Circolare 10 maggio 2013, n. 15/E, dell’Agenzia delle entrate
PREMESSA
1. AMBITO DI APPLICAZIONE
1.1 Confidi
1.2 Fondazioni bancarie
1.3 Amministrazioni dello Stato
1.4 Società industriali
2. IMPOSTA DI BOLLO APPLICABILE AGLI ESTRATTI CONTO E AI
RENDICONTI DEI LIBRETTI DI RISPARMIO
2.1 Distinzione tra conto corrente e conto deposito
2.2 Rendicontazioni relative a conti di pagamento presso istituti di
pagamento o istituti di moneta elettronica
2.3 Determinazione dell’imposta dovuta per i rapporti intestati agli
imprenditori individuali
3. IMPOSTA DI BOLLO APPLICABILE ALLE COMUNICAZIONI
INVIATE ALLA CLIENTELA RELATIVE A PRODOTTI FINANZIARI
3.1 Imposta dovuta sui prodotti assicurativi soggetti all’imposta sulle
assicurazioni
4 VERSAMENTO DELL’IMPOSTA
4.1 Società fiduciarie – Versamento dell’acconto previsto dall’articolo 15-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
“PREMESSA
L’articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con
modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e gli articoli 5 e 8 del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalle legge 26
aprile 2012, n. 44, hanno introdotto modifiche alla disciplina dell’imposta di
bollo applicabile agli estratti di conto corrente, ai rendiconti dei libretti di
risparmio ed alle comunicazioni inviate alla clientela relative ai prodotti
finanziari, dettata dall’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, parte I,
allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642.
Con la circolare n. 48 del 21 dicembre 2012[1], sono stati forniti, da parte di questa
Agenzia, i primi chiarimenti in ordine all’applicazione della nuova disciplina.
Con la presente circolare, si fornisce di seguito risposta ai quesiti pervenuti dalle
associazioni di categoria del settore bancario e di altri intermediari finanziari.
1. AMBITO DI APPLICAZIONE
1.1 Confidi
D: L’imposta di bollo di cui all’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa,
parte prima, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, è dovuta per gli estratti di
conto corrente, i rendiconti dei libretti di risparmio e le comunicazioni relative ai
prodotti finanziari inviate dagli enti gestori ai propri clienti. Si chiede se nella
definizione di cliente rientrino anche i Confidi.
R: Il D.M. 24 maggio 2012, recante disposizioni attuative della nuova disciplina
sull’imposta di bollo, rinvia, per la definizione di ‘cliente’ rilevante ai fini
dell’applicazione dell’imposta di cui all’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della
citata Tariffa, alla nozione contenuta nel Provvedimento del Governatore della
Banca d’Italia del 9 febbraio 2011, pubblicato nella G.U. n. 38 del 16 febbraio
2011, in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”.
Con nota prot. n. 0215567/13 del 1° marzo 2013, la Banca d’Italia, a seguito di
richiesta formulata da questa Agenzia, ha chiarito che sono esclusi dalla nozione
di ‘cliente’, così come definita indirettamente dal richiamato Provvedimento, i
soggetti che svolgono attività di intermediazione finanziaria, ambito nel quale
rientrano i Confidi.
In considerazione di tali chiarimenti, si ritiene, pertanto, che l’imposta di bollo
di cui all’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, non trovi applicazione per i rapporti
intrattenuti dagli enti gestori con i Confidi.
In relazione agli atti e documenti formati, emessi e ricevuti nell’ambito dei
rapporti intrattenuti con tali soggetti, trova, dunque, applicazione l’imposta di
bollo ordinaria di cui all’articolo 2, nota 2-bis, e articoli 9, comma 1, lettera a),
13, commi 1 e 2, e 14 della Tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
1.2 Fondazioni bancarie
D: Si chiede di conoscere se l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, commi 2-bis
e 2-ter, sopracitato, trovi applicazione anche in relazione ai rapporti intrattenuti
con le fondazioni bancarie.
R: Con la circolare 21 dicembre 2012, n. 48, è stato chiarito che l’imposta di cui
all’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, si applica nel caso di rapporti intrattenuti tra
un ente gestore e la propria clientela.
Tenuto conto che le fondazioni bancarie non figurano tra i soggetti esclusi dalla
nozione di cliente, indicati nel Provvedimento del Governatore della Banca
d’Italia del 9 febbraio 2011, deve ritenersi che per i rapporti di conto corrente,
libretti di risparmio ovvero relativi a prodotti finanziari intrattenuti da detti
soggetti con gli enti gestori trovi applicazione l’imposta di bollo in commento.
1.3 Amministrazioni dello Stato
D: Si chiede di conoscere se l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, commi 2-bis
e 2-ter, della predetta Tariffa trovi applicazione anche in relazione ai rapporti
intrattenuti con le Amministrazioni dello Stato.
R: Ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo, di cui all’articolo 13, commi 2-
bis e 2-ter, della Tariffa, parte I, allegata DPR 26 ottobre 1972, n. 642, non si
considerano rapporti intrattenuti con i clienti quelli che l’ente gestore intrattiene
con le Amministrazioni dello Stato. In relazione a tali rapporti, trova, dunque,
applicazione l’imposta di bollo ordinaria. Ad esempio, per gli estratti di conto
corrente inviati alle Amministrazioni dello Stato, l’imposta deve essere applicata,
ai sensi dell’articolo 13, comma 2, della citata Tariffa, nella misura di euro 1,81,
quando la somma supera euro 77,47.
Si ricorda, al riguardo, che ai sensi dell’articolo 8 del DPR n. 642 del 1972, “Nei
rapporti con lo Stato l’imposta di bollo, quando dovuta, è a carico dell’altra
parte, nonostante qualunque patto contrario”.
1.4 Società industriali
D: La circolare 21 dicembre 2012, n. 48 afferma che l’imposta trova
applicazione al momento della scadenza anche in relazione a prodotti finanziari
diversi da quelli dematerializzati, per i quali non sussista un rapporto di custodia
ed amministrazione ovvero altro stabile rapporto. In assenza di un rapporto di
custodia ed amministrazione ovvero altro stabile rapporto, l’obbligo di applicare
l’imposta ricade sull’emittente. Si chiede di conoscere se tale precisazione trovi
applicazione anche nel caso in cui l’emittente sia una società industriale che
abbia emesso obbligazioni rappresentate da documenti, non immesse in rapporti
di custodia e amministrazione.
R: Come chiarito, l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della
citata Tariffa trova applicazione in relazione alle comunicazioni periodiche
inviate dall’ente gestore alla clientela. L’ente gestore è definito dall’articolo 1 del
DM 24 maggio 2012, come: “il soggetto che a qualsiasi titolo esercita sul
territorio della Repubblica l’attività bancaria, finanziaria o assicurativa
rispettivamente secondo le disposizioni del decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria, del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, degli articoli 8 e 21 della legge 6
febbraio 1996, n. 52, ovvero del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209,
recante il Codice delle assicurazioni private, ivi comprese le Poste italiane
S.p.A., che si relazioni direttamente od indirettamente con il cliente anche ai fini
delle comunicazioni periodiche relative al rapporto intrattenuto e del rendiconto
effettuato sotto qualsiasi forma”.
In considerazione di detta definizione, si precisa dunque che nel caso in cui
l’emittente sia, come nell’ipotesi prospettata, una società industriale detto
soggetto non è tenuto all’applicazione dell’imposta in quanto non è riconducibile
tra gli enti gestori, come individuati dal DM 24 maggio 2012.
Con riferimento al quesito posto, appare utile rilevare, tuttavia, che per i titoli
diversi da quelli dematerializzati, l’imposta deve essere applicata all’atto del
rimborso o del riscatto, solo in assenza di un rapporto di custodia ed
amministrazione ovvero altro stabile rapporto con un ente gestore. Nel caso in
cui i predetti titoli non siano formalmente immessi in un deposito, ma l’ente
gestore proceda, ad esempio, al collocamento del titolo, o ne curi la gestione o
l’amministrazione risulta integrato, ai fini in esame, uno stabile rapporto con
l’ente gestore e, pertanto, tale soggetto è tenuto, ogni anno, all’applicazione
dell’imposta.
2. IMPOSTA DI BOLLO APPLICABILE AGLI ESTRATTI CONTO E AI
RENDICONTI DEI LIBRETTI DI RISPARMIO
2.1 Distinzione tra conto corrente e conto deposito
D: L’imposta di bollo sugli estratti di conto corrente bancari e postali, così come
stabilita dall’articolo 13, comma 2–bis, della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R.
n. 642 del 1972, è prevista in misura fissa su base annua, pari ad euro 34,20 per
le persone fisiche e ad euro 100,00 per i soggetti diversi dalle persone fisiche. La
tassazione dei depositi bancari ai sensi del comma 2 – ter del citato articolo 13, è,
invece, stabilita in misura proporzionale, pari all’1,5 per mille annuo a partire
dal 2013. Si chiede di conoscere quali elementi assumono rilievo al fine della
corretta individuazione del rapporto di conto corrente e di quello di deposito.
R:Il rapporto di conto corrente, ai sensi dell’articolo 1852 e ss. del codice civile,
si caratterizza per lo svolgimento di un ‘servizio di cassa’ da parte
dell’intermediario che si obbliga a compiere operazioni di incasso e pagamenti su
istruzione e nell’interesse del cliente (correntista). Chi intende aprire un conto
corrente, quindi, non si propone di realizzare un investimento e può disporre in
qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza di un
termine di preavviso eventualmente pattuito.
Con riferimento alla nozione di deposito, la Banca d’Italia, con nota prot. n.
0215567/13 del 1° marzo 2013, ha chiarito che nella ‘prassi bancaria’ la nozione
di deposito comprende:
1. i depositi che costituiscono la provvista di un conto corrente;
2. i depositi con funzione diversa da quella del punto 1. Potrebbero ricadere
in questa fattispecie non solo i contratti giuridicamente distinti dal conto
corrente (certificati di deposito, depositi alimentati attraverso un conto
corrente ‘di appoggio’, ecc.) ma anche i depositi in conto corrente la cui
funzione principale non sia quella di fornire una provvista al conto.
Sulla base dei principi dettati dal codice civile e dei chiarimenti forniti dalla
Banca d’Italia, si precisa, dunque, che l’imposta di bollo deve essere applicata
nella misura fissa prevista dall’articolo 13, comma 2-bis, per i depositi che
costituiscono la provvista di un rapporto di conto corrente.
Nel diverso caso di contratti giuridicamente distinti dal conto corrente ovvero di
depositi in conto corrente la cui funzione principale non sia quella di fornire una
provvista al conto, l’imposta deve essere applicata nella misura proporzionale
prevista dall’articolo 13, comma 2-ter.
Con riferimento ai depositi in conto corrente, si precisa che l’imposta deve essere
applicata, in via autonoma, rispetto a quella applicata in relazione al rapporto di
conto corrente, nella misura proporzionale dell’1,5 per mille, per le giacenze che
risultano ‘vincolate’, ovvero per le quali il cliente perde la libera disponibilità,
fintanto che permane il vincolo. Tali giacenze non devono essere considerate ai
fini della valutazione complessiva della posizione del cliente persona fisica, per
la verifica del limite di esenzione disposto dalla nota 3-bis all’articolo 13 della
citata Tariffa.
Appare evidente, infatti, che, per effetto dell’accordo con il quale si dispone la
segregazione, le somme vincolate perdono la funzione principale di fornire una
provvista al rapporto di conto corrente.
Si precisa, inoltre, che, ai fini della corretta individuazione della tassazione
applicabile al rapporto di conto corrente e a quello di deposito, non assume
rilievo la circostanza che le giacenze del deposito in conto corrente, libere da
vincoli di indisponibilità, siano remunerate. Le giacenze che costituiscono, in via
prevalente, la provvista del conto corrente, ancorché fruttifere di un interesse,
pertanto, non devono essere oggetto di autonoma tassazione rispetto al rapporto
di conto corrente.
2.2 Rendicontazioni relative a conti di pagamento presso istituti di pagamento
o istituti di moneta elettronica
D:Si chiede se l’imposta di bollo di cui al citato articolo 13, comma 2-bis, sia
applicabile alle rendicontazioni relative a conti di pagamento intrattenuti con
istituti di pagamento o istituti di moneta elettronica (IMEL).
R: In ordine alla qualificazione giuridica dei conti di pagamento detenuti presso
gli istituti di pagamento o gli IMEL e alla loro assimilabilità ai rapporti di conto
corrente bancario o postale, la Banca d’Italia con la citata nota prot. n.
0215567/13 del 1° marzo 2013, ha chiarito che le nozioni di ‘conto corrente
bancario’ e ‘conto di pagamento’ sono analoghe ma non coincidenti. In linea
generale, infatti, il conto di pagamento contempla un novero di servizi più
limitato rispetto a quelli normalmente connessi a un conto corrente bancario.
Anche i relativi contratti sono soggetti a norme analoghe ma non del tutto
coincidenti, considerato che la disciplina del conto di pagamento, a differenza di
quella del conto corrente, è stata oggetto di armonizzazione a livello europeo
nell’ambito della regolamentazione sui servizi di pagamento (Direttiva
2007/64/CE). In particolare, la disciplina sulle comunicazioni alla clientela su cui
verte l’imposta di bollo, contenuta nell’articolo 119 del Decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385 (TUB) non è applicabile ai conti di pagamento, in quanto
il richiamato articolo 119 non rientra tra le disposizioni cui sono assoggettati i
conti di pagamento (Titolo VI, capo II-bis, del TUB). Gli istituti di pagamento e
gli IMEL, inoltre, sono soggetti diversi dalle banche e Poste Italiane
espressamente menzionati dall’articolo 13, comma 2-bis, della Tariffa. Gli istituti
di pagamento e gli IMEL, peraltro, possono offrire ai loro clienti solo conti di
pagamento e non anche conti correnti.
Sulla base di tali considerazioni, si ritiene, dunque, che i conti di pagamento
offerti dagli Istituti di pagamento e dagli IMEL non rientrano nell’ambito
applicativo dell’articolo 13, comma 2 – bis, della Tariffa, parte I, allegata al
D.P.R. n. 642 del 1972.
Per le rendicontazioni relative ai conti di pagamento inviate dagli istituti di
pagamento o di moneta elettronica ai propri clienti, ad esempio, trova
applicazione l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2, della citata
tariffa, nella misura di Euro 1,81 quando la somma supera euro 77,47.
2.3 Determinazione dell’imposta dovuta per i rapporti intestati agli
imprenditori individuali
D: La misura dell’imposta di bollo sugli estratti di conto corrente e sui rendiconti
dei libretti di risparmio è differenziata in ragione del soggetto titolare del
rapporto, ed è pari ad euro 34,20, su base annua, per le persone fisiche, e ad euro
100, su base annua, per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Si chiede di conoscere, nel caso in cui l’intestatario del rapporto sia un
imprenditore individuale, in quale misura debba essere applicata l’imposta.
R: Con la circolare 21 dicembre 2012, n. 48, è stato chiarito che, ai fini della
individuazione della misura dell’imposta applicabile, occorre considerare
l’intestazione del conto corrente o del libretto di risparmio.
Con riferimento al quesito posto, si precisa, dunque, che nel caso in cui il
rapporto sia intestato ad un imprenditore individuale, l’imposta deve essere
comunque applicata nella misura prevista per le persone fisiche, a prescindere
dall’attività svolta da tale soggetto.
Inoltre, sulla base dei medesimi criteri, occorre procedere alla determinazione
dell’imposta di bollo dovuta anche in relazione ai prodotti finanziari, di cui
all’articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa. Qualora i prodotti finanziari siano
detenuti, pertanto, da un imprenditore individuale, l’imposta nella misura dell’1,5
per mille deve essere applicata senza tener conto della soglia massima, pari ad
euro 4.500, prevista, a partire dal 2013, esclusivamente per i soggetti diversi
dalle persone fisiche.
3. IMPOSTA DI BOLLO APPLICABILE ALLE COMUNICAZIONI
INVIATE ALLA CLIENTELA RELATIVE A PRODOTTI FINANZIARI
3.1 Imposta dovuta sui prodotti assicurativi soggetti all’imposta sulle
assicurazioni
D: Si chiede se l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2–ter, della
Tariffa, parte I, allegata al D. P. R. n. 642/1972, debba essere applicata anche alle
comunicazioni relative alle polizze assicurative e ai contratti di capitalizzazione
stipulati o rinnovati entro il 31 dicembre 2000.
R: L’articolo 16 della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, recante disposizioni
tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi, precisa che
nell’imposta sulle assicurazioni “… sono compenetrate le imposte di bollo dovute
sui contratti di assicurazione, riassicurazione e di rendita vitalizia, sulle ricevute
parziali di pagamento, sulle quietanze (…) e su ogni atto inerente
all’acquisizione, gestione ed esecuzione dei contratti di assicurazione (…) posto
in essere nei rapporti dell’assicuratore (…) con gli assicurati”.
Con la richiamata disposizione, il legislatore ha inteso escludere l’applicazione
dell’imposta di bollo agli atti relativi ai contratti di assicurazione, fermo restando
il limite rappresentato dall’inerenza di tali atti alla gestione del contratto
assicurativo.
Deve, quindi, ritenersi che per le polizze assoggettate all’imposta sulle
assicurazioni non è dovuta l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2-ter,
in commento.
In particolare, l’imposta di bollo non trova applicazione per le polizze di
assicurazione e per i contratti di capitalizzazione stipulati o rinnovati entro il 31
dicembre 2000, che scontano l’imposta sui premi nella misura del 2,5%.
Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 13 del decreto legislativo 18
febbraio 2000, n. 47, i contratti di assicurazione sulla vita di qualunque specie,
ivi compresi i contratti di rendita vitalizia e i contratti di capitalizzazione stipulati
o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2001 sono stati esentati dall’imposta sulle
assicurazioni.
Per gli atti e documenti relativi a tali contratti, che risultano dunque esentati
dall’imposta sulle assicurazioni, è, quindi, applicabile l’imposta di bollo di cui
all’articolo 13, comma 2-ter, in commento.
4 VERSAMENTO DELL’IMPOSTA
4.1 Società fiduciarie – Versamento dell’acconto previsto dall’articolo 15-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642
D: Si chiede di conoscere se le società fiduciarie autorizzate all’assolvimento
dell’imposta di bollo in modo virtuale ai sensi dell’articolo 15 del DPR 26
ottobre 1972, n. 642, siano tenute al versamento dell’acconto sull’imposta di
bollo assolta in modo virtuale, previsto dal successivo articolo 15-bis.
R: L’acconto deve essere versato entro il 16 aprile dai soggetti individuati
dall’articolo 15-bis del DPR n. 642 del 1972, che risultano in possesso
dell’autorizzazione al pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale.
Tra i soggetti individuati dall’articolo 15-bis, obbligati al pagamento
dell’acconto dell’imposta di bollo, figurano oltre a Poste italiane spa, banche
e imprese di assicurazioni, altri enti e società finanziarie indicati nell’articolo
1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87.
Con particolare riferimento alle società fiduciarie, si ricorda che tra gli altri
enti e società finanziarie indicati nell’articolo 1 del decreto legislativo 27
gennaio 1992, n. 87, vi rientrano, tra l’altro, le società di intermediazione
mobiliare di cui alla legge 2 gennaio 1991, n. 1 (legge abrogata dall’articolo
214 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58).
In particolare, l’articolo 17 della legge 2 gennaio 1991, n. 1, richiama le
società fiduciarie, prevedendo, per tali soggetti, la possibilità di esercitare
l’attività di gestione dei patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto
valori mobiliari, previa iscrizione nell’albo Consob di cui all’articolo 3 della
medesima legge.
La normativa richiamata è stata poi confermata sostanzialmente
dall’articolo 60, comma 4, del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (cosiddetto
“decreto Eurosim” che ha di fatto sostituito la disciplina dettata dalla legge n.
1 del 1991), e dall’articolo 199 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58
(TUF).
Si precisa, pertanto, che le società fiduciarie, richiamate dal citato articolo 17
della legge 2 gennaio 1991, n. 1, sono tenute al versamento dell’acconto
dell’imposta di bollo.
L’acconto dell’imposta di bollo non deve, invece, essere versato dalle società
fiduciarie cd. ‘statiche’, in quanto dette società non sono ricomprese tra quelle di
intermediazione mobiliare di cui alla legge 2 gennaio 1991, n. 1”.
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