio dello Stato (compresi quelli custoditi in cassette di sicurezza), le imbarcazioni o le navi da diporto o altri beni mobili detenuti all’estero e/o iscritti nei pubblici registri esteri, nonché quelli che pur non essendo iscritti nei predetti registri avrebbero i requisiti per essere iscritti in Italia.
Al riguardo si ricorda che con la risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002[10] sono stati considerati “detenuti all’estero” gli immobili ubicati in Italia posseduti per il tramite fiduciarie estere o di un soggetto interposto residente all’estero.
Le attività patrimoniali detenute all’estero vanno indicate nel quadro RW anche se immesse in cassette di sicurezza.
Si ricorda che sono soggetti all’obbligo di monitoraggio le consistenze di tutti gli investimenti detenuti all’estero anche nel caso in cui sussista una capacità produttiva di reddito meramente potenziale e quindi eventuale e lontana nel tempo derivante dall’alienazione, dall’utilizzo nonché dallo sfruttamento del bene, anche senza organizzazione d’impresa.
Pertanto, i contribuenti sono comunque tenuti ad indicare nel quadro RW anche gli investimenti di natura patrimoniale quali, ad esempio, gli immobili tenuti a disposizione, le imbarcazioni, gli oggetti preziosi e le opere d’arte, indipendentemente dall’effettiva produzione di redditi imponibili nel periodo d’imposta.
Ai fini dell’individuazione dei contribuenti tenuti agli obblighi di monitoraggio, anche relativamente alle attività patrimoniali, valgono le considerazioni già svolte con riferimento ai “titolari effettivi” di attività finanziarie detenute per il tramite di società ed altre entità giuridiche.
1.4 Valorizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali. Al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti persone fisiche, a decorrere da quelli relativi al periodo d’imposta 2013, sarà sufficiente compilare un unico quadro della dichiarazione dei redditi per assolvere sia gli obblighi di monitoraggio fiscale sia di liquidazione dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) e dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE), istituite dall’articolo 19, commi da13 a 23, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalle legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni.
I soggetti non tenuti al pagamento dell’IVIE e dell’IVAFE (enti non commerciali e società semplici ed equiparate) dovranno utilizzare i medesimi criteri di valorizzazione delle attività esclusivamente ai fini del monitoraggio fiscale.
Nel quadro RW devono essere riportate le consistenze degli investimenti e delle attività valorizzate all’inizio di ciascun periodo d’imposta ovvero al primo giorno di detenzione (di seguito, “valore iniziale”) e al termine dello stesso ovvero al termine del periodo di detenzione nello stesso (di seguito, “valore finale”), nonché il periodo di possesso.
Il controvalore in euro degli investimenti e delle attività espressi in valuta da indicare nel nuovo quadro RW va calcolato, per tutti i dati in esso riportati, sulla base del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato ai fini dell’individuazione dei cambi medi mensili agli effetti delle norme contenute nei Titoli I e II del TUIR.
1.4.1 Attività finanziarie. Nell’individuazione del valore iniziale e finale, occorre fare riferimento al valore utilizzato per la determinazione della base imponibile dell’IVAFE, anche se non dovuta, che, così come meglio specificato nella circolare n. 28/E del 2 luglio 2012[11], a seconda del criterio adottato, è pari al:
•valore di mercato, rilevato al termine del periodo d’imposta o al termine del periodo di detenzione nel luogo in cui esse sono detenute;
•valore nominale, se le attività finanziarie non sono negoziate in mercati regolamentati;
•valore di rimborso, in mancanza del valore nominale;
•costo d’acquisto, in mancanza del valore nominale e del valore di rimborso.
Nel caso in cui siano cedute attività finanziarie appartenenti alla stessa categoria, acquistate a prezzi e in tempi diversi, per stabilire quale delle attività finanziarie è detenuta nel periodo di riferimento il metodo che deve essere utilizzato è il cosiddetto “L.I.F.O.” e, pertanto, si considerano ceduti per primi quelli acquisiti in data più recente.
Per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero, l’obbligo di monitoraggio sussiste in ogni caso e, quindi, anche se l’IVAFE non è dovuta in quanto il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti non è superiore a euro 5.000 ovvero è dovuta in misura fissa.
Inoltre, come stabilito nel provvedimento del Direttore, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in Paesi o territori diversi da quelli collaborativi occorre indicare, oltre al valore iniziale e valore finale, anche l’ammontare massimo che l’attività ha raggiunto nel corso del periodo d’imposta.
Per quanto riguarda le stock option, devono essere indicati quale valore iniziale il prezzo di esercizio previsto dal piano e quale valore finale il valore corrente del sottostante al termine del periodo di imposta.
1.4.2 Attività patrimoniali. L’indicazione del valore degli immobili situati all’estero o di quelli che si considerano detenuti all’estero deve essere effettuata seguendo le stesse regole utilizzate ai fini dell’IVIE, anche se non dovuta.
Pertanto, il valore dell’immobile è costituito, a seconda dei criteri adottati dal:
•costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti da cui risulta il costo complessivamente sostenuto per l’acquisto di diritti reali diversi dalla proprietà;
•valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile, in mancanza del costo d’acquisto o in mancanza della relativa documentazione. Qualora l’immobile non sia più posseduto alla data del 31 dicembre dell’anno si deve fare riferimento al valore dell’immobile rilevato al termine del periodo di detenzione.
Per quanto riguarda gli immobili acquisiti per successione o donazione, il valore è quello indicato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato o in altri atti previsti dagli ordinamenti esteri con finalità analoghe. In mancanza, si assume il costo di acquisto o di costruzione sostenuto dal de cuius o dal donante come risultante dalla relativa documentazione; in assenza di tale documentazione si assume il valore di mercato come sopra determinato.
Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE) che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore da utilizzare al fine della determinazione dell’imposta è prioritariamente quello catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato ai fini dell’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale ovvero di altre imposte determinate sulla base del valore degli immobili, anche se gli immobili sono pervenuti per successione o donazione. In mancanza del valore catastale come sopra definito, si deve fare riferimento al costo risultante dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Si ricorda che, qualora la legislazione estera preveda un valore espressivo del reddito medio ordinario e non vi siano meccanismi di moltiplicazione e rivalutazione analoghi a quelli previsti dalla legislazione italiana, può essere assunto come base imponibile dell’IVIE il valore dell’immobile che risulta dall’applicazione al predetto reddito medio ordinario dei coefficienti stabiliti ai fini dell’IMU.
Per le altre attività patrimoniali detenute all’estero, diverse dagli immobili, per le quali non è dovuta l’IVIE, il contribuente deve indicare il costo d’acquisto, risultante dalla relativa documentazione probatoria, ovvero il valore di mercato all’inizio di ciascun periodo d’imposta (ovvero al primo giorno di detenzione) e al termine dello stesso (ovvero al termine del periodo di detenzione nello stesso).
2 OBBLIGHI DI SOSTITUZIONE DI IMPOSTA
Il primo periodo del comma 2 del nuovo articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 stabilisce, come principio di carattere generale, che tutti i redditi derivanti dagli investimenti detenuti all’estero e dalle attività estere di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo le norme vigenti, dagli intermediari residenti che intervengono nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi, oltre che nei casi in cui detti investimenti ed attività siano ad essi affidati in custodia, amministrazione o gestione.
Inoltre, il secondo e terzo periodo del comma 2 dell’articolo4 inesame introducono una forma di tassazione alla fonte a titolo di acconto (di seguito, “nuova ritenuta d’ingresso”) su determinate tipologie di redditi di capitale e di redditi diversi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente e che derivano da investimenti detenuti all’estero o da attività estere di natura finanziaria.
Si fa presente, in ogni caso, che gli obblighi di sostituzione cui fa riferimento il predetto articolo 4, comma 2, sono inerenti ai soli redditi di fonte estera percepiti dai soggetti obbligati al monitoraggio fiscale in sede di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, che derivano dagli investimenti all’estero e dalle attività estere di natura finanziaria.
Ciò posto, si precisa che i prelievi alla fonte di cui al primo, secondo e terzo periodo del comma 2 dell’articolo 4 citato devono in ogni caso essere effettuati con riferimento ai flussi per i quali gli intermediari intervengono nella loro riscossione. Il prelievo va in ogni caso effettuato indipendentemente da un incarico alla riscossione ricevuto dal contribuente o dal soggetto erogante, a meno che il contribuente non attesti, mediante un’autocertificazione resa in forma libera, che detti flussi non rivestono profili reddituali nell’ambito dei redditi di capitale e redditi diversi di fonte estera. L’autocertificazione, che può essere resa in via preventiva, può riguardare anche la generalità dei flussi che saranno accreditati presso il medesimo intermediario. Resta fermo che il contribuente può in ogni caso fornire all’intermediario specifiche indicazioni allorquando il flusso abbia natura reddituale e si renda necessario l’applicazione del prelievo.
Ai fini del corretto adempimento dei predetti obblighi di sostituzione tributaria, il contribuente deve fornire i dati per la corretta individuazione della fattispecie imponibile e dell’imposta dovuta.
In mancanza di tali informazioni, così come nel caso in cui il contribuente non attesti la natura non reddituale dei flussi, l’intermediario applica la ritenuta sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento.
Nei casi in cui il contribuente autocertifichi all’intermediario che i flussi non costituiscono redditi derivanti da investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria, l’intermediario non applica le ritenute alla fonte o le imposte sostitutive e segnala all’Amministrazione finanziaria il nominativo del contribuente e l’ammontare del flusso.
Per le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo si presume che i flussi finanziari siano derivanti dall’esercizio di tali attività, salva indicazione contraria da parte dei medesimi contribuenti. Pertanto, in virtù di tale presunzione, il prelievo alla fonte non deve essere effettuato trattandosi di redditi che dovrebbero afferire alle attività d’impresa o professionale. Resta fermo che l’intermediario è tenuto a segnalare il nominativo del contribuente qualora il flusso non sia assoggettato al prelievo.
2.1 Tassazione alla fonte dei redditi e dei flussi finanziari esteri. Come anticipato, il primo periodo del comma 2 dell’articolo4 in commento ha una portata del tutto innovativa rispetto alle singole norme di sostituzione tributaria ed introduce l’obbligo di effettuare la ritenuta sui redditi derivanti da investimenti esteri e dalle attività estere di natura finanziaria, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, in tutti i casi in cui l’intermediario sia utilizzato come veicolo per l’accredito in Italia di flussi provenienti dall’estero e che prescinde da un formale incarico all’incasso degli stessi. L’obbligo è posto in via generale, indipendentemente dalla circostanza che i titoli e le attività finanziarie siano collocati o meno nel territorio dello Stato.
Tale previsione è in linea con le recenti disposizioni in materia di sostituzione tributaria sui redditi di capitale derivanti da contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulati con compagnie di assicurazione estere (cfr. articolo 68 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134). Tale disposizione, come è noto, prevede che i sostituti d’imposta (per lo più banche e società fiduciarie) siano tenuti ad applicare l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 (nei casi in cui non sia operata direttamente dalle imprese di assicurazione estere) non soltanto quando gli stessi hanno in gestione o in amministrazione la polizza assicurativa curando il trattamento fiscale dei relativi flussi ovvero qualora intervengano nella loro riscossione in qualità di intermediari ai quali è stato affidato il relativo mandato, ma anche nei casi in cui per il loro tramite avvenga l’accredito dell’importo corrispondente al riscatto della polizza (cfr. circolare n. 41/E del 31 ottobre 2012[12]).
Analoghe considerazioni valgono con riferimento ai redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento in valori mobiliari di diritto estero le cui quote sono collocate all’estero per i quali il comma 5 dell’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 stabilisce che la ritenuta è applicata dai soggetti di cui all’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973 che intervengono nella loro riscossione (cfr. circolare n. 19/E del 4 giugno 2013[13]).
Pertanto, per polizze estere e fondi di diritto estero non collocati, in mancanza di informazioni inerenti la determinazione della base imponibile delle relative ritenute e imposte sostitutive, l’intermediario applica la tassazione alla fonte sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento.
Rimangono confermate le norme vigenti che individuano il sostituto d’imposta tenuto all’applicazione delle ritenute o delle imposte sostitutive, per le quali non sono intervenute modifiche normative. E’ il caso, ad esempio, degli interessi e altri proventi derivanti dai titoli obbligazionari esteri (art. 2 decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239), dei dividendi di fonte estera (art. 27, quarto comma, D.P.R. n. 600 del 1973), dei redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento in valori mobiliari di diritto estero (art. 10-ter della legge n. 77 del 1983), dei redditi compresi nei capitali assicurativi per i quali l’imposta di cui all’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 è applicata su opzione dalle compagnie di assicurazione estere, e dei redditi di capitale di fonte estera e dei redditi diversi di natura finanziaria soggetti ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi a cura del contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o dell’intermediario nei regimi opzionali (art. 18 del TUIR, articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461).
2.1.1 I titoli atipici. Con finalità di coordinamento ed omogeneizzazione è stato modificato l’articolo 8 del decreto legge 30 settembre 1983, n. 512 convertito, con modificazione, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, contenente la disciplina fiscale dei titoli o certificati di massa, diversi dalle azioni, obbligazioni e titoli similari, nonché delle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo immobiliari (cosiddetti “titoli atipici”), emessi da soggetti non residenti.
In particolare, coerentemente con le nuove disposizioni in materia di ritenute, anche con riferimento ai proventi dei titoli atipici emessi da soggetti non residenti e collocati in Italia, è stato confermato che la ritenuta di cui al citato articolo 8 del decreto legge n. 512 del 1983 deve essere operata dai soggetti residenti che intervengono nella riscossione dei proventi essendo irrilevante la sussistenza di un incarico formale all’incasso degli stessi da parte del contribuente o dell’ente emittente.
Come già chiarito, l’obbligo di sostituzione tributaria è ora previsto, ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’articolo 4, del decreto legge n. 167 del 1990, anche ai proventi dei titoli non collocati nel territorio dello Stato e conseguiti per il tramite degli intermediari residenti. Naturalmente, anche nel caso di titoli atipici non collocati il prelievo deve essere effettuato a titolo definitivo dal momento che tali proventi, in sede di autoliquidazione dell’imposta nella dichiarazione dei redditi, avrebbero subito l’imposizione sostituiva ai sensi dell’articolo 18 del TUIR.
Le medesime considerazioni valgono per le polizze stipulate con compagnie di assicurazione estere non collocate in Italia, in quanto non operanti nel territorio dello Stato in regime di libera prestazione di servizi. Anche in tal caso, l’intermediario che interviene nella riscossione delle prestazioni assicurative è tenuto ad applicare il prelievo alla fonte a titolo definitivo per effetto del primo periodo del comma 2 dell’articolo 4, del decreto legge n. 167 del 1990.
2.2 Redditi esteri da assoggettare alla nuova ritenuta d’ingresso. Di seguito sono elencate le fattispecie di redditi di capitale e di redditi diversi sui quali gli intermediari sono tenuti ad applicare il prelievo alla fonte a titolo di acconto nella misura del 20 per cento, introdotto dal secondo e terzo periodo del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, nel momento in cui intervengono nella riscossione dei redditi e dei flussi finanziari esteri con le modalità sopra specificate.
2.2.1 Redditi di capitale. La ritenuta alla fonte a titolo d’acconto del 20 per cento si applica sugli interessi e altri proventi, dovuti da soggetti non residenti, derivanti da contratti di mutuo, deposito e conto corrente di cui all’articolo 44, comma 1, lettera a), del TUIR.
Si tratta di contratti di mutuo, deposito e conto corrente diversi da quelli bancari, posto che sugli interessi derivanti da mutui, depositi e conti correnti bancari i sostituti d’imposta residenti di cui all’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973 (per lo più, banche e fiduciarie) che intervengono nella loro riscossione applicano la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 20 per cento ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973.
La ritenuta a titolo d’acconto, introdotta dalla disposizione in commento, è applicabile sempre dagli intermediari finanziari e dagli altri soggetti esercenti attività finanziaria, sugli importi delle rendite perpetue e prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile il cui debitore sia un soggetto non residente di cui all’articolo 44, comma 1, lettera c), del TUIR.
I medesimi intermediari devono applicare detta ritenuta anche sui compensi erogati da soggetti non residenti per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia riscossi per il loro tramite di cui all’articolo 44, comma 1, lettera d), del TUIR.
La ritenuta si applica, comunque, su tutti gli interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, avendo la norma richiamato la lettera h) del comma 1 dell’articolo 44 che rappresenta una disposizione di chiusura della categoria dei redditi di capitale.
2.2.2 Redditi diversi. Con riferimento ai redditi diversi, il comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del1990 ha previsto l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 20 per cento sui redditi indicati nell’articolo 67 del TUIR derivanti da investimenti all’estero e da attività finanziarie estere, che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente.
La ritenuta va applicata dagli intermediari residenti per il cui tramite avviene la loro riscossione sulla parte imponibile dei redditi.
Con riferimento ai redditi diversi derivanti dagli investimenti all’estero, le fattispecie che possono ricorrere sono le seguenti:
1. le plusvalenze imponibili ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR derivanti dalla cessione di immobili situati all’estero, sempreché il contribuente non abbia stipulato l’atto di cessione per mezzo di un notaio italiano optando in tale sede per il pagamento dell’imposta sostitutiva del 20 per cento di cui all’articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (cfr. risoluzione n. 143/E del 21 giugno 2007[14]);
2. le plusvalenze imponibili ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR realizzate a seguito della cessione a titolo oneroso di terreni detenuti all’estero suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo le disposizioni vigenti in materia nel Paese in cui è situato il terreno al momento della cessione;
3. i redditi derivanti dalla locazione di immobili situati all’estero di cui all’articolo 67, comma 1, lettera f), del TUIR. Si ricorda, a tale proposito, che se tale reddito non è soggetto ad imposta sui redditi nel Paese estero, la base imponibile della ritenuta è costituita dall’ammontare del canone di locazione percepito, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese. Diversamente, se il reddito è soggetto ad imposta nello Stato estero, la ritenuta deve essere effettuata sull’ammontare dichiarato in detto Stato senza alcuna deduzione di spese. In tale ipotesi il contribuente, in sede di dichiarazione dei redditi, può far valere il credito per le imposte pagate all’estero;
4.i redditi esteri di natura fondiaria di cui alla lettera e) del medesimo articolo 67 del TUIR, compresi quelli dei terreni dati in affitto pur usi non agricoli;
5. i redditi di cui alla lettera h) dello stesso articolo 67 del TUIR derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili situati all’estero, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili detenuti all’estero (ad esempio, imbarcazioni, oggetti preziosi, d’antiquariato e opere d’arte), dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende aventi sede all’estero.
Con riferimento ai redditi diversi di natura finanziaria che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente e sui quali gli intermediari devono applicare la ritenuta a titolo d’acconto ora introdotta, la fattispecie che può ricorrere riguarda le plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni qualificate in società non residenti o in società residenti qualora detenute all’estero, nonché le plusvalenze derivanti da fattispecie assimilate, di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR.
Si fa presente, infatti, che le altre ipotesi di redditi diversi di natura finanziaria di cui alle lettere da c-bis) a c-quinquies) della citata norma non concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente e sono assoggettate ad imposta sostitutiva a carico degli intermediari finanziari abilitati se conseguite nell’ambito dei rapporti opzionali del risparmio amministrato o gestito ovvero a cura del contribuente nell’ambito del regime dichiarativo autoliquidando l’imposta sostitutiva in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi.
2.3 Base imponibile della ritenuta. Come anticipato, il contribuente è tenuto a fornire, all’intermediario che interviene nella riscossione dei redditi e dei flussi finanziari derivanti da investimenti all’estero o da attività estere di natura finanziaria, ogni utile informazione per individuare innanzitutto l’eventuale natura reddituale del flusso nonché la fattispecie e la relativa base imponibile. In tal modo, il contribuente partecipa attivamente al procedimento di accertamento del tributo dovuto ai sensi dell’articolo 64 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Tali informazioni sono fondamentali al fine di evitare che l’intermediario si trovi obbligato ad applicare il prelievo alla fonte su flussi provenienti da tali attività, anche qualora si tratti di importi che non costituiscono reddito per il proprio cliente o sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento in mancanza della documentazione probatoria necessaria alla determinazione della base imponibile (ad esempio, nel caso di redditi compresi nel capitale corrisposto), nonché qualora sia previsto per norma l’abbattimento della stessa (ad esempio, nel caso di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate in società o enti residenti in Stati o territori diversi da quelli aventi un regime fiscale privilegiato o dell’immobile concesso in locazione).
In mancanza di tali informazioni, infatti, l’intermediario applica la ritenuta sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento.
Qualora il contribuente abbia subito il prelievo di un’imposta non dovuta ovvero l’imposta sia stata applicata in misura superiore a quanto dovuto, può richiederne all’intermediario la restituzione entro il termine del 28 febbraio dell’anno successivo a quello del prelievo. In tal caso l’intermediario scomputa l’importo restituito dai versamenti successivi ai sensi del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 445.
In alternativa alla richiesta all’intermediario, il contribuente può presentare all’Amministrazione finanziaria istanza di rimborso con le modalità e i termini stabiliti dall’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
L’intermediario è tenuto a segnalare le posizioni per le quali non sia stato applicato il prelievo alla fonte anche per effetto del rimborso.
2.4 Intermediari obbligati al prelievo. I soggetti residenti obbligati all’applicazione delle ritenute o delle imposte sostitutive sulla base delle disposizioni contenute nel citato comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 sono gli stessi intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nell’articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 231 del 2007 ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio. Tra gli intermediari finanziari sono annoverati i seguenti soggetti:
•le banche;
•Poste Italiane S.p.A.;
•Cassa depositi e prestiti S.p.A.;
•le società di intermediazione mobiliare (SIM);
•le società di gestione del risparmio (SGR);
•le società di investimento a capitale variabile (SICAV);
•le imprese di assicurazione;
•gli agenti di cambio;
•le società fiduciarie;
•le società finanziarie;
•gli altri intermediari finanziari;
•le succursali insediate in Italia dei soggetti sopra elencati aventi sede legale in uno Stato estero.
3 ESONERI OGGETTIVI
Nella maggior parte dei casi, gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria sono esonerate dall’obbligo di compilazione del quadro RW essendo molto frequente il ricorso dei contribuenti agli intermediari italiani per l’effettuazione degli adempimenti fiscali che da tali attività discendono.
Sulla base di quanto previsto dal novellato articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990, infatti, gli obblighi di monitoraggio non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, a condizione che i flussi finanziari e redditi derivanti da tali attività siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.
In sostanza, rispetto alle disposizioni vigenti prima delle modifiche apportate dalla legge europea 2013, non è più sufficiente che i flussi finanziari e i redditi delle attività oggetto di monitoraggio siano stati riscossi per il tramite di intermediari residenti, essendo stabilito che l’esclusione da monitoraggio è subordinato anche all’applicazione del prelievo da parte del soggetto che interviene nella riscossione dei predetti flussi.
Pertanto, l’esonero è ora previsto:
1. per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari finanziari residenti;
2. per i contratti produttivi di redditi di natura finanziaria conclusi attraverso l’intervento degli intermediari finanziari residenti in qualità di controparti ovvero come mandatari di una delle controparti contrattuali;
3. per le attività finanziarie e patrimoniali i cui redditi siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari.
In tutti e tre casi l’esonero dagli obblighi di monitoraggio compete a condizione che i redditi di natura finanziaria e patrimoniale siano stati assoggettati a tassazione mediante l’applicazione dell’imposta sostitutiva nell’ambito dei regimi del risparmio amministrato o gestito di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, delle imposte sostitutive o delle ritenute a titolo d’imposta o d’acconto sulla base delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 600 del 1973 o in altre disposizioni (ad esempio, articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 relativo agli utili esteri, articolo 2 del decreto legislativo n. 239 del 1996 per le obbligazioni emesse da soggetti non residenti, articolo 10-ter della legge n. 77 del 1983 per gli organismi collettivo del risparmio in valori mobiliari di diritto estero, ecc.) o mediante l’applicazione della nuova ritenuta d’ingresso.
Rimangono fermi i chiarimenti forniti nelle risoluzioni n. 61/E del 31 maggio 2011[15] e n. 23/E dell’8 marzo 2012[16] con riferimento alle condizioni necessarie per usufruire dell’esonero dal monitoraggio per le attività affidate in amministrazione a società fiduciarie residenti.
Come già precisato nella circolare n. 41/E del 31 ottobre 2012[17], l’esonero dalla compilazione del quadro RW è previsto anche nel caso di applicazione opzionale dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 da parte delle imprese di assicurazione estere.
Per le attività finanziarie e patrimoniali che nel periodo d’imposta non hanno prodotto reddito, l’esonero compete sempreché affidate in amministrazione o gestione presso un intermediario residente, anche in assenza di opzione per i regimi del risparmio amministrato o gestito, che ha l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investimento, il disinvestimento ed il pagamento dei relativi proventi. In mancanza di tale affidamento – che non può consistere in una prestazione di tipo occasionale, ma richiede l’instaurazione di un rapporto duraturo con l’intermediario – il contribuente deve indicare le consistenze delle attività nel quadro RW evidenziando che le stesse non hanno prodotto redditi nel periodo d’imposta o che sono infruttifere.
Tale esonero compete anche con riferimento ai beni di cui il contribuente risulti “titolare effettivo” ai sensi della normativa antiriciclaggio, sempreché la partecipazione nella società estera o nell’entità giuridica, per il cui tramite ricopre detto status, sia amministrata o gestita da intermediari residenti con le modalità sopra specificate.
Rimane fermo che il contribuente sarà oggetto di segnalazione all’Amministrazione finanziaria all’atto della chiusura dei predetti rapporti e comunque nel caso di fuoriuscita delle attività dal circuito degli intermediari residenti.
Si ricorda, inoltre, che non sono oggetto di monitoraggio fiscale le somme versate per obbligo di legge a forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, quali ad esempio il cosiddetto “secondo pilastro svizzero”, trattandosi di forme di previdenza obbligatoria seppure complementare.
Analogo trattamento di esonero deve ritenersi applicabile alle forme di previdenza complementare estere obbligatorie per effetto di contratti collettivi nazionali (ad esclusione quindi di quelle derivanti da accordi individuali).
Si ribadisce che l’esonero dalla compilazione del quadro RW riguarda tutti i beni (di natura finanziaria e di natura patrimoniale) oggetto di operazioni di rimpatrio, fisico e giuridico effettuate ai sensi dell’articolo 13-bis del decreto legge, n. 78 del 2009, sempreché le medesime attività siano detenute in Italia ovvero siano oggetto di deposito custodia, amministrazione o gestione presso un intermediario residente.
4 TRASFERIMENTI
Come già precisato la legge europea2013 hasoppresso l’obbligo di monitoraggio dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso del periodo d’imposta hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria che doveva essere effettuato mediante la compilazione della Sezione III del quadro RW.
Inoltre, è stato soppresso l’obbligo di monitoraggio dei trasferimenti transfrontalieri effettuati per cause diverse dagli investimenti esteri e dalle attività estere di natura finanziaria che andavano indicati nella Sezione I del quadro RW.
5 SANZIONI
La legge europea2013 hamodificato l’articolo 5 del decreto legge n. 167 del 1990 attenuando notevolmente le sanzioni relative alle violazioni degli obblighi di monitoraggio delle consistenze delle attività detenute all’estero cui sono tuttora tenuti i contribuenti.
In particolare, la sanzione amministrativa pecuniaria – originariamente prevista, per la violazione dell’obbligo di dichiarazione delle consistenze degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria suscettibili redditi imponibili in Italia, nella misura dal 10 al 50 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati – è ora stabilita dall’articolo 5, comma 2, del predetto decreto nella misura compresa tra il 3 e il 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
La sanzione pecuniaria è applicata nella più alta misura, compresa tra il 6 e il 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, quando la violazione ha ad oggetto investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni previste nei predetti decreti.
Inoltre è stata soppressa la sanzione accessoria consistente nella confisca di beni di corrispondente valore.
Viene, altresì, prevista una specifica ipotesi sanzionatoria nel caso in cui la dichiarazione relativa agli investimenti all’estero ovvero alle attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, sia presentata con un ritardo non superiore ai novanta giorni dalla scadenza del termine. In tale fattispecie è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 258.
Con riferimento all’ambito di applicazione temporale delle predette modifiche normative a fattispecie poste in essere prima della loro entrata in vigore, si osserva che, nel caso in esame, trova applicazione il principio del favor rei di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, secondo cui “Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”.
Pertanto, le violazioni relative all’omessa o infedele compilazione della Sezione II del vecchio modulo RW, commesse e non ancora definite alla data di entrata in vigore della legge europea 2013 (ossia 4 settembre 2013), sono soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria nella misura compresa tra il 3 e il 15 per cento degli importi non dichiarati e tra il 6 e il 30 per cento in caso di detenzione negli predetti Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
Per completezza espositiva si rappresenta che le medesime considerazioni valgono con riferimento alle violazioni degli obblighi di trasmissione all’Agenzia delle Entrate previsti dall’articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990 posti a carico degli intermediari, per i quali la sanzione amministrativa pecuniaria – originariamente prevista nella misura del 25 per cento degli importi delle operazioni cui le violazioni si riferiscono – è stata ridotta dal 10 al 25 per cento dell’importo dell’operazione non segnalata.
Inoltre, realizzando una sostanziale semplificazione degli obblighi dichiarativi, la norma ha abrogato:
•l’obbligo di dichiarare i trasferimenti da o verso l’estero di denaro, certificati in serie o di massa o titoli attraverso non residenti (Sezione I del modulo RW);
•l’obbligo di dichiarare l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria (Sezione III del modulo RW).
Prima delle modifiche introdotte con la legge europea 2013, la violazione dell’obbligo di compilazione della Sezione I del modulo RW era punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 5 al 25 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati e con la confisca di beni di corrispondente valore, quando l’ammontare complessivo di tali trasferimenti fosse superiore, nel periodo d’imposta, ad euro 10.000.
La violazione dell’obbligo di compilazione della Sezione III del modulo RW era, invece, punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 al 50 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, qualora di ammontare complessivo superiore a 10.000 euro.
A seguito delle predette modifiche, in forza del principio di legalità, secondo cui “nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile” (cfr. art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 472 del 1997), le violazioni di omessa e infedele compilazione delle Sezioni I e III (trasferimenti) del modulo RW commesse antecedentemente al 4 settembre 2013 – data di entrata in vigore delle modifiche in esame – non costituiscono più violazioni punibili con le specifiche sanzioni di cui al decreto legge n. 167 del 1990 (cfr. circolare del Ministro delle Finanze n. 180/E del 10 luglio 1998[18]).
Alle sanzioni previste per le violazioni riguardanti gli obblighi di compilazione del quadro RW, in quanto aventi natura tributaria, si rendono applicabili i principi generali e gli istituti previsti dal citato decreto legislativo n. 472 del 1997.
Come evidenziato nella circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002[19], a tali violazioni, pertanto, è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del predetto decreto legislativo, istituto che consente al contribuente che regolarizzi, entro determinati termini, la violazione commessa, di ottenere il beneficio della riduzione delle sanzioni applicabili, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.
Si ritengono, inoltre, applicabili, in linea con i criteri generali di determinazione delle sanzioni, le previsioni di cui all’articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo n. 472 del 1997 che attribuisce agli Uffici il potere di disporre la riduzione delle sanzioni fino alla metà del minimo qualora concorrano “eccezionali circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione”.
Essendo la ratio della disposizione mirata ad evitare, in presenza di circostanze eccezionali, che si palesi una manifesta sproporzione tra la sanzione ed il tributo o, comunque, un manifesto squilibrio tra la sanzione e l’effettivo disvalore della condotta del contribuente, non può escludersi l’applicazione della stessa anche alle sanzioni per le violazioni relative all’omessa o infedele compilazione del quadro RW.
Si pensi, ad esempio, al comportamento posteriore del contribuente che regolarizzi la propria posizione fiscale prestando una piena e spontanea collaborazione ai fini della ricostruzione degli investimenti e delle attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale e dei redditi che servirono per costituirli, acquistarli o che sono derivati dalla loro dismissione, versando le somme dovute a titolo di imposte, interessi e sanzioni.
Tale condotta può essere suscettibile di configurare una circostanza di carattere eccezionale e, in tal senso, giustificare un modulato ridimensionamento della sanzione fino alla metà del minimo previsto dalla legge, ai sensi del predetto articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 472 del 1997.
6 DECORRENZA
Le nuove disposizioni in materia di adempimenti del contribuente si rendono applicabili a decorrere dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta2013, inconsiderazione dell’articolo 3 dello Statuto del contribuente, nonché tenuto conto dell’unitarietà del periodo d’imposta.
Le disposizioni contenute nell’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167 del 1990 trovano applicazione con riferimento ai redditi e ai flussi finanziari per i quali gli intermediari intervengono nella loro riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2014. Tuttavia, occorre tener presente che il Regolamento UE n. 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2012 che ha modificato i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro – Single Euro Payments Area (SEPA) – fissa al 1° febbraio 2014 la data finale unica per la migrazione ai nuovi sistemi da parte dei Paesi dell’area dell’euro.
Pertanto, al fine di consentire agli intermediari di adeguare le procedure relative ai nuovi adempimenti di sostituzione tributaria direttamente su tale nuovo sistema di pagamento, il provvedimento del Direttore ha previsto che le ritenute e le imposte sostitutive derivanti dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167 del 1990, dovute per il periodo dal 1° febbraio al 30 giugno 2014 possono essere versate entro il 16 luglio 2014, maggiorate dei relativi interessi e senza applicazione di sanzioni.
Inoltre, con riferimento ai flussi esteri ricevuti in pagamento nel mese di gennaio 2014 gli intermediari non applicano il prelievo ed effettuano la segnalazione dell’operazione all’Amministrazione finanziaria. Il contribuente anche nei mesi successivi, e comunque entro il 30 giugno 2014, conferisce all’intermediario l’incarico all’applicazione del prelievo sempreché dovuto”.
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NOTE:
(1) Si veda anche il decreto ministeriale del 27 luglio 2010.
(2) In attesa dell’emanazione del suddetto decreto, si deve fare riferimento al decreto ministeriale 4 settembre 1996 e alle successive modifiche o integrazioni apportate dai decreti ministeriali del 25 marzo 1998, del 16 dicembre 1998, del 17 giugno 1999, del 20 dicembre 1999, del 5 ottobre 2000, del 14 dicembre 2000, del 27 luglio 2010 e dell’11 gennaio 2013.
[1] In Boll. Trib., 2010, 1384.
[2] In Boll. Trib., 1996, 1294.
[3] In Boll. Trib., 2011, 124.
[4] In Boll. Trib., 2009, 1522.
[5] In Boll. Trib., 2011, 63.
[6] In Boll. Trib., 2002, 770.
[7] In Boll. Trib., 2013, 1009.
[8] In Boll. Trib., 2011, 44.
[9] In Boll. Trib., 2002, 185.
[10] In Boll. Trib., 2002, 770.
[11] In Boll. Trib., 2012, 1012.
[12] In Boll. Trib., 2012, 1542.
[13] In Boll. Trib., 2013, 932.
[14] In Boll. Trib. On-line.
[15] In Boll. Trib., 2011, 1461.
[16] In Boll. Trib., 2012, 459.
[17] In Boll. Trib., 2012, 1542.
[18] In Boll. Trib., 1998, 1173.
[19] In Boll. Trib., 2002, 185.